Frasi su proprio
pagina 32

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“[su Margherita di Valois] La giovane sposa, figlia di Enrico II, era la perla della co­rona di Francia, Margherita di Valois, che con affettuosa fa­miliarità il re Carlo IX chiamava sempre mia sorella Margot. Certo, accoglienze tanto lusinghiere non erano mai state più meritate di quelle che si facevano in quel momento alla nuova regina di Navarra. Margherita a quel tempo aveva appena vent'anni, e già era oggetto delle lodi di tutti i poeti che la paragonavano alcuni all'Aurora altri a Venere citerea. Era in realtà la bellezza senza rivali di quella Corte nella quale Ca­terina de' Medici aveva riunito, per farne le proprie sirene, le più belle donne che aveva potuto trovare. La giovane sposa aveva i capelli neri, il colorito brillante, gli occhi voluttuosi velati da lunghe ciglia, la bocca rossa e fine, il collo elegante, il corpo tornito e snello e, perduto in una pianella di seta, un piede di bambina. I francesi cui apparteneva, erano fieri di vedere sbocciare nella loro terra un così splendido fiore e gli stranieri di passaggio per la Francia ripartivano abbagliati dalla sua bellezza se l'avevan soltanto vista, storditi dalla sua cultura se avevano parlato con lei. Certo è che Margherita era non soltanto la più bella, ma anche la più colta delle don­ne del suo tempo; si citava la frase di un dotto italiano che le era stato presentato e dopo aver parlato con lei un'ora in ita­liano, in spagnolo, in latino e in greco, l'aveva lasciata dicen­do nel suo entusiasmo:
«Vedere la Corte senza vedere Margherita è non vedere né la Francia, né la Corte».
Così i panegirici non mancarono al re Carlo IX e alla gio­vane regina di Navarra; si sa quanto gli ugonotti siano fecon­di. Inevitabilmente, allusioni al passato e domande per l'av­venire furono accortamente insinuate in mezzo a quegli indi­rizzi al re; ma a tutte le allusioni egli rispondeva con le sue labbra pallide e il suo sorriso astuto:
«Nel dare mia sorella Margot a Enrico di Navarra, io do il mio cuore a tutti i protestanti del regno».
La frase rassicurava gli uni e faceva sorridere gli altri poi­ché aveva in realtà due sensi: uno paterno e del quale in buo­na coscienza Carlo IX non voleva sovraccaricare il suo pen­siero; l'altro ingiurioso per la sposa, per il marito e anche per chi lo pronunciava, poiché ricordava alcuni sordi scandali con i quali la cronaca di Corte aveva già trovato il modo di lordare la veste nuziale di Margherita di Valois.”

Alexandre Dumas (padre) (1802–1870) scrittore francese

pp. 26-27

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“Solo i poeti riescono a farsi pagare i propri sogni; il resto dell'umanità sogna senza ricompensa.”

Origine: Citato in Tele Sette, anno XXXIX, N. 15, enigmistica, p. 2.

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“Attorno all'ostia si è stabilito tutto un materialismo, proprio perché si è persa di vista l'esigenza fondamentale.”

Maurice Zundel (1897–1975) poeta, filosofo, mistico, teologo

Stupore e povertà

“San Giuseppe. È un gigante del silenzio e la sua grandezza incommensurabile è proprio questo silenzio.”

Maurice Zundel (1897–1975) poeta, filosofo, mistico, teologo

Maria. Tenerezza di Dio

“Se la donna è al suo posto, anche l'uomo troverà il proprio.”

