Frasi su tabacco

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema tabacco, poco, arte, essere.

Frasi su tabacco

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“Birra che frizzi, tabacco che morda e una servetta in gala son quanto va meglio al mio umore.”

Uno studente: Parte I, capitolo Dinanzi la porta della città; 1960
Faust

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“Solo un cretino può dire di non amare il tabacco e i ragazzi.”

Christopher Marlowe (1564–1593) poeta, drammaturgo

citato in Luca Fontana, Come il sodomita diventò gay, in Il secolo gay, Diario del mese, gennaio 2006, p. 14
Attribuite

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“Niente è uguale al tabacco; è la passione della gente a modo e chi vive senza tabacco non è degno di vivere.”

Molière (1622–1673) commediografo e attore teatrale francese

da Don Giovanni

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“Per amor tuo, Tabacco, sono pronto a fare qualsiasi cosa fuorché morire.”

Charles Lamb (1775–1834) scrittore, poeta e drammaturgo inglese

da Addio al tabacco

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“Io ho solo il vizio del bacco! Gli altri due, per carità, tabacco e venere!? Neanche a parlarne! [Replica maliziosa della collega] Per venere poi lo posso garantire io, amici telespettatori! (Da Prima che sia Troppo Tardi”

Roberto Mattioli (1963) conduttore televisivo e conduttore radiofonico italiano

San Marino RTV – del 5 gennaio 1996). http://www.youtube.com/watch?v=lQBstP5rrjw
Prima che sia troppo tardi – San Marino RTV –

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“Dissuadere dal consumo di alcool e di tabacco è di sinistra.”

José Luis Rodríguez Zapatero (1960) politico spagnolo

Origine: Dal discorso davanti al Comitato Federale del Partito Socialista Operaio Spagnolo (PSOE) a proposito dell'entrata in vigore di imposte aggiuntive su alcool e tabacco, 2006. [Traduzione? Originale?]

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“Il processo durò tre anni, nientemeno! tre anni di prigione e senza vedere il sole. Sicché quegli accusati parevano tanti morti della sepoltura, ogni volta che li conducevano ammanettati al tribunale. […] Li facevano alzare in piedi ad uno ad uno. - Voi come vi chiamate? - E ciascuno si sentiva dire la sua, nome e cognome e quel che aveva fatto. Gli avvocati armeggiavano, fra le chiacchiere, coi larghi maniconi pendenti, e si scalmanavano, facevano la schiuma alla bocca, asciugandosela subito col fazzoletto bianco, tirandoci su una presa di tabacco. I giudici sonnecchiavano, dietro le lenti dei loro occhiali, che agghiacciavano il cuore. Di faccia erano seduti in fila dodici galantuomini, stanchi, annoiati, che sbadigliavano, si grattavano la barba, o ciangottavano fra di loro. Certo si dicevano che l'avevano scappata bella a non essere stati dei galantuomini di quel paesetto lassù, quando avevano fatto la libertà. E quei poveretti cercavano di leggere nelle loro facce. Poi se ne andarono a confabulare fra di loro, e gli imputati aspettavano pallidi, e cogli occhi fissi su quell'uscio chiuso. Come rientrarono, il loro capo, quello che parlava colla mano sulla pancia, era quasi pallido al pari degli accusati, e disse: - Sul mio onore e sulla mia coscienza!…
Il carbonaio, mentre tornavano a mettergli le manette, balbettava: - Dove mi conducete? - In galera? - O perché? Non mi è toccato neppure un palmo di terra! Se avevano detto che c'era la libertà!… -

[, 1882]”

Giovanni Verga (1840–1922) scrittore italiano
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