Frasi su imbroglio

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema imbroglio, uomo, essere, meglio.

Frasi su imbroglio

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“La natura nasconde i propri segreti perché è sublime, non perché imbroglia.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco

Origine: Aforisma scritto a mano in tedesco; citato in Philipp Frank, Einstein: His Life and Times, Knopf, New York, 1947, p. 190.
Origine: Pensieri di un uomo curioso, p. 126

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“Forzàti a cambiare nome ogni cinque anni. Il destino degli uomini illustri. I loro imbrogli.”

Elias Canetti (1905–1994) scrittore, saggista e aforista bulgaro

La tortura delle mosche

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“Venezia è un imbroglio che riempie la testa soltanto di fatalità.”

Francesco Guccini (1940) cantautore italiano

da Venezia
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“Il barone Fisichella, che tra monsignor Airoldi e l'abate Vella faceva la spola, arrivò in casa dell'abate di prima mattina: a sorpresa, ché di solito compariva nel pomeriggio; e trafelato, sudato, confuso. Disse subito che aveva brutte nuove, ma ce ne volle prima che arrivasse a dire chiaro e tondo "Vi arresteranno, prima di sera vi arresteranno."
L'abate restò Impassibile.
"Monsignore è dispiaciuto, amareggiato… Proprio non se l'aspettava."
"Io me l'aspettavo" disse l'abate.
"Ma santo cristiano, e non potevate difilarvi da qualche parte, nascondervi?"
"Non ho voglia di muovermi, sono stanco… E poi, chiamatemi pazzo, ma ho il desiderio di vedere dove si va a finire."
"Ma questo posso dirlo io che ne sono fuori: vediamo come finisce quest'imbroglio, stiamo a vedere come se la cava l'abate Vella… Ma voi ci siete infilato così" portò la mano di taglio al disotto della bocca, ad indicare il livello d'acqua in cui l'abate stava per affogare.
L'abate scrollò di noncuranza le spalle.
"Non vi capisco" disse il barone "parola mia d'onore, non vi capisco."
"Nemmeno io" disse l'abate.
"Ma, dico: il carcere… Non vi impressiona, non vi spaventa?"
"Mi mancava a provarlo."
"A me manca di provare… Scusatemi, stavo per dirla grossa… Beh sì, mi manca di provare… Voi mi capite… E che, mi faccio…?"
"Quello che a voi manca di provare non appartiene all'uomo: ché capisco quello che volete dire… Ma il carcere sì, il carcere è dell'uomo; direi anzi che è nell'uomo."”

Leonardo Sciascia (1921–1989) scrittore e saggista italiano

Opere – 1956.1971, pp. 623-624
Il Consiglio d'Egitto

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“Per quanto riguarda poi lo spread… ma smettiamola di parlare di questo imbroglio! Di spread non si era mai sentito parlare, se ne è sentito parlare soltanto da un anno […].”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

2012
Origine: Durante la presentazione di un libro di Bruno Vespa; citato in Berlusconi: "Lo spread è un imbroglio" http://video.repubblica.it/dossier/pdl-crisi-governo-monti/berlusconi-portato-il-paese-sull-orlo-del-baratro-menzogna-colossale/113550/111950, Repubblica.it, 11 dicembre 2012.

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“Una volta mi dissero che non gioco secondo le regole di Hollywood, ed è per questo che non sono una grande star. Quello che intendevano quando me l'hanno detto è che non vado alle feste, e quando vado a un provino e non mi piace la sceneggiatura, lo sanno. Io non flirto e non imbroglio le persone che sto incontrando. Subito dopo, queste persone mi dissero: "Quando ti metti con passione su di un ruolo, non c'è nessuno che ti può toccare, ma devi imparare a farlo questo…"”

Sherilyn Fenn (1965) attrice statunitense

Ma io non sono capace di stare lì e far finta che amo qualcosa quando non è così!
I was told once that I didn't play the Hollywood game, and that's why I wasn't a big star. What they meant when they said that was that I don't go to parties, and when I go to an audition and I don't like the script, they know it. I don't flirt and I don't play the people that I'm meeting with. In the next breath, this person said to me, ‘When you're passionate about a role, there's nobody that can touch you, but you have to learn to do this also...’ But I don't know how to sit there and pretend I love something when I don't!
Origine: Citata in Jill Daniel, Fenntastic, Orange Coast, gennaio 1999.