Maurice Zundel (1897–1975) poeta, filosofo, mistico, teologo

Maria. Tenerezza di Dio

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“Non questo è ciò che v'è di piú mirabile al mondo: il lieto in un baleno si converte in triste, se appena un po' a lungo ti ci fermi innanzi; e Allora Dio sa che cosa ti potrebbe frullar per la testa. Chissà, potresti addirittura finire a pensare: «Ma in fin dei conti, soltanto la Koròbočka sta cosí in basso sulla scala infinita della perfettibilità umana? È proprio tanto grande l'abisso che la divide dalla sorella inaccessibile fra le pareti d'una casa aristocratica, con infiorate scale di ghisa, bronzi splendenti, legni preziosi e tappeti, mentre sbadiglia su un libro che si forza a finire, in attesa d'una visita mondano-intellettuale, durante la quale avrà campo di far scintillare il suo spirito e di metter fuori pensieri imparati a memoria, pensieri che secondo le leggi della moda interessano la città per la durata d'una settimana: pensieri che non riguardano già quel che avviene in casa sua e nei suoi possedimenti, trascurati e in isfacelo per l'insipienza dei padroni, bensí quale rivolgimento politico stia preparandosi in Francia, o quale indirizzo abbia preso il cattolicesimo di moda?» Ma avanti, avanti! Perché parlare di questo? Ma perché, dunque, proprio nei momenti che non si pensa a nulla, e si è allegri, senza inquietudini, d'improvviso, per conto suo, ci traversa un'altra bizzarra corrente? Ancora il riso non ha fatto in tempo a sparire del tutto dal volto, e già sei diventato un altro fra le stesse persone di poc'anzi, già un'altra luce t'illumina il volto…”

III; 1977, pp. 55-56
Le anime morte, Parte prima

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“Cosí diranno molti lettori, e rimprovereranno l'autore d'inverosimiglianza, o daranno dell'imbecille ai poveri funzionari, giacché l'uomo è generoso di questa parola imbecille, e pronto a somministrarla venti volte al giorno al suo prossimo. È sufficiente, di dieci lati, averne uno un po' sciocco, per esser spacciato imbecille a onta dei nove buoni. Ai lettori riesce facile trinciar giudizi guardando dal loro angolo tranquillo, da una sommità da cui è tutta aperta la visuale su tutto quanto avviene in basso, dove l'uomo scorge soltanto gli oggetti vicini. Anche negli annali universali dell'umanità vi sono addirittura molti secoli, che, si direbbe, andrebbero cancellati e annullati, come superflui. Molti errori si sono compiuti a questo mondo, tali che, si direbbe, ora non li farebbe neppure un bambino. Che strade tortuose, cieche, anguste, impraticabili, lontane dal giusto orientamento, ha scelto l'umanità nel suo conato di pervenire alla verità eterna, mentre pure aveva innanzi tutta aperta la retta via, simile a quella che conduce alle splendide stanze, destinate all'imperatore in una reggia! Piú larga di tutte l'altre vie, piú fastosa era questa, rischiarata dal sole e illuminata tutta notte dai fuochi: ma fuori di essa, nella fitta oscurità, ha proceduto il flusso degli uomini. E quante volte, già guidati da un pensiero che scendeva dai cieli, essi hanno ancora saputo deviare e smarrirsi, hanno saputo nel pieno fulgore del giorno cacciarsi un'altra volta nei fondi impraticabili, hanno saputo un'altra volta spandersi l'un l'altro negli occhi una cieca nebbia, e vagando dietro ai fuochi fatui, hanno pur saputo spingersi fin sull'orlo dell'abisso, per poi, inorridendo, domandarsi l'un l'altro: – Dov'è l'uscita? dov'è la via? – Ora tutto appare chiaro alla generazione che passa, e si meraviglia degli errori, ride della semplicità dei suoi antenati, e non vede che un fuoco celeste irradia tutti questi annali, che grida da essi ogni lettera, e che di là, penetrante, un dito s'appunta proprio su essa, su essa, la generazione che passa. Ma ride la generazione che passa, e sicura di sé, orgogliosa, dà inizio a una nuova serie di errori, sui quali a loro volta rideranno i posteri.”

