Frasi su facciata

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema facciata, mondo, prima, essere.

Frasi su facciata

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“Per ordine del Podestà sono proibiti tutti i ragionamenti. Berardo provvide ad affiggere il cartello, in alto, sulla facciata. La sua condiscendenza ci sbalordiva assai. Ma poi Berardo disse: "Quello che il Podestà ordina da oggi, io l'ho sempre ripetuto. Coi padroni non si ragiona, questa è la mia regola. Tutti i guai dei cafoni vengono dai ragionamenti. Il cafone è un asino che ragiona. Perciò la nostra vita è cento volte peggiore di quella degli asini veri, che non ragionano. L'asino irragionevole porta 70 chili di peso, oltre non ne porta. L'asino irragionevole ha bisogno di una certa quantità di paglia. Tu non puoi ottenere da lui quello che ottieni dalla vacca, o dalla capra, o dal cavallo. Nessun ragionamento lo convince. Nessun discorso lo muove. Lui non ti capisce, o finge di non capire. Ma il cafone invece, ragiona. Il cafone può essere persuaso. Può essere persuaso a digiunare. Può essere persuaso a dar la vita per il suo padrone. Può essere persuaso ad andare in guerra. Può essere persuaso che nell'altro mondo c'è l'inferno benché lui non l'abbia mai visto. Vedete le conseguenze. Guardatevi intorno e vedete le conseguenze. Un essere irragionevole non ammette il digiuno. Se mangio lavoro. Se non mangio non lavoro. O meglio neppure lo dice, perché allora ragionerebbe, ma agisce così per natura. Pensa un po' se gli ottomila uomini che coltivano il Fucino, invece di essere asini ragionevoli, cioè addomesticabili, cioè convincibili, cioè esposti al timore del carabiniere, del prete, del giudice, fossero invece veri somari, completamente privi di ragione. Il principe potrebbe andare per elemosina. E cosa ci impedisce ora di strappare quel cartello che ci hai portato e strangolarti a morte? Ce lo può impedire solo il ragionamento delle possibili conseguenze dell'assassinio. Ma tu, di tua mano, hai scritto su quel cartello che da oggi, per ordine del Podestà, sono proibiti i ragionamenti. Tu hai rotto il filo al quale era legata la tua incolumità."”

Fontamara

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“Bello è un termine che noi applichiamo a innumerevoli esseri; ma per quanta sia la differenza tra questi esseri, bisogna concludere o che noi facciamo una falsa applicazione del termine bello, o che in tutti questi esseri c'è una qualità di cui il termine bello è il segno.
Questa qualità non può rientrare nel numero di quelle che costituiscono la loro differenza specifica; poiché in questo caso non ci sarebbe che un solo essere bello, o tutt'al più una sola specie bella di esseri.
Ma fra le qualità comuni a tutti gli esseri che chiamiamo belli, quale sceglieremo per identificare la cosa di cui il termine bello è il segno? Quale? È evidente, mi sembra, che dovrà essere quella la cui presenza li rende tutti belli; la cui maggiore o minore intensità (se essa è suscettibile di maggiore o minore intensità) li rende più o meno belli; la cui assenza rende impossibile che siano belli; che non può cambiare natura senza che il bello cambi specie, e la cui qualità opposta renderebbe sgradevoli e brutti i più belli; in una parola, quella grazie alla quale la bellezza comincia, aumenta, varia all'infinito, declina e scompare. Ora, non c'è che la nozione di rapporti che abbia questa virtù.
Chiamo dunque bello fuori di me tutto ciò che contiene in sé qualcosa che possa risvegliare nel mio intelletto l'idea di rapporti; e bello per me tutto ciò che risveglia quest'idea.
Quando dico tutto, escludo però le qualità relative al gusto e all'odorato; benché queste qualità possano risvegliare in noi l'idea di rapporti, non si chiamano belli gli oggetti in cui esse risiedono, quando li si considera dal punto di vista di queste qualità. Diremo un cibo eccellente, un odore delizioso, ma non un bel cibo, un bell'odore. Dunque, quando diciamo questo è un bel pesce, questa è una bella rosa, consideriamo nella rosa e nel pesce qualità diverse da quelle relative ai sensi del gusto e dell'odorato.
Se faccio distinzione tra tutto ciò che contiene in sé qualcosa che possa risvegliare nel mio intelletto l'idea di rapporti, e tutto ciò che risveglia questa idea, è perché bisogna ben distinguere le forme che sono negli oggetti dalla nozione che io ne ho. Il mio intelletto non mette nulla nelle cose e non ne toglie nulla. Che io pensi o non pensi alla facciata del Louvre, tutte le parti che la compongono hanno ugualmente questa o quella forma e questa o quella rispondenza tra loro: che ci siano degli uomini o meno, essa è bella ugualmente, ma soltanto per possibili esseri costituiti di corpo e di spirito come noi; poiché per altri essa potrebbe non essere né bella né brutta, o anzi essere brutta. Ne consegue che, benché non ci sia un bello assoluto, ci sono due specie di bello per noi, un bello reale e un bello percepito.”

