Frasi su lettera
pagina 8

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“Il voler tutto riformare è lo stesso che voler tutto distruggere.”

Vincenzo Cuoco (1770–1823) scrittore, giurista e politico italiano

da Lettere a Vincenzo Russo

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“Io sono fermamente convinto che se la maggior parte delle storie si scrivesse in modo di sostituire ai nomi propri alle lettere dell'alfabeto, l'istruzione che se ne ritrarrebbe sarebbe la medesima.”

Vincenzo Cuoco (1770–1823) scrittore, giurista e politico italiano

dalla Prefazione alla seconda edizione, p. V, 1820
Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799

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“Tutto è concatenato nel mondo, diceva Pangloss [precettore tedesco di Candido di Voltaire]: possa tutto esserlo per lo meglio!”

Vincenzo Cuoco (1770–1823) scrittore, giurista e politico italiano

da Lettera dell'autore, p. 17
Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799

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“Il più grande ostacolo alla perfezione delle cose umane è il credere che siano perfettissime.”

Antonio Genovesi (1713–1769) scrittore, filosofo e economista italiano

da Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze

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“Mi piace che il giureconsulto sappia le lingue, sappia la storia: ma se non sarà filosofo riempirà i suoi commentari di ciarle.”

Antonio Genovesi (1713–1769) scrittore, filosofo e economista italiano

da Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze

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“Dal momento che viviamo nel mondo, bisogna seguire le leggi del mondo in tutto ciò che non è peccato.”

Francesco di Sales (1567–1622) vescovo cattolico francese

Origine: Dalla lettera a Madame de Charmoisy, Introduzione alla vita devota; citato in Albino Luciani, Illustrissimi, p. 27

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“Sono innamorato dell'italiano, e mi sento alquanto sperduto senza la possibilità di provare a parlarlo.”

John Ronald Reuel Tolkien (1892–1973) scrittore, filologo, glottoteta e linguista britannico

La realtà in trasparenza, lettera n. 163

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“Io trovo la creazione dei linguaggi e la relazione tra di essi un piacere estetico in sé, a prescindere dal Signore degli Anelli che era ed è tutt'ora una creazione dipendente da questi.”

John Ronald Reuel Tolkien (1892–1973) scrittore, filologo, glottoteta e linguista britannico

lettera pubblicata su Parma Eldalamberon n. 17, pag. 61

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“È povero non chi possiede poco, ma chi brama avere di più.”

lettera 2; 1975
Epistulae morales ad Lucilium

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“Perciò non devi attribuire a Epicuro quei pensieri che t'ho inviato: sono di dominio pubblico, e soprattutto della nostra scuola. […]
Dovunque volgi lo sguardo, ti si presentano massime che potrebbero considerarsi notevoli se non si leggessero insieme con altre dello stesso valore. Perciò abbandona la speranza di poter gustare superficialmente l'ingegno dei sommi uomini; tu devi studiarlo e considerarlo nella sua unità. Ogni suo aspetto ne richiama sempre un altro, ciascuna parte, connettendosi con l'altra, dà completezza all'opera dell'ingegno umano. Niente può essere tolto senza rompere l'unità del pensiero. Non dico che non si possano considerare le singole membra, purché non si prescinda dall'intero organismo. […]
Ma per un uomo di matura esperienza è disdicevole cercare fiorellini, sostenersi con poche massime ben note e affidarsi alla memoria. È ormai tempo che uno poggi su se stesso, che esprima questi pensieri con parole sue e non a memoria. Ed è specialmente disdicevole per un vecchio o per uno che si affaccia alla vecchiaia una cultura basata su raccolte di esempi scolastici. «Questo l'ha detto Zenone». E tu che dici? «Questo l'ha detto Cleante.» E tu? Fino a quando ti muoverai sotto la guida di un altro? Prendi tu il comando ed esprimi anche qualcosa di tuo, che altri mandino a memoria. […]
Hanno esercitato la memoria sul pensiero altrui, ma altro è ricordare, altro è sapere. Ricordare è custodire ciò che è stato affidato alla memoria, mentre sapere significa far proprie le nozioni apprese e non star sempre attaccato al modello, con lo sguardo sempre rivolto al maestro. «Questo l'ha detto Zenone, questo Cleante.» Ci sia qualche differenza fra te e il tuo libro. Fino a quando penserai ad imparare? È tempo anche di insegnare. Che ragione c'è che io senta dire da te quello che posso leggere in un libro? […]
La verità è accessibile a tutti, non è dominio riservato di nessuno, e il campo che essa lascia ai posteri è ancora vasto.”

