Frasi sull'et
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“Si passa la giovinezza a far credere di essere uomini. L'età adulta a far credere di essere felici quando invece non lo si è. La vecchiaia a far credere di non essere rimbambiti quando invece lo si è.”

Henry De Montherlant (1895–1972) scrittore e drammaturgo francese

Origine: Citato in Il cinico ha sempre la battuta pronta, Il Giornale, 19 gennaio 2010, p. 33; ora in cinquantamila.it http://cinquantamila.corriere.it/storyTellerArticolo.php?storyId=0000000195561.

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“Quando la società avrebbe stabilito che tu sei un essere umano, ma la tua sessualità sta da un'altra parte? Forse il tabù risale all'epoca tribale, a quando le donne che non servivano più alla riproduzione venivano messe da un lato. Ma le sessantenni di oggi sono le ventenni del secolo scorso. Abbiamo degli organi e ce ne prendiamo cura. La sessualità, la bellezza, la sensualità procedono con noi e ci completano a ogni età.”

Sônia Braga (1950) attrice brasiliana

Origine: Citato in Anna Maria Speroni, Sonia Braga: «Resisto, e sono felice. Ma non spezzatemi il cuore» http://www.iodonna.it/personaggi/interviste-gallery/2016/06/06/sonia-braga-resisto-e-sono-felice-ma-non-spezzatemi-il-cuore/, Iodonna.it, 6 giugno 2016.

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“Ventisette motivi per cui un interista deve accettare la Juventus. 1 Perché c'è. 2 Perché, se non ci fosse, bisognerebbe inventarla. Altrimenti chi potremmo invidiare/detestare/sospettare (a seconda delle circostanze)? […] 5 Perché quelle due Coppe Campioni sono state così malinconiche (1985 e 1996, entrambe dal dischetto del rigore) che adesso potrebbe anche vincere una come si deve. […] 8 Perché, senza la Juventus, ogni saga calcistico-letteraria risulterebbe incompleta. Ricapitolando. La Juve è Voldemort (l'Inter Harry Potter, il Milan Draco Malfoy). La Juve è Sauron (l'Inter Frodo Baggins, il Milan l'elfo Legolas). La Juve è il Lato Oscuro della Forza (l'Inter Obi-Wan Kenobi, il Milan Joda, che deve avere l'età di Rivaldo). 9 Perché indossa una divisa carceraria, ma lo fa con noncuranza. […] 16 Perché, insieme al cioccolato e a Macario, la Juve è una delle poche cose che riesce a far sorridere certi piemontesi. 17 Perché ha riempito l'Italia di tifosi (dieci milioni!). Dicono che ce ne sia qualcuno anche a Torino, ma la notizia è in attesa di conferma. […] 24 Perché Scirea era Scirea. 25 Perché, in maglia azzurra, i bianconeri ogni tanto combinano pasticci (Del Piero, Francia 2000), ma spesso si danno da fare anche per noi”

Beppe Severgnini (1956) giornalista italiano

Argentina 1978, Spagna 1982
Italians, Corriere.it
Origine: Da Sportweek, Gazzetta dello Sport, 24 maggio 2003; riportato in Ventisette motivi per cui bisogna accettare la Juventus. http://www.corriere.it/solferino/severgnini/03-05-24/01.spm.

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“Pekka Himanen, L'etica hacker e lo spirito dell'età dell'informazione.”

The Hacker Ethic and the Spirit of the Information Age, 2001), traduzione di Fabio Zucchella, Feltrinelli, Milano, 2003. ISBN 88-07-81745-4 ( Anteprima su Google Libri http://books.google.it/books?id=RaG8uOuY1SUC&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false
Bibliografia

