Frasi su genocidio

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema genocidio, guerra, ancora, essere.

Frasi su genocidio

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“Nulla è più anarchico del potere, il potere fa praticamente ciò che vuole. E ciò che il potere vuole è completamente arbitrario o dettato da sua necessità di carattere economico, che sfugge alle logiche razionali. Io detesto soprattutto il potere di oggi. Ognuno odia il potere che subisce, quindi odio con particolare veemenza il potere di questi giorni. È un potere che manipola i corpi in un modo orribile, che non ha niente da invidiare alla manipolazione fatta da Himmler o da Hitler. Li manipola trasformandone la coscienza, cioè nel modo peggiore, istituendo dei nuovi valori che sono dei valori alienanti e falsi, i valori del consumo, che compiono quello che Marx chiama un genocidio delle culture viventi, reali, precedenti. Sono caduti dei valori, e sono stati sostituiti con altri valori. Sono caduti dei modelli di comportamento e sono stati sostituiti da altri modelli di comportamento. Questa sostituzione non è stata voluta dalla gente, dal basso, ma sono stati imposti dal nuovo potere consumistico, cioè la nostra industria italiana pluri-nazionale e anche quella nazionale degli industrialotti, voleva che gli italiani consumassero in un certo modo, un certo tipo di merce, e per consumarlo dovevano realizzare un nuovo modello umano.”

Pier Paolo Pasolini (1922–1975) poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore italiano

Origine: Citato nel film del 2006 Pasolini prossimo nostro.

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“Dai tempi dell'Olocausto, con grande ignominia, il mondo ha fallito più di una volta nel prevenire o porre fine a dei genocidi, per esempio in Cambogia, in Ruanda e nell'ex Jugoslavia.”

Kofi Annan (1938–2018) 7º segretario generale delle Nazioni Unite

24 gennaio 2005; citato in Christian Rocca, Contro l'ONU, Linadu

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“Senza dubbio, il riconoscimento del termine genocidio da parte dei turchi sarebbe la via più breve verso una riconciliazione tra le nostre nazioni. È una mia ferma convinzione: se questo sarà fatto e sarà fatto sinceramente, credo che in un breve periodo di tempo le nostre relazioni, cioè le relazioni tra le nazioni turca e armena potranno elevarsi verso un nuovo, più alto livello.”

Serž Sargsyan (1954) politico armeno

Origine: Citato in Il presidente armeno: il riconoscimento del genocidio essenziale per le relazioni con la Turchia http://it.euronews.com/2015/04/22/il-presidente-armeno-il-riconoscimento-del-genocidio-essenziale-per-le/, Euronews.it, 22 aprile 2015.

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“[Sul genocidio armeno] Lo sterminio di un milione e mezzo di Cristiani Armeni, che generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo, e il successivo annientamento di migliaia di persone sotto il regime totalitario, sono tragedie ancora vive nel ricordo della generazione attuale.”

Papa Giovanni Paolo II (1920–2005) 264° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

dalla dichiarazione congiunta con Karekin II, 27 settembre 2001; riportato in Vatican.va http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/2001/september/documents/hf_jp-ii_spe_20010927_decl-jp-ii-karekin-ii.html

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“[Sul genocidio armeno] Lo sterminio di un milione e mezzo di Cristiani Armeni, che generalmente viene definito come il primo genocidio del XX secolo, e il successivo annientamento di migliaia di persone sotto il regime totalitario, sono tragedie ancora vive nel ricordo della generazione attuale.”

Karekin II. (1951) arcivescovo cristiano orientale armeno

dalla dichiarazione congiunta con papa Giovanni Paolo II, 27 settembre 2001; riportato in Vatican.va http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/2001/september/documents/hf_jp-ii_spe_20010927_decl-jp-ii-karekin-ii.html