lettera 33; 1975
Epistulae morales ad Lucilium

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“Senza Dio, il mio santo non è che un folle, la sua fede un'illusione, la sua santità uno smarrimento.”

Henri Ghéon (1875–1944) medico, scrittore e poeta francese

da una lettera a André Gide
Origine: Citato in Piero Viotto, Grandi amicizie: i Maritain e i loro contemporanei, Città Nuova Editrice, Roma 2008, p. 312. ISBN 978-88-311-7340-7

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“Il destino comune a tutti i fondatori di sette o di scuole filosofiche non ha risparmiato il grande Tolstoj.
I suoi discepoli appartengono a tre categorie: gli uni si occupano del loro perfezionamento morale interiore e hanno l'aria di disprezzare ogni attività politica.
Sono questi gli adoratori della lettera della legge.
Gli altri abbandonano i sentieri battuti della vita, la loro posizione privilegiata, rinunciano alla loro fortuna, scendono in basso nella piramide sociale e guadagnano la vita col lavoro fisico. Sono i volontari del fronte del lavoro del genere umano.
Infine gli ultimi, senza abbandonare le loro conoscenze speciali, mettono proprio queste al servizio delle masse popolari. Sono essi i servitori del popolo.
Gli adepti della prima categoria "i puri masticatori della lettera", sono rari nell'ambiente del Maestro. Oltre al perfezionamento personale e interiore, quasi tutti si incaricano di copiare, pubblicare e far leggere gli scritti proibiti. È questa un'attività utile per gli altri.
La seconda categoria ha prodotto molte felici e potenti comunità agricole, coltivatori eccellenti e illuminati in Russia, in America e altrove.
La terza infine dà ai popoli dei servitori e degli amici capacissimi, di una completa devozione e di un assoluto disinteresse.
Tale era il dottor Duscian Makovitzkij, amava i poveri e li curava con devozione, senza posa e quasi sempre gratuitamente.”