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“Alle sette e mezzo il 17 aprile 1975, la guerra contro la Cambogia si concluse. Fu una guerra particolare, poiché nessun paese aveva mai fatto esperienza d'un simile bombardamento. Su questa terra, forse la più graziosa e più pacifica in tutta l'Asia, il presidente Nixon e il signor Kissinger sganciarono centomila tonnellate di bombe, l'equivalente di cinque Hiroshima. Il bombardamento fu una loro scelta personale. Illegalmente e in segreto, bombardarono la Cambogia, un paese neutrale, fino a riportarla all'età della pietra, e intendo età della pietra nel suo senso strettamente letterale. Poco dopo l'alba, il 17 aprile 1975, i bombardamenti cessarono, e regnò il silenzio. Poi, i vittoriosi, i Khmer Rossi, il cui potere era cresciuto in modo del tutto sproporzionato rispetto ai loro numeri, emersero dalla foresta. Entrarono nella capitale, Phnom Penh, una città che molti di loro non avevano mai visto prima. Marciarono in fila indiana disciplinata lungo i viali e il traffico immobile. Si vestivano di nero ed erano per la maggior parte adolescenti. Il popolo li acclamò ansiosamente, ingenuamente. Dopo tutto, i bombardamenti e i combattimenti erano finalmente terminati. Il terrore cominciò quasi immediatamente. Phnom Penh, una città di 2.5 milioni d'abitanti, fu evacuata con la forza entro un ora dal loro arrivo, i malati e feriti trascinati dai loro letti d'ospedale, bambini morenti trasportati in sacchi di plastica, i vecchi e gli zoppi abbandonati ai margini della strada, e tutti in marcia sotto tiro verso la campagna e una società totalmente nuova, quale mai si era vista prima. I nuovi leader della Cambogia chiamarono il 1975 l'«Anno zero», l'alba di un'era in cui non ci sarebbero state famiglie, né sentimenti, né espressioni d'amore o di sofferenza, né medicine, né ospedali, né scuole, né libri, né istruzione, né vacanze, né musica, né canzoni, né posta, né moneta: solo fatica e morte.”

John Pilger (1939) giornalista australiano

At 7:30 AM on April 17, 1975, the war on Cambodia was over. It was a unique war, for no country has ever experienced such concentrated bombing. On this, perhaps the most graceful and gentle land in all of Asia, president Nixon and mister Kissinger unleashed 100,000 tons of bombs, the equivalent of five Hiroshimas. The bombing was their personal decision. Illegally and secretly, they bombed Cambodia, a neutral country, back to the Stone Age, and I mean Stone Age in its literal sense. Shortly after dawn on April 17, the bombings stopped and there was silence. Then, out of the forest, came the victors, the Khmer Rouges, whose power had grown out of all proportion to their numbers. They entered the capital Phnom Penh, a city most of them had never seen. They marched in disciplined Indian file through the long boulevards and the still traffic. They wore black and were mostly teenagers, and people cheered them, nervously, naively. After all, the bombing, the fighting, was over at last. The horror began almost immediately. Phnom Penh, a city of 2.5 million people, was forcibly emptied within an hour of their coming, the sick and wounded being dragged from their hospital beds, dying children being carried in plastic bags, the old and crippled being dumped beside the road, and all of them being marched at gunpoint into the countryside and towards a totally new society, the likes of which we have never known. The new rulers of Cambodia called 1975 "Year Zero", the dawn of an age in which there would be no families, no sentiments, no expressions of love or grief, no medicines, no hospitals, no schools, no books, no learning, no holidays, no music, no songs, no post, no money, only work and death.
Variante: Alle sette e mezzo il 17 aprile 1975, la guerra contro la Cambogia si concluse. Era una guerra particolare, poiché nessun paese aveva sofferto d'un tale bombardamento. Su questa terra, forse la più graziosa e più pacifica in tutta l'Asia, il presidente Nixon e il signor Kissinger sguanciarono centomila tonnellate di bombe, l'equivalente di cinque Hiroshima. Il bombardamento fu una loro scelta personale. Illegalmente e in segreto, bombardarono la Cambogia, un paese neutrale, fino a riportarla all'età della pietra, e intendo età della pietra nel suo senso strettamente letterale. Poco dopo l'alba, il 17 aprile 1975, i bombardamenti cessarono, e regnò il silenzio. Poi, i vittoriosi, i Khmer Rossi, il cui potere era cresciuto fuori proporzione dai loro numeri, emersero dalla foresta. Entrarono la capitale, Phnom Penh, una città che molti di loro non avevano mai visto prima. Marciarono in fila indiana disciplinata lungo i viali e il traffico immobile. Si vestivano di nero, ed erano per la maggior parte adolescenti. Il popolo li acclamò ansiosamente ed ingenuamente. Dopo tutto, i bombardamenti e le sparatorie erano finiti. Il terrore cominciò quasi immediatamente. Phnom Penh, una città di 2.5 milioni d'abitanti, fu evacuata con la foza entro un ora del loro arrivo, i malati e feriti trascinati dai loro letti d'ospedale, bambini morenti trasportati in sacchi di plastica, i vecchi e zoppi lasciati per la strada, tutti marciati sotto tiro verso la campagna e una società totalmente nuova, mai vista prima. I nuovi leader di Cambogia nominarono 17 aprile «Anno zero», l'alba di un' era in cui non ci sarebbero state famiglie, niente sentimenti, nessuna espressione d'amore o lutto, niente medicine, niente ospedali, niente scuole, niente libri, niente istruzione, niente vacanze, niente musica, niente canzoni, niente posta e niente denaro: solo fatica e morte.