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“Considerate, ad esempio, il virus umano papilloma (HPV). Tra le malattie sessualmente trasmesse, ormai HPV è la più comune negli Stati Uniti. Questo virus infetta più della metà della popolazione americana e causa la morte di quasi 5000 donne ogni anno per cancro cervicale; i Centri Per Il Controllo Delle Malattie (CDC) stimano che ogni anno in tutto il mondo muoiono più di 200.000 persone per questo motivo. Adesso abbiamo un vaccino per l'HPV che sembra sia sicuro e funzionante. Il vaccino ha prodotto il 100% dell'immunita nelle 6000 donne che lo hanno ricevuto in un esperimento clinico. Eppure, i conservatori cristiani nel nostro governo si sono opposti al programma di vaccinazione sostenendo che HPV è utile ad impedire il sesso prematrimoniale. Queste persone pie vogliono mantenere il cancro cervicale come incentivo all'astinenza, anche se sacrifica le vite di migliaia di donne ogni anno. Uno degli effetti più perniciosi della religione è che tende ad allontanare la moralità dalla realtà della sofferenza umana ed animale. La religione induce le persone a pensare che le loro preoccupazioni siano morali quando in realtà non lo sono ― perche non hanno niente a che vedere con la sofferenza e la sua alleviazione. Anzi, la religione fa pensare le persone che le loro preoccupazioni siano morali quando in realta sono altamente immorali ― perché attuarle significa infliggere sofferenze terribili e non necessarie su esseri umani innocenti. Questo spiega perché i cristiani spendano più energia "morale" ad opporsi all'aborto piuttosto che a combattere il genocidio. Spiega perché si preoccupino più degli embrioni umani che della promessa di salvare vite che ci giunge dalle cellule staminali embrionali. E spiega perché possano predicare contro l'uso del preservativo nell'Africa subsahariana quando milioni di persone lì muoiono ogni anno di Aids. Voi Cristiani credete che le vostre preoccupazioni religiose sul sesso abbiano qualcosa a che fare con la moralità. Eppure, i vostri sforzi di porre restrizioni al comportamento sessuale di adulti consenzienti ― e persino di scoraggiare i vostri stessi figli dal fare sesso prima del matrimonio ― non sono quasi mai finalizzati ad alleviare la sofferenza umana. In verità, alleviare la sofferenza sembra essere una delle ultime cose nella vostra lista di priorità.”

Lettera a una nazione cristiana

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“[…] prendo atto che Papa Francesco, insignito come «Uomo dell'anno» da Time Magazine, Vanity Fair e The Advocate, la più antica rivista della comunità gay americana, è più preoccupato della sorte dei clandestini di Lampedusa, più in generale dei poveri e degli emarginati nelle periferie del mondo globalizzato, che dedito sia a contrastare il genocidio dei cristiani d'Oriente sia a salvare il cristianesimo dal relativismo religioso e dall'invasione islamica all'interno stesso dell'Europa. Il fatto che anche il settimanale L'Espresso abbia scelto come «Uomo dell'anno» Costantino Baratta, cittadino di Lampedusa, per aver salvato la vita a 12 clandestini dopo il naufragio di un barcone lo scorso 3 ottobre culminato nella morte di 366 persone, sottolinea come in quest'Occidente, ma anche in questa Chiesa di Bergoglio, prevalgano l'ideologia del buonismo, immigrazionismo, multiculturalismo e globalismo, che ci impongono di assecondare il prossimo a prescindere dalle conseguenze per il nostro vissuto, permeati dall'ideologia del relativismo valoriale e del pauperismo che finiscono per inculcare in noi l'accettazione e la rassegnazione nei confronti di tutto e di tutti. Per contro la difesa dei cristiani d'Oriente e la guerra ad oltranza al radicalismo e al terrorismo islamico, si collocano nel contesto della salvaguardia delle nostre radici, della nostra fede, dell'identità nazionale, dei valori tradizionali a partire dalla centralità della famiglia naturale, come attesta l'opposizione ferma di Putin al matrimonio omosessuale proprio mentre quest'Unione Europea l'ha legittimato concependolo come l'apice della civiltà. Ecco perché, anche a costo di sfidare l'impopolarità, sostenete il Premio «Uomo dell'anno» a Putin, al-Sisi e Assad: significa dire no all'ideologia del globalismo e del relativismo, e dire sì al localismo nel contesto degli Stati nazionali e alla civiltà fondata sulla certezza di chi siamo.”

Magdi Allam (1952) giornalista e politico egiziano naturalizzato italiano

Origine: Da Putin e Assad sono i veri uomini dell'anno anti-terrore http://www.ilgiornale.it/news/interni/putin-e-assad-sono-i-veri-uomini-dellanno-anti-terrore-979249.html, Il Giornale.it, 31 dicembre 2013.