Nikolaj Vasiljevič Gogol (1809–1852) scrittore e drammaturgo ucraino

I, 10; 1977, p. 210

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“È piú che dubbioso che l'eroe da noi scelto sia piaciuto ai lettori. Alle signore non piacerà, questo si può dir di sicuro, giacché le signore esigono che l'eroe sia una perfezione assoluta, e basta che abbia, nell'anima o nel corpo, una qualsiasi macchiolina – apriti cielo! Per quanto profondo sia sceso in lui lo sguardo dell'autore, per quanto abbia reso con piú nettezza d'uno specchio la sua immagine, non gliene riconosceranno il minimo pregio. La stessa complessione pienotta e la mezza età di Číčikov gli saranno di grave pregiudizio: la complessione pienotta non verrà a nessun patto perdonata al nostro eroe, e moltissime signore, torcendo il viso dall'altra parte, diranno: – Pfu! com'è detestabile! – Ahimè, son tutte cose che l'autore sa bene; e, nonostante tutto, egli non può scegliere per suo eroe un uomo virtuoso. Ma… chissà, nel corso di questa stessa narrazione, si faranno sentire altre corde, non tocche fin qui; verrà a risaltare la smisurata ricchezza dello spirito russo; apparrà un uomo dotato di virtú sovrumane, o una di quelle prodigiose giovinette russe, come altrove non se ne trovano al mondo, in tutta la stupenda bellezza della sua anima femminile, tutta aspirazioni magnanime e spirito di sacrificio. E morti sembreranno, di fronte a loro, tutti gl'individui virtuosi dell'altre stirpi, com'è morto un libro di fronte alla viva parola! Si solleveranno i moti propri dell'indole russa… e si vedrà quanto a fondo sia penetrato nella natura slava ciò che ha sfiorato appena la natura degli altri popoli… Ma a che scopo parlare di quello che è innanzi? Non si conviene all'autore, che è un uomo educato ormai da gran tempo alla severa vita interiore e alla fredda lucidità della solitudine, lasciarsi trasportare come un giovanotto. A ogni cosa il suo turno, e il suo luogo, e il suo tempo! Ma l'uomo virtuoso, no, non l'abbiamo scelto a nostro eroe. E possiamo anche dire perché non l'abbiamo scelto. Perché è tempo, una buona volta, di concedere un po' di riposo al povero uomo virtuoso; perché a vuoto gira su tutte le labbra la parola uomo virtuoso; perché hanno ridotto a un cavallo l'uomo virtuoso, e non c'è scrittore che non ci scarrozzi, incitandolo colla frusta, o qualunque altra cosa gli capiti; perché hanno talmente massacrato l'uomo virtuoso, che ormai non c'è piú in lui neppur l'ombra della virtú – gli sono restate le coste e la pelle, al posto del corpo; perché ipocritamente si fa venire in ballo l'uomo virtuoso; perché non si rispetta, l'uomo virtuoso. No, è tempo, una buona volta, d'attaccare alle stanghe anche un farabutto. Suvvia dunque, attacchiamo questo farabutto!”

Nikolaj Vasiljevič Gogol (1809–1852) scrittore e drammaturgo ucraino

I, 11; 1977, p. 223

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“Adesso sono maledetto, detesto la patria. Il meglio, è un sonno proprio da ubriaco, sul greto.”

Arthur Rimbaud (1854–1891) poeta francese

da Sangue cattivo, 1972

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“La medicina è la sola professione che lotta incessantemente per distruggere la ragione della propria esistenza.”

James Bryce (1838–1922) politico, storico e giurista inglese

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“Creare è proprio dell'artista; dove non c'è creazione, l'arte non esiste.”

