Frasi su presidente
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“La corruzione nei regimi di Obote era così diffuso che era quasi dato per scontato. I ministri, i presidenti dei parastatali e gli impiegati statali più ricchi possedevano flotte di macchine, bus, tantissime case per l'affitto, dei bar, dei benzinai ecc. e Obote non chiese mai in alcun istante ai suoi uomini su dove avessero acquisito questa ricchezza.”

Idi Amin Dada (1925–2003) politico e militare ugandese

Variante: La corruzione nei regimi di Obote era così diffusa che era quasi data per scontato. I ministri, i presidenti dei parastatali e gli impiegati statali più ricchi possedevano flotte di macchine, bus, tantissime case per l'affitto, dei bar, dei benzinai ecc. e Obote non chiese mai in nessun caso ai suoi uomini in che modo avessero acquisito questa ricchezza.

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“Sembro un presidente? Ma quanto sono bello, vero? Quanto?”

Donald Trump (1946) 45esimo Presidente degli Stati Uniti d'America

2016

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“I Khmer Rossi elaborarono una costituzione per la loro nuova Cambogia «democratica». L'articolo venti della costituzione diceva che ogni cambogiano aveva il diritto di praticare qualsiasi religione (piena libertà di culto religioso), e che i cambogiani avevano il diritto di non praticare qualsiasi religione. Ma qualsiasi religione che fosse «errata» o «dannosa» per la Cambogia era assolutamente vietata. È ciò che il presidente Mao, i cui insegnamenti i Khmer Rossi seguirono fino ai loro più barbarici estremi, avrebbe forse chiamato una «contraddizione». La maggior parte dei cambogiani sono buddisti, e il buddismo ispira i gentili, i passivi, e venera l'armonia tra gli esseri umani e la loro terra, non la supremazia su di essa. I Khmer Rossi decisero di porre fine a questa tradizione in quasi una sola nottata.”

John Pilger (1939) giornalista australiano

Variante: I Khmer Rossi elaborarono una costituzione per la loro nuova Cambogia «democratica». L'articolo venti della costituzione disse che ogni campogiano aveva il diritto di venerare qualsiasi religione, e che ogni cambogiano aveva il diritto di non venerare qualsiasi religione. Ma qualsiasi religione che era «errata» o «dannosa» per la Cambogia era assolutamente vietata. È ciò che il presidente Mao, i cui insegnamenti i Khmer Rossi seguirono ai loro estremi più barbarici, avrebbe forse chiamato una «contraddizione». La maggior parte dei cambogiani sono buddisti, e il buddismo ispira i gentili, i passivi, e venera l'armonia tra gli esseri umani e la loro terra, non la supremazia su di essa. I Khmer Rossi decisero di porre fine a questa tradizione in quasi una sola nottata.

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“Alle sette e mezzo il 17 aprile 1975, la guerra contro la Cambogia si concluse. Fu una guerra particolare, poiché nessun paese aveva mai fatto esperienza d'un simile bombardamento. Su questa terra, forse la più graziosa e più pacifica in tutta l'Asia, il presidente Nixon e il signor Kissinger sganciarono centomila tonnellate di bombe, l'equivalente di cinque Hiroshima. Il bombardamento fu una loro scelta personale. Illegalmente e in segreto, bombardarono la Cambogia, un paese neutrale, fino a riportarla all'età della pietra, e intendo età della pietra nel suo senso strettamente letterale. Poco dopo l'alba, il 17 aprile 1975, i bombardamenti cessarono, e regnò il silenzio. Poi, i vittoriosi, i Khmer Rossi, il cui potere era cresciuto in modo del tutto sproporzionato rispetto ai loro numeri, emersero dalla foresta. Entrarono nella capitale, Phnom Penh, una città che molti di loro non avevano mai visto prima. Marciarono in fila indiana disciplinata lungo i viali e il traffico immobile. Si vestivano di nero ed erano per la maggior parte adolescenti. Il popolo li acclamò ansiosamente, ingenuamente. Dopo tutto, i bombardamenti e i combattimenti erano finalmente terminati. Il terrore cominciò quasi immediatamente. Phnom Penh, una città di 2.5 milioni d'abitanti, fu evacuata con la forza entro un ora dal loro arrivo, i malati e feriti trascinati dai loro letti d'ospedale, bambini morenti trasportati in sacchi di plastica, i vecchi e gli zoppi abbandonati ai margini della strada, e tutti in marcia sotto tiro verso la campagna e una società totalmente nuova, quale mai si era vista prima. I nuovi leader della Cambogia chiamarono il 1975 l'«Anno zero», l'alba di un'era in cui non ci sarebbero state famiglie, né sentimenti, né espressioni d'amore o di sofferenza, né medicine, né ospedali, né scuole, né libri, né istruzione, né vacanze, né musica, né canzoni, né posta, né moneta: solo fatica e morte.”

