Frasi su vestiti
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“C'è gente che ha solo una pezza di morale. È una stoffa con la quale non si fa mai abiti.”

Joseph Joubert (1754–1824) filosofo e aforista francese

21 marzo 1796
Pensieri

“Ulteriore questione: all'interno dello stereotipo di genere – interno, a sua volta, a quello dell'età – si trova, come in una scatola magica, uno stereotipo ancora più sottile, ma non meno insidioso. Quello della negazione. Occorrerebbe Goethe per spiegarlo. Occorrebbe il suo Faust, quando esclama. "Nemmeno un cane potrebbe vivere più a lungo così!". Certo che puoi, certo che devi, gli verrebbe risposto oggi. Il parmigiano reggiano – quello che propone come esempio di buona crescita un gruppo di bambini dove i maschi sono esploratori e scienziati e le femmine fanno le infermiere – mette accanto due donne e ammicca: "Ti scambiano per tua figlia?". Ecco: lo scambio madre figlia è il più frequente nelle campagne rivolte alle donne: che si tratti di creme o di prodotti dietetici, di cosmetici o di abiti, il parallelo viene ripetuto impietosamente. È la versione aggiornata e consumista della fiaba di Biancaneve, laddove a Grimilde viene proposto non di vivere come è stata fino a quel momento e come continua ad essere, semplicemente con alcuni anni in più, ma di vendicarsi, infine e una volta per tutte, della figliastra. Non serve avvelenarla, puoi essere lei. Per una madre, dovrebbe essere una proposta terribile: ma risulta seducente come la più fatale delle tentazioni di Mefistofele.”

Loredana Lipperini (1956) giornalista, scrittrice e conduttrice radiofonica italiana

Non è un paese per vecchie

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“[Su Robin Williams] Non era mai solo comico o un interprete brillante. Suggeriva pensieri, dava emozioni anche con i suoi travestimenti, i suoi aneddoti e ne aveva sempre tanti. La sua cura per i travestimenti e gli abiti erano il riflesso della sua passione per la recitazione.”

Ben Stiller (1965) attore statunitense

Origine: Citato in Grassi Giovanna, L'amico Ben Stiller: insieme sul set ma nascondeva i suoi tormenti https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2014/agosto/13/amico_Ben_Stiller_insieme_sul_co_0_20140813_c5423fd6-22ac-11e4-b9ce-6c0d067f9342.shtml, Corriere della Sera, 13 agosto 2014, p. 32-33.

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“Dandy (s. m.). Dicesi di chi professa un'opinione singolare dei propri meriti, accentuando la propria eccentricità con gli abiti.”

Ambrose Bierce (1842–1914) scrittore, giornalista e aforista statunitense

1988, p. 59
Dizionario del diavolo

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“Quanti vampiri credi che abbiano la tempra per l'immortalità? Tanto per cominciare, molti hanno dell'immortalità una concezione estremamente squallida. Perché diventando immortali vogliono che tutte le forme della loro vita vengano fissate così come sono e rimangano incorruttibili: carrozze della stessa foggia immutata e affidabile, abiti col taglio che s'addiceva alla loro giovinezza, uomini che si abbigliano e parlano nel modo che hanno sempre capito e apprezzato. Quando, in realtà, tutte queste cose cambiano, tranne il vampiro stesso; ogni cosa, eccetto il vampiro, è soggetta a costante corruzione e alterazione. Presto, se si ha una mentalità rigida, e spesso anche quand'è elastica, l'immortalità diventa una detenzione in un manicomio di figure e di forme irrimediabilmente incomprensibili e prive di valore. Una sera un vampiro si alza e si rende conto di ciò che ha temuto forse per decenni; semplicemente che non vuol più saperne di vivere, a nessun costo. Che qualunque stile o modo o forma di esistenza che gli aveva reso piacevole l'immortalità è stato spazzato via dalla faccia della terra. E che non resta altra fuga dalla disperazione che l'atto di uccidere. E quel vampiro va a morire. Nessuno troverà i suoi resti. Nessuno saprà dov'è andato. E spesso nessuno di quelli che gli sono vicini --sempre che ancora cercasse la compagnia di altri vampiri --nessuno saprà che versa nella disperazione. Avrà cessato da molto tempo di parlare di se stesso o di qualunque altra cosa. Svanirà.”

