Frasi su sibilo

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema sibilo, due-giorni, vento, vita.

Frasi su sibilo

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“Se fai le vacanze in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di TV. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. In moto la cornice non c'è più. Hai un contatto completo con ogni cosa. Non sei uno spettatore, sei nella scena, e la sensazione di presenza è travolgente. È incredibile quel cemento che sibila a dieci centimetri dal tuo piede, lo stesso su cui cammini, ed è proprio lì, così sfuocato eppure così vicino che col piede puoi toccarlo quando vuoi – un'esperienza che non si allontana mai dalla coscienza immediata.”

Variante: Se fai le vacanze in motocicletta le cose assumono un aspetto completamente diverso. In macchina sei sempre in un abitacolo; ci sei abituato e non ti rendi conto che tutto quello che vedi da quel finestrino non è che una dose supplementare di tv. Sei un osservatore passivo e il paesaggio ti scorre accanto noiosissimo dentro una cornice. In moto la cornice non c’è più. Hai un contatto completo con ogni cosa. Non sei più uno spettatore, sei nella scena, e la sensazione di presenza è travolgente. È incredibile quel cemento che sibila a dieci centimetri dal tuo piede, lo stesso su cui cammini, ed è proprio lì, così sfuocato eppure così vicino che col piede puoi toccarlo quando vuoi - un’esperienza che non si allontana mai dalla coscienza immediata.»
Origine: Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta, p. 14-15

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“Le cavalle che mi portano fin dove il mio desiderio vuol giungere
mi accompagnarono, dopo che mi ebbero condotto e mi ebbero posto sulla via che dice molte cose,
che appartiene alla divinità e che porta per tutti i luoghi che l'uomo sa.
Là fui portato. Infatti, là mi portarono accorte cavalle
tirando il mio carro, e fanciulle indicavano la via.
L'asse dei mozzi mandava un sibilo acuto,
infiammandosi – in quanto era premuto da due rotanti
cerchi da una parte e dall'altra –, quando affrettavano il corso nell'accompagnarmi,
le fanciulle Figlie del Sole, dopo aver lasciato le case della Notte,
verso la luce, togliendosi con le mani i veli dal capo.
Là è la porta dei sentieri della Notte e del Giorno,
con ai due estremi un architrave e una soglia di pietra;
e la porta, eretta nell'etere, è rinchiusa da grandi battenti.
Di questi, Giustizia, che molto punisce, tiene le chiavi che aprono e chiudono.
Le fanciulle, allora, rivolgendole soavi parole,
con accortezza la persuasero, affinché, per loro, la sbarra del chiavistello
senza indugiare togliesse dalla porta. E questa, subito aprendosi,
produsse una vasta apertura dei battenti, facendo ruotare
nei cardini, in senso inverso, i bronzei assi
fissati con chiodi e con borchie. Di là, subito, attraverso la porta,
diritto per la strada maestra le fanciulle guidarono carro e cavalle.
E la Dea di buon animo mi accolse, e con la sua mano la mia mano destra
prese, e incominciò a parlare così e mi disse:
«O giovane, tu che, compagno di immortali guidatrici,
con le cavalle che ti portano giungi alla nostra dimora,
rallegrati, poiché non un'infausta sorte ti ha condotto a percorrere
questo cammino – infatti esso è fuori dalla via battuta dagli uomini –,
ma legge divina e giustizia. Bisogna che tutto tu apprenda:
e il solido cuore della Verità ben rotonda
e le opinioni dei mortali, nelle quali non c'è una vera certezza.
Eppure anche questo imparerai: come le cose che appaiono
bisognava che veramente fossero, essendo tutte in ogni senso.»”

Parmenide (-501–-470 a.C.) filosofo greco antico

frammento 1
Frammenti di alcune opere, Poema sulla natura

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“La soglia era bloccata dalla mole massiccia di uno Skeksis, che li guardava. Sulla faccia del Ciambellano era dipinta un'espressione cordiale, intesa a ingraziarsi i Ghelfling.
Fizzgig saltò su un davanzale, e stando lassù in bilico si voltò verso Kira per indurla a seguirlo. Lei stava per farlo, ma poi si accorse che Jen non si era mosso.
Il Ciambellano alzò la mano, senza sfoderare gli artigli, nello stesso gesto della notte precedente. – Fermatevi – sibilò. – Sono amico. Amico di Kelffinks. Ieri notte io salvato voi da Garthim. Io nemico? No, io amico. State, per favore.
Jen guardò il mostro che avrebbe potuto afferrarlo e ridurlo in brandelli. – Mi hanno detto che gli Skeksis uccidono i Ghelfling – ribatté.
Il Ciambellano sbuffò. – Puah! È per stupida profezia che dice Kelffinks mettere fine potere di Skeksis. Stupido – e scrollò la testa.
Jen stava calcolando che lo Skeksis non avrebbe potuto varcare la soglia a meno che non abbattesse le pareti che sovrastava di tutta la testa. Ma quello non era il modo di agire degli Skeksis, che, nelle aggressioni, ricorrevano sempre ai Garthim. No, e poi, con un po' di fortuna, lui e Kira avrebbero potuto scappare dalla finestra. Per sicurezza arretrò di qualche passo per tenersi alla larga da quegli artigli. Prima di scappare, voleva sapere tutto quello che lo Skeksis aveva da dirgli.
– Stupida profezia – diceva il mostro.”

Ma Skeksis spaventati. Paura di Kelffinks, sì. Piccoli Kelffinks. Errore, grande errore. State, per favore. Io amico.
Dark Crystal

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“Rimembranze Scolpite

Sul papiro delle stagioni,  
falsamente sbiadito ormai
è il colore del rimpianto
in frammenti  di quei papaveri sparsi 
di lacca di robbia, dispersi, 
come le tue morbide labbra d'amore 
accese di brio sulla proda malachite, 
quando parlavi silenzi 
nel sorriso ingenuo che ti distingueva 
immensa nel diluvio della natura,  
come gemma di bimba selvatica, 
accarezzata dolcemente 
dallo sguardo indaco del cielo 
nel fato fecondo alla nostra passione.
Giuro, col nero della rabbia 
sul bianco dei fantasmi dubbi, 
che la penna della circospezione 
dal bugiardo colore nell'anima 
ne traccia una fine nell'ultima lacrima, 
che per te severo verserò!
Ripenserò, incredulo a questa nota,
dimentico dei tristi nugoli 
che tingono i miei occhi soffocati 
dalla tua trasparente assenza, 
nella lente del sottobosco 
del mio canceroso presente, 
a cucirmi sulla pelle valanghe 
nelle piaghe di convinzioni
originate su misura, 
per coartare la gente a credere 
che dal subisso di interrogativi 
senza posa che rifiati 
la pallida mia serenità,
sian ormai pugni di mosche 
nel sibilo della rassegnazione,  
che come spinato filo avvolge il fiato 
che come bandoneon intono, 
aerofono ad ancia libera, 
imperniato sul rudimentale fondale 
del mio crudo amore per te, 
senza più ali che lasciano vivere 
percezioni d'emozioni nel cuore
a scolpirmi  il vuoto che resta,
dopo averti mandata via per inganno
nella malinconia
del tempo che mi resta.

Laura Lapietra ©”