Frasi su composizione
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“Nella testa io sentivo le campane, | ero felice come gli orsi nelle tane | quando fumavo quel prodotto non tassato | per pagare l'aumento al pensionato.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da La fine del drogato, 64<sup>a</sup> composizione, p. 84
Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, Canzoni inedite, Primo quaderno

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“Per guarire da quel male la mattina | annusavo forti dosi di benzina, | annusavo quasi sempre la normale | e la super la prendevo in via orale.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da La fine del drogato, 64<sup>a</sup> composizione, p. 84
Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, Canzoni inedite, Primo quaderno

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“Si compiace il moscovita e domanda più convinto | ad un fratello che nella vita non fu mai di terra cinto, | "che faresti, o compagnoski, se tu avessi molta terra?" | "Ai compagni darei i boschi e per me una piccola serra.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da La festa dell'unità, 73<sup>a</sup> composizione, p. 88
Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, Canzoni inedite, Primo quaderno

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“Sono Rino e sono buono, | per la strada, per gli amici | quasi sempre io perdono.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da Sono Rino, 1<sup>a</sup> composizione, 1970, p. 94
Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, Canzoni inedite, Secondo quaderno

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“Vorrei tanto far l'erede, | sono nato da suddista | ma qualcuno non ci crede.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da Sono Rino, 1<sup>a</sup> composizione, p. 94
Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, Canzoni inedite, Secondo quaderno

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“Apro un'industria di baci veri | per poter dare lavoro a te, | se faccio soldi, faccio un partito, | coi baci tuoi divento re.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da Se fossi re, 4<sup>a</sup> composizione, p. 96
Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, Canzoni inedite, Secondo quaderno

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“Noi abbiamo la bomba atomica | per la difesa del nostro paese, | l'abbiamo avuta coi punti della maionese, | abbiamo anche una flotta in umido | dentro le acque del nostro Stato, | l'abbiamo vinta coi tappi del latte sgrassato.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da Le mirage, 12<sup>a</sup> composizione, p. 98
Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, Canzoni inedite, Secondo quaderno

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“Nellu negozio dellu barbiere, | fra una barba e una frizione, | si parlava dell'elezione, | s'addiceva proprio così: | PCI PSI PLI PRI.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da Ballata di un governo, 22a composizione, p. 102

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“Ma che fortuna, | grazie alla luna | posso riavere | il cuore di lei.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da La ragazza nel bar della teppa, 22<sup>a</sup> composizione, p. 104
Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, Canzoni inedite, Secondo quaderno

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“Sono tanti anni che la porto sul collo | la faccia, non cambia da che sono a mollo | nella pozzanghera di questa vita | dove anche tu nuoti con me.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da Canzone d'estate, 3<sup>a</sup> composizione, 1971, p. 108
Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, Canzoni inedite, Terzo quaderno
Origine: Questa è la prima stesura di quella che poi sarebbe diventata Nuoto a farfalla, incisa da Marco Morandi nell'album "Io nuoto a farfalla", uscito nel 2002.

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“E non credo alla chiesa, alla politica attesa, | sono insubordinato alla legge di questo Stato.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da L'eremita, 5<sup>a</sup> composizione, p. 110
Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, Canzoni inedite, Terzo quaderno

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“Ogni volta che inizio una composizione, mi sforzo di creare qualcosa che resti nella mente e nel cuore dello spettatore, che accompagni e ricordi il film stesso, ma che abbia la forza di una vita autonoma!”

Umberto Scipione (1960) compositore italiano

Origine: Dall'intervista di Massimo Privitera, "Benvenuti" nella mia musica http://www.colonnesonore.net/contenuti-speciali/interviste/2412-qbenvenutiq-nella-mia-musica-intervista-esclusiva-a-umberto-scipione.html, colonnesonore.net, 25 gennaio 2013.

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“Se questa sua [dell'uomo] composizione ti pare di maraviglioso artifizio, pensa questa essere nulla rispetto all'anima che in tale architettura abita e, veramente, quale essa si sia, ella è cosa divina sicché lasciala abitare nella sua opera a suo beneplacito […] così mal vole[n]tieri [l'anima] si parte dal corpo e ben credo che 'l suo pianto e dolore non sia sanza cagione.”