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“Hic et nunc non habeo dispositionem mentis, | latus mundi insanus est, | malus imbutus malis libidinibus.”

Franco Battiato (1945) musicista, cantautore e regista italiano

da U Cuntu, n. 10
Inneres Auge – Il tutto è più della somma delle sue parti

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“Quando si ritorna dalla Spagna, dall'Italia, dall'Africa settentrionale, cito solo i Paesi che conosco a fondo, quel che colpisce sul volto dell'uomo francese, nel ritrovarlo, è la piattezza. (La France et la morale de midinette, conferenza del 29 novembre 1938)”

Henry De Montherlant (1895–1972) scrittore e drammaturgo francese

Variante: Quando si ritorna dalla Spagna, dall'Italia, dall'Africa settentrionale, cito solo i Paesi che conosco a fondo, quel che colpisce sul volto dell'uomo francese, nel ritrovarlo, è la piattezza. (La France et la morale de midinette, conferenza del 29 novembre 1938

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“La signorina de Bauret si sentiva portata alle lettere e alle arti, ma la sua cultura letteraria aveva come punto di partenza la fine del XIX secolo: in una parola non esisteva. La ragazza vedeva e spiegava il cosmo attraverso le manie di qualche autore alla moda; per esempio credeva sinceramente che, bambino, l'uomo è innamorato della madre; o, se qualcuno confessava d'aver avuto voglia di spingere un passante sotto il tram, ella diceva: "Avete letto troppe volte le Nourritures terrestres"; al che l'altro spalancava tanto d'occhi, ignorando, beninteso, perfino il titolo del libro. Proclamava che un pagliaccio del cinema a nome Charlot era un genio. Quando si abbandonava a una fantasticheria, la chiamava "monologo interiore". Quando de Coantré le diceva che lo zio Octave non voleva guardare in faccia la realtà, ella traduceva nel suo gergo: "Non vuol sottomettersi all'oggetto". Eccetera. A venticinque anni tale infantilismo spirituale le conferiva quella sorta d'imbecillità caratteristica del sedicenne che comincia a studiare filosofia e scopre l'anima umana e l'umano pensiero nei manuali di Paulin Malapert. Inutile dire che in politica la signorina de Bauret aveva idee progressiste. L'autentica tara della signorina de Bauret, tara in parte dell'età e in parte dell'epoca, consisteva nel fatto che per lei novità era sinonimo di valore. È questo un indice sicuro di barbarie.”

Origine: Gli scapoli, pp. 88-89

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“Ho iniziato a giocare a pallone nella mia città, Catanduva, all'età di dieci anni. Seguivo mio fratello che ne aveva cinque più di me e quindi mi sono sempre confrontato con giocatori più grandi, grossi ed esperti. Facevo l'attaccante all'epoca e, sì, di botte ne ho prese un bel po', ma così ho imparato a essere veloce e abile nel dribbling, doveva essere più difficile prendermi.”

