Frasi su prete
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“[Fabrizio] chiedeva perdono a Dio per molte cose; ma, fatto notevole, non pensò neppure ad annoverare tra i suoi peccati il progetto di diventare arcivescovo, per la semplice ragione che il conte Mosca era primo ministro e giudicava quel posto e i suoi svariati privilegi convenienti al nipote della duchessa. Fabrizio l'aveva desiderato senza eccessivo slancio, è vero, però ci aveva pensato spesso, proprio come avrebbe fatto per un posto di ministro o di generale. Non gli era mai passato per la testa che la sua coscienza potesse avere voce in capitolo nel progetto della duchessa: e questo è un esempio concreto della strana forma di religione imparata da Fabrizio presso i gesuiti di Milano. È una religione che toglie il coraggio di pensare alle cose che non rientrano nelle abitudini, e vede nell'esame di coscienza il più grave di tutti i peccati, perché rappresenta un passo avanti verso il protestantesimo. Per sapere di cosa si è colpevoli, bisogna chiederlo al prete, oppure leggere la lista dei peccati così come appare nei libri intitolati "Preparazione al sacramento della Penitenza". Fabrizio sapeva a memoria la lista dei peccati redatta in latino; l'aveva imparata all'Accademia Ecclesiastica di Napoli. Mentre la recitava, arrivato alla voce "delitto", si era accusato davanti a Dio di avere ucciso un uomo, anche se per legittima difesa. Aveva rapidamente elencato, ma senza farci attenzione, i diversi articoli relativi al peccato di simonia (procurarsi attraverso il denaro le dignità ecclesiastiche). Se gli avessero chiesto cento luigi per diventare primo gran vicario dell'arcivescovo di Parma, avrebbe respinto la proposta con sdegno; ma, pur non mancando di intelligenza né di logica, non gli venne mai in mente che impiegare a suo vantaggio l'autorità del conte Mosca fosse una simonia. E qui trionfa l'educazione gesuitica: abituare la gente a non fare attenzione a cose più chiare della luce del sole. Un francese cresciuto all'insegna dell'interesse personale e nutrito di ironia parigina avrebbe facilmente, e in buona fede, accusato Fabrizio di ipocrisia, proprio nel momento in cui il nostro eroe apriva il suo cuore a Dio con la più grande sincerità e la più profonda commozione.”

Libro Primo – Capitolo XII
La Certosa di Parma

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“La democrazia dev'essere il palladio dell'ordine. I disordini sono suscitati nel mondo dal dispotismo e dal prete che tiene il popolo in una condizione insopportabile.”

Giuseppe Garibaldi (1807–1882) generale, patriota e condottiero italiano

Caprera, 28 novembre 1871; p. 604
Scritti politici e militari, ricordi e pensieri inediti

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“Nizza e Savoia furono vendute per la viltà di chi governava l'Italia, ma tale vendita non si sarebbe realizzata col voto senza i preti.”

Giuseppe Garibaldi (1807–1882) generale, patriota e condottiero italiano

Il Prete; p. 889
Scritti politici e militari, ricordi e pensieri inediti

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“Prete Pero è un buon cristiano, | Lieto, semplice, alla mano; | Vive e lascia vivere.”

Giuseppe Giusti (1809–1850) poeta italiano

da Il Papato di Prete Pero, 1

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“Indossa un maglione blu e ha il piglio deciso del direttore dei lavori, del comandante dei pompieri, del capo militare, ma anche la comprensione del prete. Silvio Berlusconi nelle emergenze si esalta. La sua attitudine è la politica del «fare.»”

Augusto Minzolini (1958) giornalista italiano

citato in Il piano giapponese del premier operaio http://archivio.lastampa.it/LaStampaArchivio/main/History/tmpl_viewObj.jsp?objid=9217396, la Stampa, 9 aprile 2009

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“Io mi diverto ad avere trent’anni, io me li bevo come un liquore i trent’anni: non li appassisco in una precoce vecchiaia ciclostilata su carta carbone. Ascoltami, Cernam, White, Bean, Armstrong, Gordon, Chaffee: sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perchè è finita l’angoscia dell’attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perchè anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di grano maturo, a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più, si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po’ ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e in avanti, a meditare sulla nostra fortuna: e allora com’è che in voi non è così? Com’è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie? Ma cosa v’hanno fatto, cosa vi siete fatti? A quale prezzo pagate la Luna? La Luna costa cara, lo so. Costa cara a ciascuno di noi: ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte. Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna: tanto varrebbe restarcene qui. Svegliatevi dunque, smettetela d’essere così razionali, ubbidienti, rugosi! Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza! Stracciatela la carta carbone. Ridete, piangete, sbagliate. Prendetelo a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro. Ve lo dico con umilità, con affetto, perché vi stimo, perché vi vedo migliori di me e vorrei che foste molto migliori di me. Molto: non così poco. O è ormai troppo tardi? O il Sistema vi ha già piegato, inghiottito? Sì, dev’esser così.”