Denis Diderot (1713–1784) filosofo, enciclopedista, scrittore e critico d'arte francese

2001, pp. 39-41
Trattato sul bello

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“Per capire una città bisogna conoscerne l'anima. Imbevuta del passato e in costante trasformazione, l'anima di una città rimane strettamente legata alla sua fisicità e alle azioni di quanti la amministrano. A volte ci si innamora o si ha disgusto di un posto dal primo momento : in un caso come nell'altro, è raro che questa prima impressione porti alla scoperta dell'anima. Le anime sono pudiche, rifuggono la ribalta e perfino la conversazione. Bisogna scovarle. Comunicano attraverso uno sguardo, un gesto, una parola. Quelle delle città comunicano attraverso le pietre, le piante, le strutture urbane, la folla e i singoli abitanti. La conoscenza di una città può avvenire per mezzo di libri, giornali, televisione, oltre che con l'osservazione diretta. Raramente, comunque, l'anima di una città si rivela per caso. Le città che si presentano al visitatore frontalmente, nella propria nudità, sono spesso false : costituiscono la difesa della città che sta sotto. Ciò non toglie che in certi casi la loro anima possa essere talmente forte e imperiosa da manifestarsi come tale al primo impatto.
In una città nuova, mi lascio andare ai sensi e al caso. Senza pensare a niente, cammino, mi guardo intorno, mi unisco a una piccola folla curiosa, prendo i mezzi pubblici, compro il cibo di strada e mangio nei posti meno frequentati. Faccio una sosta, seduta su una panchina in un parco, bevendo una bibita in un caffè o appoggiata alla facciata di un edificio, come una mosca su un muro : e da lì osservo, odoro, ascolto. Se sono fortunata, piano piano l'anima del luogo mi si rivela.”

Simonetta Agnello Hornby (1945) scrittrice italiana

La mia Londra

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“La difficile primavera del 1988. Con il pretesto del controllo delle droghe stati polizieschi oppressivi sono stati messi su in tutto il mondo occidentale. La programmazione precisa del pensiero emozione e impressioni sensoriali apparenti secondo la tecnologia descritta nel bollettino 2332 mette gli stati polizieschi in grado di mantenere una facciata democratica dietro la quale denunciano a gran voce come criminali, pervertiti e drogati tutti quelli che si oppongono alla macchina di controllo. Eserciti underground operano nelle grandi città disturbando la polizia con informazioni false attraverso telefonate e lettere anonime. […] Malgrado i diversi scopi e formazioni dei suoi membri costituenti l'underground è d'accordo sugli obiettivi base. Intendiamo marciare contro la macchina della polizia dappertutto. Intendiamo distruggere la macchina della polizia e tutti i suoi archivi. Intendiamo distruggere tutti i sistemi verbali dogmatici. La cellula familiare e le sue cancerose espansioni in tribù, paesi, nazioni noi la sradicheremo alle sue radici vegetali. Non vogliamo più sentire nessuna storia di famiglie, storia di madre, storia di padre, storia di poliziotto, storia di prete, storia di paese o storia di partito. Per dirla in parole povere noi abbiamo sentite abbastanza stronzate.”