Leonardo Da Vinci (1452–1519) pittore, ingegnere e scienziato italiano

Origine: Citato in Martin J. Kemp, Lezioni dell'occhio: Leonardo da Vinci discepolo dell'esperienza, Vita e Pensiero, Milano, 2004, pp. 49 https://books.google.it/books?id=_1tGJPsfU74C&pg=PA49-50. ISBN 88-343-0935-9

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“La musica dodecafonica è un abile tentativo di ridare ordine e norma alla musica, che va dissolvendosi nell'arbitrio soggettivo. Essa vuole oggettività e composizione rigorosa.”

Thomas Mann (1875–1955) scrittore e saggista tedesco

Origine: Dall'intervista Cinque domande a Th. Mann http://www.xedizioni.it/Epoca/1950-001.pdf, Epoca, 14 ottobre 1950, p. 9.

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“[Su Giorgio Morandi] Non ebbe mai un atelier nel senso pomposo del termine. Viveva e lavorava in una camera di media grandezza, una finestra della quale dava su un piccolo cortile ricoperto di verde […]. Qui si trovava anche la sua brandina, un vecchio scrittoio e il tavolo da disegno, una specie di libreria, il cavalletto e poi tutt'intorno su stretti scaffali l'arsenale, in attesa discreta, delle semplici cose che noi tutti conosciamo attraverso le sue nature morte: bottiglie, recipienti, vasi, brocche, utensili da cucina, scatole. Le aveva scovate chissà dove, per lo più da rigattieri, si era innamorato di ciascuna di esse, le aveva portate a casa una ad una, per poi disporre in fila questi trovatelli quali suoi compagni di stanza, in via sperimentale e con grandi speranze. Qui si trovavano dunque i suoi modelli veri e propri: le "cose" nel loro isolamento silenzioso, gli interlocutori del suo incessante dialogo. […] Quanto più essi diventavano parte del suo mondo abituale, dimostrando il proprio diritto di cittadinanza attraverso un crescente strato di polvere, tanto più gli stavano a cuore. Tutto ciò sembrava molto ordinato in modo piuttosto piccolo-borghese, relativamente ordinato; infatti attorno, davanti e dietro al cavalletto vi era abbastanza spesso una traccia evidente di inquietudine e di caos. Là si trovava una consolle a tre ripiani. Nel settore più basso, che poteva comprendere anche il pavimento, giaceva una confusione di quegli oggetti che l'avevano colpito a un primo esame ma che poi gli si erano dimostrati insufficienti per un discorso prolungato. Al piano di sopra si trovavano oggetti come comparse in attesa di una ancor possibile entrata in scena. Ma la scena, sulla quale comparivano i protagonisti scelti come interlocutori di un lungo dialogo, si trovava nell'ultimo ripiano, situato pressoché all'altezza degli occhi. Lì si trovavano queste cose scelte in tutta la loro imperturbabile solitudine; nelle mutevoli composizioni acquisivano una sconcertante personalità e cercavano anche di allacciare tra loro delle sottili relazioni dalle quali si costituiva pian piano, lenta-mente dalla loro prossimità, una compagine armonica. L'arrangiatore paziente era Morandi, che stava a vedere con dedizione ed ansia estreme il lento formarsi della comparsa delle cose; tutto ciò poteva durare dei giorni. […] E in questa comunicazione meditativa, che si faceva sempre più stretta, la distanza tra le cose e l'io contemplante era abolita […], sicché l'immagine infine raggiunta, la controimmagine che rispondeva al pittore, era al tempo stesso la sua autorappresentazione. Giunto a questo punto, Morandi si metteva a dipingere e trasponeva questa realtà, che egli aveva prefigurato con tanta cura, nella visualità del quadro, nella "seconda", più comprensiva realtà. Il vero e proprio atto pittorico durava spesso solo poche ore. Alcuni quadri mostrano chiaramente le tracce di una certa corsività nella pennellata. Sono segni di spontaneità, di un'estrema visione creatrice divampante come la fiamma di una candela che sprigiona l'ultimo guizzo.”

Werner Haftmann (1912–1999) storico dell'arte tedesco

Origine: Citato in Marilena Pasquali, Morandi, Art Dossier, n°50, Giunti, Firenze, ISBN 88-09-76143-X, pp. 6-8.

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“Le composizioni di Johann Sebastian Bach sono prive di bellezza, di armonia e di chiarezza di melodia.”