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“Per tutta la mia vita adulta mi sono state mostrate delle fotografie scattate in Polonia nella meravigliosa estate del 1939: bimbi che giocano al sole, donne eleganti che passeggiano per Cracovia. Ho persino visto la foto di un matrimonio avvenuto nel giugno del 1939, nel giardino di una casetta di campagna di cui adesso sono proprietaria. Tutte queste foto sono avvolte da un certo alone tragico: sappiamo cos'è accaduto dopo. Il settembre del 1939 si portò dietro due invasioni, una da est e una da ovest, e occupazioni, caos, distruzione, genocidio. La maggior parte delle persone che partecipò a quel matrimonio morì di lì a breve oppure scappò all'estero. Nessuno di loro tornò mai più alle proprie case. Col senno di poi, tutti loro ci sembrano incredibilmente ingenui. Al posto di celebrare matrimoni non potevano semplicemente mollare tutto e prepararsi per la guerra quando ancora era possibile farlo? E adesso, nell'estate del 2014, mi tocca chiedermi: non dovrebbero fare altrettanto gli ucraini? E le popolazioni dell'Europa centrale?”

Anne Applebaum (1964) giornalista e saggista statunitense

Origine: Da War in Europe is not a hysterical idea http://www.washingtonpost.com/opinions/anne-applebaum-war-in-europe-is-not-a-hysterical-idea/2014/08/29/815f29d4-2f93-11e4-bb9b-997ae96fad33_story.html, washingtonpost.com, 29 agosto 2014; tradotto in Bisogna prepararsi a una guerra in Europa? http://www.ilpost.it/2014/08/31/guerra-putin-europa/, Il Post.it, 31 agosto 2014.

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“I dittatori sono propensi alla cinefilia. Lenin, che detestava la musica perché era irritato dal fatto che lo faceva diventare sentimentale, considerava che tra tutte le arti il cinema poteva essere la più utile alla causa del proletariato. Hitler vedeva quasi tutte le sere in una sala cinematografica perfettamente attrezzata operette viennesi d'epoca e musical americani, e regalò a Eva Braun una cinepresa per girare a colori scene che ancora oggi ci gelano il sangue, un misto di ridenti immagini domestiche e igure genocide che prendono il sole sulle terrazze con vista sulle Alpi. Anche a Stalin piacevano i musical americani e i film western e, dato che soffriva d'insonnia come Hitler e si divertiva a tenere svegli i suoi cortigiani fino a notte fonda, a volte prolungava la sessione cinematografica con una festa alcolica, durante la quale osservava in silenzio adulatori e future vittime come se stesse inventando per ognuno un copione sinistro dall'epilogo ignoto a tutti tranne che a lui. Il generale Franco non andava a letto tardi e non beveva, ma la sua passione per il cinema era altrettanto forte, al punto che scrisse la sceneggiatura di un film, Raza, che era una patetica fantasia ricamata sulla sua biografia, e una dimostrazione del fatto che il cinema può rovinare l'immaginazione di chiunque. Forse ai dittatori piacciono tanto i film perché hanno pochissime opportunità di uscire la sera e perché sono costantemente circondati da persone servili di cui non sanno più che fare.”

Antonio Muñoz Molina (1956) scrittore e saggista spagnolo

Origine: Da El tirano cinéfilo, País; tradotto in Il tiranno cinefilo, Internazionale n. 1101, 8 maggio 2015.