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“È una macchina diabolica, l'esercito, e il militarismo un ingranaggio mortale. Lo sai qual è la ricetta per fotter le reclute fin dal momento in cui arrivano alla caserma, Bernard? Prima si schierano sul piazzale coi loro abiti borghesi affinché ricordino d'appartenere a una società priva di uguaglianza, vale a dire un consorzio nel quale c'è chi veste bene e chi veste male. Poi gli si infila l'uniforme affinché si illudano d'accedere a un sodalizio di uguali, vale a dire un consorzio nel quale tutti vestono i medesimi panni. Subito dopo si rimbecilliscono con le esercitazioni e le marce che stroncano. E-marciando-cantate-così-tenete il passo. (Però il passo non c'entra, Bernard. C'entra che a cantare non pensano, e a non pensare non s'accorgono di venir fottuti.) Infine si cancella la loro personalità, la loro individualità. Perché il soldato non deve essere un individuo, una persona: deve esser parte d un nucleo perfetto che agisce all'unisono. E lo sai qual è l'ingrediente per ottenere un nucleo perfetto o quasi perfetto? L'odio. L'odio collettivo cioè diretto verso lo stesso bersaglio, e non il bersaglio rappresentato dal nemico che la guerra ti procura o ti procurerà: il bersaglio rappresentato da un paria coi gradi di sergente. Il sergente becero, ignorante, di cui subisci la tirannia che gli è stata delegata dal tenente al quale è stata delegata dal capitano al quale è stata delegata dal maggiore al quale è stata delegata dal colonnello al quale è stata delegata dal generale al quale è stata delegata dalla Macchina, a cui hanno insegnato a berciare come a un cantante si insegna a gorgheggiare do-re-mi-fa-sol-la. Sì, gli hanno insegnato a usare la voce per comandarti e sfotterti e umiliarti, Bernard. E lui la usa nel modo prescritto. «Sei laureato, tu? Bene, allora va' a pulire i cessi.» Al contadino e all'operaio, invece: «Razza di piercolo, da che fogna vieni? Non sai nemmeno contare, somaro?» Poi dispetti, addestramenti forzati, canagliate, fino a quando laureati e contadini e operai lo odiano in uguale misura, e il nucleo quasi perfetto è ottenuto. "Quasi" perché manca il tocco finale, l'ingrediente decisivo, e indovina qual è il tocco finale. L'ingrediente decisivo. È l'amore. L'amore concentrato sullo stesso bersaglio che stavolta è il tenente o meglio ancora il capitano. Insomma l'ufficiale buono, comprensivo, paterno, che ascolta e consola e magari si rivolge a te con il Lei. «È laureato, lei? Bravo, me ne rallegro. È contadino, lei? Bravo, me ne compiaccio. È operaio, lei? Bravo, me ne complimento.» Oppure: «Sì, la rampogna del sergente è stata eccessiva: lo rimprovererò a mia volta. Voglio essere un amico, per voi, in caso di bisogno rivolgetevi a me.» Bisogno? Che bisogno? Ormai l'unico bisogno di cui hanno bisogno è ricevere amore, darlo, e dall'odio per il sergente passano all'amore per il tenente o il capitano. Il-mio-capitano. Per il loro capitano accettano qualsiasi sacrificio, qualsiasi martirio, sono pronti a crepare. Con lui salteranno fuori dalla trincea, con lui si lanceranno contro la mitragliatrice che falcia, con lui uccideranno il nemico cioè il disgraziato che dall'altra parte della barricata ha subìto l'identico trattamento, con lui creperanno come bovi al macello. E questo, inutile dirlo, senza che sospettino d'esser le vittime d'un lurido imbroglio, le ruote di un ingranaggio ben oliato e ben collaudato. Perenne.”

I, IV, I; pp. 110–112
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