Anne Rice (1941) scrittrice statunitense

Armand
Intervista col Vampiro

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“Che cosa comporta, di preciso, essere un uomo, uno vero? Repressione delle emozioni.
Mettere a tacere la propria sensibilità. Vergognarsi della propria delicatezza, della propria vulnerabilità. Lasciare l'infanzia brutalmente, e definitivamente: gli uomini-bambini non hanno una buona reputazione. Essere angosciati per le dimensioni del proprio cazzo. Saper far godere le donne senza che queste sappiano o vogliano dare indicazioni su come fare. Non mostrare la propria debolezza. Imbavagliare la propria sensualità. Indossare abiti di colori spenti, portare sempre le stesse scarpe goffe, non giocare con i propri capelli, non portare troppi anelli, braccialetti eccetera, non truccarsi. Dover fare il primo passo, sempre. Non avere alcuna cultura sessuale per migliorare il proprio orgasmo. Non saper chiedere aiuto. Dover essere coraggiosi, anche senza averne la minima voglia. Valorizzare la forza qualunque sia il proprio carattere. Dar prova di aggressività. Avere un accesso limitato alla paternità. Riuscire socialmente, per pagarsi le donne migliori. Temere la propria omosessualità perché un uomo, uno vero, non deve essere penetrato. Non giocare con le bambole da piccoli, accontentarsi delle automobiline e di orribili armi di plastica. Non prendersi troppa cura del proprio corpo. Essere sottomessi alla brutalità di altri uomini, senza lamentarsi. Sapersi difendere, anche se si è dolci. Non essere in contatto con la propria femminilità, simmetricamente alle donne che rinunciano alla loro virilità, non in funzione dei bisogni di una situazione o di un carattere, ma in funzione di quello che il corpo collettivo richiede. Affinché, sempre, le donne facciano i figli per la guerra, e gli uomini accettino di andare a farsi ammazzare per salvare gli interessi di tre o quattro cretini che non vedono al di là del loro naso.”

Virginie Despentes (1969) scrittrice e regista francese

“Passò per vie rumorose piene di luce, per gallerie dalla risonanza profonda, su cui, con rumore di tuono, rotolavano pesantemente i treni e che eran tutte tappezzate di annunzi reclamistici dai colori vistosi, vide splendidi palazzi, e case a quattro piani, strette, con finestre polverose che ammiccavan sulla via sporca; risalì file di strade che si somigliavano come orfanelle o ciechi, condotti in fila.
Infine si svegliò lentamente alla realtà, e si sentì vecchia, triste e stanca, per aver vegliato e corso.
Miserabili bottegucce si schiacciavano l'un l'altra per mettersi in evidenza: abiti vecchi per i più poveri, biancheria grigia per gli operai, e per tutti viveri a buon mercato. Ceste di pere, dure e verdi, e di prugne, nere e secche, aspettavano di sedurre una clientela infantile, coperte da una rete a maglie strette che le salvava dai ladruncoli. In una botteguccia vide una donna obesa, che con le mani tremanti, secche e gialle, accendeva una lampada a petrolio. Ai suoi piedi un ragazzino la guardava con curiosità, con una carota, mezzo rosicchiata, nella sua mano di bambino sporco.
Le strade, i cumuli di mercanzie, le camicie grigie, le pere, la rete, i visi stanchi delle persone, tutto era annerito dalla fuliggine grassa delle locomotive che passavano, brontolando, e dal fumo di tutti i camini degli stabilimenti che erano là, stretti gli uni vicino agli altri, come alberi di una foresta.
“Ecco il tuo giorno di festa” pensava Franzi.
Ella era ferita e inasprita fino al pianto, come se tutto: la strada grigia, la bruttezza della miseria, la tristezza della povertà, fossero state accumulate in quest'angolo di città straniera per disprezzarla.
“Ecco il tuo giorno di festa” diceva in lei una voce chiara. E questa creatura che detestava sognare, che non comprendeva la morte, che non si attaccava che alla realtà, che non voleva conquistare e non desiderava che ciò che si può afferrare, ciò che è vibrante di vita: questa creatura si svegliava qui, nella grigia strada di un quartiere popolare di Praga, Zizkov, che nel crepuscolo confuso di una sera di primavera si prolungava a perdita d'occhio.
“Ecco il tuo giorno di festa” pensava Franzi.
Ella sentiva che non era solo questo giorno che la condannava, ma la troppo lunga fila di giorni di lavoro, fra cui essa aveva il suo posto: ancora grigio su grigio, come un orfanello in una lunga fila, come un seguito di ore vuote in un mondo vuoto. Vuoto? Non stava più la sua vita sulle ali della musica, la più umana di tutte le arti? Perchè dunque il suo passato restava così freddo, così paurosamente squallido, senza un sorriso, senza un ricordo, senza altro che tante pagine voltate, in un gran quaderno di musica? Aveva sempre suonato per se stessa e per la propria soddisfazione. A finestre e porte chiuse si era ubriacata di musica come di un vizio segreto.
Che significato aveva per lei? Tanto? Ancora ieri ella vi aveva trovato consolazione, speranza, entusiasmo e pace, terra e cielo, letizia e dolore. Oggi tutto era lontano. Nessuno mai l'aveva ascoltata; mai nessuna delle sue parole si era riflessa nel sorriso di un'altra creatura; mai nessuno era stato dietro a lei e le aveva passato la mano sulla spalla all'ultimo accordo del pianoforte…”

