Frasi su tatto

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema tatto, vista, gusto, modo.

Frasi su tatto

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“Cerchi di farla felice pur sapendo che il motivo principale per cui non lo è sei proprio tu – disse Simon, senza molto tatto.”

Non ti sembra un po' una contraddizione?
– Ma l'amore è una contraddizione – rispose Jace tornando a guardare fuori dalla finestra.
Shadowhunters, Città degli angeli caduti

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“Per lei assai di lieve si comprende | quanto in femmina foco d'amor dura, | se l'occhio o 'l tatto spesso non l'accende.”

Dante Alighieri (1265–1321) poeta italiano autore della Divina Commedia

Nino Visconti: VIII, 76-78

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“I calli alle mani possono essere il segno di un più grande tatto dello spirito.”

Fabrice Hadjadj (1971) scrittore e filosofo francese

La terra strada del cielo

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“Nessuna regola, per quanto saggia può sostituire l'affetto e il tatto”

In Praise of Idleness and Other Essays

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“Quanto in femmina fuoco d'amor dura,
Se l'occhio o 'l tatto spesso nol raccende.”

The Divine Comedy (c. 1308–1321), Purgatorio

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“Non sempre il silenzio significa tatto: è il tatto ch'è d'oro, non il silenzio.”

Samuel Butler (1612–1680) scrittore britannico

Origine: Citato in Selezione dal Reader's Digest, agosto 1965, p. 76.

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“Vi sono due forme di conoscenza, l'una genuina e l'altra oscura; e a quella oscura appartengono tutti quanti questi oggetti: vista, udito, odorato, gusto e tatto. L'altra forma è la genuina, e gli oggetti di questa sono nascosti.”

Sesto Empirico (160–210) filosofo greco antico

da Contro i matematici, VII, 138; citato in Daniele Vignali, I sofisti. Retori, filosofi ed educatori, Armando Editore, 2006, p. 238 http://books.google.it/books?id=-ZJuxxnTo5gC&pg=PA238#v=onepage&q=%22Vi%20sono%20due%20forme%22

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“Tre sono i mezzi per comunicare l'amore: parola, vista e tatto. Il più importante è la parola. Non saprai mai infatti quanto una persona ti ama se non te lo dice.”

Fulton J. Sheen (1895–1979) arcivescovo cattolico statunitense

Origine: Da La felicità del cuore, Richter e C., Napoli, 1952.

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“Chi sei, strano ricordo al tatto | e strane radici in fuga | rilassamento oscuro simile alla coltre delle nubi | ed estinzione simile all'essenza dell'essere?”

Joumana Haddad (1970) poetessa, giornalista e traduttrice libanese

da Il tuo paese, questa notte ardente
In Non ho peccato abbastanza

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“Il tatto nell'audacia, è sapere fino a che punto ci si può spingere troppo avanti.”

Jean Cocteau (1889–1963) poeta, saggista e drammaturgo francese

da Il richiamo all'ordine

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“Essere buoni con chi non ti ha caro richiede non solo molta benevolenza ma anche molto tatto.”

Ludwig Wittgenstein (1889–1951) filosofo e logico austriaco

1931
Pensieri diversi

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“Il tatto è l'arte di camminare sulla carta bagnata senza lacerarla.”

Pitigrilli (1893–1975) scrittore e aforista italiano

Kamatoto
La donna di 30, 40, 50, 60 anni

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“Una volta, dopo il tè della sera Tolstoj, che si sentiva male, mi chiamò in camera sua. Alloggiava allora in basso […].
— Che cosa vi preoccupa, ora? A che pensate? — mi domandò, sdraiandosi sul grande divano coperto di tela cerata nera e comprimendosi il fegato malato con la mano passata sotto la cintura.
— A Dio. Cerco di chiarire in me questo concetto.
— In casi simili, mi ricordo sempre della definizione di Matthew Arnold. Ve ne ricordate? «Dio è la cosa eterna, posta al di fuori di noi, che ci conduce e che esige da noi la santità.» Aveva studiato i libri del Vecchio Testamento, e, per quell'epoca, la definizione era sufficiente. Ma, dopo Cristo, bisogna aggiungere che, al contempo, Dio è l'amore.
«Ognuno di noi possiede la propria rappresentazione di Dio. Per i materialisti Dio è la materia, benché ciò sia completamente erroneo; per Kant, è una cosa, per una contadina illetterata è un'altra.» Egli continuava così rispondendo al più completo disappunto che si dipingeva sul mio volto.
— Ma che cos'è questa nozione, se differisce in ciascun individuo? Tutte le altre nozioni sono forse le stesse per tutti!
— Perché? Esiste una moltitudine d'oggetti che gli uomini si rappresentano in modo nettamente diverso.
— Per esempio?
— Ce ne sono quanti ne volete… Ecco, per esempio… prendiamo non foss'altro l'aria: per un fanciullo non esiste; un adulto la conosce, come poter dire ciò?, diciamo che col senso del tatto egli l'aspira; ma per un chimico è tutt'altro.
Il Maestro parlava con voce calma e convincente come si parla con i fanciulli.
— Ma, se si hanno concezioni diverse di questo oggetto, perché, per nominarlo, ci si serve della stessa parola "Dio"? La contadina che lo nomina vuole esprimere una cosa diversa dalla vostra?
— Le nostre concezioni sono diverse, ma hanno anche un certo elemento comune. Per tutti gli uomini, questa parola evoca nella sua essenza una nozione che è comune a tutti loro, ed è perciò che non si può sostituire questa parola con nessun'altra.”