“All'inizio di questa giornata del 24 aprile, vorrei fare memoria in quest'Aula del genocidio armeno: 97 anni fa, nel 1915, ci fu il culmine di una persecuzione che avveniva già da parecchi anni, sin dalla fine dell'Ottocento. È ancora una ferita aperta, ancora vi è bisogno di una coscienza collettiva condivisa delle parti che sono state protagoniste di quella drammatica vicenda: la coscienza di quel che è stato, di quello che ha significato e la consapevolezza che oggi, a 97 anni di distanza, solo la politica può chiudere quella ferita aperta. Vi sono in Italia e nel mondo (in diverse città del nostro Paese, da Roma a Milano) comunità armene che per tutto l'anno, ma in modo particolare in questo giorno, tengono vivo il senso di una storia, di una cultura, della vicenda di un popolo che non appartiene soltanto a quel popolo ma alla coscienza europea e mondiale. Noi oggi non possiamo che auspicare l'attraversamento – mi viene da dire – dei confini, nel senso del superamento dei muri, degli ostacoli che impediscono oggi alle comunità, così vicine, dell'Armenia e della Turchia di trovare, di ritrovare il filo della comune appartenenza ad una comunità internazionale in cui gli accordi, l'apertura delle frontiere, l'incremento dei rapporti e dei contatti possono aprire in quella zona una fase nuova che diventa un grande segno per l'Europa e per tutta l'area del Medio Oriente che ha visto questa tragedia. Questa tragedia appartiene alla comunità internazionale, all'Unione europea, e l'Italia ne è parte. Di fronte a questa tragedia non possiamo che auspicare, con tutte le nostre forze, verità e riconciliazione. Vi sono già accordi internazionali che attendono solo di essere applicati. Oggi, a 97 anni di distanza da quel tragico evento, da quel grande male, la nostra solidarietà e il nostro impegno è perché sia superata quella ferita e si apra una fase nuova nella vita del popolo armeno e della Turchia.”

Albertina Soliani (1944) politica italiana

Origine: Citato in Seduta del Senato della Repubblica Italiana n. 715 del 24 aprile 2012 http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=16&id=658674 Legislatura XVI – Sull'anniversario dei massacri di armeni nell'Impero ottomano – Resoconto stenografico della seduta. Senato della Repubblica Italiana, 24 aprile 2012.

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“Racchiudere migliaia d'anni di relazioni fra la Turchia, i turchi e gli armeni, di buone relazioni, in appena un anno e far ruotare il tutto attorno al termine "genocidio" è sbagliato. Si tratta di una memoria condivisa, ma dovrebbe anche essere una memoria giusta.”

Origine: Dall'intervista di Bora Bayraktar Intervista al ministro turco per gli affari europei: "Il dramma armeno è condiviso, ma non è "genocidio" http://it.euronews.com/2015/04/23/intervista-al-ministro-turco-per-gli-affari-europei-il-dramma-armeno-e/, Euronews.it, 23 aprile 2015.

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“Ma proprio, direi, guardi, che è il momento di fare le Brigate Internazionali come in Spagna, eh! E certo, perché lì c'è un regime fascista che sta sta distruggendo un popolo intero. In Spagna non era niente in confronto a questo: questo è un genocidio in atto, nazista, razzista, colonialista, imperialista, e qui ci vuole una resistenza […]. Contro gli Israeliani, che bombardano ospedali, cliniche private, bambini eccetera eccetera sparerei, certo; purtroppo non sono capace, ché non ho fatto il servizio militare, essendo figlio unico di madre vedova, però imparerei volentieri […]. Vado lì e combatto contro questi bastardi di Israeliani sionisti, che non hanno niente a che fare con gli Ebrei […]. Io sono a favore della libertà dei Palestinesi, che sono stati cacciati dalla loro terra e vengono distrutti, distrutti, genocizzati da questi qui con la scusa dell'Olocausto […]. Stanno facendo l'Olocausto al rovescio e stanno sterminando i Palestinesi, in tutti i modi […]. [Israele] È uno stato razzista dove c'è una minoranza perseguitata, maltrattata, tenuta senz'acqua, espropriata, murata via via, altro che democrazia, belli miei!”

Gianni Vattimo (1936–2023) filosofo e politico italiano

Origine: Durante la trasmissione radiofonica La Zanzara, 16 luglio 2014; audio disponibile su video.corriere.it http://video.corriere.it/vattimo-frasi-choc-israele-stato-canaglia/f68ba454-0d0f-11e4-b4c9-656e12985e4f