Franziska

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“E' il successo che a volte può trasformarti in un malvestito solitario senzatetto che si rispecchia nel lucido vetro della lussuosa vetrina di uno dei più grandi e famosi negozi di costosissimi abiti alla moda in un inverno newyorkese.”

Carlo Zannetti (1960) chitarrista, cantautore e scrittore italiano

Variante: E’ il successo che a volte può trasformarti in un malvestito solitario senzatetto che si rispecchia nel lucido vetro della lussuosa vetrina di uno dei più grandi e famosi negozi di costosissimi abiti alla moda in un inverno newyorkese.
Origine: Da Whitney Houston,il canto del cigno https://spettacolomusicasport.com/2017/07/15/whitney-houston-il-canto-del-cigno/, SpettacoloMusicaSport.com, 15 luglio 2017.

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“[Su Anne Hathaway] Qualcuno l'ha paragonata a Audrey Hepburn. Purtroppo i duelli sono fuorilegge, così mi limito a ricordare che Audrey pare pronta per un party anche quando in Colazione da Tiffany apre la porta a George Peppard appena scesa dal letto e con i tappi nelle orecchie. La povera Anne anche quando nella seconda parte di Il diavolo veste Prada è rivestita di abiti firmati ha l'eleganza di una anziana profuga uzbeka appena uscita da un Centro Caritas.”

Tommaso Labranca (1962–2016) scrittore, autore televisivo e conduttore radiofonico italiano

Profumo, 2008
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Variante: Qualcuno l’ha paragonata a Audrey Hepburn. Purtroppo i duelli sono fuorilegge, così mi limito a ricordare che Audrey pare pronta per un party anche quando in Colazione da Tiffany apre la porta a George Peppard appena scesa dal letto e con i tappi nelle orecchie. La povera Anne anche quando nella seconda parte di Il diavolo veste Prada è rivestita di abiti firmati ha l'eleganza di una anziana profuga uzbeka appena uscita da un Centro Caritas. (Profumo)

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“Le gemme possono essere sostituite, di abiti è possibile averne di nuovi, molto più belli dei vecchi. Ma tra queste mura, sei tu la cosa che mi è più preziosa.”

George R. R. Martin (1948) autore di fantascienza statunitense

Tyrion Lannister
a Shae
2016, p. 615
La Regina di Draghi

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“Noi siamo qui per morire, lord Mormont. Per quale altra ragione porteremmo questi abiti neri se non per morire dentro di essi in difesa del reame?”

George R. R. Martin (1948) autore di fantascienza statunitense

Qhorin il Monco
a Jeor Mormont
2016, p. 606
La Regina di Draghi

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“Una moglie inglese non ha diritti giuridici nemmeno sui suoi abiti.”

Caroline Norton (1808–1877) scrittrice britannica

in AA.VV., Il libro del femminismo, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2019. ISBN 9788858022900