Frasi su vomito

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema vomito, essere, ancora, proprio.

Frasi su vomito

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“[L'Etna] Tuona di orrende rovine | e vomita nel cielo una nube nera | fumante d'un turbine di pece e di ardenti faville.”

Publio Virgilio Marone (-70–-19 a.C.) poeta romano

citato in Corriere della sera, 25 ottobre 2008

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“Le ragazze Grandi Tette della pubblicità mi fanno venire il vomito.”

Charlotte Roche (1978) conduttrice televisiva e scrittrice tedesca

dalla quarta di copertina di Zone umide

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“Chi ha vinto è là che vomita il suo vino | e quel che conta in fondo è l'intestino.”

Roberto Vecchioni (1943) cantautore, paroliere e scrittore italiano

da Aiace
Saldi di fine stagione

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“Rimettiamo in discussione il ruolo di Sua Maestà la televisione". Lei, l'imperatrice delle nostre case sempre più vuote di pensieri e parole e sempre più inzuppate di rumori. Lei, appollaiata sul trono delle nostre serate, lei divoratrice dei nostri attimi più privati, così ingorda di scandali, di pochezze e di immagini virtuali, con i suoi flash abbaglianti e le sue sequenze accelerate che inghiottono lo spazio e soffocano il tempo. Lei che non lascia via di scampo. Dalle sue frattaglie non si può sfuggire. Lei, che vomita pattume in quantità industriale, non accetta più di essere un vago sottofondo: ti penetra nell'iride sotto forma di stupefacenti videoclip, di pianti in diretta e altre amenità. Sua Maestà la tv ha decretato che il nostro cervello debba essere soltanto una discarica. E a noi, bravi e diligenti utenti, ha riservato una sola libertà: quella dello zapping da un cassonetto per la plastica ad un contenitore per rifiuti organici. Il saltapicchio da un canale all'altro non è più motivato dalla ricerca di ciò che potrebbe sollecitare maggiormente la nostra intelligenza, il nostro interesse. Quando brandiamo un telecomando, ci trasformiamo in un animalone tecnologico, un tutt'uno con l'apparecchio televisivo. Una schifezza massmediale rassegnata e inconsapevole. E quanto più ciò che vediamo è inquietante, tanto più le nostre facoltà inferiori si sentono gratificate.”

Mina (1940) pagina di disambiguazione di un progetto Wikimedia

da Salviamoci dal trash in tv, Liberal, 7 maggio 1998

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“L'opportunismo e l'arrivi­smo filo-marxista dei miei colleghi mi fa venire il vomito, e come primo impulso mi fa diventare assertore della monarchia assoluta.”

Dino Buzzati (1906–1972) scrittore italiano

Origine: Citato in Marcello Veneziani, Buzzati il conservatore e i Tartari http://www.ilgiornale.it/news/buzzati-conservatore-e-i-tartari.html, ilGiornale.it, 28 gennaio 2012.

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“Dal vomito di sangue, consunzione e spurgo di pus.”

Ippocrate di Coo (-460–-370 a.C.) filosofo, medico

VII, 79; p. 83
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“Non mi smuovi, no, | proseguo indomito, | a vedere il bello ovunque, | pure nel mio vomito.”

Caparezza (1973) cantautore e rapper italiano

da Comunque dada, n. 6
Museica

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“Se una donna vomita sangue, e sopraggiunge la mestruazione, si ha la guarigione.”

Ippocrate di Coo (-460–-370 a.C.) filosofo, medico

V, 32; p. 56
Aforismi

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“Nel caso di paziente sofferente di diarrea protratta, il vomito involontario che sopravviene rimuove la diarrea.”

Ippocrate di Coo (-460–-370 a.C.) filosofo, medico

VI, 15; p. 66
Aforismi

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“Nel sole di marzo, mentre era seduto su una catasta di ceppi di faggio che scricchiolavano per il caldo, avvenne che egli pronunciasse per la prima volta la parola «legno». Aveva già visto il legno centinaia di volte, aveva sentito la parola centinaia di volte. La capiva anche, infatti d'inverno era stato mandato fuori spesso a prendere legna. Ma il legno come oggetto non gli era mai sembrato così interessante da darsi la pena di pronunciarne il nome. Ciò avvenne soltanto quel giorno di marzo, mentre era seduto sulla catasta. La catasta era ammucchiata a strati, come una panca, sul lato sud del capannone di Madame Gaillard, sotto un tetto sporgente. I ceppi più alti emanavano un odore dolce di bruciaticcio, dal fondo della catasta saliva un profumo di muschio, e dalla parete d'abete del capannone si diffondeva nel tepore un profumo di resina sbriciolata.
Grenouille era seduto sulla catasta con le gambe allungate, la schiena appoggiata contro la parete del capannone, aveva chiuso gli occhi e non si muoveva. Non vedeva nulla, non sentiva e non provava nulla. Si limitava soltanto ad annusare il profumo del legno che saliva attorno a lui e stagnava sotto il tetto come sotto una cappa. Bevve questo profumo, vi annegò dentro, se ne impregnò fino all'ultimo e al più interno dei pori, divenne legno lui stesso, giacque sulla catasta come un pupazzo di legno, come un Pinocchio, come morto, finché dopo lungo tempo, forse non prima di una mezz’ora, pronunciò a fatica la parola «legno». Come se si fosse riempito di legno fin sopra le orecchie, come se il legno gli arrivasse già fino al collo, come se avesse il ventre, la gola, il naso traboccanti di legno, così vomitò fuori la parola. E questa lo riportò in sé, lo salvò, poco prima che la presenza schiacciante del legno, con il suo profumo, potesse soffocarlo. Si alzò a fatica, scivolò giù dalla catasta, e si allontanò vacillando come su gambe di legno. Per giorni e giorni fu preso totalmente dall'intensa esperienza olfattiva, e quando il ricordo saliva in lui con troppa prepotenza, borbottava fra sé e sé «legno, legno», a mo' di scongiuro.”