John Pilger (1939) giornalista australiano

At 7:30 AM on April 17, 1975, the war on Cambodia was over. It was a unique war, for no country has ever experienced such concentrated bombing. On this, perhaps the most graceful and gentle land in all of Asia, president Nixon and mister Kissinger unleashed 100,000 tons of bombs, the equivalent of five Hiroshimas. The bombing was their personal decision. Illegally and secretly, they bombed Cambodia, a neutral country, back to the Stone Age, and I mean Stone Age in its literal sense. Shortly after dawn on April 17, the bombings stopped and there was silence. Then, out of the forest, came the victors, the Khmer Rouges, whose power had grown out of all proportion to their numbers. They entered the capital Phnom Penh, a city most of them had never seen. They marched in disciplined Indian file through the long boulevards and the still traffic. They wore black and were mostly teenagers, and people cheered them, nervously, naively. After all, the bombing, the fighting, was over at last. The horror began almost immediately. Phnom Penh, a city of 2.5 million people, was forcibly emptied within an hour of their coming, the sick and wounded being dragged from their hospital beds, dying children being carried in plastic bags, the old and crippled being dumped beside the road, and all of them being marched at gunpoint into the countryside and towards a totally new society, the likes of which we have never known. The new rulers of Cambodia called 1975 "Year Zero", the dawn of an age in which there would be no families, no sentiments, no expressions of love or grief, no medicines, no hospitals, no schools, no books, no learning, no holidays, no music, no songs, no post, no money, only work and death.
Variante: Alle sette e mezzo il 17 aprile 1975, la guerra contro la Cambogia si concluse. Era una guerra particolare, poiché nessun paese aveva sofferto d'un tale bombardamento. Su questa terra, forse la più graziosa e più pacifica in tutta l'Asia, il presidente Nixon e il signor Kissinger sguanciarono centomila tonnellate di bombe, l'equivalente di cinque Hiroshima. Il bombardamento fu una loro scelta personale. Illegalmente e in segreto, bombardarono la Cambogia, un paese neutrale, fino a riportarla all'età della pietra, e intendo età della pietra nel suo senso strettamente letterale. Poco dopo l'alba, il 17 aprile 1975, i bombardamenti cessarono, e regnò il silenzio. Poi, i vittoriosi, i Khmer Rossi, il cui potere era cresciuto fuori proporzione dai loro numeri, emersero dalla foresta. Entrarono la capitale, Phnom Penh, una città che molti di loro non avevano mai visto prima. Marciarono in fila indiana disciplinata lungo i viali e il traffico immobile. Si vestivano di nero, ed erano per la maggior parte adolescenti. Il popolo li acclamò ansiosamente ed ingenuamente. Dopo tutto, i bombardamenti e le sparatorie erano finiti. Il terrore cominciò quasi immediatamente. Phnom Penh, una città di 2.5 milioni d'abitanti, fu evacuata con la foza entro un ora del loro arrivo, i malati e feriti trascinati dai loro letti d'ospedale, bambini morenti trasportati in sacchi di plastica, i vecchi e zoppi lasciati per la strada, tutti marciati sotto tiro verso la campagna e una società totalmente nuova, mai vista prima. I nuovi leader di Cambogia nominarono 17 aprile «Anno zero», l'alba di un' era in cui non ci sarebbero state famiglie, niente sentimenti, nessuna espressione d'amore o lutto, niente medicine, niente ospedali, niente scuole, niente libri, niente istruzione, niente vacanze, niente musica, niente canzoni, niente posta e niente denaro: solo fatica e morte.

