Frasi su oltraggio

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema oltraggio, vita, essere, stesso.

Frasi su oltraggio

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“Approfondire un'idea è farle oltraggio: toglierle il fascino, anzi, la vita…”

Emil Cioran (1911–1995) filosofo, scrittore e saggista rumeno

Sillogismi dell'amarezza

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“Una donna che non aveva se non gli onori senza il potere, una principessa straniera, il più sacro degli ostaggi, trascinarla dal trono al patibolo, attraverso ogni sorta d'oltraggi, vi è in ciò qualcosa di peggio del regicidio.”

Napoleone Bonaparte (1769–1821) politico e militare francese, fondatore del Primo Impero francese

citato in Cesare Giardini, I processi di Luigi XVI e Maria Antonietta (1793)

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“La pena di morte, così come la si applica, è una disgustosa macelleria, un oltraggio inflitto alla persona e al corpo.”

Albert Camus (1913–1960) filosofo, saggista e scrittore francese

da Riflessioni sulla pena di morte

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“Nella vita le cose capitano a casaccio, e così devono capitare in un romanzo; esse non conducono ad alcuna crisi risolutiva – che è un oltraggio alla legge delle probabilità – continuano ad accadere e basta.”

William Somerset Maugham (1874–1965) scrittore e commediografo britannico

Origine: Dalla prefazione dell'autore a Ashenden l'inglese, traduzione di Fenisia Giannini, Garzanti, 1966.

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“Ogni guerra è fratricidio, oltraggio a Dio e all'uomo.”

Primo Mazzolari (1890–1959) presbitero, scrittore e partigiano italiano

Tu non uccidere

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“A me è di oltraggio la stirpe, tu alla stirpe sei di oltraggio.”

Socrate (-470–-399 a.C.) filosofo ateniese

libro IV, cap. 30
Giovanni Stobeo, Anthologion

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“Quest' oltraggio è fatto ai Dei, | I quai, se non han cura di se stessi, | Non vi curate voi di vendicarli.”

Giovanni di Bernardo Rucellai (1475–1525) scrittore italiano

Coro: Atto V
L'Oreste
Origine: Citato in Harbottle, p. 403

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“Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quella che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa. Cosí per noi anche l'ora della libertà suonò grave e chiusa, e ci riempí gli animi, ad un tempo, di gioia e di un doloroso senso di pudore, per cui avremmo voluto lavare le nostre coscienze e le nostre memorie della bruttura che vi giaceva: e di pena, perché sentivamo che questo non poteva avvenire, che nulla mai piú sarebbe potuto avvenire di cosí buono e puro da cancellare il nostro passato, e che i segni dell'offesa sarebbero rimasti in noi per sempre, e nei ricordi di chi vi ha assistito, e nei luoghi ove avvenne, e nei racconti che ne avremmo fatti. Poiché, ed è questo il tremendo privilegio della nostra generazione e del mio popolo, nessuno mai ha potuto meglio di noi cogliere la natura insanabile dell'offesa, che dilaga come un contagio. È stolto pensare che la giustizia umana la estingua. Essa è una inesauribile fonte di male: spezza il corpo e l'anima dei sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli oppressori, si perpetua come odio nei superstiti, e pullula in mille modi, contro la stessa volontà di tutti, come sete di vendetta, come cedimento morale, come negazione, come stanchezza, come rinuncia.”

La tregua
Variante: Ci pareva, e così era, che il nulla pieno di morte in cui da dieci giorni ci aggiravamo come astri spenti avesse trovato un suo centro solido, un nucleo di condensazione: quattro uomini armati, ma non armati contro di noi; quattro messaggeri di pace, dai visi rozzi e puerili sotto i pesanti caschi di pelo.
Non salutavano, non sorridevano; apparivano oppressi, oltre che da pietà, da un confuso ritegno, che sigillava le loro bocche, e avvinceva i loro occhi allo scenario funereo. Era la stessa vergogna a noi ben nota, quella che ci sommergeva dopo le selezioni, ed ogni volta che ci toccava assistere o sottostare a un oltraggio: la vergogna che i tedeschi non conobbero, quello che il giusto prova davanti alla colpa commessa da altrui, e gli rimorde che esista, che sia stata introdotta irrevocabilmente nel mondo delle cose che esistono, e che la sua volontà buona sia stata nulla o scarsa, e non abbia valso a difesa.
Così per noi anche l'ora della libertà suonò grave e chiusa, e ci riempì gli animi, ad un tempo, di gioia e di un doloroso senso del pudore, per cui avremmo voluto lavare le nostre coscienze e le nostre memorie della bruttura che vi giaceva: e di pena, perché sentivamo che questo non poteva avvenire, che nulla mai più sarebbe potuto avvenire di così buono e puro da cancellare il nostro passato, e che i segni dell'offesa sarebbero rimasti in noi per sempre, e nei ricordi di chi vi ha assistito, e nei luoghi ove avvenne, e nei racconti che ne avremmo fatti. Poiché, ed è questo il tremendo privilegio della nostra generazione e del mio popolo, nessuno mai ha potuto meglio di noi cogliere la natura insanabile dell'offesa, che dilaga come un contagio. E' stolto pensare che la giustizia umana la estingua. Essa è una inesauribile fonte di male: spezza il corpo e l'anima dei sommersi, li spegne e li rende abietti; risale come infamia sugli oppressori, si perpetua come odio nei superstiti; e pullula in mille modi, contro la stessa volontà di tutti, come sete di vendetta, come cedimento morale, come negazione, come stanchezza, come rinuncia.

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“Or se tu se' vil serva, e il tuo servaggio
(Non ti lagnar) giustizia, e non oltraggio.”

Torquato Tasso (1544–1595) poeta, scrittore e drammaturgo italiano

Gerusalemme Liberata (1581)

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