Victor Lebrun (1882–1979) scrittore e attivista francese

pp. 111-113
Variante: Una volta, dopo il tè della sera Tolstoj, che si sentiva male, mi chiamò in camera sua. Alloggiava allora in basso [... ].— Che cosa vi preoccupa, ora? A che pensate? — mi domandò, sdraiandosi sul grande divano coperto di tela cerata nera e comprimendosi il fegato malato con la mano passata sotto la cintura.— A Dio. Cerco di chiarire in me questo concetto.— In casi simili, mi ricordo sempre della definizione di Matthew Arnold. Ve ne ricordate? «Dio è la cosa eterna, posta al di fuori di noi, che ci conduce e che esige da noi la santità.» Aveva studiato i libri del Vecchio Testamento, e, per quell'epoca, la definizione era sufficiente. Ma, dopo Cristo, bisogna aggiungere che, al contempo, Dio è l'amore.<!-- la chiusura di virgolette manca così nel testo -->«Ognuno di noi possiede la propria rappresentazione di Dio. Per i materialisti Dio è la materia, benché ciò sia completamente erroneo; per Kant, è una cosa, per una contadina illetterata è un'altra.» Egli continuava così rispondendo al più completo disappunto che si dipingeva sul mio volto.— Ma che cos'è questa nozione, se differisce in ciascun individuo? Tutte le altre nozioni sono forse le stesse per tutti!— Perché? Esiste una moltitudine d'oggetti che gli uomini si rappresentano in modo nettamente diverso.— Per esempio?— Ce ne sono quanti ne volete... Ecco, per esempio... prendiamo non foss'altro l'aria: per un fanciullo non esiste; un adulto la conosce, come poter dire ciò?, diciamo che col senso del tatto egli l'aspira; ma per un chimico è tutt'altro. Il Maestro parlava con voce calma e convincente come si parla con i fanciulli.— Ma, se si hanno concezioni diverse di questo oggetto, perché, per nominarlo, ci si serve della stessa parola "Dio"? La contadina che lo nomina vuole esprimere una cosa diversa dalla vostra?— Le nostre concezioni sono diverse, ma hanno anche un certo elemento comune. Per tutti gli uomini, questa parola evoca nella sua essenza una nozione che è comune a tutti loro, ed è perciò che non si può sostituire questa parola con nessun'altra.

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“La credenza in una virtualità che funzioni come sostituto dei rapporti umani è una sciocchezza di questi tempi. Noi ci affidiamo alle tecnologie telematiche anche quando ci rendiamo conto che ci stiamo forzando a farlo. Il miracolo del vedere vicino ciò che è lontano e la possibilità di una esplorazione praticamente infinita ci attraggono. La nostra pigrizia e la pubblicità convincente rendono il processo quasi automatico. Soddisfatti al massimo due sensi su cinque, costruiamo la grande illusione. Ma la vista e l'udito sono, nella nostra era, così bistrattati da aver perduto quasi completamente la capacità di differenziare, selezionare, preferire. Sono diventati due poteri maleducati e sgangherati. Chattare fa passare un po' di tempo e ci ingombra in quei pezzi di noi che sono o che lasciamo momentaneamente un po' più liberi e sensibili. […] Mi piacerebbe essere genericamente dissacratoria nei confronti della pratica della virtualità. Economia virtuale, amore virtuale, conoscenze virtuali, cultura virtuale, comunicazione virtuale, partecipazione virtuale. Devi per forza testare quale odore, quale sapore, quale consistenza abbia la persona, prima di decidere se o che ti piace. Solo dopo comparirà il livello di smaterializzazione e idealizzazione che, comunque, tutti adottano soprattutto affrontando il cosiddetto amore. Non un computer, ma il nostro cervello farà sufficiente casino per far sembrare bello ciò che non lo è, vicino ciò che non lo è, accettabile ciò che non lo è. Ma questa è un'altra storia. È la storia della libertà intellettuale e sentimentale che caratterizza la dimensione umana. Questa storia non ha, però, giustificazione di accadere prima di, e a prescindere da, olfatto, gusto e tatto.”