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“Quello che valeva ai suoi tempi vale ancora e varrà sempre: in ogni tempo, il Bello è assai più redditizio del Bene.
- Rifletta. Il Bene non lascia alcuna traccia materiale, e dunque nessuna traccia, perché lei sa quanto valga la gratitudine degli uomini. Nulla si dimentica in fretta quanto il Bene. C'è di peggio: nulla passa tanto inosservato quanto il Bene, perché il vero Bene non pronuncia mai il suo nome e, se lo pronuncia, cessa di essere Bene per diventare propaganda. Il Bello invece può durare per sempre: in sè è la sua stessa traccia. Si parla di lui e di coloro che lo hanno servito. Il che dimostra che il Bello e il Bene sono retti da leggi opposte: più si parla del Bello, più diventa bello; più si parla del Bene, meno esso lo è. Insomma, un individuo responsabile che si voti alla causa del Bene fa un cattivo investimento.
-Del Male, però, se ne parla!
-Ah, certo: il Male è ancora più redditizio del Bello. Quelli che hanno puntato sul Male hanno fatto l' investimento migliore. I nomi dei benefattori del suo tempo sono stati dimenticati da un pezzo; quelli di Stalin o di Mussolini ci suonano ancora familiari.
-Già. Lei è di origine svedese. Se fosse stato di origine ebraica, forse il genocidio nazista le sarebbe sembrato una sfida più interessante.
- Non ne sarei così sicuro. I popoli ci tengono ai loro antenati martiri. E' la sola aristocrazia che non viene mai contestata.
- Sia gentile, parliamo d'altro. La mia capacità di cinismo ha fatto il pieno.”

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“Gli Stati Uniti non solo hanno contribuito a creare le condizioni che portarono nel 1975 i Khmer Rossi cambogiani al potere, ma hanno attivamente sostenuto la violenza genocida, politicamente e finanziariamente.”

John Pilger (1939) giornalista australiano

Variante: Gli Stati Uniti non hanno solo contribuito a creare le condizioni che portarono nel 1975 i Khmer Rossi cambogiani al potere, ma hanno attivamente sostenuto la violenza genocida, politicamente e finanziariamente.

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“Posso dire che era tutto pianificato. Tutto. Il regime dei Khmer Rossi era severo, come lo stalinismo. Sono sicuro che era pianificato fino in fondo dai capi: Pol Pot, Ieng Sary, Ta Mok e gli altri leaders erano responsabili della politica di genocidio.”

Norodom Sihanouk (1922–2012) re della Cambogia

I can say that everything was planned. Everything. The Khmer Rouge regime was very strict, like Stalinism. I am sure that it was planned in detail by the leadership--that Pol Pot, Ieng Sary, Ta Mok and the other leaders were responsible for the genocide policy.
Citazioni tratte dalle interviste

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“La prego di spiegarmi: che cosa sono i crimini di guerra? Crimini di guerra significa che abbiamo mosso guerra contro un altro paese. Non lo abbiamo fatto. E genocidio? Non abbiamo mai avuto nessun motivo di spazzare via la nostra stessa razza. Quelli che sono accusato di avere ucciso erano cambogiani, proprio come me.”

Nuon Chea (1926–2019) politico cambogiano

Origine: Citato in Phil Rees, A cena con i terroristi. Incontri con gli uomini più ricercati del mondo, Edizioni Logos Nuovi Mondi, 2006, pp. 193-194. ISBN 8889091347

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“Sebbene il Vietnam stesso stia affrontando la carestia dopo trent'anni di guerra, ha spedito più di 25.000 tonnellate di viveri alla Cambogia. I vietnamiti sono riusciti a farlo chiedendo ad ogni famiglia nelle loro province sudoccidentali di dare tre chili di riso. Per contro, i governi occidentali hanno inviato solo un esile rivolo di aiuti. Le grandi agenzie, la Croce Rossa Internazionale e l'Unicef, hanno imposto condizioni sulla carità da loro proposta, come il diritto di fornire viveri a ciò che definiscono «l'altra parte». Gli osservatori occidentali che hanno attraversato il confine tailandese con la Cambogia hanno visto ciò che in realtà questo significa: significa nutrire non i civili, non le donne e i bambini, ma ciò che rimane dell'esercito genocida di Pol Pot. Per questo privilegio, le agenzie hanno negato l'assistenza al 90% del popolo cambogiano. Fornire viveri ai Khmer Rossi è in linea con l'appoggio diplomatico occidentale a Pol Pot. Il mese scorso, l'assemblea generale dell'Onu assisté allo spettacolo straordinario delle democrazie occidentali, incluse l'America e la Gran Bretagna, che votano per continuare il riconoscimento del regime defunto che loro stessi riconoscono come gli assassini di massa più efficienti dopo Hitler.”