Victor Lebrun (1882–1979) scrittore e attivista francese

Origine: Devoto a Tolstoj, pp. 56-57

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“Avevo lasciato questo pianeta, abbandonando i poveri terrestri alle loro occupazioni tanto molteplici quanto inutili; finalmente vivevo nello splendore scintillante delle stelle, che mi apparivano grandi come milioni di soli! In altre occasioni non ero riuscito ad ottenere quel tipo di illuminazione per le scene delle mie opere: nel grande teatro dell'Opéra i fondali troppo spesso rimangono in ombra. Ormai non dovevo più rispondere alle lettere, avevo detto addio alle prime rappresentazioni, alle discussioni letterarie e a tutto ciò che vi si mescolava.
Niente giornali, niente cene, niente notti agitate!
Ah! se avessi potuto consigliare ai miei amici di raggiungermi dove mi trovavo. Non avrei esitato a chiamarli a me. Ma l'avrebbero fatto?
Prima di ritirarmi in questo soggiorno lontano avevo scritto le mie ultime volontà (un marito infelice avrebbe approfittato di questa occasione testamentaria per scrivere con voluttà «Le Mie Prime Volontà»). Avevo soprattutto espresso il desiderio di essere inumato a Egreville, vicino alla dimora familiare nella quale avevo vissuto per tanto tempo. Oh! Il buon cimitero! In aperta campagna: in un silenzio che si conviene a coloro che vi abitano.
Avevo evitato che si evitasse di appendere alla mia porta quelle tende nere, fatte apposta per i clienti. Desideravo che una vettura anonima mi facesse lasciare Parigi. Il viaggio, secondo le mie volontà, aveva avuto luogo alle otto di mattina. Un paio di giornali della sera ritennero di dover informare i loro lettori della mia morte.
Alcuni amici – ne avevo ancora la sera prima – andarono ad informarsi dal mio portinaio se la notizia era vera, e lui rispose: «Ahimè! Monsieur è partito senza lasciare indirizzo.» E la sua risposta era vera, perché non sapeva dove mi portasse quella macchina.
All'ora di pranzo, alcuni conoscenti mi fecero l'onore di condolersi; nel pomeriggio si parlò dell'avvenimento addirittura nei teatri, qua e là:
«– Adesso che è morto non lo eseguiranno più così spesso, vero?
«– Sapete che ha lasciato un'opera inedita? Ma non smetterà mai di togliere il lavoro alla gente?
«– Io, parola mia, gli volevo bene! Nelle sue opere avevo sempre dei grossi successi!
Ed era una bella voce di donna a dire quest'ultima frase.
Dal mio editore, piangevano: mi volevano tanto bene!
A casa mia, Rue de Vaugirard, mia moglie e mia figlia, i miei nipoti i miei bisnipoti erano riuniti: e nei singhiozzi quasi provavano una consolazione.
La mia famiglia doveva arrivare a Egreville la sera stessa del mio seppellimento.
E la mia anima (l'anima sopravvive al corpo) sentiva venire tutti questi rumori dalla città che avevo abbandonata. Man mano che la macchina me ne allontanava, le parole, i rumori, si confondevano, e io sapevo, visto che mi ero fatto costruire da parecchio tempo la tomba, che la fatal pietra, una volta sigillata, sarebbe diventata nel giro di poche ore la porta dell'oblio.”

Jules Massenet (1842–1912) compositore francese

da Epilogo in cielo, l'Echo de Paris, 11 luglio 1912; citato nell'epilogo a Don Quichotte, prefazione di Piero Faggioni, Stagione Lirica 1985-86, E. A. Teatro San Carlo, Napoli 1985, p. 84

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“La Voce" annuncia la pubblicazione prossima di un giornale in cui Mussolini avrà con sé Papini, Prezzolini, Salvemini, e perché no Marinetti? Mi auguro che conosceremo le bellezze del socialismo "futurista"; sarà, in ogni caso, un socialismo "rumorista.”

Georges Eugène Sorel (1847–1922) filosofo, sociologo e ingegnere francese

dalla lettera ad Agostino Lanzillo del 17 novembre 1914; citato in Annali della Fondazione Micheletti, 1993-1994, p. 215

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“I "fascisti" trattano i socialisti più o meno come i black and tans trattano i Sinn-feins e hanno fin qui il prestigio della violenza. […] La Russia rimane il solo paese nel quale possa fermentare qualche lievito. […] Occorre seguire con molta simpatia quello che fa Lenin.”

Georges Eugène Sorel (1847–1922) filosofo, sociologo e ingegnere francese

dalla lettera a Guglielmo Ferrero del 13 marzo 1921; citato in Georges Sorel e Guglielmo Ferrero, a cura di Mario Simonetti, "Il Pensiero politico", n. 1, 1972, p. 149

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“Le cose d'Italia mi sembra vadano assai male […] Il disordine dei fascisti, che sopprimono lo stato di cui [Giolitti] pretende essere il difensore intransigente, ben potrebbero ricondurre l'Italia ai tempi del medio-evo. Non sembra che i fascisti siano più equilibrati dei futuristi.”

Georges Eugène Sorel (1847–1922) filosofo, sociologo e ingegnere francese

dalla lettera a Mario Missiroli del 21 giugno 1921; citato in Lettere a un amico d'Italia, a cura di M. Missiroli, Bologna, 1963, p. 308-309

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“La solitudine è la dieta dell'anima, disse sensatamente non so chi.”

Francesco Algarotti (1712–1764) scrittore, saggista e collezionista d'arte italiano

da Lettera al padre Giambattista Roberti
Origine: Citato anche in Mario Pieri, Della vita di Mario Pieri, 1850. L'autore dell'aforisma sarebbe un generico Antico.