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“Eiacula precocemente l'impero, | ritorna il circolo dei combattenti, | gli stati servi si inchinano | a quella scimmia di presidente.”

Franco Battiato (1945) musicista, cantautore e regista italiano

da Ermeneutica, n.3
Dieci stratagemmi
Variante: Eiacula precocemente l'impero, | ritorna il circolo dei combattenti, | gli stati servi si inchinano | a quella scimmia di presidente. (da Ermeneutica, n.3)

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“Il presidente - Una storia d'amore (1995) – sceneggiatura”

Aaron Sorkin (1961) commediografo, sceneggiatore e produttore televisivo statunitense

Film

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“L'ultima visita di Musco al Viminale che io posso ricordare fu la più clamorosa e provocò una delle sue sortite comiche divenute di pubblico dominio. Quella mattina Musco si mise in testa di vedere il Consiglio dei Ministri che era riunito in seduta. Naturalmente era un desiderio destinato a restare insoddisfatto. Senonché, essendomi dovuto allontanare perché chiamato da Mussolini, Musco, quatto quatto, in punta di piedi, mi seguì ammiccando furbescamente al vecchio usciere – che stava al Ministero dell'Interno dai tempi di Crispi – il quale rimase intimidito e pensò ad un mio consenso. Musco riuscì a ficcare la testa attraverso l'uscio che dalla stanza del Presidente del Consiglio immette nel salone delle riunioni de Ministri. Diaz, che si era voltato al mio ingresso, sì accorse dell'intruso e invece di adontarsi per tanto arbitrio, tutto contento, annunziò: «C'è Musco! C'è Musco!». Il Consiglio che stava per terminare la sua seduta si chiuse in anticipo in mezzo alla generale allegria dei presenti che circondarono lo straordinario ospite, inatteso ma gradito.”

Cesare Rossi (1887–1967) politico e sindacalista italiano

Angelo Musco al Viminale. Voglio vedere o Consiglio riunito, p. 97
Personaggi di ieri e di oggi
Variante: L'ultima visita di Musco al Viminale che io posso ricordare fu la più clamorosa e provocò una delle sue sortite comiche divenute di pubblico dominio. Quella mattina Musco si mise in testa di vedere il Consiglio dei Ministri che era riunito in seduta. Naturalmente era un desiderio destinato a restare insoddisfatto. Senonché, essendomi dovuto allontanare perché chiamato da Mussolini, Musco, quatto quatto, in punta di piedi, mi seguì ammiccando furbescamente al vecchio usciere – che stava al Ministero dell'Interno dai tempi di Crispi – il quale rimase intimidito e pensò ad un mio consenso. Musco riuscì a ficcare la testa attraverso l'uscio che dalla stanza del Presidente del Consiglio immette nel salone delle riunioni de Ministri. Diaz, che si era voltato al mio ingresso, sì accorse dell'intruso e invece di adontarsi per tanto arbitrio, tutto contento, annunziò: «C'è Musco! C'è Musco!». Il Consiglio che stava per terminare la sua seduta si chiuse in anticipo in mezzo alla generale allegria dei presenti che circondarono lo straordinario ospite, inatteso ma gradito. (Angelo Musco al Viminale. «Voglio vedere o Consiglio riunito», p. 97)
Origine: Fino al 1960 la Presidenza del Consiglio era ubicata presso il Palazzo del Viminale, sede del Ministero dell'interno. voce su Wikipedia.

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“Quando nasce un diverbio tra il presidente e il capo di Stato maggiore, si cambia il capo di Stato maggiore.”