Johann Adolph Scheibe (1708–1776) compositore e musicologo tedesco

da Der critische Musikus, Amburgo, 14 maggio 1737

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“Satira (s. f.). Genere antiquato di composizione letteraria in cui vizi e follie dei nemici personali dell'autore venivano presentati con una tenerezza un po' lacunosa.”

Ambrose Bierce (1842–1914) scrittore, giornalista e aforista statunitense

1988, p. 160
Dizionario del diavolo

“[Diego Velázquez] Nelle opere giovanili che di lui rimangono, lo scopo era di raffigurare una realtà assoluta. Le sue nature morte sono pitture realistiche che rivelano la maestria del pittore nei valori tattili. Egli probabilmente conobbe qualche opera del Caravaggio e di alcuni suoi seguaci: in ogni caso, utilizzò in parecchi quadri ciò che chiamiamo "tenebrismo", anche se se ne servì alla propria maniera. Per tutta la vita le sue composizioni seguirono gli schemi dei pittori manieristici; mai compose secondo linee diagonali nello spazio, fatta eccezione per qualche ritratto equestre. Ma quando Velázquez si stabilì a Madrid e poté studiare i grandi veneti, lo stile mutò. La sua tavolozza passò dal bruno ai grigi e ai neri; l'artista si fece più sicuro di sé, arrivando a raffigurare il movimento. […] Più tardi Velázquez andò in Italia e prese contatto con gli artisti di quel paese, non solo del passato, ma anche con quelli allora vivi e operosi. La tavolozza si fece così più ricca di colore, secondo un'inclinazione che doveva farsi sempre più sentita per il resto della vita. Il pennelleggiare sulla tela divenne sempre più libero ed eloquente in ogni opera, raggiungendo in breve un'esattezza unica nella pittura europea. Le sue ardite pennellat e degli anni maturi possono essere paragonate per l'eloquenza a quelle dei pittori orientali.”

Xavier de Salas (1907–1982) storico dell'arte spagnolo

da Velázquez, 1962
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

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“Si può dire che le due grandi composizioni che Velázquez dipinse verso la fine della carriera, Le damine di corte e Le filatrici, offrono un esempio evidentissimo del senso spaziale che il grande spagnolo possedeva, e dell'arte con cui sapeva utilizzare e realizzare gli insegnamenti tratti a suo tempo dalle opere del Tintoretto. Velázquez comunica realmente allo spettatore la nozione delle dimensioni, in primo luogo giovandosi degli esseri animati, degli oggetti, delle scale, degli ordigni per tessere, dei soffitti a volta e delle pareti, e in secondo luogo con la vita che infonde nei personaggi, coi loro gesti professionali, con una genuflessione, con una mano tesa. Ma è soprattutto il modo armonioso con cui sfrutta ombre e luci che costringe l'occhio ad abbracciare l'intera visione e a cogliere la distanza tra l'uno e l'altro piano. Con queste variazioni animate, Velázquez ci trasporta nello spazio che egli stesso ha creato, ci fa vivere direttamente in esso; e attinge così le vette della realtà artistica e vivente.”

August Liebmann Mayer (1885–1944)

da Velázquez, 1936
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

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“Quello veramente da tener di mira è la sua nuova concezione stilistica. La nota che la caratterizza è una ricerca così tenace di concisione, da ricordare la sobrietà dei grandi periodi arcaici. A tal fine il Caravaggio si serve principalmente di due mezzi: della luce e della composizione. Egli, come è noto, immerge le sue scene nell'oscurità, investendole di un getto violento di luce radente, in modo che alcune parti soltanto affiorino dalle tenebre nella luce. Questa, creduta fino ad oggi, e forse dagli stessi suoi seguaci, una trovata realistica fu, caso mai, una concessione alla fantasia – come pare la interpretasse lo stesso Rembrandt –, ma soprattutto una ricerca di unità e di stile: un mezzo a mettere in valore certe parti e linee essenziali delle cose, facendole affiorare nella luce e ad eliminarne nelle tenebre altre secondarie, inutili o dannose ad una concisa rappresentazione. L'altro mezzo che il Caravaggio impiega per raggiungere l'unità stilistica riguarda, dunque, la composizione del quadro. Per il primo Michelangiolo aveva decisamente spezzato la secolare uniformità degli schemi compositivi a linee e piani paralleli "al quadro", e aveva mostrato quante maggiori risorse di movimento e di energia offrisse l'impostatura, diciamo, in tralice di certe sue figure; risorsa che il Tintoretto aveva spinto al colmo, limitandola però anche lui troppo a singole figure isolate. Era riserbato al Caravaggio di coronare la geniale iniziativa dei suoi precursori estendendo questo stesso sistema costruttivo a tutta quanta la compagine della composizione, in modo da ottenere in un sol tratto, con sintesi insuperata, il massimo risultato di senso plastico e dinamico. (da [http://books.google.it/books?id=euFBAQAAIAAJ Il Caravaggio], 1922; citato in * Caravaggio”