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“Se guardate la storia della magia, vedrete le sue origini nelle caverne. Vedrete le sue origini nello sciamanesimo, nell'animismo, nella credenza che ogni cosa che ci circonda, ogni albero, ogni roccia, ogni animale, sia abitato da una qualche forma di essenza, una qualche sorta di spirito con cui forse si potrebbe comunicare. Avreste avuto uno sciamano o un visionario che sarebbe stato responsabile di incanalare le idee utili alla sopravvivenza. Prima che raggiungiate le civiltà classiche potrete vedere che questo è stato formalizzato in un certo status. Lo sciamano agisce puramente come un intermediario tra gli spiriti e le persone. La sua posizione nel villaggio o nella comunità è simile a quella di un idraulico spirituale. Ogni persona nel gruppo ha il suo ruolo. La persona migliore nella caccia era un cacciatore, la persona migliore nel parlare con gli spiriti, forse perché lui o lei era un po' pazzo/a, un po' staccato dal nostro normale mondo materiale, allora sarebbe stato uno sciamano. E gli sciamani non padroneggiavano un'arte segreta, essi dispensavano semplicemente le loro informazioni alla comunità, perché si credeva che fosse utile alla comunità. Quando abbiamo l'emergere delle culture classiche, tutto questo è stato formalizzato tanto che si hanno dei interi pantheon di dèi. E ognuno di questi dèi avrà una casta di preti che agiranno fino a un certo punto come intermediari che ti insegneranno ad adorare quel dio. Così la relazione tra gli uomini e i loro dèi, che potrebbe essere vista come la relazione tra gli uomini e il loro Io più alto, era ancora di tipo diretto. Quando arrivò il cristianesimo, quando arrivò il monoteismo, tutt'a un tratto hai una casta di sacerdoti che si muoveva tra l'adoratore e l'oggetto di adorazione. Hai una casta sacerdotale che era diventata una specie di dirigenza d'intermediazione spirituale tra l'umanità e la divinità interiore di cui si andava alla ricerca. Non puoi avere un rapporto diretto con un dio. I sacerdoti non hanno davvero il bisogno di un rapporto con la divinità. Hanno solo un libro che ti dice di alcune persone vissute tanto tempo fa, che hanno avuto un rapporto diretto con la divinità. E va tutto bene. Non hai bisogno di avere visioni miracolose, non hai bisogno di avere degli dèi che ti parlino. In effetti, se ti capita niente del genere, probabilmente sei matto. Nel mondo moderno questa roba non succede. Le sole persone a cui è permesso parlare con gli dèi, e in un modo davvero a senso unico, sono i preti. Per me il monoteismo è una grande semplificazione. Voglio dire, la Cabala ha una grande molteplicità di dèi, ma alla sommità del diagramma cabalistico, l'albero della vita, ha quest'unica sfera, che è il dio assoluto. La Monade. Qualcosa che è indivisibile. E tutti gli altri dèi, e ogni altra cosa nell'universo è una specie di emanazione di quel dio. Ora, questo va bene. Ma quando suggerisci che ci sia solo quell'unico dio, a quell'irraggiungibile altezza al di sopra dell'umanità e che non c'è niente in mezzo, stai limitando e semplificando la questione. Penso che il paganesimo sia una specie di alfabeto, come un linguaggio. È come se tutti gli dèi sono le lettere di quel linguaggio, esprimono delle sfumature, ombre del significato, o certe sottigliezze delle idee. Mentre il monoteismo tende ad essere solo una vocale, ed è solo tipo: oooouh [Alan Moore stesso nel documentario per far comprendere il suono scimmiesco. ]. È questo suono scimmiesco. Puoi quasi immaginare gli dèi divenire frustrati, sprezzanti. Perché con tutta la ricchezza di concetti spirituali che sono disponibili, perché ridurre tutto a una sola, singola nota monocorde che chi pronuncia neanche comprende?”

Alan Moore (1953) fumettista e scrittore britannico

citato nel documentario di Dez Vylenz, The Mindscape Of Alan Moore, Shadowsnake films, visibile su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=rZXoinYCReE, subititolato in italiano

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“C'è una prova molto semplice per vedere se una lettera è bella. Se leggendola ci sembra di sentir parlare chi l'ha scritta, vuol dire che è bella.”

