Frasi su liquore

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema liquore, vita, tre-giorni, dopo.

Frasi su liquore

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“Venezia è come mangiare un'intera scatola di cioccolata al liquore in una sola volta.”

Truman Capote (1924–1984) scrittore, giornalista e drammaturgo statunitense

citato in The Observer, 26 novembre 1961

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“Tra la forma della Vita e la Vita | la differenza è la stessa | di un Liquore fra le Labbra | e un liquore nella Bottiglia | l'ultimo – eccellente da conservare – | ma per l'estatico bisogno | lo stappato è superiore – | lo so perché ho provato.”

Emily Dickinson (1830–1886) scrittrice e poetessa inglese

J1101 – F1123, vv. 1-8
Lettere
Origine: In Tutte le poesie. J1101 – 1150 http://www.emilydickinson.it/j1101-1150.html, EmilyDickinson, traduzione di G. Ierolli.

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“I liquori ti uccidono lentamente. Ma chi ha fretta?”

Origine: Citazione n.° 475 da Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano, edizione completa 2004

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“E se continuo a bere i miei liquori inquinati, è vero che quei giorni non li ho dimenticati.”

Ivan Graziani (1945–1997) cantautore e chitarrista italiano

da Agnese

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“[Dopo la sentenza in primo grado nel processo penale dello Scandalo del calcio italiano del 2006 a Napoli, nel 2011] Le sentenze in linea di massima (cfr. il casino su Amanda Knox…) si rispettano, e se ne attendono le motivazioni: questo penso e questo farei se non vedessi un rischio preciso nella pesantissima, delicata e sorprendente sentenza di condanna del Tribunale di Napoli per Moggi e compagni. Non vorrei cioè che essa fosse un macigno a chiudere, invece che un argomento di riflessione. […] Machete adoperato a Napoli. Benissimo: la forza di gravità nei due sensi porta in basso e questo è il segnale che arriva dalla sentenza. Da un lato però mi basterebbe poter pensare che tutta questa vicenda fosse rimasta all'interno del recinto giudiziario, della verità processuale intendo, senza altre valutazioni politiche, o di opportunità ambientale, o di messaggio pubblico ecc. Con una sentenza opposta sarebbe crollato il potere istituzionale, non dimentichiamocelo (Figc, Alta corte del Coni ecc.). Dall'altro che se non sono state prese in considerazione altre prove finora, venga fatto nei successivi gradi di giudizio. Più verità, non un target prescelto. Senza cioè lasciare l'impressione che Moggi, bollato come l'Al Capone del calcio, sia servito perfettamente da tappo a una bottiglia di pessimo liquore per l'ubriacatura pubblica, finendo in un trappolone: sarebbe un rischio ancora peggiore.”

Oliviero Beha (1949–2017) giornalista, scrittore e saggista italiano

citato in "A Napoli con il machete" http://ilfattoquotidiano.it/2011/11/10/a-napoli-con-il-machete/169668/, il Fatto Quotidiano.it, 10 novembre 2011

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“Sembra di sentirlo ancora | dire al mercante di liquore: | «Tu che lo vendi, cosa ti compri di migliore?»”

Fabrizio De André (1940–1999) cantautore italiano

da Dormono sulla collina, n.° 1

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“In soldoni, e sempre alla buona, il super io di Freud è una sorta di liquore distillato dell'io in carne e ossa, mentre il soggetto trascendente di Kant è un recipiente che non contiene distillati, o piuttosto che li può contenere tutti.”

Massimo Piattelli Palmarini (1942) professore di scienze cognitive, linguista, epistemologo italiano

Variante: In soldoni, e sempre alla buona, il super io di Freud è una sorta di liquore distillato dell’io in carne e ossa, mentre il soggetto trascendente di Kant è un recipiente che non contiene distillati, o piuttosto che li può contenere tutti.
Origine: Ritrattino di Kant a uso di mio figlio, Capitolo 1, Perché proprio Kant? Ovvero: il fascino discreto della ragione pura, p. 24

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“Le geishe si ordinano nei ristoranti assieme alle vivande e ai liquori. Un risotto, un pesce crudo, del saké e delle geishe.”