Alex Sandro Lobo Silva (1991) calciatore brasiliano

Citazioni di Alex Sandro
Origine: Citato in Guido Vaciago, Alex Sandro: «Juventus, odio perdere! Anche alla Play... Dybala alla Neymar» http://www.tuttosport.com/news/calcio/serie-a/juventus/2016/02/12-8396419/esclusivoalex_sandro_juventus_odio_perdere_anche_alla_play_dybala_alla_neymar, Tuttosport.com, 12 febbraio 2016.

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“Don Juan': Giunto alla mia età, la mia esperienza del mondo mi riempie di orrore, ed è solo nella caccia e nel possesso amoroso che questo orrore è dimenticato. Da tutte le parti intorno a me non trovo che la notte oscura; le mie ore di caccia e l'amore sono le sole stelle di questa notte: sono l'unica chiarezza. Solo non avendo memoria, la felicità scrive con inchiostro bianco su pagine bianche.”

Henry De Montherlant (1895–1972) scrittore e drammaturgo francese

La Mort qui fait le trottoir (Don Juan)
Variante: Don Juan': Giunto alla mia età, la mia esperienza del mondo mi riempie di orrore, ed è solo nella caccia e nel possesso amoroso che questo orrore è dimenticato. Da tutte le parti intorno a me non trovo che la notte oscura; le mie ore di caccia e l'amore sono i soli protagonisti di questa notte: sono l'unica chiarezza. Solo non avendo memoria, la felicità scrive con inchiostro bianco su pagine bianche.

“La lettura delle liste [dei confidenti] dell'«O. V. R. A.» se da un lato è penosa dall'altra procura anche delle distrazioni perché vengono fuori certi inattesi nomi e cognomi e certe professioni così singolari che qualche volta provocano il riso e lasciano dubbiosi. Ci si imbatte in barbe austere di antichi democratici, che magari ricoprirono in passato cariche pubbliche; in giornalisti di punta che sembrava avessero nei loro discorsi un fatto personale col vile denaro; in ex ufficiali disposti solo a battersi al di là di ogni ostacolo; in illustri insegnanti tutti intenti a meditazioni filosofiche; in donne di tutte le età e condizioni sociali, dalla femminuccia da conio alla dama del patriziato nero, dalla cocotte d'alto bordo all'onesta vedova di un prode generale; dal tranquillo funzionario di P. S. in pensione al lestofante matricolato; dal tenutario di case da the all'umile fascista carico di figliolanza; dal vecchio corridoista sussidiato da tutti i Governi a qualche prelato illustre, magari promosso Cardinale; dall'uomo politico discorsivo e grafomane che vuole conciliare le espettorazioni cerebrali con l'incasso di qualche foglietto da mille ai vecchi arnesi di polizia che hanno fatto sempre le spie e gli agenti provocatori, così, per consuetudine e per temperamento oltre che per lucro sotto tutti i regimi.”

Cesare Rossi (1887–1967) politico e sindacalista italiano

Arturo Bocchini, il superdittatore giocondo, ovvero la storia della polizia fascista. Un Carlo Marx nelle liste dell'OVRA, pp. 225-226
Personaggi di ieri e di oggi
Variante: La lettura delle liste dell'«O. V. R. A.» se da un lato è penosa dall'altra procura anche delle distrazioni perché vengono fuori certi inattesi nomi e cognomi e certe professioni così singolari che qualche volta provocano il riso e lasciano dubbiosi. Ci si imbatte in barbe austere di antichi democratici, che magari ricoprirono in passato cariche pubbliche; in giornalisti di punta che sembrava avessero nei loro discorsi un fatto personale col vile denaro; in ex ufficiali disposti solo a battersi al di là di ogni ostacolo; in illustri insegnanti tutti intenti a meditazioni filosofiche; in donne di tutte le età e condizioni sociali, dalla femminuccia da conio alla dama del patriziato nero, dalla cocotte d'alto bordo all'onesta vedova di un prode generale; dal tranquillo funzionario di P. S. in pensione al lestofante matricolato; dal tenutario di case da the all'umile fascista carico di figliolanza; dal vecchio corridoista sussidiato da tutti i Governi a qualche prelato illustre, magari promosso Cardinale; dall'uomo politico discorsivo e grafomane che vuole conciliare le espettorazioni cerebrali con l'incasso di qualche foglietto da mille ai vecchi arnesi di polizia che hanno fatto sempre le spie e gli agenti provocatori, così, per consuetudine e per temperamento oltre che per lucro sotto tutti i regimi. (Arturo Bocchini, il superdittatore giocondo, ovvero la storia della polizia fascista. La fortuna di una sigla, pp. 225-226)