Henri Matisse (1869–1954) pittore, incisore, illustratore e scultore francese

Occorre guardare tutta la vita con gli occhi di un bambino

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“Ogni uomo, per agire, ha bisogno di credere importante e buona la propria attività. E per questo, qualunque sia la sua condizione, egli non mancherà di crearsi una visione della vita umana in genere, alla luce della quale la sua attività possa apparirgli importante e buona.
Di solito si pensa che il ladro, l'assassino, la spia, la prostituta, riconoscendo cattiva la propria professione, debbano vergognarsene. Invece accade esattamente il contrario. Gli uomini che il destino e i loro peccati o errori hanno posto in una determinata condizione, per quanto sbagliata sia, si creano una visione della vita in genere alla luce della quale questa condizione possa apparir loro buona e rispettabile. Per sostenere poi tale visione gli uomini si appoggiano istintivamente a una cerchia di persone in cui venga riconosciuto il concetto che si sono creati della vita e del loro posto in essa. La cosa ci sorprende quando i ladri si vantano della loro destrezza, le prostitute della loro depravazione, gli assassini della loro crudeltà. Ma ci sorprende solo perché la cerchia, l'ambiente di queste persone è circoscritto, e soprattutto perché noi ne siamo al di fuori. Ma non capita forse lo stesso fenomeno fra i ricchi che si vantano delle loro ricchezze, cioè di ladrocinio, fra i capi militari che si vantano delle loro vittorie, cioè di omicidio, fra i sovrani che si vantano della loro potenza, cioè di sopraffazione? Noi non vediamo in queste persone un concetto distorto della vita, del bene o del male, volto a giustificare la loro condizione, solo perché la cerchia di persone con tali concetti distorti è più vasta, e noi stessi vi apparteniamo.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo
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“Una volta stavamo tornando da Mosca, e lungo la via ci dettero un passaggio dei carrettieri, che venivano da Serpuchòv ed erano diretti a un bosco, da un mercante, per caricare del legname. Era il giovedì santo. Io m'ero seduto sulla telega davanti, accanto al carrettiere, un mužìk forte, rosso, grossolano, che ad ogni evidenza era anche un gran bevitore. Passando per un villaggio, vedemmo che dall'ultima casa stavano trascinando fuori un maiale, ben ingrassato, nudo, roseo, per ucciderlo. Urlava con una voce disperata, simile a un grido umano. E proprio mentre stavamo passando noi, si misero a sgozzarlo. Uno degli uomini gli fece un lungo taglio sulla gola, con un coltello. Il maiale mandò un urlo ancora più forte e penetrante, si divincolò e corse via, inondandosi di sangue. Io sono miope e non vidi tutto nei dettagli, vidi soltanto il corpo del maiale, un corpo roseo come un corpo umano, e udii quello strillo disperato; ma il carrettiere vide tutti i dettagli, e continuava a guardare senza mai distogliere gli occhi. Acchiapparono il maiale, lo rovesciarono a terra e si misero a finirlo. Quando il suo strillo tacque, il carrettiere fece un sospiro profondo: «Possibile che un giorno non dovranno rispondere di questo?» borbottò.
A tal punto è forte negli uomini la ripugnanza per ogni uccisione, ma con l'esempio, con lo stimolo dell'umana avidità, con il ripetere che Dio ha permesso queste cose, e soprattutto con l'abitudine, si spinge la gente fino al punto di perdere del tutto questo loro naturale sentimento.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo
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“Importante è trovare la corda da toccare in un uomo, e dargli la propria corda. Ho letto la seconda parte delle Anime morte, goffa.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo

28 agosto 1857, p. 155

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“Nei bambini la nazione vede il proprio domani, come il proprio domani vede in essi la Chiesa.”

Papa Giovanni Paolo II (1920–2005) 264° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Origine: Parole sull'uomo, p. 71

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“La storia dell'Arma dei Carabinieri dimostra che si può raggiungere la vetta della santità nell'adempimento fedele e generoso dei doveri del proprio stato. Penso, qui, al vostro collega, il vice-brigadiere Salvo D'Acquisto, medaglia d'oro al valore militare, del quale è in corso la causa di beatificazione.”

Papa Giovanni Paolo II (1920–2005) 264° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

dal Discorso ai Militari dell'Arma dei Carabinieri del Comando Provinciale di Roma http://www.vatican.va/holy_father/john_paul_ii/speeches/2001/documents/hf_jp-ii_spe_20010226_carabinieri-roma_it.html, 26 febbraio 2001

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“L'amor proprio è il debole di tutti gli esseri umani.”