Emmanuel Macron (1977) 25° Presidente della Repubblica francese

Origine: Citato in Francia, grana per Macron: il Capo di stato maggiore|capo di Stato maggiore si dimette dopo i tagli alla Difesa http://www.repubblica.it/esteri/2017/07/19/news/francia_si_dimette_il_capo_di_stato_maggiore_dopo_la_polemica_sui_tagli_alla_difesa-171131578/?ref=RHPPLF-BH-I0-C8-P4-S1.8-T1, Repubblica.it, 19 luglio 2017.

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“È terribile essere politico. Sono disgustato e stufo della politica. Guardatemi ora. Sono il presidente della poverissima e bruttissima repubblica della Kampuchea Democratica. Sono in esilio a causa della politica. Mi sento molto triste e provo molta vergogna.”

Norodom Sihanouk (1922–2012) re della Cambogia

It is horrible to be a politician. I am disgusted, fed up with politics. Look at me now. I am the president of the very poor, very unattractive republic of Democratic Kampuchea. I am in exile because of politics. I feel very sad and ashamed.
Citazioni tratte dalle interviste
Variante: È terribile essere politico. Sono disgustato e stufato dalla politica. Guardatemi ora. Sono il presidente della repubblica poverissima e bruttissima della Kampuchea Democratica. Sono in esilio a causa della politica. Mi sento molto triste e vergognato.

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“Tra quattro anni mi intervisterai di nuovo e mi dirai: "Presidente Trump, ha fatto davvero un ottimo lavoro".”

Donald Trump (1946) 45esimo Presidente degli Stati Uniti d'America

2015

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“A volte dicono: "Non si comporta da presidente." […] Con l'eccezione del grande Abraham Lincoln, potrei essere più presidenziale di chiunque altro abbia ricoperto questo ruolo.”

Donald Trump (1946) 45esimo Presidente degli Stati Uniti d'America

2017
Variante: A volte dicono "Non si comporta da presidente." [... ] Con l'eccezione del grande Abraham Lincoln, potrei essere più presidenziale di chiunque altro abbia ricoperto questo ruolo.

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“Quali sono le zone di ipersensibilità della società italiana? Bisognerebbe proprio chiederselo, perché è lì che la battaglia andrebbe condotta. Ma noi non abbiamo avuto i Padri Pellegrini, e che un presidente del consiglio menta non scandalizza nessuno. Che un generale perda una guerra, dopo che abbiamo avuto Carlo Alberto, Persano e gli artefici di Caporetto, sembra quasi umano. Non ci scandalizzeremo nemmeno per qualche bustarella, una concussioncella, un pastrocchio valutario, una evasioncella fiscale. Siamo uomini, tutti abbiamo le nostre debolezze. E allora? Allora bisognerebbe chiedersi chi e che cosa riesca ancora a scandalizzare gli italiani, senza speranza di perdono. E la risposta è preoccupante. Nell'ordine sono: 1) il cornuto contento; 2) l'impotente beffato; 3) l'omosessuale non autorizzato (quindi sono esclusi gli artisti); 4) chi picchia i bambini; 5) chi non ama la mamma; 6) chi guadagna più di me. […] Ma questo significa che nel nostro paese di Lucrezie Borgia che avvelenano, Maramaldi che tradiscono, Freda che bombardano, dove non ci si scandalizza né per il malgoverno né per la mafia, l'ultima battaglia per la libertà non dovrebbe essere combattuta rivelando le conversazioni segrete tra gli ammiragli e i ministri, ma filmando dietro un falso specchio un ammiraglio che si masturba bevendo champagne mentre il suo attendente nudo picchia la vecchia madre inferma. Il che, ammettiamolo, è un po' triste.”

Umberto Eco (1932–2016) semiologo, filosofo e scrittore italiano

da L'uomo che morde troppo, Cronache dei regni vassalli, pp. 78-79
Dalla periferia dell'Impero

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“Ho capito che il presidente a dicembre.”

James Comey (1960) avvocato e funzionario statunitense
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“I media ti appiccicano un'etichetta e tu non te la togli più. Ormai mi sono rassegnato a un certo stereotipo, alcuni presidenti mi chiamano e si aspettano di trovarsi davanti un orco o uno dei marines.”