A. C. Benson (1862–1925) saggista, poeta e scrittore inglese

da Along the Road, 1926; citato in Selezione da Reader's Digest, febbraio 1964

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“Ho riletta l'opera della Bergalli, che sempre più mi è piaciuta. Ella è condotta e scritta assai bene, e fa vergogna a tante puerilità e sciocchezze, che escono alla giornata dalla penna di cotesti poetastri.”

Apostolo Zeno (1668–1750) poeta, librettista e giornalista italiano

dalla lettera a al Sig. Andrea Cornaro, 13 gennaio 1725, p. 17
Lettere
Origine: Apostolo Zeno, Lettere, Vol. IV, Francesco Sansone, Venezia 1785

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“Avrei dovuto io stesso attaccare l Action Française, per sgangiare il tomismo. Lo sgangiamento avrebbe dovuto essere fatto al più presto. Ma stando così le cose la rottura con l Action Française deve essere francamente assoluta, a rischio di scandalo.”

Roland Dalbiez (1893–1976)

da una lettera a Jacques Maritain
Origine: citato in Piero Viotto, Grandi amicizie: i Maritain e i loro contemporanei, Città Nuova, Roma 2008

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“E costruì un delirante universo senza amore, dove tutte le cose hanno stanchezza di esistere e spalancato dolore.”

Roberto Vecchioni (1943) cantautore, paroliere e scrittore italiano

da Le lettere d'amore
Il cielo capovolto

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“Paolo Luigi Courier descrive nelle sue lettere gli episodi quotidiani di questa guerra di parte, che aveva finito col prendere dai due lati un carattere atroce. «Figuratevi», egli dice, «sul pendio di qualche collina, lungo le rocce ornate come vi ho già detto, un distaccamento di un centinaio dei nostri, in disordine. Si marcia alla ventura, non si ha cura di nulla. Prendere delle precauzioni, stare attenti, perché? Da più di otto giorni non si sono avute truppe massacrate in questa zona. Alla base della collina scorre un ripido torrente che bisogna attraversare per giungere sull'altra salita: parte della fila è già in acqua, parte di qua e di là. Tutto a un tratto da diversi punti spuntano mille contadini, banditi, forzati, evasi, disertori, comandati da un suddiacono, bene armati, eccellenti tiratori; fan fuoco sui nostri, prima di esser visti; gli ufficiali cadono per primi; i più fortunati muoiono sul posto; gli altri, per qualche giorno, servono di balocco ai loro carnefici».
«Intanto il generale, colonnello o capo, non importa di qual grado, che ha fatto partire questo distaccamento senza pensare a nulla, senza sapere, quasi sempre, se il passaggio era libero, edotto della sconfitta, si vendica sui villaggi vicini; v'invia un aiutante di campo con 500 uomini. Si saccheggia, si viola, si sgozza, e quelli che sfuggono, vanno ad ingrossare la banda del suddiacono.»”

François Lenormant (1837–1883) assiriologo e numismatico francese

Origine: La Magna Grecia. Paesaggi e storia, La Calabria (vol. III), pp. 40-41

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“Nessun maggior segno v'ha di cuor ben nato, e di mente ammaestrata di ottime discipline, che il far onore ai morti, che han lasciato di qua una memoria degna d'onoranza.”

Carlo Botta (1766–1837) storico e politico italiano

da una lettera a Giuseppe Grassi, Parigi 22 aprile 1812, in Lettere, Pompeo Magnaghi Editore, Torino 1841

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“E chi siamo noi sacerdoti, se non discepoli di Cristo? Qual è la nostra forza, se non la parola di Dio? Ecco la spada a due tagli, che, come dice san Paolo, penetra le midolle, e divide l'anima dallo spirito: e quest'arma è onnipossente come Dio stesso, ma è l'unica del secerdote.”