John Pilger (1939) giornalista australiano

Variante: Sebbene Vietnam stesso stia affrontando la carestia dopo trent'anni di guerra, ha spedito più di 25.000 tonnellate di viveri alla Cambogia. I vietnamiti sono riusciti a farlo chiedendo ad ogni famiglia nelle loro province sudoccidentali a dare tre chili di riso. In contrasto, i governi occidentali hanno spedito solo una manciata d'assisstenza. Le grandi agenzie, la Croce rossa internazionale e Unicef, hanno imposto condizioni sulla loro carità, come il diritto di fornire viveri a ciò che definiscono «l'altra parte». Gli osservatori occidentali che hanno attraversato il confine tailandese con Cambogia hanno visto ciò che significa veramente: significa nutrire non i civili, non le donne e i bambini, ma ciò che rimane dell'esercito genocidiale di Pol Pot. Per questo privilegio, le agenzie hanno trattenuto l'assisstenza a 90% del popolo cambogiano. Fornire viveri ai Khmer Rossi è in linea con l'appoggio occidentale per Pol Pot. Il mese scorso, l'assemblea generale dell'Onu assistì allo spettacolo straordinario delle democrazie occidentali, inclusi l'America e la Gran Bretagna, votare per continuare il riconoscimento del regime defunto che loro stessi riconoscono come i carnefici più efficenti dopo Hitler.

“Dopo essere stata una colonia tedesca, il Ruanda è diventato nel 1918, in seguito alla sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, una colonia belga, vale a dire un paese francofono. Qualità che più tardi, ottenuta l'indipendenza, gli ha consentito di entrare nel privilegiato club dei paesi africani protetti dalla Francia. In quel club conta senz'altro il fascino per la cultura francese. Conta altresì la preferenza per i prodotti e la tecnica francesi ben inteso, anche se gli scambi con l'Africa francofona rappresentano soltanto il 3 per cento del commercio con l'estero di Parigi. In compenso i vari regimi hanno la garanzia di essere assistiti dall'Armée. Così quello ruandese, dominato dalla maggioranza hutu (85 per cento della popolazione) ha avuto un appoggio militare quando è cominciato il conflitto con la minoranza tutsi. La quale aveva tra l'altro un difetto, quello di essere per lo più anglofona, per via degli stretti rapporti con la vicina Uganda, ex colonia britannica. È dunque con armi e istruttori forniti dai francesi, che è cominciato il genocidio dei tutsi compiuto dalle milizie hutu. Ed ora che i primi, i tutsi, hanno vinto, e che gli hutu fuggono per timore di essere a loro volta massacrati, i francesi intervenuti per ragioni umanitarie sono costretti a proteggerli, e con loro proteggono gli autori del genocidio.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: Dopo essere stata una colonia tedesca, il Ruanda è diventato nel 1918, in seguito alla sconfitta della Germania nella prima guerra mondiale, una colonia belga, vale a dire un paese francofono. Qualità che più tardi, ottenuta l'indipendenza, gli ha consentito di entrare nel privilegiato club dei paesi africani protetti dalla Francia. In quel club conta senz'altro il fascino per la cultura francese. Conta altresì la preferenza per i prodotti e la tecnica francesi ben inteso, anche se gli scambi con l'Africa francofona rappresentano soltanto il 3 per cento del commercio con l'estero di Parigi. In compenso i vari regimi hanno la garanzia di essere assistiti dall'Armée. Così quello ruandese, dominato dalla maggioranza hutu (85 per cento della popolazione) ha avuto un appoggio militare quando è cominciato il conflitto con la minoranza tutsi. La quale aveva tra l'altro un difetto, quello di essere per lo più anglofona, per via degli stretti rapporti con la vicina Uganda, ex colonia britannica. È dunque con armi e istruttori forniti dai francesi, che è cominciato il genocidio dei tutsi compiuto dalle milizie hutu. Ed ora che i primi, i tutsi, hanno vinto, e che gli hutu fuggono per timore di essere a loro volta massacrati, i francesi intervenuti per ragioni umanitarie sono costretti a proteggerli, e con loro proteggono gli autori del genocidio.