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“Ogni tanto qualcuno ha il coraggio di parlare di medicina umana, che guarda al paziente e non alla malattia. Eppure nessuno parla di mondo, cultura, società moderna che deve adeguarsi ai bisogni dell’uomo. Come se il mondo fosse un involucro estraneo alle dinamiche umane. Così i ragazzi si devono inserire nel mondo del lavoro, e gli non si offre alcuna possibilità di inventare un nuovo modo di lavorare, una nuova filosofia di vita. Il mondo adulto dovrebbe sfruttare il pensiero giovane che, positivamente responsabilizzato, potrebbe favorire scenari nuovi, clamorosi. Certo che la giovinezza deve essere anche l’età della ribellione. Ma la ribellione ha in sé degli elementi costruttivi che il nostro mondo rifiuta categoricamente, perdendo due opportunità: quella dei giovani di crescere e quella degli adulti di cambiare. E invece: bambino, lasciali lavorare. E lasciaci portare avanti i nostri sporchi giochi di potere, i posti già assegnati per diritto di famiglia o politico, le corruzioni già previste, le ingiustizie già programmate, le nostre divisioni opportunistiche tra il bene e il male, la nostra paura dell’amore, le nostre fedi a cui non crediamo. Lascia fare e mettiti in riga, che tanto le cose vanno così e nessuno le può cambiare. Adeguati. Che gli ideali cadono con l’età adulta. Mettiti l’animo in pace. Tanto continuerai a sentire frasi ovvie come “sono i giovani del nostro futuro” e qualcuno comincerà ad applaudire annuendo perché vorrà farsi vedere mentre applaude e tutti si complimenteranno perché quella è davvero una banalità che non cambia nulla. I giovani saranno il nostro futuro. Perché anche loro, i giovani, impareranno presto, prestissimo, a perdere se stessi e i loro pensieri. Diventeranno adulti. Perché, dicono, diciamo, non c’è altra scelta.
Il mondo adulto conta sui giovani. Per vendicarsi e rivivere attraverso di loro la propria perdita di identità.”

Luca Raffaelli (1959) giornalista, saggista e sceneggiatore italiano

Le anime disegnate

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“Fu nefasta e temibile l'età del tempo, | di profonda ed irrimediabile umidità, | quando ancora non si distingueva l'aurora dal tramonto.”

Franco Battiato (1945) musicista, cantautore e regista italiano

da Sarcofagia, n. 8
Ferro Battuto

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“Londos si rese conto di avere "poteri insoliti" all'età di dieci anni, quando poteva stare a letto e, concentrandosi, far saltare di bocca la dentiera di suo padre.”

Woody Allen (1935) regista, sceneggiatore, attore, compositore, scrittore e commediografo statunitense

2004
Senza piume (Without Feathers), Un esame dei fenomeni medianici

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“[Sugli inizi] La mia passione è nata nel cortile di casa grazie a mio padre e mio fratello, veri appassionati del calcio. Sin dall'età di 4 anni giocavo con mio fratello più grande, a 6 anni entrai a far parte della squadra del mio paese, dove già giocava mio fratello.”

Barbara Bonansea (1991) calciatrice italiana

Origine: Dall'intervista di Michele Pompilio, Barbara Bonansea: "Un'emozione straordinaria esordire in Nazionale" https://www.oasport.it/2012/11/barbara-bonansea-unemozione-straordinaria-esordire-in-nazionale/, Oasport.it, 28 novembre 2012.