Ercole Patti (1903–1976) scrittore italiano

Origine: Un lungo viaggio lontano, p. 33

“Restare seduto e percorrere la regione del mondo spirituale; ho esperimentato questo vantaggio con i libri. Ubriacarsi con un solo bicchiere di vino; ho provato questo piacere bevendo il liquore delle dottrine esoteriche.”

Kamal al-din Esfahani poeta persiano

Origine: Citato in Henry David Thoreau, Walden o Vita nei boschi, traduzione di Piero Sanavio, La Biblioteca ideale Tascabile, Milano, 1995, cap. III, p. 101. ISBN 88-8111-102-0

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“La podagra, malattia dolorosa delle articolazioni invade più che altro quei vecchi che dopo avere passato i migliori anni della vita nella mollezza e dilicatezza ed essersi dati all'ozio, alla crapula, alla venere, al vino e ad altri liquori spiritosi, aggravandosi l'età si tolgono dall'esercizio e menano una vita del tutto oziosa. Sebbene talora attacchi i giovani, e specialmente i gracili ed i macilenti, nulladimeno succede di rado, e principalmente per queste cause, vale a dire o per vizio ereditario o perché si dettero con troppa intemperanze o troppo presto ai piaceri della venere, o perché tralasciarono l'esercizio in loro in pria famigliare, furono edaci di troppo, bevvero in troppa quantità il vino ed i liquori spiritosi, quindi ad un tratto si dettero ai liquori refrigeranti ed umettanti; che offesero la funzione della prima cozione per troppo severi studii delle lettere, o per cure molto gravi dell'animo e per vessazioni. Coloro che vanno soggetti 'alla podagra hanno il cranio alquanto più grande, l'abito del corpo per lo più assai pieno, umido e lasso, la costitazione del corpo salace e robusta. Quando invade i vecchi non gli affligge tanto gravemente, quanto quelli della età media ed i giovani. I fanciulli, gli eunuchi e le donne, o mai o raramente vanno soggetti alla podagra.”

Giorgio Baglivi (1668–1707) anatomista e scienziato italiano

Della pratica medica, libro II, capitolo VI; p. 248

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“I savoiotti danno sempre ricevimenti in economia: pochi e perfidi i liquori, immangiabili i dolci.”

Edda Ciano (1910–1995) figlia di Benito Mussolini

Origine: Citato in Paolo Pavolini, 1943, la caduta del fascismo – 1, Fratelli Fabbri Editori, Milano 1973.