Serse Cosmi (1958) allenatore di calcio e ex calciatore italiano

Origine: Da un'intervista a Teletruria; citato in Andrea Avato, Serse Cosmi a Teletruria. "Bifini come Balotelli. Le curve? Molto meglio di certe tribune" http://www.amarantomagazine.it/news_dett.php?id=1482, Amarantomagazine.it, 28 marzo 2013.

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“Quando un presidente prende [Sven-Göran] Eriksson per allenare è sicuro di non avere problemi, litigi, ma solo titoli.”

Glenn Strömberg (1960) giornalista ed ex calciatore svedese

Origine: Citato in Eriksson: "A Roma gli anni più belli. Le mie tante donne? Mi innamoro facilmente..." http://www.gazzetta.it/Calcio/18-09-2017/eriksson-si-confessa-a-roma-anni-piu-belli-mia-vita-220679643931.shtml, Gazzetta.it, 18 settembre 2017.

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“Era il frutto della manipolazione genetica compiuta in quel continente con l'innesto della storia occidentale sulla società africana. Nel momento di maggior gloria, Bokassa chiamava papà il generale de Gaulle, fratello il presidente Giscard d'Estaing, e cugino Amin Dada, allora sanguinario dittatore in Uganda. Questa era la composita, eterogenea famiglia cui sentiva di appartenere.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: Era il frutto della manipolazione genetica compiuta in quel continente con l' innesto della storia occidentale sulla società africana. Nel momento di maggior gloria, Bokassa chiamava papà il generale de Gaulle, fratello il presidente Giscard d'Estaing, e cugino Amin Dada, allora sanguinario dittatore in Uganda. Questa era la composita, eterogenea famiglia cui sentiva di appartenere.

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“Avevo appena firmato il contratto con la Juventus. Tutto era sistemato. Il presidente Boniperti mi disse che nel club c'erano delle regole e una disciplina ben precise: io non parlavo molto bene italiano e faticavo a capire. […] Lui me lo spiegò meglio, facendo il gesto della forbice sui capelli: dietro la porta c'era già un barbiere per me, prima della presentazione alla stampa. Ne approfittai e alla fine grazie alla Juve ero anche più bello di prima…”

Rui Barros (1965) allenatore di calcio e ex calciatore portoghese

Origine: Citato in Paolo Tomaselli, Porto, Rui Barros: «Io, Boniperti e il barbiere: Juventus ti batto» https://www.corriere.it/sport/17_febbraio_20/porto-rui-barros-io-boniperti-barbiere-juventus-ti-batto-d65860ae-f6d3-11e6-92e0-c5629d7a7635.shtml, Corriere.it, 19 febbraio 2017.

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“Non dovrei parlare dato che sono stata presidente della Camera, ma il difetto principale di de Mita è che vuole rispondere a tutti quelli che prendono la parola, ad uno ad uno. Non aspetta mai che si esaurisca la discussione su un punto.”

Nilde Iotti (1920–1999) politica italiana

Origine: Citato in Iotti:"de Mita non sa fare il presidente" http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,3/articleid,0848_01_1992_0317_0003_25098685/, La Stampa, 19 novembre 1992.