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“Ogni qualvolta io viaggio per l’Europa, mi capita spesso di incontrare qualche spagnolo, qualche greco oppure qualche israeliano che mi riconosce, mi ferma e mi chiede della Ignis Varese. Ricordano ancora le nostre partite, Varese è nell’immaginario di molte persone della nostra età. La città è rimasta nella storia sportiva ed è sempre un piacere ricordare.”

Dino Meneghin (1950) cestista e dirigente sportivo italiano

Origine: Dall'intervista di Alberto Coriele, "Sarei onorato della cittadinanza. In Europa mi chiedono di Varese" http://www.laprovinciadivarese.it/stories/Sport/sarei-onorato-della-cittadinanza-in-europa-mi-chiedono-di-varese_1261485_11/, Laprovinciadivarese.it, 17 novembre 2017.

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“Yuriko è un nome classico, elegante e anche abbastanza comune in Giappone (in Kanji vuol dire bambina del giglio), che ho scelto all'età di tredici anni circa, poco prima di iniziare a fare Cosplay! Tiger lo pensai dopo, ripreso da un Anime chiamato Toradora!, nel quale la protagonista Aisaka Taiga penso mi assomigli molto caratterialmente. Il suono dolce di Yuriko e quello forte di Tiger (in Giapponese TAIGA), ho pensato, sono facili da ricordare e hanno un certo impatto. Ottimo per una carriera artistica!”

Yuriko Tiger (1993) modella e personaggio televisivo italiana

Variante: Yuriko è un nome classico, elegante e anche abbastanza comune in Giappone (in Kanji vuol dire bambina del giglio), che ho scelto all'età di tredici anni circa, poco prima di iniziare a fare Cosplay! Tiger lo pensai dopo, ripreso da un Anime chiamato Toradora!, nel quale la protagonista Aisaka Taiga penso mi assomigli molto caratterialmente. Il suono dolce di Yuriko e quello forte di Tiger (in Giapponese TAIGA), ho pensato, sono facili da ricordare e hanno un certo impatto. Ottimo per una carriera artistica!

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“Nei primi giorni della mia dimora a Napoli visitavo con un nobile napoletano le rovine dei templi e dei palazzi romani a Pozzuoli. "Siete ancora fieri dei tempi antichi, voi napoletani?" gli chiesi. "Signore" mi rispose il grasso marchese "i napoletani sono tutti poveri ruffiani." Udendo che io mi servivo di un operaio mi disse: "Lo paghi un tanto e non un grano di più e se fa rimostranze, non gli dia niente di più". E proseguì: "Signore, stia in guardia, tutti i napoletani sono mariuoli". "Anche lei sarebbe nel numero?" io risposi, per metà scherzando e per metà sdegnato. "Sì, sì, mezzo birbante" rispose, dalle risa. Egli aveva ordinato al servitore che stava dietro alla carrozza di portare per noi una bottiglia di vino di Siracusa. Quando la cercammo, non la trovammo. Il marchese montò in gran collera e lo chiamò asino, ladro e bestia, infine lo minacciò di detrargli qualche cosa dalla paga per il mese seguente. Questo ebbe effetto. "Eccellenza" gridò il servitore a mani giunte "mi spezzi una gamba in due, ma non mi punisca sul denaro, il denaro fa male."”

Karl August Mayer (1808–1894)

[...] Il denaro è la grande leva che muove tutti i napoletani. Per il minimo servizio, per una semplice stesa di mano, chiedono denaro. Per denaro ridono, saltano, ballano, cantano. (Da Vita popolare a Napoli nell'età romantica)
Origine: Citato in Domenico Rea, Le due Napoli; in Opere, a cura e con un saggio introduttivo di Francesco Durante e uno scritto di Ruggero Guarini, I Meridiani, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2005, pp. 1344-1345. ISBN 88-04-54884-3

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“Sono andato in pensione dieci anni fa, | ed ho perso la moglie acquistando in età, | i miei figli son grandi e lontani però, io sto ancora aspettando Godot.”

Claudio Lolli (1950–2018) cantautore, poeta e scrittore italiano

da Aspettando Godot
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