“La posta in gioco sono centinaia di migliaia di profughi hutu, fuggiti dal Ruanda nel timore di una rappresaglia, dopo il genocidio dei '94. Una massa umana in bilico sul confine, respinta dai tutsi: e di cui si servono invece, come di un ariete, i superstiti dell'ex regime di Kigali, autore del massacro, ora alla ricerca di una rivincita, con l'aiuto dello Zaire. Là il dramma ruandese può essere il detonatore che fa saltare quell'autentica polveriera tribale che è l'ex Congo belga. Un paese disegnato sulle frontiere coloniali, senza tener conto della storia – non scritta – di quelle regioni: e che adesso rischia, come già accadde al momento dell'indipendenza, di andare in frantumi e di destabilizzare l'intera Africa centrale. È al tempo stesso allucinante ed esemplare. A conclusione di un secolo che ha conosciuto la morte del colonialismo, e che ora, arrivato alla fine, assiste alla non tanto lenta rovina del continente nero, questo dramma ruandese è in definitiva il risultato di quello che gli scrittori africani riuniti a Roma, nella primavera del '59, denunciarono come uno dei più gravi peccati occidentali: l'avere accettato, senza discutere, e diffuso, la nozione di un popolo, quello africano, "senza cultura."”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Ed anche "senza storia", perché, appunto, la si tramandava per via orale. Partendo da questo principio, coloni e (spesso) missionari hanno creato una storia africana con un calco occidentale e hanno imposto la loro cultura come se prima ci fosse stato il vuoto. Ne sono uscite delle mostruosità.
Variante: La posta in gioco sono centinaia di migliaia di profughi hutu, fuggiti dal Ruanda nel timore di una rappresaglia, dopo il genocidio dei '94. Una massa umana in bilico sul confine, respinta dai tutsi: e di cui si servono invece, come di un ariete, i superstiti dell'ex regime di Kigali, autore del massacro, ora alla ricerca di una rivincita, con l'aiuto dello Zaire. Là il dramma ruandese può essere il detonatore che fa saltare quell'autentica polveriera tribale che è l'ex Congo belga. Un paese disegnato sulle frontiere coloniali, senza tener conto della storia – non scritta – di quelle regioni: e che adesso rischia, come già accadde al momento dell'indipendenza, di andare in frantumi e di destabilizzare l'intera Africa centrale. È al tempo stesso allucinante ed esemplare. A conclusione di un secolo che ha conosciuto la morte del colonialismo, e che ora, arrivato alla fine, assiste alla non tanto lenta rovina del continente nero, questo dramma ruandese è in definitiva il risultato di quello che gli scrittori africani riuniti a Roma, nella primavera del '59, denunciarono come uno dei più gravi peccati occidentali: l'avere accettato, senza discutere, e diffuso, la nozione di un popolo, quello africano, "senza cultura". Ed anche "senza storia", perché, appunto, la si tramandava per via orale. Partendo da questo principio, coloni e (spesso) missionari hanno creato una storia africana con un calco occidentale e hanno imposto la loro cultura come se prima ci fosse stato il vuoto. Ne sono uscite delle mostruosità.

