Frasi su spirale

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema spirale, essere, mondo, tempo.

Frasi su spirale

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“Bella è, ancora oggi, la vita a Modica. Città grande e spaziosa e insieme intima e segreta, Modica cresce a grappolo sulle rocce e sulle grotte seguendo una strada sinuosa, come a spirale. Il cuore è la grandiosa chiesa di San Giorgio, la cui facciata è ritta come una torre e insieme soffice come una torta. La vediamo da ogni punto: dal Palazzo Giardina con una spaziosa terrazza e poi dal mirabile Palazzo Napolino. Tra le mura della città senti ancora la voce di Quasimodo, il poeta che partì da una piccola casa, oggi riarredata e custodita da Valeria Lentini, per arrivare a parlare della Sicilia in tutto il mondo. Ma il tempo qui non si è fermato: riparato nella sua casa scrive oggi Franco Antonio Belgiorno, descrivendo le estasi di questo luogo straordinario. E c'è poesia non solo nella letteratura, ma anche nella produzione di dolci e cioccolate, su ricette antiche con sapori insperati. Così troviamo animate, per una festa senza fine, le pasticcerie di Modica: Di Lorenzo, Bonajuto e Iacono, che preservano i sapori in carte colorate che saranno piaciute a Giuseppe Tornatore. L'incanto e la vita continuano nella notte a Villa De Naro Papa, integra negli arredi e magica nel giardino, teatro di musiche zigane, arabe e greche, spagnole. Così lasciamo Modica con molto rimpianto e molte cioccolate.”

Vittorio Sgarbi (1952) critico d'arte, politico e opinionista italiano

Citazioni di altro tipo
Origine: Da La magia di Modica nascosta nei dolci da Sgarbi Quotidiani, ne Il Giornale, agosto 2002.

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“Passò molto tempo. Gallardo non sapeva con certezza se avesse dormito o no. Tutto a un tratto risuonò la voce di doña Sol a scuoterlo da quella pesante somnnolenza. Aveva lasciato da parte la sigaretta dalle azzurre spirali e, con voce sommessa dava risalto alle parole, imprimendovi appassionati tremori, cantava accompagnandosi al piano.
Il torero tese gli orecchi per capire qualcosa... Neanche una parola. Erano canzoni straniere. «Accidenti! Perché non un tango o una soleà…? E poi si vorrebbe che un cristiano non si addormentasse!»
Doña Sol posava le dita sui tasti, mentre i suoi occhi vagavano in alto, gettando indietro il capo, mentre il petto solido le tremava con i sospiri musicali.
Era la preghiera di Elsa, il lamento della bionda vergine che pensava all'uomo forte, il bel guerriero invincibile per gli uomini, dolce e timido con le donne.
Pareva sognare mentre cantava, imprimendo alle parole fremiti passionali e gli occhi le si riempivano di lacrime di commozione. L'uomo semplice e forte, il guerriero, forse era lì, dietro di lei… Perché no?
Non aveva l'aspetto leggendario dell'altro, era rude e goffo, ma lei vedeva ancora, con la lucidità di un saldo ricordo, la gagliardia con cui pochi giorni prima era corso in suo aiuto, la sorridente fiducia con cui aveva lottato contro un animale feroce, così come gli eroi wagneriani lottavano contro draghi terrificanti. Sì, era lui il suo guerriero.
E, scossa dai talloni fino alla radice dei capelli da un timore voluttuoso, dandosi anticipatamente per vinta, credeva di intuire il dolce pericolo che si avvicinava alle sue spalle. Vedeva l'eroe, il paladino levarsi lentamente dal divano con quei suoi occhi arabi fissi su di lei; ne sentiva i cauti passi, percepiva le mani di lui posarsi sulle sue spalle; poi un bacio infuocato sulla nuca, marchio di passione che la segnava per sempre, facendola sua schiava… Ma la romanza terminò senza che accadesse niente, senza sentire sulla schiena altra pressione che non fosse quella dei suoi fremiti di timoroso desiderio.”