Mina (1940) pagina di disambiguazione di un progetto Wikimedia

da Vanity Fair, n. 48, 7 dicembre 2011
Citazioni di Mina

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“Il tatto è il senso dell'avventura.”

Fabrice Hadjadj (1971) scrittore e filosofo francese

Mistica della carne

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“La vista è alquanto volubile, mentre il tatto è monogamo. Se voglio voglio vedere mi è necessario arretrare.”

Fabrice Hadjadj (1971) scrittore e filosofo francese

Mistica della carne

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“Sono sempre stato per la censura […]. Ma a condizione che questa censura sia affidata a delle persone qualificate sia per la loro sicurezza di giudizio che per il loro tatto morale e resa efficiente nel concreto. […] Non parlo qui che della censura etica.”

Henry De Montherlant (1895–1972) scrittore e drammaturgo francese

Origine: Dall'intervista di Vittorio Abrami, A colloquio con Montherlant http://digital.sturzo.it/spogliogenerale/1963/19631026/20/5/acoll, Il Popolo, 26 ottobre 1963.

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“Erano luccicanti | e appiccicosi al tatto. | Non li conoscevo affatto, ma li amavo tanto.”

Karen Cushman (1941)

pag. 71
L'arduo apprendistato di Alice lo Scarafaggio

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“[Gli ebrei hanno sei sensi]
Tatto, gusto, vista, odorato, udito… memoria. Mentre i gentili fanno esperienza del mondo mediante i sensi tradizionali e usano la memoria solo come strumento di second'ordine per interpretare i fatti, per gli ebrei la memoria non è meno primaria della puntura di uno spillo, o del suo argenteo luccichio, o del gusto del sangue che sprigiona dal dito. L'ebreo è punto da uno spillo e ricorda altri spilli. È solo riconducendo la puntura dello spillo ad altre punture – quando sua madre tentava di aggiustargli la manica con il suo braccio dentro; quando le dita di suo nonno si addormentarono accarezzando la fronte madida di suo bisnonno; quando Abramo saggiò il coltello per essere sicuro che Isacco non sentisse dolore – che l'ebreo appura perché faccia male.
Quando un ebreo incontra uno spillo domanda: Che cosa mi ricorda?”

Variante: br/>Tatto, gusto, vista, odorato, udito... memoria. Mentre i gentili fanno esperienza del mondo mediante i sensi tradizionali e usano la memoria solo come strumento di second'ordine per interpretare i fatti, per gli ebrei la memoria non è meno primaria della puntura di uno spillo, o del suo argenteo luccichio, o del gusto del sangue che sprigiona dal dito. L'ebreo è punto da uno spillo e ricorda altri spilli. È solo riconducendo la puntura dello spillo ad altre punture – quando sua madre tentava di aggiustargli la manica con il suo braccio dentro; quando le dita di suo nonno si addormentarono accarezzando la fronte madida di suo bisnonno; quando Abramo saggiò il coltello per essere sicuro che Isacco non sentisse dolore – che l'ebreo appura perché faccia male.
Quando un ebreo incontra uno spillo domanda: Che cosa mi ricorda? (pp. 237-238)
Origine: Ogni cosa è illuminata, pp. 237-238

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“Vrònskij andò nella vettura dietro al capotreno e all'entrata dello scompartimento si fermò, per lasciare il passo a una signora che usciva.
Col tatto abituale dell'uomo di mondo, da una sola occhiata all'aspetto esteriore di questa signora Vrònskij giudicò in modo certo ch'ella apparteneva all'alta società. Egli si scusò e stava per andare nella vettura, ma provò la necessità di guardarla ancora una volta, non perché ella fosse molto bella, non per quell'eleganza e quella grazia modesta che si vedevano in tutta la sua persona, ma perché nell'espressione del volto leggiardo, quand'ella gli era passata vicino, c'era qualcosa di particolarmente carezzevole e tenero.
Quand'egli si volse a guardarla, ella pure voltò il capo. I scintillanti occhi grigi, che sembravan neri per le ciglia folte, si fermarono amichevolmente, con attenzione sul volto di lui, come se ella lo riconoscesse, e immediatamente si portarono sulla folla che passava, come cercando qualcuno. Vrònskij fece a tempo a notare l'animazione rattenuta che balenava sul volto di lei e svolazzava fra gli occhi scintillanti e il sorriso appena percettibile, che incurvava le sue labbra vermiglie. Come se un'abbondanza di qualcosa colmasse talmente il suo essere, da esprimersi all'infuori della sua volontà ora nello scintillio dello sguardo, ora nel sorriso. Ella aveva spento deliberatamente quella luce nei suoi occhi, ma essa splendeva suo malgrado nel sorriso appena percettibile.”

Anna Karenina

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