“È come se, insieme al Ruanda, l'Africa intera stesse agonizzando nella regione dei Grandi Laghi. In un paese di sette milioni di abitanti, prima, per tre anni, ha imperversato la guerra civile; poi, per tre mesi, vi è stato compiuto un genocidio da affiancare ai più tremendi (la Shoa e la Cambogia); poi, ancora, c'è stato l'esodo in massa, l'espatrio disperato di milioni di esseri umani affamati; e adesso è il colera a mietere altre vite, all'ombra di un vulcano, il Nyiragongo, che potrebbe vomitare lava da un momento all'altro sui profughi rantolanti abbattutisi sulla città di Goma, nel vicino Zaire. In una cornice naturale tra le più preziose del pianeta, pregiata quanto un nostro centro storico di palazzi e cattedrali, anche perché il contadino africano l'ha coltivata con arte per secoli, sembra che stia proprio morendo un continente svalutato.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: È come se, insieme al Ruanda, l'Africa intera stesse agonizzando nella regione dei Grandi Laghi. In un paese di sette milioni di abitanti, prima, per tre anni, ha imperversato la guerra civile; poi, per tre mesi, vi è stato compiuto un genocidio da affiancare ai più tremendi (la Shoa e la Cambogia); poi, ancora, c'è stato l'esodo in massa, l'espatrio disperato di milioni di esseri umani affamati; e adesso è il colera a mietere altre vite, all' ombra di un vulcano, il Nyiragongo, che potrebbe vomitare lava da un momento all' altro sui profughi rantolanti abbattutisi sulla città di Goma, nel vicino Zaire. In una cornice naturale tra le più preziose del pianeta, pregiata quanto un nostro centro storico di palazzi e cattedrali, anche perché il contadino africano l' ha coltivata con arte per secoli, sembra che stia proprio morendo un continente svalutato.
Origine: Da La grande tenebra che oscura il Ruanda http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1994/07/23/la-grande-tenebra-che-oscura-il-ruanda.html?ref=search, la Repubblica, 23 luglio 1994.

“Il nostro governo ha mancato di denunciare la soppressione della democrazia. Il nostro governo ha mancato di denunciare le atrocità. Il nostro governo ha mancato di prendere misure coercitive per proteggere i propri cittadini e allo stesso tempo si è tirato indietro per compiacere il governo dominato dal Pak[istan] occidentale e per sminuire ogni condivisibile reazione negativa della comunità internazionale. Il nostro governo ha avallato quella che molti considererebbero una bancarotta morale, mentre per ironia della sorte l'Unione Sovietica inviava al presidente Yahya Khan un messaggio di difesa della democrazia, in cui condannava l'arresto del dirigente di un partito di maggioranza democraticamente eletto e casualmente filo-occidentale, e chiedeva la fine delle misure repressive e degli spargimenti di sangue […] Ma noi abbiamo scelto di non intervenire, nemmeno su un piano morale, con la giustificazione che il conflitto con la Lega Awami, a cui sfortunatamente si può applicare l'abusata definizione di genocidio, sarebbe una questione puramente interna a uno Stato sovrano. Alcuni privati cittadini americani hanno espresso il loro disgusto. Noi, quali funzionari pubblici professionisti, esprimiamo il nostro dissenso con le politiche adottate e ci auguriamo vivamente che i sinceri e duraturi interessi che abbiamo in questo paese possano essere chiariti e le nostre politiche abbiano un nuovo indirizzo.”

Archer Blood (1923–2004)

da un comunicato inviato il 6 aprile 1971 durante la Guerra di liberazione bengalese
Origine: Citato in Christopher Hitchens, Processo a Henry Kissinger, Fazi Editore, 2005, p. 80. ISBN 8881126133

Aung San Suu Kyi photo

“È profondamente sbagliato e controproducente parlare di genocidio contro in rohingya in Birmania.”

Aung San Suu Kyi (1945) politica birmana

Origine: Citata in Birmania, San Suu Kyi all'Aja difende l'esercito: "Non ci sono prove dell'intento genocida" https://www.repubblica.it/esteri/2019/12/11/news/aung_san_suu_kyi_difesa_corte_penale_onu_genocidio-243159650/, Repubblica.it, 11 dicembre 2019

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“La legge di Museveni annienta le persone umane, introducendo il diritto penale nelle relazioni sessuali e sentimentali. Un miscuglio di fondamentalismo religioso, pregiudizi e falsità scientifiche potrebbe condannare migliaia di uomini e donne ad un genocidio LGBT.”

Celeste Costantino (1979) politica italiana

Origine: Il riferimento è alla legge ugandese che criminalizza l'omosessualità, prevedendo per gli omosessuali e chi promuove, sponsorizza o finanzia l'omosessualità pene detentive fino all'ergastolo.
Origine: Da In Uganda ci sarà un genocidio Lgbt. Il governo italiano garantisca accoglienza e diritto d'asilo http://www.huffingtonpost.it/celeste-costantino/in-uganda-ci-sara-un-genocidio-lgbt_b_4852658.html?utm_hp_ref=italia-gay-voices, Huffingtonpost.it, 25 febbraio 2014.