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“Ci fu un tempo, non tanto lontano, in Occidente, in cui il carattere laico e moderno del presidente iracheno era apprezzato, se non proprio esaltato. Il confronto con Khomeini concedeva un notevole vantaggio a Saddam Hussein. Di fronte alla rivoluzione islamica di Teheran, esportatrice di un oscurantismo inquietante, la classica dittatura di Bagdad, senza propositi missionari, sembrava un argine non solo accettabile ma provvidenziale. È capitato a molti di noi di scrivere o di pensare qualcosa del genere durante la guerra Iran-Iraq. L'Iraq non era proprio una diga democratica, questo no, questo nessuno ha osato dirlo: ma un utile sbarramento laico e moderno, ossia efficiente, sì: un argine, appunto, in grado di contenere un fanatismo come quello iraniano ansioso di ricondurre le società musulmane ai secoli più bui della loro storia, e di aggredire attraverso il terrorismo gli infedeli dell'Occidente europeo e americano. Al contrario degli ayatollah iraniani, i dirigenti del partito Baas iracheno non erano considerati una minaccia alla stabilità del Golfo, vale a dire del mercato del petrolio. Khomeini costruiva moschee, Saddam Hussein scuole e ospedali e caserme. Egli dedicava, è vero, una particolare attenzione a quest'ultime ed anche alle prigioni, come del resto faceva Khomeini, ma, al contrario di Khomeini, era al tempo stesso favorevole all'emancipazione delle donne, alle quali a Bagdad non veniva imposto il ciador. Quando negli acquitrini della Mesopotamia meridionale, dove si incontrano il Tigri e l'Eufrate, furono scoperti nel 1984 migliaia di giovani iraniani uccisi dai gas iracheni, la nostra morale non fu affatto scossa. L'utilità di Saddam Hussein, in quanto diga del fondamentalismo musulmano, placava le nostre coscienze. Soltanto quattro anni dopo, quando i gas furono usati per mattare la città curda di Halabja, ci furono alcune reazioni.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: Ci fu un tempo, non tanto lontano, in Occidente, in cui il carattere laico e moderno del presidente iracheno era apprezzato, se non proprio esaltato. Il confronto con Khomeini concedeva un notevole vantaggio a Saddam Hussein. Di fronte alla rivoluzione islamica di Teheran, esportatrice di un oscurantismo inquietante, la classica dittatura di Bagdad, senza propositi missionari, sembrava un argine non solo accettabile ma provvidenziale. E' capitato a molti di noi di scrivere o di pensare qualcosa del genere durante la guerra Iran-Iraq. L'Iraq non era proprio una diga democratica, questo no, questo nessuno ha osato dirlo: ma un utile sbarramento laico e moderno, ossia efficiente, sì: un argine, appunto, in grado di contenere un fanatismo come quello iraniano ansioso di ricondurre le società musulmane ai secoli più bui della loro storia, e di aggredire attraverso il terrorismo gli infedeli dell' Occidente europeo e americano. Al contrario degli ayatollah iraniani, i dirigenti del partito Baas iracheno non erano considerati una minaccia alla stabilità del Golfo, vale a dire del mercato del petrolio. Khomeini costruiva moschee, Saddam Hussein scuole e ospedali e caserme. Egli dedicava, è vero, una particolare attenzione a quest' ultime ed anche alle prigioni, come del resto faceva Khomeini, ma, al contrario di Khomeini, era al tempo stesso favorevole all'emancipazione delle donne, alle quali a Bagdad non veniva imposto il ciador. Quando negli acquitrini della Mesopotamia meridionale, dove si incontrano il Tigri e l'Eufrate, furono scoperti nel 1984 migliaia di giovani iraniani uccisi dai gas iracheni, la nostra morale non fu affatto scossa. L' utilità di Saddam Hussein, in quanto diga del fondamentalismo musulmano, placava le nostre coscienze. Soltanto quattro anni dopo, quando i gas furono usati per mattare la città curda di Halabja, ci furono alcune reazioni.

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“È vero che il regime iracheno è laico e moderno rispetto a molti altri della regione. A Bagdad non si discute come a Ryad se la terra è quadrata o rotonda. Né si lapidano le adultere. Né sono obbligatorie le preghiere quotidiane dell'Islam. Né esiste la segregazione sociale tra uomini e donne. Né sono soltanto le antiche qualità di un despota orientale che hanno consentito a Saddam Hussein di restare per ventidue anni filati il dittatore dell'Iraq. Sino al 1979 come vice presidente ma in realtà come il vero uomo forte; e da allora come l'indiscusso capo dello stato.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: È vero che il regime iracheno è laico e moderno rispetto a molti altri della regione. A Bagdad non si discute come a Ryad se la terra è quadrata o rotonda. Né si lapidano le adultere. Né sono obbligatorie le preghiere quotidiane dell'Islam. Né esiste la segregazione sociale tra uomini e donne. Né sono soltanto le antiche qualità di un despota orientale che hanno consentito a Saddam Hussein di restare per ventidue anni filati il dittatore dell' Iraq. Sino al 1979 come vice presidente ma in realtà come il vero uomo forte; e da allora come l'indiscusso capo dello stato.