Antonio Rosmini (1797–1855) filosofo e sacerdote italiano

dalla lettera all'abate Félicité Robert de Lamennais, S. Michele della Chiusa, 22 marzo 1837, in Opere edite e inedite, vol. 30, Boniardi-Pogliani, 1840

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“Non è cosa ridicola, che tu voglia il papa povero, e i tuoi arcivescovi di Magonza, di Colonia e di Treviri nuotanti nella ricchezza?”

Papa Pio II (1405–1464) 210° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

da una lettera a Martino Mayer; citato in Francesco Fiorentino, Il rinascimento filosofico nel Quattrocento, p. 26

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“Quanto da più lungo tempo son privo del soavissimo cielo di Ausonia, tanto più desidero vedere il suolo natio, ed ivi vivere, ed ivi morire.”

Papa Pio II (1405–1464) 210° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

da una lettera a Cesarini; citato in Francesco Fiorentino, Il rinascimento filosofico nel Quattrocento, p. 38

“Nessuno nega che sia superfluo per le stelle un qualche uso [degli umori], se non chi con Giordano Bruno stabilì tanti mondi quanto sono i globi.”

da una lettera a Giovanni Keplero, 1 settembre 1607; citato in Immagini di Giordano Bruno 1600-1725, Procaccini, Napoli 1996

“Scrivi di Giordano Bruno abbrustolito (prunis tostus), il che io intendo che fu abbruciato; ti chiedo se questo è certo, ed in qual tempo e per qual ragione siagli ciò accaduto: fammelo sapere, sento compassione di lui.”

da una lettera a Giovanni Keplero, 7 marzo 1608; citato in Domenico Berti, Vita di Giordano Bruno da Nola, Paravia, Torino, 1868, p. 9

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“Per me un libro è valido quando ti da l'impressione che l'autore sarebbe crepato se non l'avesse scritto.”

Thomas Edward Lawrence (1888–1935) agente segreto, militare e archeologo britannico

dalle Lettere

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“I migliori laureati emigrano. Sarebbe necessario invertire la tendenza che vede pochi studenti in facoltà come matematica e fisica e tanti in lettere e scienze della comunicazione. Queste ultime sono le facoltà nelle quali si dovrebbe introdurre il numero chiuso per non creare nei giovani l'illusione di un lavoro soddisfacente.”

Lorenzo Bini Smaghi (1956) economista italiano

Origine: Dall'intervista di Claudio Lindner: La rimonta? Durerà 10 anni. Colloquio con Lorenzo Bini Smaghi http://espresso.repubblica.it/dettaglio/la-rimonta-durera-10-anni-colloquio-con-lorenzo-bini-smaghi/2109770/10/1, espresso.repubblica.it, 16 settembre 2009.

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“Giornalismo – Un tempo toglieva uomini alle lettere; oggi – il che è più grave – ne dà.”

Achille Campanile (1899–1977) scrittore italiano

da Opere: romanzi e racconti, 1924-1933

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“Del paterno valor ben degno erede | Segue di Marte i gloriosi onori, | E cinto il crin di meritati allori, | Ha di nobile ardir degna mercede.”

Andrea Matteo Acquaviva (1458–1529) letterato italiano

citato in Carlo Antonio de Rosa, Ritratti poetici di alcuni uomini di lettere antichi e moderni del regno di Napoli, dalla Stamperia e Cartiera del Fibreno, Napoli 1834

“Del Solo Cheroneo le carte a nui | Ei dona, che virtude a obblio sol toglie, | E che fatto immortale avria pur lui.”

Andrea Matteo Acquaviva (1458–1529) letterato italiano

citato in Carlo Antonio de Rosa, Ritratti poetici di alcuni uomini di lettere antichi e moderni del regno di Napoli, dalla Stamperia e Cartiera del Fibreno, Napoli 1834

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“Per questo Dio pietoso suscitò la vergine Chiara che veneriamo e in lei accese una lampada luminosissima per tutte le donne, che tu pure, Papa beatissimo [Alessandro IV], hai annoverato tra i Santi, per la potenza irresistibile dei segni miracolosi, ponendola sul candelabro perché faccia luce a tutti quanti sono nella casa.”