Matteo Marangoni (1876–1958) critico d'arte e compositore italiano

pag. 186
Francesca Marini, 2003
s)

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“La comune concezione di Canaletto anzitutto come pittore e, più particolarmente, pittore topografico, è tutto sommato giustificata; ma essa impone qualche modifica al fine di conseguire un'esatta valutazione dell'importanza di lui come artista. Molti dei suoi disegni, tra i quali alcuni dei più belli, furono eseguiti come fini a se stessi, del tutto indipendentemente dalle opere pittoriche; e, come incisore, egli trovò un'espressione completa. Cosi, anche se non avesse mai posto pennello sulla tela, lo si sarebbe egualmente annoverato tra gli importanti maestri delle arti grafiche. […] L'opinione circa il suo lavoro topografico è mutata a fondo: un tempo lo si considerava poco più di un fotografo; oggi si tende ad accusarlo di frequenti inesattezze. Nella maggior parte dei suoi dipinti si mostrò straordinariamente attento ai fatti nei loro particolari, e tale interesse è attestato dai molti disegni diagrammatici che egli eseguì, in ispecie quelli del libro di schizzi dell'Accademia, nei quali si trovano non solo dettagli accuratamente indicati, ma vi sono aggiunti frequenti appunti per identificare gli edifici e registrare i colori. […] Canaletto non si limitò completamente alla topografia. Nell'iscrizione sul frontespizio delle acqueforti, fa egli stesso una distinzione tra vedute prese dai luoghi e vedute ideate, messa in rilievo da note occasionali sui suoi disegni, come veduta esatta e veduta dal naturale. Nelle sue mani, la veduta ideata assumeva due forme principali: la veduta immaginaria propriamente detta, e il capriccio, un insieme di motivi identificabili, tratti da differenti edifici e località, coi quali formava una composizione. La differenza tra le due è facilmente riconoscibile in casi estremi. […] Di regola, peraltro, elementi immaginari e identificabili erano mescolati.”

William George Constable (1887–1976)

da Canaletto, 1962
Origine: Citato in Canaletto, I Classici dell'arte, a cura di Cinzia Manco, pagg. 181 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\CAG\0608462 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2540and%2B%2540and%2B%2B%2540attr%2B1%253D13%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522759.5%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4005%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522classici%2Bdell%2527arte%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4018%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522rizzoli%252Fskira%2522&totalResult=13&select_db=solr_iccu&nentries=1&rpnlabel=+Codice+Classificazione+Dewey+%3D+759.5+&format=xml&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ferror.jsp&do_cmd=search_show_cmd&refine=4005%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7CCollezione%404018%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7CEditore&saveparams=false&&fname=none&from=11

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“Perché abbiamo preso come base la campagna e perché non abbiamo preso come base di supporto le città?
La città non poteva essere la base. Certo, la popolazione là è molto grande, ma la città è piccola e infestata dal nemico. L'Assemblea, i tribunali, le prigioni, la polizia, l'Esercito - erano tutti lì. Le reti dell' apparato repressivo del nemico erano concentrate là, e la composizione sociale della città è molto complessa.
Per contro, la campagna è vasta. I nemici sono in pochi là. In alcuni villaggi, non c'è nemmeno l'ombra del nemico, militarmente o in altro modo. In certe comunità, ci sono solo uno o due soldati o poliziotti. Ciò significa che le forze nemiche nella campagna sono deboli, mentre i contadini sono molto numerosi. La composizione delle classi là è buona.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

Why did we take the countryside as the base and why did we not take the cities as the support base?
The cities could not be the base. True, the population there is large, but the city is small, the enemy is all over it. The Assembly, the courts, the prisons, the police, the Army - they were all there. The networks of the enemy's repressive apparatus were concentrated there, and the social composition of the town is very complex.
By contrast, the countryside is vast. The enemy is spread thin there. In some villages, there is not even the shadow of the enemy, militarily or otherwise. In some communities, there are only one or two soldiers or police. This means the enemy forces in the countryside are weak. The peasants there are very numerous. The class composition is good.