Oriana Fallaci (1929–2006) scrittrice italiana
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“Eccola dunque col pensiero laggiù.
Le par d’essere ancora fanciulla, arrampicata sul belvedere del prete, in una sera di maggio. Una grande luna di rame sorge dal mare, e tutto il mondo pare d’oro e di perla. La fisarmonica riempie coi suoi gridi lamentosi il cortile illuminato da un fuoco d’alaterni il cui chiarore rossastro fa spiccare sul grigio del muro la figura svelta e bruna del suonatore, i visi violacei delle donne e dei ragazzi che ballano il ballo sardo. Le ombre si muovono fantastiche sull’erba calpestata e sui muri della chiesa; brillano i bottoni d’oro, i galloni argentei dei costumi, i tasti della fisarmonica: il resto si perde nella penombra perlacea della notte lunare. Noemi ricordava di non aver mai preso parte diretta alla festa, mentre le sorelle maggiori ridevano e si divertivano, e Lia accovacciata come una lepre in un angolo erboso del cortile forse fin da quel tempo meditava la fuga.
La festa durava nove giorni di cui gli ultimi tre diventavano un ballo tondo continuo accompagnato da suoni e canti: Noemi stava sempre sul belvedere, tra gli avanzi del banchetto; intorno a lei scintillavano le bottiglie vuote, i piatti rotti, qualche mela d’un verde ghiacciato, un vassoio e un cucchiaino dimenticati; anche le stelle oscillavano sopra il cortile come scosse dal ritmo della danza. No, ella non ballava, non rideva, ma le bastava veder la gente a divertirsi perché sperava di poter anche lei prender parte alla festa della vita.
Ma gli anni eran passati e la festa della vita s’era svolta lontana dal paesetto, e per poterne prender parte sua sorella Lia era fuggita di casa…
Lei, Noemi, era rimasta sul balcone cadente della vecchia dimora come un tempo sul belvedere del prete.”

Grazia Deledda (1871–1936) scrittrice italiana

Reeds in the Wind

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“Di maggior laude io reputo degno quegli, che contenendosi in un sol genere di pittura arrivi a toccarne la meta, che non istimo colui il quale aspirando a divenir pittore universale, non giunga alla perfezione in niuno. Così l'intese il Baschenis, che dal genio portato ad una nuova sorta di pittura, ed in questa fondato il suo studio, arrivò a tal grado di virtù, che saranno le sue opere stimatissime in ogni luogo.”

Francesco Tassi (1710–1782) storico dell'arte italiano

tomo I, Prete Evaristo Baschenis pittore, pp. 233-234
Vite de' pittori scultori e architetti bergamaschi
Variante: Di maggior laude io reputo degno quegli, che contenendosi in un sol genere di pittura arrivi a toccarne la meta, che non istimo colui il quale aspirando a divenir pittore universale, non giunga alla perfezione in niuno. Così l'intese il Baschenis, che dal genio portato ad una nuova sorta di pittura, ed in questa fondato il suo studio, arrivò a tal grado di virtù, che saranno le sue opere stimatissime in ogni luogo. (tomo I, Prete Evaristo Baschenis pittore, pp. 233-234)

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“Quello in che veramente riuscì, fu una bizzarrissima maniera, ch'egli s'inventò; e questa sua propria, né più usata da altri, né più veduta; e fu il dipingere ogni sorta di strumenti da suono con incredibile naturalezza, e verità; e n'è riuscito con tanta perfezione, che io non so ch'altri l'abbia uguagliato giammai. (tomo I, Prete Evaristo Baschenis pittore, p. 234)”

Francesco Tassi (1710–1782) storico dell'arte italiano

Vite de' pittori scultori e architetti bergamaschi
Variante: Quello in che veramente riuscì, fu una bizzarrissima maniera, ch'egli s'inventò; e questa sua propria, né più usata da altri, né più veduta; e fu il dipingere ogni sorta di strumenti da suono con incredibile naturalezza, e verità; e n'è riuscito con tanta perfezione, che io non so ch'altri l'abbia uguagliato giammai. (Prete Evaristo Baschenis pittore, p. 234)

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“Possiamo scandalizzarci di più se il pedofilo è un prete che pretende di insegnarci la morale sessuale.”

Gianni Barbacetto (1952) giornalista e scrittore italiano

Dal suo blog su Il fattoquotidiano.it

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“E poi andammo a girare Vacanze in America, io facevo il prete burino, Don Buro. Andammo con Jerry Calà e Paolo Villaggio da Los Angeles a Las Vegas, al Caesar Palace, e stemmo lì una notte. Ci facemmo un sacco di risate e poi alla fine chi pagò il conto fu Carlo Vanzina perché nessuno di noi aveva più una lira, avevamo perso tutti i soldi. E toccò a lui pagare cena e albergo.”

Christian De Sica (1951) attore italiano

Origine: Da intervista di Arianna Finos, Christian De Sica: “Carlo era più bravo di tanti autori che non hanno lasciato il segno” https://rep.repubblica.it/pwa/intervista/2018/07/08/news/christian_de_sica_vanzina-201234462/, Rep.repubblica.it, 8 luglio 2018.

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“Ci hanno dipinto come toghe rosse. A parte la fatica che faccio nel vedermi come una toga rossa, rispondo ricorrendo al catechismo: i sacramenti sono validi anche se il celebrante è indegno, la messa vale anche se il prete ha la fidanzata.”

Piercamillo Davigo (1950) magistrato italiano

Origine: Citato in Gianni Barbacetto, Mani pulite 25 anni dopo, aula vuota e corruzione piena http://www.giannibarbacetto.it/2017/02/09/mani-pulite-25-anni-dopo-aula-vuota-e-corruzione-piena/, Il Fatto Quotidiano, riportato in Giannibarbacetto.it, 8 febbraio 2017.

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“È come se uno non credesse più in Dio perché non si fida più del prete.”

Pif (1972) conduttore televisivo e scrittore italiano

Dal programma televisivo Il testimone