Tommaso da Celano (1190–1260) religioso, poeta e scrittore italiano

Origine: Cfr. Gesù, Discorso della Montagna: «Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli».
Origine: Dalla Lettera al sommo pontefice sul testo della vita di santa Chiara vergine; citato in Vita di Chiara d'Assisi, p. 13.

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“Pensavo alla Scala! O perché non è possibile darvi una Manon? Ci terrei di rivedere bene eseguita quest'opera. Ha letto che gran fracasso ha fatto Tosca a Montevideo?”

Giacomo Puccini (1858–1924) compositore italiano

lettera a Giulio Ricordi, 18 settembre '99, p. 76
Epistolario

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“Sono una vergogna per il Paese i ladri, i corrotti, gli evasori fiscali, i mafiosi o chi – come me – li ha scoperti con l'inchiesta Mani pulite?”

Antonio Di Pietro (1950) politico e avvocato italiano

dalla lettera http://www.beppegrillo.it/2006/02/vergogne_ditali.html a Beppe Grillo, 6 febbraio 2006

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“Ognuno fa tutto il bene e tutto il male che può.”

Mario Soldati (1906–1999) scrittore e regista italiano

da Le lettere da Capri

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“Siamo forti contro le tentazioni forti. Contro le deboli, deboli.”

Mario Soldati (1906–1999) scrittore e regista italiano

da Le lettere da Capri

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“Già in una lettera scritta a Raymond Queneau a Roma, nel 1934, subito dopo aver visitato la mostra sulla rivoluzione fascista, Bataille confessava il fascino esercitato su di lui da quell'esibizione di simboli mortuari, di drappi neri, di teschi, osservando che si trattava nonostante tutto di qualcosa di serio, che non doveva rimanere dominio esclusivo della propaganda fascista. In una conferenza su «Le pouvoir», tenuta al Collège da Bataille il 19 febbraio 1938, in sostituzione di Caillois ammalato, la fascinazione esercitata dalla simbologia fascista si traduceva addirittura nella contrapposizione tra il fascio effigiato in Italia «sur le ventre de toutes les locomotives» e il crocifisso collegato frazerianamente a una «représentation obsessionnelle de la mise à mort du roi». La scure littoria, commentava Bataille, in quanto strumento delle esecuzioni capitali, «est opposé ostensiblement à l'immage du roi supplicié». La stessa atmosfera torbida, intimamente colpevole attrazione per i riti mortuari del nazismo fa da sfondo al romanzo Le blue du ciel, scritto nel 1935 e pubblicato più di vent'anni dopo.”

Carlo Ginzburg (1939) storico, scrittore e saggista italiano

Origine: nota del coautore della voce: essendo stato, tale romanzo, da me letto, presento il fatto che, personalmente, tale atmosfera ed eventuali rapporti d'essa coi riti mortuari del nazismo può essere denotata verso la fine d'esso e non nella sua totalità. Ma questa può pur sempre essere un'impressione personale.
Origine: Miti emblemi spie. Morfologia e storia, p. 230

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“Quando seppi quello che era successo a My Lai potevo benissimo dirmi: è la guerra, in guerra si muore, in Vietnam gli altri uccidono senza guardare in faccia a chi ha la divisa e chi non ce l'ha, lascia perdere, Ron, cosa te ne viene a raccontare la storia di Song My. Me lo dissi del resto. Ma conclusi che dovevo denunciare ciò che sapevo di Song My. Lo dovevo fare nel quadro di una denuncia completa della guerra e delle sue atrocità. A spingermi non è stato il desiderio di veder puniti i colpevoli del massacro di Song My ma la convinzione che portando dinanzi agli occhi del mondo un fatto specifico potevo contribuire a dimostrare la bestialità della guerra. Ho scritto trenta lettere, le ho imbucate, e per due settimane non ho saputo nulla. Poi è arrivato un colonnello dell'ispettorato generale militare. Mi ha detto: stia tranquillo, la faccenda non sarà insabbiata, ma avevo paura che si cercasse di impedire lo scandalo. Certo che al Pentagono la presero molto alla larga: bisogna essere prudenti, mi dicevano. Per qualche tempo ebbi l'impressione che il Pentagono cercasse di limitare l'affare buttando la responsabilità su qualche uomo del plotone, per tenerne fuori gli ufficiali e i comandanti. Allora scrissi un'altra lettera con cui dicevo che se le cose non si fossero mosse avrei informato la stampa.”