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“Io mi diverto ad avere trent’anni, io me li bevo come un liquore i trent’anni: non li appassisco in una precoce vecchiaia ciclostilata su carta carbone. Ascoltami, Cernam, White, Bean, Armstrong, Gordon, Chaffee: sono stupendi i trent’anni, ed anche i trentuno, i trentadue, i trentatré, i trentaquattro, i trentacinque! Sono stupendi perché sono liberi, ribelli, fuorilegge, perchè è finita l’angoscia dell’attesa, non è incominciata la malinconia del declino, perché siamo lucidi, finalmente, a trent’anni! Se siamo religiosi, siamo religiosi convinti. Se siamo atei, siamo atei convinti. Se siamo dubbiosi, siamo dubbiosi senza vergogna. E non temiamo le beffe dei ragazzi perché anche noi siamo giovani, non temiamo i rimproveri degli adulti perchè anche noi siamo adulti. Non temiamo il peccato perché abbiamo capito che il peccato è un punto di vista, non temiamo la disubbidienza perché abbiamo scoperto che la disubbidienza è nobile. Non temiamo la punizione perché abbiamo concluso che non c’è nulla di male ad amarci se ci incontriamo, ad abbandonarci se ci perdiamo: i conti non dobbiamo più farli con la maestra di scuola e non dobbiamo ancora farli col prete dell’olio santo. Li facciamo con noi stessi e basta, col nostro dolore da grandi. Siamo un campo di grano maturo, a trent’anni, non più acerbi e non ancora secchi: la linfa scorre in noi con la pressione giusta, gonfia di vita. È viva ogni nostra gioia, è viva ogni nostra pena, si ride e si piange come non ci riuscirà mai più, si pensa e si capisce come non ci riuscirà mai più. Abbiamo raggiunto la cima della montagna e tutto è chiaro là in cima: la strada per cui siamo saliti, la strada per cui scenderemo. Un po’ ansimanti e tuttavia freschi, non succederà più di sederci nel mezzo a guardare indietro e in avanti, a meditare sulla nostra fortuna: e allora com’è che in voi non è così? Com’è che sembrate i miei padri schiacciati di paure, di tedio, di calvizie? Ma cosa v’hanno fatto, cosa vi siete fatti? A quale prezzo pagate la Luna? La Luna costa cara, lo so. Costa cara a ciascuno di noi: ma nessun prezzo vale quel campo di grano, nessun prezzo vale quella cima di monte. Se lo valesse, sarebbe inutile andar sulla Luna: tanto varrebbe restarcene qui. Svegliatevi dunque, smettetela d’essere così razionali, ubbidienti, rugosi! Smettetela di perder capelli, di intristire nella vostra uguaglianza! Stracciatela la carta carbone. Ridete, piangete, sbagliate. Prendetelo a pugni quel Burocrate che guarda il cronometro. Ve lo dico con umilità, con affetto, perché vi stimo, perché vi vedo migliori di me e vorrei che foste molto migliori di me. Molto: non così poco. O è ormai troppo tardi? O il Sistema vi ha già piegato, inghiottito? Sì, dev’esser così.”

Oriana Fallaci (1929–2006) scrittrice italiana
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“Non ho soggiornato abbastanza a Napoli, per essere istruito a fondo sulla vita, sia privata sia di società che vi si conduce. So solo che vi si dorme più che in qualsiasi altro paese dell'Italia; che vi si consuma una quantità prodigiosa di cioccolato che ogni privato fa preparare a casa sua nella dose che più preferisce; che le conversazioni o riunioni generali sono nel tono di quelle delle altre città d'Italia; che nelle cerchie private il parlare è alla greca, cioè, molto allegro ed estremamente libero; che la galanteria è tanto comune e poco discreta nei primi ranghi, quanto rara e misteriosa nella borghesia; che, a seguirla nel popolo, gli estremi si toccano; che la continenza, in generale, a Napoli è la virtù meno comune; che l'amore, che altrove spesso non è che apparenza, fatuità, fantasia, è uno dei più urgenti bisogni; infine che il Vesuvio, che comanda questa città, è l'emblema più esatto sotto cui da questo punto di vista la si possa rappresentare.
Altri bisogni, che la polizia ed un certo pudore altrove, soprattutto nelle grandi città, reprimono, a Napoli sono al di sopra di tutte le leggi. Lo zolfo, mescolato a tutti i vegetali e a tutti gli alimenti, l'uso continuo del cioccolato, dei liquori più forti, delle spezie che più riscaldano provocano esplosioni ed eruzioni che non sopportano né rinvio né cerimonie. I cortili dei palazzi e degli alberghi, i porticati delle case private, le loro scale e i loro pianerottoli sono altrettanti ricettacoli per le necessità di tutti i passanti. Anche chi va in carrozza scende per mescolarsi alla folla che cammina; chiunque si prende in casa d'altri la libertà che permette a casa sua.”

Pierre-Jean Grosley (1718–1785) storico e scrittore francese

Observations sur l'Italie et sur les Italiens, , vol. III

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