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“Il Congo-Zaire del maresciallo-presidente Mobutu Sese Seko è diventato col tempo un terreno di forte competizione tra Parigi e Washington. E lo scontro politico si è accentuato quando Washington ha cominciato a sostenere Kabila e Parigi ha continuato a sostenere Mobutu. Fino all'ultimo, o quasi. Al punto che la sua fine appare adesso una sconfitta francese. E, bizzarria della storia, gli Stati Uniti che sostennero Mobutu, e indirettamente contribuirono all'assassinio di Lumumba, ora accompagnano al potere Kabila, l'uomo che esalta, o addirittura "vendica" Lumumba.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Variante: Il Congo-Zaire del maresciallo-presidente Mobutu Sese Seko è diventato col tempo un terreno di forte competizione tra Parigi e Washington. E lo scontro politico si è accentuato quando Washington ha cominciato a sostenere Kabila e Parigi ha continuato a sostenere Mobutu. Fino all'ultimo, o quasi. Al punto che la sua fine appare adesso una sconfitta francese. E, bizzarria della storia, gli Stati Uniti che sostennero Mobutu, e indirettamente contribuirono all' assassinio di Lumumba, ora accompagnano al potere Kabila, l'uomo che esalta, o addirittura "vendica" Lumumba.

“Il nostro governo ha mancato di denunciare la soppressione della democrazia. Il nostro governo ha mancato di denunciare le atrocità. Il nostro governo ha mancato di prendere misure coercitive per proteggere i propri cittadini e allo stesso tempo si è tirato indietro per compiacere il governo dominato dal Pak[istan] occidentale e per sminuire ogni condivisibile reazione negativa della comunità internazionale. Il nostro governo ha avallato quella che molti considererebbero una bancarotta morale, mentre per ironia della sorte l'Unione Sovietica inviava al presidente Yahya Khan un messaggio di difesa della democrazia, in cui condannava l'arresto del dirigente di un partito di maggioranza democraticamente eletto e casualmente filo-occidentale, e chiedeva la fine delle misure repressive e degli spargimenti di sangue […] Ma noi abbiamo scelto di non intervenire, nemmeno su un piano morale, con la giustificazione che il conflitto con la Lega Awami, a cui sfortunatamente si può applicare l'abusata definizione di genocidio, sarebbe una questione puramente interna a uno Stato sovrano. Alcuni privati cittadini americani hanno espresso il loro disgusto. Noi, quali funzionari pubblici professionisti, esprimiamo il nostro dissenso con le politiche adottate e ci auguriamo vivamente che i sinceri e duraturi interessi che abbiamo in questo paese possano essere chiariti e le nostre politiche abbiano un nuovo indirizzo.”

Archer Blood (1923–2004)

da un comunicato inviato il 6 aprile 1971 durante la Guerra di liberazione bengalese
Origine: Citato in Christopher Hitchens, Processo a Henry Kissinger, Fazi Editore, 2005, p. 80. ISBN 8881126133