Vicente Blasco Ibáñez (1867–1928) scrittore, sceneggiatore e regista spagnolo

Origine: Sangue e arena, pp. 115-116

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“Dal tempo della divisione avvenuta dopo l'ultima Grande Congiunzione, un avvenimento di tantissimo tempo prima, gli Skeksis avevano abbandonato gli urRu a se stessi nella loro valle. Avevano dovuto fare così: l'oggetto e la sua immagine speculare potevano unirsi solo annullandosi a vicenda. Inoltre gli Skeksis non avevano mai avuto bisogno degli urRu, vecchi visionari, privi di senso pratico e ossessionati solo dalla loro vita collettiva interiore, i cui valori erano diametralmente opposti a quelli degli Skeksis.
Poco dopo la divisione, gli Skeksis avevano scoperto che, scheggiando il Cristallo, potevano intrappolare energie malvagie che, a livello molecolare, erano visibili solo nella sfumatura più cupa che il Cristallo aveva assunto. Dopo alcune ricerche, lo Scienziato aveva spiegato che il Cristallo possedeva una connessione a spirale nella sua struttura, da cui derivava la proprietà di far ruotare il piano di polarizzazione di un raggio di luce polarizzata. Quando i tre soli erano congiunti direttamente al di sopra di esso, emanavano una forza polarizzata tale da svolgere la spirale, rischiarare il colore del cristallo e produrre un raggio focalizzato della massima concentrazione. Ma se il Cristallo fosse stato scheggiato, il collegamento a spirale sarebbe rimasto intatto. La luce della Grande Congiunzione avrebbe irradiato d'energia solo gli Skeksis, ma di un'energia tutta particolare, oscura, piena di malvagità.
Gli Skeksis si erano avvantaggiati di questa cognizione e ne avevano approfittato tenendo sotto il loro controllo il Cristallo nella fortezza, che avevano ricavato dalla montagna che lo conteneva. Attraverso le linee di energia che circondavano il pianeta, essi avevano trasmesso incessantemente impulsi dannosi, fomentando la miseria e la debolezza e risucchiando per i loro fini tutte le energie geodinamiche. Il lampo che Jen aveva visto era stato concentrato sulle Pietre Erette e di lì rinviato al castello. Gli Skeksis controllavano i punti nevralgici del pianeta mediante l'agopuntura terrestre. Per tutti questi motivi essi avevano sempre ignorato gli urRu. Le spie di cristallo non li avevano mai sorvegliati, né erano stati fatti oggetto delle scorrerie dei Garthim. All'infuori delle Pietre Erette, nulla, in quella valle remota, avrebbe potuto costituire una minaccia per la tirannia degli Skeksis. La valle degli urRu era un'enclave di nozioni, la provincia delle nuvole, nient'altro.”

Dark Crystal

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“Il complicato disegno sui pavimenti del Castello del Cristallo Oscuro rappresentava un sentiero. Chiunque lo vedeva non aveva dubbi in proposito, ma quello che veniva lasciato all'interpretazione individuale era il punto d'inizio e quello d'arrivo, oltre allo scopo del tragitto.
Con le sue biforcazioni e intersecazioni, i suoi archi, i suoi cerchi e le sue spirali che portavano di stanza in stanza, avrebbe potuto essere interpretato, secondo un modo di vedere trascendentale, come la strada che un pellegrino doveva percorrere per raggiungere i più alti gradi dell'illuminazione. Il viaggiatore, fatto in origine di materia bruta, si sarebbe a poco a poco elevato fino a diventare un puro spirito, senza però mai procedere in linea retta ma seguendo un percorso contorto, che continuava anche quando pareva che il percorso fosse stato compiuto. (Perché anche l'anima, fatta di puro spirito, ha ancora dei compiti da assolvere, e per questo il ciclo del disegno dei pavimenti si snodava all'infinito.)
Gli Skeksis, tuttavia, non la pensavano a questo modo. Il presupposto che la pura spiritualità fosse superiore alla materia bruta era qualcosa che sfuggiva alla loro comprensione. Uno dei significati del labirinto fu chiaro ai loro occhi il giorno successivo a quello dei funerali dell'Imperatore: era la via che conduceva al trono.
Colui che aspirava a stringere fra gli artigli lo scettro, sapeva come seguirne il tracciato. Doveva farlo con apparente umiltà, con rispetto, dimostrando di volersi sottomettere a una debita disciplina. Così quei tre – il Maestro delle Cerimonie, il Generale dei Garthim e il Ciambellano – stavano percorrendo da alcune ore il labirinto, con la dovuta solennità, sotto lo sguardo attento degli altri Skeksis. I tre seguivano le circonvoluzioni del percorso, ne studiavano le difficoltà, si soffermavano alle biforcazioni, e scoprivano infine che portavano invariabilmente al punto di partenza.”

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“La recente scoperta che la grande spirale di Andromeda possiede la velocità quasi eccezionale di - 300 km(/s) mostrò i mezzi allora disponibili, capaci di analizzare non solo gli spettri delle spirali ma anche la loro velocità.”

Vesto Slipher (1875–1969) astronomo statunitense

da Spectrographic Observations of Nebulae http://adsabs.harvard.edu/cgi-bin/nph-bib_query?bibcode=1915PA.....23...21S&db_key=AST&data_type=HTML&format=&high=448f04e38822894, in "Popular Astronomy", Vol. 23, p. 21-24

Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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