«Mamma ed io si vorrebbe sapere»; 1979, pp. 130-131
Ragazzi selvaggi

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“Bella è, ancora oggi, la vita a Modica. Città grande e spaziosa e insieme intima e segreta, Modica cresce a grappolo sulle rocce e sulle grotte seguendo una strada sinuosa, come a spirale. Il cuore è la grandiosa chiesa di San Giorgio, la cui facciata è ritta come una torre e insieme soffice come una torta. La vediamo da ogni punto: dal Palazzo Giardina con una spaziosa terrazza e poi dal mirabile Palazzo Napolino. Tra le mura della città senti ancora la voce di Quasimodo, il poeta che partì da una piccola casa, oggi riarredata e custodita da Valeria Lentini, per arrivare a parlare della Sicilia in tutto il mondo. Ma il tempo qui non si è fermato: riparato nella sua casa scrive oggi Franco Antonio Belgiorno, descrivendo le estasi di questo luogo straordinario. E c'è poesia non solo nella letteratura, ma anche nella produzione di dolci e cioccolate, su ricette antiche con sapori insperati. Così troviamo animate, per una festa senza fine, le pasticcerie di Modica: Di Lorenzo, Bonajuto e Iacono, che preservano i sapori in carte colorate che saranno piaciute a Giuseppe Tornatore. L'incanto e la vita continuano nella notte a Villa De Naro Papa, integra negli arredi e magica nel giardino, teatro di musiche zigane, arabe e greche, spagnole. Così lasciamo Modica con molto rimpianto e molte cioccolate.”

Vittorio Sgarbi (1952) critico d'arte, politico e opinionista italiano

Citazioni di altro tipo
Origine: Da La magia di Modica nascosta nei dolci da Sgarbi Quotidiani, ne Il Giornale, agosto 2002.

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“Il presente, che è nel tempo quello che la facciata è nello spazio, impedisce di vedere le cose in profondità.”

Alberto Savinio (1891–1952) scrittore, pittore e compositore italiano

da Scritti dispersi, Adelphi, 2004

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“Figaro: Numero quindici, a mano manca, | Quattro gradini, facciata bianca.”

Cesare Sterbini (1784–1831) librettista italiano

I, 3
Il barbiere di Siviglia

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“E davanti a lui, attraverso l'arco, Langdon poteva vedere adesso il monolitico palazzo rinascimentale che era divenuto il più famoso museo di belle arti del mondo.
Il Musée du Louvre.
Langdon provò un familiare senso di meraviglia mentre i suoi occhi si sforzavano inutilmente di cogliere l'intera massa dell'edificio. In fondo a una piazza di dimensioni enormi, l'imponente facciata del Louvre si stagliava come una cittadella nel cielo parigino. Il Louvre aveva la forma di un enorme ferro di cavallo ed era l'edificio più lungo d'Europa, più di tre Torri Eiffel messe l'una in fila all'altra. Neppure i centomila metri quadri di spazio aperto tra le ali del museo riuscivano a intaccare la maestosità dell'immensa facciata. Una volta, Langdon aveva percorso l'intero perimetro del Louvre: una stupefacente escursione di cinque chilometri.
Per poter debitamente apprezzare le 65.300 opere d'arte esposte nell'edificio, si calcolava che un visitatore avrebbe impiegato cinque settimane, ma la maggior parte dei turisti sceglieva l'esperienza abbreviata che Langdon chiamava il "Louvre Light": una corsa attraverso il museo per vedere le tre opere d'arte più famose, la Monna Lisa”

o, come era chiamata in vari paesi europei, La Gioconda –, la Venere di Milo e la Vittoria alata. L'umorista Art Buchwald si era una volta vantato di avere visto tutt'e tre i capolavori in cinque minuti e cinquantasei secondi. (p. 28)
Il codice da Vinci

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“La dolce vita testimonia con estrema sensibilità non il crollo della religiosità, ma della sua facciata ben pensante. Scandaloso non era il film, era ciò che denunciava.”