Perfume: The Story of a Murderer

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“orrore all’idea di aggiungere i miei lamenti ai piagnistei dell’umanità, per lungo tempo non avrei saputo dire cosa mi avesse resa capace di sopportare tutto ciò. Se la Storia è l’inferno, la vita è il paradiso. La felicità non ci è data: è una cosa che si fa, si inventa. L’ho imparato da poco, leggendo dietro consiglio della signora Mandonato i filosofi della gioia, che hanno scritto nero su bianco tutto quanto ho sempre pensato, senza averlo mai saputo esprimere. Epicuro, capace di parlare così bene del piacere della contemplazione e morto per un blocco renale dopo aver sopportato i dolori di terribili calcoli. Spinoza, cantore della felicità, proscritto e maledetto dalla comunità a cui apparteneva. Infine Nietzsche, che ha celebrato la vita e sosteneva di provare un’indicibile allegria mentre soffriva martiri in tutto il corpo, divorato com’era da un mostruoso herpes genitale e da una sifilide all’ultimo stadio, oltre che da una cecità crescente e un’ipersensibilità uditiva. Per non parlare degli attacchi di vomito ed emicrania. «Nietzsche chiamava il dolore la sua cagna» ha precisato Jacky, che è una persona colta. «Lo considerava fedele come un cagnolone su cui sfogare il suo cattivo umore.» Dopo cena, ormai sbronza, mi sono alzata e ho sproloquiato un po’: «Un discorso è come un vestito da donna. Dev’essere abbastanza lungo da coprire e abbastanza corto da suscitare interesse. Il mio si comporrà di un’unica frase: ognuno ha solo la vita che si merita».”

La cuoca di Himmler

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“Una radio — una radio domenicale — eruttava una canzonetta nordamericana, su un ritmo isterico, un agitarsi schifoso di scimmioni e bertucce ebbri. […] La nazione che aveva imputridito il mondo — che imputridiva la Spagna e la Russia stessa, i due soli paesi che fossero degni di interesse e di amore — saltava fuori a imputridire la sua ora suprema. Giungeva in buon punto per distruggere la solennità della sua ultima ora, per strappargli l'anima o per travestirla nel momento in cui era il suo più sacro diritto esser nel pieno possesso della propria anima, e della propria anima quale egli voleva che fosse. La cosa fu talmente tragica per Celestino che il sudore gli uscì dal torso e inzuppò la maglia di cellular, come il giorno in cui Ruiz l'aveva insultato in square Willette. I singhiozzi e i vomiti sonori continuavano togliendogli ogni coscienza di essere un essere umano, giacché la degradazione dell'essere umano che implicavano, secondo lui, era tale che chi li ascoltava cessava di essere un essere umano. E nondimeno intorno a quasi tutto il pianeta milioni di individui ascoltavano quella roba con piacere! La bassezza yankee, con una demoniaca abilità, aveva ovunque stuzzicato quello che l'uomo ha in sé di piu basso, per esasperarlo e talvolta rivelarlo a se stesso.”

Variante: Una radio — una radio domenicale — eruttava una canzonetta nordamericana, su un ritmo isterico, un agitarsi schifoso di scimmioni e bertucce ebbri. [... ] La nazione che aveva imputridito il mondo — che imputridiva la Spagna e la Russia stessa, i due soli paesi che fossero degni di interesse e di amore saltava — fuori a imputridire la sua ora suprema. Giungeva in buon punto per distruggere la solennità della sua ultima ora, per strappargli l'anima o per travestirla nel momento in cui era il suo più sacro diritto esser nel pieno possesso della propria anima, e della propria anima quale egli voleva che fosse. La cosa fu talmente tragica per Celestino che il sudore gli uscì dal torso e inzuppò la maglia di cellular, come il giorno in cui Ruiz l'aveva insultato in square Willette. I singhiozzi e i vomiti sonori continuavano togliendogli ogni coscienza di essere un essere umano, giacché la degradazione dell'essere umano che implicavano, secondo lui, era tale che chi li ascoltava cessava di essere un essere umano. E nondimeno intorno a quasi tutto il pianeta milioni di individui ascoltavano quella roba con piacere! La bassezza yankee, con una demoniaca abilità, aveva ovunque stuzzicato quello che l'uomo ha in sé di piu basso, per esasperarlo e talvolta rivelarlo a se stesso. (p. 204)
Origine: Il caos e la notte, p. 204

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