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“Forse nessun'altra invenzione architettonica esercitò un'influenza più duratura dell'arco trionfale, che i romani eressero in tutto il loro impero: Italia, Francia, Africa settentrionale e Asia. L'architettura greca in generale era composta da elementi identici, e lo stesso si può dire anche del Colosseo: gli archi trionfali, invece, adoperano gli ordini per incorniciare e mettere in risalto il grande passaggio centrale affiancandogli aperture più strette. Era una disposizione atta a essere usata nella composizione architettonica quasi come si usa un accordo in musica. (5. I conquistatori del mondo, Romani, buddisti, ebrei e cristiani”

Ernst Hans Josef Gombrich (1909–2001) storico dell'arte austriaco

I-IV secolo d.C.), p. 117
La storia dell'arte
Variante: Forse nessun'altra invenzione architettonica esercitò un'influenza più duratura dell'arco trionfale, che i romani eressero in tutto il loro impero: Italia, Francia, Africa settentrionale e Asia. L'architettura greca in generale era composta da elementi identici, e lo stesso si può dire anche del Colosseo: gli archi trionfali, invece, adoperano gli ordini per incorniciare e mettere in risalto il grande passaggio centrale affiancandogli aperture più strette. Era una disposizione atta a essere usata nella composizione architettonica quasi come si usa un accordo in musica. (5. I conquistatori del mondo, Romani, buddisti, ebrei e cristiani (I-IV secolo d. C.), p. 117)
Origine: voce su Wikipedia

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“Si riteneva che Raffaello avesse realizzato la composizione perfetta e armoniosa di figure che si muovono liberamente.”

Ernst Hans Josef Gombrich (1909–2001) storico dell'arte austriaco

La storia dell'arte
Origine: Da Storia dell'arte, 1950; citato in AA.VV., Il libro dell'arte, traduzione di Martina Dominici, Gribaudo, 2018, p. 141. ISBN 9788858018330

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“Tutto il nostro popolo, così duramente provato dalla guerra segue con ansia e con speranza ogni voce ed ogni iniziativa di pace che si levi nel mondo; è deciso ad appoggiare con tutte le sue forze, con il suo slancio ogni tentativo di composizione pacifica dei conflitti in corso.”

Sri Jawaharlal Nehru (1889–1964) politico indiano

Origine: Citato in Nehru ammonisce gli Stati Uniti a non ostacolare i negoziati con la Cina https://archivio.unita.news/assets/main/1951/01/21/page_006.pdf, L'Unità, 21 gennaio 1951.

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“Non mi piace la parola sicilitudine, preferisco la sicilianità espressa dagli uomini, la prismatica composizione del siciliano.”

Andrea Camilleri (1925–2019) scrittore, sceneggiatore e regista italiano

Origine: Citato in Camilleri a Palermo: "Così creo una Sicilia desiderabile" http://palermo.repubblica.it/cronaca/2014/06/06/news/camilleri_a_palermo_cos_creo_una_sicilia_desiderabile-88246803/, Repubblica.it, 6 giugno 2014.

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“Le nazioni sono composizioni d’uomini; risorgono le nazioni quando risorge uno per uno a virtù ed a civiltà, a concordia di voleri la maggioranza degli uomini che le compongono.”

Ippolito Nievo (1831–1861) scrittore italiano

Origine: Da Due scritti politici, a cura di M. Gorra, Padova, Liviana, 1988, p.65.

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“La strada per stabilire la composizione chimica del Sole e delle stelle fisse è aperta.”

Robert Wilhelm Bunsen (1811–1899) chimico e fisico tedesco

citato in AA.VV., Il libro dell'astronomia, traduzione di Roberto Sorgo, Gribaudo, 2017, p. 112. ISBN 9788858018347

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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