Teresa di Lisieux (1873–1897) religiosa e mistica francese

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“Io non racconterò la mia vita vera e propria, bensì i miei pensieri riguardo alle grazie che Dio mi ha concesse.”

Teresa di Lisieux (1873–1897) religiosa e mistica francese

Storia di un'anima, Manoscritto autobiografico A
Variante: Non è la mia vita vera e propria che scriverò, ma i miei pensieri riguardo alle grazie che il Buon Dio si è degnato di accordarmi.

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“È strano, ma l'esempio che mi viene in mente è quello di un libro intitolato L'uomo che fu Giovedì. Era una sciocchezzuola un po' melodrammatica, pure conteneva una sua particolare teoria: un gruppo degli ultimi sostenitori di un ordine civile, lottano contro quello che, apparentemente, appare come un mondo in preda all'anarchia e scoprono, infine, che il misterioso capo degli anarchici è anche a capo dell'ordine costituito, la stessa creatura fiabesca che gli era apparsa piuttosto come l'orco di una pantomima. Soluzione logica (o folle) che ha indotto molti ad arguire che, in questo essere dalla natura ambigua, dovesse leggersi la descrizione della divinità, e il mio libro godette anche di un temporaneo rispetto tra coloro che amano questo tipo di intepretazione. L'errore era dovuto semplicemente al fatto che avevano letto il libro, ma non il titolo. Nel mio caso, veramente, si trattava di un sottotitolo. Il libro si chiamava L'uomo che fu Giovedì. Storia di un incubo. Non era inteso come la descrizione del mondo qual era o come io pensavo che fosse, anche quando i miei pensieri erano molto più incerti di quanto non siano ora. Era la descrizione del mondo di dubbi, di disordine e di disperazione del quale parlavano i pessimisti a quell'epoca, ma con un barlume di speranza posto proprio nell'alternativa insita in quel dubbio che anche i pessimisti, a tratti, avvertivano.”

Gilbert Keith Chesterton (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista inglese

dall' Illustrated London News del 13 giugno 1936; citato alla p. 173 de L'uomo che fu Giovedì, Arnoldo Mondadori Editore, traduzione di Luciana Crepax

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“Dobbiamo asserire […] che [San Francesco] fu un poeta. […] Ma egli ebbe un privilegio negato a molti poeti; poté infatti chiamarsi il solo poeta felice fra i tanti poeti infelici del mondo. Tutta la sua vita fu una poesia, ed egli non fu tanto un menestrello che cantava semplicemente le proprie canzoni, quanto un drammaturgo capace di recitare per intero il suo dramma. […] Parlare dell'arte di vivere suona oggi artificiale più che artistico. Ma San Francesco rese in ogni senso la vita arte, per quanto un'arte involontaria. […] [A età avanzata, poiché stava per diventare cieco, gli prospettarono un rimedio orribile, che] consisteva nel cauterizzare l'occhio senza alcun anestetico. In altre parole, si dovevano bruciare i bulbi degli occhi con un ferro rovente. […] Quando fu preso il ferro dalla fornace, egli si levò con atteggiamento educato, e parlò come se si rivolgesse ad un essere invisibile: "Fratello fuoco, Dio ti ha creato bellissimo e forte e utile; ti prego d'essere cortese con me." Se c'è qualcosa che possa dirsi arte di vivere, a me pare che un simile momento sia uno dei suoi capolavori. Non a molti poeti è stato concesso di ricordare la propria poesia in un simile momento, ancor meno di vivere uno dei propri poemi. Perfino William Blake sarebbe stato sconvolto se, leggendo i nobili versi: "Tigre! Tigre! che splendente bruci!" un'enorme tigre viva del Bengala fosse apparsa alla finesta del suo cottage in Felpham, con la evidente intenzione di asportargli la testa.”

Gilbert Keith Chesterton (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista inglese

cap. VI, p. 68
Francesco d'Assisi

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