Alain de Benoist (1943) scrittore francese

Origine: Citato in Maurizio Cabona, A cinquant'anni la Dolce Vita non è ancora finita http://www.ilgiornale.it/news/cinquant-anni-dolce-vita-non-ancora-finita.html, il Giornale.it, 30 gennaio 2010.

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“Per spiegare preventivamente che non c'erano i presupposti d'urgenza sul decreto, Berlusconi si è gettato in una requisitoria che può essere considerata una sorta di «apoteosi del decisionismo», un j'accuse contro i tempi antiquati delle nostre istituzioni e un invito perentorio all'intero governo a sposare una linea chiara che difende le prerogative del potere esecutivo rispetto a prassi vecchie e nuove che ne potrebbero mortificare e limitare il ruolo. «La lettera di Napolitano – ha spiegato il Cavaliere – è la cosa più irrituale che mi è capitata di vedere. Ci ha bocciato il decreto prima ancora che lo presentassimo. Invece, la responsabilità del decreto di fronte alla Costituzione è del governo. Quello del Quirinale è un atto di forza che tende a mettere sotto tutela il governo. Tanto più su un provvedimento necessario senza il quale perpetueremmo una sorta di omissione di soccorso. Leggere la lettera di Napolitano piena di cavilli, precedenti e normative mi ha fatto venire un brivido alla schiena, lo stesso che mi provocò la lettura di un'iscrizione sulla facciata di un tribunale: fiat iustitia, pereat mundus – sia fatta giustizia e perisca il mondo. Per me una vita umana è più importante di mille cavilli.”

Augusto Minzolini (1958) giornalista italiano

citato in Il rilancio di silvio http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=9077536, la Stampa, 7 febbraio 2009

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“La crisi ha mostrato, ancora una volta, e forse per l'ultima volta, i limiti dell'Unione europea, la mancanza di una strategia comune e le risposte frammentarie. La governance dell'Europa funziona in modo ottimale quando si tratta di imporre dure misure di austerità o per salvare il sistema bancario, ma è quasi inesistente quando si affronta una catastrofe umana come questa. Insomma, i nostri alleati distruggono e poi chiudono le frontiere, lasciando nei guai Italia e la Grecia: complimenti! L'Unione europea è già morta, è rimasta solo una struttura finanziaria che si occupa di inflazione e tassi di interesse, un regime che impone povertà, disoccupazione e distruzione dei diritti alle popolazioni del continente, per gli interessi di potentati finanziari e commerciali. Questa è oggi l'Europa: un esperimento fallito e fallimentare, in cui Renzi, nonostante i teatrini di facciata e le finte risse con i vari leader europei, non conta assolutamente nulla. Lui può muoversi solamente entro i paletti che le lobby che lo sostengono gli hanno imposto: quando li tradirà, sarà fatto fuori anche lui. Al Consiglio europeo, Renzi parlerà come uno zombie e quello che si diranno non interessa più a nessuno, perché il popolo italiano non è più disposto a prendere ordini da chi ha definitivamente venduto la sua anima al diavolo. La vostra storia politica è già finita, rendetevene conto e fate spazio a chi difende gli interessi del popolo italiano: in fondo, lo sapete anche voi, è solo questione di tempo.”

Manlio Di Stefano (1981) politico italiano

Origine: Citato in XVII Legislatura – Camera dei deputati – Assemblea – Seduta n. 591 di mercoledì 16 marzo 2016 – Resoconto stenografico dell'Assemblea. Roma, 16 marzo maggio 2016.

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