“All'inizio il presidente Yoweri Museveni ha esitato a riconoscere l'estensione dell'Aids. Lo tratteneva, come capita per gli individui, un senso di vergogna; poi ha capito la necessità di affrontare a viso aperto la prova con una campagna nazionale. La quale comincia a dare i suoi frutti, poiché l'epidemia si estende meno rapidamente d' un tempo. Oggi l'Uganda non è un paese africano come gli altri. Conosce una crescita economica costante, il Fondo monetario internazionale lo considera uno dei suoi migliori allievi, e vive un esperimento democratico di notevole interesse. Esso è stato elaborato durante la guerra civile dal Movimento Nazionale della Resistenza, di cui l'attuale presidente, Museveni, era ed è il capo. Il pluripartitismo occidentale, essendo stati i partiti nel passato all'origine di tante sciagure nazionali, è per ora escluso o, per meglio dire, sotto esame; ma le elezioni si sono svolte, come promesso, e in un modo giudicato regolare; e le libertà di parola, di stampa e di associazione sono rispettate; mentre dei "consigli rivoluzionari" a vari livelli, dal villaggio alla capitale, garantiscono una partecipazione e un controllo popolari che non sembrano del tutto fittizi. Gli Stati del continente sono stati spesso ritagliati secondo gli interessi o le fantasie dei colonizzatori, e le nazioni appaiono artificiali: l'Uganda è invece un grappolo di monarchie tradizionali, federate con la forza; e, nell'insieme, quelle monarchie tendono a formare, non senza difficoltà, è vero, una nazione. Una nazione compatta? Sarebbe eccessivo sostenerlo. Ma senz'altro una nazione temprata dalle severe prove vissute dalla indipendenza in poi.”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano
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“Giuro di assumere formalmente i poteri esecutivi nazionali come presidente pro tempore del Venezuela per porre fine all'usurpazione, instaurare un governo di transizione e tenere elezioni libere.”

Juan Guaidó (1983) politico venezuelano

Origine: Citato in Venezuela in frantumi. Guaidó si autoproclama presidente e Trump e l'Oas lo riconoscono. Ma Maduro resiste https://www.huffingtonpost.it/2019/01/23/venezuela-in-frantumi-guaido-si-autoproclama-presidente-e-trump-e-loas-lo-riconoscono-ma-maduro-resiste_a_23650951/, Huffingtonpost, 23 gennaio 2019.

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“L'Assemblea Nazionale del Venezuela è l'unica istituzione democraticamente eletta e con piena legittimità. Il cosiddetto presidente Maduro è parte del problema e non della soluzione.”

Sebastián Piñera (1949) politico e imprenditore cileno

Origine: Citato in Venezuela in frantumi. Guaidó si autoproclama presidente e Trump e l'Oas lo riconoscono. Ma Maduro resiste https://www.huffingtonpost.it/2019/01/23/venezuela-in-frantumi-guaido-si-autoproclama-presidente-e-trump-e-loas-lo-riconoscono-ma-maduro-resiste_a_23650951/, Huffingtonpost, 23 gennaio 2019.

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“Il futuro mi sembra piuttosto cupo, signor Presidente. Ci sono molti che dicono che a causa di questa guerra non continuerai a essere presidente a lungo, che i tuoi giorni sono contati.”

Oriana Fallaci (1929–2006) scrittrice italiana

El futuro me parece bastante oscuro para usted, señor presidente. Son muchos los que dicen que a causa de esta guerra usted no continuará siendo presidente mucho tiempo, que sus días están contados.

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“La sua è una dittatura, signor Presidente, non dimentichiamolo.”

Oriana Fallaci (1929–2006) scrittrice italiana

La suya es una dictadura, señor presidente, no lo olvidemos.

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“Il presidente siriano si è sicuramente screditato ma non è una persona inutilizzabile.”

Sergio Romano (1929) storico, scrittore e giornalista italiano

Origine: Citato in Siria. Romano: «Obama si oppone ad Assad a tutti i costi perché è ideologico» http://www.tempi.it/siria-romano-obama-si-oppone-ad-assad-a-tutti-i-costi-perche-e-ideologico#.WkgpaWinGUk, Tempi.it, 2 ottobre 2015.

Francisco Macías Nguema photo

“Le donne non devono parlare di politica in quanto la politica compete soltanto al Presidente a Vita della Repubblica.”

Francisco Macías Nguema (1924–1979) politico equatoguineano

Origine: Citato in Albert Sánchez Piñol, Pagliacci e mostri (Pallassos i monstres), traduzione di Patrizio Rigobon, Scheiwiller, p. 147, 2009.

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