Ronald Ridenhour (1946–1998) giornalista statunitense

dall'intervista pubblicata sullEuropeo; citato in Oriana Fallaci, prefazione a Niente e così sia, BUR, 2002

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“La cortesia della signora Schwabe aveva messo a mia disposizione un appartamento nell'ex-Collegio medico, ove essa ha stabilito lo stupendo "Giardino di Infanzia", di cui più tardi parleremo. Nelle "Lettere Meridionali", una delle pagine che mi occupò di maggior pensiero fu la descrizione delle grotte delle spagare. Il lettore si ricorderà che l'autore descrive queste grotte, ove vivevano o morivano venti o trenta famiglie, e da dove la Scwhabe ha sottratto a morte certa una madre con cinque bimbi, affamati, nudi, orribili insetti schifosi. E questa madre doveva, la notte, vegliare costantemente, perché i topi non cibassero la carne delle sue creature. La vista delle quattro figlie di costei, ora sane, robuste, allegre e studiose, e l'udir da capo dalle maestre di quella scuola descrivere, quali testimoni oculari, lo stato in cui esse furono trasportate a quell'ospitale asilo (trasportate, mi piace di ricordare, in carrozza e in braccio da quella nobile tedesca che non indietreggiò davanti alla nausea e al pericolo di malattia contagiosa, perché il tifo regnava nella grotta), destava sempre più il mio desiderio di visitare il luogo, da cui furono tolte. Accompagnata da un amico e da un delegato di Pubblica Sicurezza, andai dunque al quartiere di Monte Calvario al di sopra dei giardini di Santa Lucia al Monte n. 3”

Jessie White (1832–1906) patriota, scrittrice e filantropa inglese

cap. 2, p. 27
La miseria in Napoli

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“[Su Ferdinando II delle Due Sicilie] Pochi principi italiani fecero tra il '30 e il '48 il bene che egli fece. Mandò via dalla corte una turba infinita di parassiti e di intriganti: richiamò i generali migliori, anche di parte liberale, e licenziò gli inetti; ordinò le leve militari; fece costruire, primo in Italia, una strada ferrata, istituì il telegrafo, fece sorgere molte industrie, soprattutto quelle di rifornimento dell'esercito, che era numerosissimo; ridusse notevolmente la lista civile; mitigò le imposte più gravi. Giovane, forte, scaltro, voleva fare da sé, ed era di una attività meravigliosa. Educato da preti e cattolicissimo egli stesso, osò, con grande ammirazione degli intelletti più liberi, resistere alle pretese del papato e abolire antichi usi, umilianti per la monarchia napoletana. È passato alla storia come "Re bomba" e non si ricordano di lui che il tradimento della Costituzione, le persecuzioni dei liberali, le repressioni di Sicilia, e le terribili lettere di Gladstone. Abbiamo troppo presto dimenticato che, durante quasi due terzi del suo regno, i liberali stessi lo chiamarono Tito e lo lodarono e lo esaltarono per le sue virtù e per il desiderio suo di riforme. Abbiamo troppo presto dimenticato il sollievo che le sue riforme finanziarie produssero nel popolo, e l'ardimento che egli dimostrò nel sopprimere vecchi abusi.”

Francesco Saverio Nitti (1868–1953) economista, politico e saggista italiano

da Scritti sulla questione meridionale: Volume 1, Laterza, Bari, 1958, p. 41

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“Cacciate i pregiudizi dalla porta, rientreranno dalla finestra.”

Federico II di Prussia (1712–1786) re di Prussia

dalla lettera a Voltaire del 19 marzo 1771

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“Dio è sempre con i battaglioni più forti.”

Federico II di Prussia (1712–1786) re di Prussia

dalla lettera alla duchessa di Sassonia-Gotha, 1760

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“Sono poche le persone che pensano, però tutte vogliono giudicare.”

Federico II di Prussia (1712–1786) re di Prussia

da Lettere