Frasi su poco
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“O Tempo divoratore, e tu, invidiosa Vecchiaia, voi tutto distruggete e a poco a poco consumate ogni cosa facendola morire, rosa dai denti dell'età, di morte lenta.”

Pitagora; XV, 234; 1994, p. 615
Tempus edax rerum, tuque, invidiosa Vetustas, | omnia destruitis, vitiataque dentibus aevi | paulatim lenta consumitis omnia morte.
Metamorfosi

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“Il palcoscenico, la ribalta, il pubblico: questa triade formava ora tutta la mia vita. Non mi restava tempo che per ben poco altro.”

Beniamino Gigli (1890–1957) tenore italiano

citato in Giuseppe Pugliese, Gigli, p. 57, Matteo Editore, 1990

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“[Macalda Scaletta e Alaimo da Lentini durante l'accoglienza riservata da Messina a Pietro III d'Aragona] Così lo accompagnarono al palazzo imperiale con grandissimo gaudio, sicché parea che Dio fosse sceso in terra su loro. Nella città era un prode uomo, capitano molto sperimentato e valente e che appellavasi messer Alaimo; aveva questi una mogliera molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo; larga nel donare, e, quando n'era luogo e tempo, valea nell'arme al par d'un cavaliero, e tutti i giorni scorreva con trenta cavalieri armati la città e la guardava, e capitanava le genti che doveano combattere alle mura e negli altri siti dove maggiore facevasi il bisogno. Quando la donna vide il re, né mai avealo innanzi veduto, ne rimase innamorata come di colui che era valente e aggraziato signore, non già per cattiva intenzione. Poiché il re ebbe preso alloggio nel suo palazzo, e i cavalieri e l'altra gente furono entrati in città, si apparecchiarono le mense, e il re, lavatosi le mani, si assise al convito con tutti i cavalieri, e tutti allegramente mangiarono. E messer Alaimo da Messina stette a mensa col re e con madonna sua mogliera; e poi servirono il re quanto meglio potettero, cosicché la donna non si staccò dal re, né quando andava cavalcando, né quando tornava a casa; e corteggiavanlo e facevangli tante gentilezze quanto più sapeano ella, il marito e tutti gli abitanti della città. Indi a poco videro giugnere a Messina ventidue galee e quattro taride del re molto riccamente armate di remi; e quei che v'erano sbarcarono e si rinfrescarono di tutto ciò che aveano bisogno. E il re facea dar loro prodigamente pane, vino e carne.”

Bernat Desclot cronista catalano

cap. XCVI, pp. 840-41
Origine: In una prima redazione della Crònica, gli attributi di Macalda erano «leale (leyal) e gentile». In seguito, il «leyal», non più utilizzabile in maniera neutra dopo la caduta in rovina per presunte istigazioni e complotti, fu rimosso e sostituito con «bella» (Ferran Soldevila i Zubiburu, Pere II el Gran: el desafiament amb Carles d'Anjou, Estudis Universitaris Catalans, IX (1915-1916). Monografia pubblicata in ritardo, con separata tiratura, il 1919 (ora in: Ferran Soldevila i Zubiburu, El desafiament de Pere el Gran amb Carles d'Anjou, Barcelona, 1960)

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“Ali Eteraz – che significava ""Nobile Protesta"" – era la mia ultima incarnazione, una nuova fase del mio tentativo di soddisfare il patto congenito con l'Islam. Ali Eteraz era la forza che infrangeva l'incantesimo del silenzio che mi aveva avvolto come un bozzolo dopo che le Torri erano crollate a New York, e che aveva fatto da cuscinetto tra me e la realtà durante i molti anni alla facoltà di legge a Philadelphia. Ali Eteraz era colui che mi aveva fatto alzare la testa e affrontare il mondo in un periodo in cui mi accontentavo semplicemente di giocare ai videogame, guadagnare soldi e tentare di mettere su famiglia. Era Ali Eteraz che mi aveva fatto appassionare alla riforma dell'Islam – un movimento sommerso di milioni di musulmani in tutto il mondo, che sfidavano i teocrati e i terroristi che si erano impossessati della religione.
Ali aveva cominciato a manifestarsi ancor prima della sua nascita. Poco dopo l'undici settembre, c'era stato qualche fugace istante – alla notizia di un attentato suicida a Madrid, per esempio, o di una decapitazione in Iraq, o di una scuola femminile fatta esplodere in Pakistan – in cui la mia coscienza aveva minacciato di infiammarsi. La combustione però, non si era mai alimentata a sufficienza.
La situazione era cambiata nel gennaio del 2006 con il disastro delle vignette satiriche danesi. […] Che questa assurdità potesse produrre tale violenza fu l'ultima goccia. «Basta!», disse a quel punto Ali Eteraz. «L'Islam non appartiene agli idioti.”

Ali Eteraz scrittore e giornalista pakistano
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“Io e Pietro lavoravamo lontano dai riflettori. Eravamo due atleti fuori moda. Lo siamo rimasti. Caparbi, sinceri, due che non si adeguano. Lui anche più di me. Siamo cresciuti in un mondo meno asettico, dove c'era più spazio per essere veri. Quando abbiamo smesso non ci hanno mai coinvolti nello sport. Troppo spigolosi, poco comunicativi.”

Sara Simeoni (1953) atleta italiana

Origine: Dall'intervista di Alessandra Retico, Simeoni: Io e lui, caparbi e soli così è morta un'idea del mondo http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/03/22/simeoni-io-lui-caparbi-soli-cosi-morta.html?ref=search, la Repubblica, 22 marzo 2013.

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“Vederli fianco a fianco, il Divino [Roger Federer] e Tipsarevic, sul campo, mi spinge a domandarmi come sia possibile che un tennista elegante, creativo, insomma un grande artista quale il mio svizzero, sia del tutto disinteressato alla lettura, a partire, come ho scritto ieri, dalle sue stesse biografie. È tuttavia da poco iniziato il cosiddetto match, che i miei dubbi intorno alla cultura di Roger svaniscono, mentre mi dico che, probabilmente, Nijinsky e Nureyev non erano pronti ad affrontare l'esame di maturità, ma nemmeno minimamente interessati a farlo. Forse si sarebbero astenuti dall'indossare una maglietta viola, sfuggita da qualsiasi attore sul palcoscenico, ma anche di questo il Divino non è a conoscenza, soltanto intento ai suoi gesti sublimi, che arrivano addirittura a conquistare l'ammirazione dello sportivissimo e malandato avversario. Un mio vicino, uno scriba inglese che sta componendo un epicedio sulla scomparsa del rovescio a una mano, mi fa notare i vantaggi di quell'arma nella panoplia guerresca di Roger. Non solo lo taglia spessissimo, facendo scivolare la palla sul rugoso tappeto quasi fosse l'erba di Wimbledon; ma se ne serve per mortiferi dropshot, alternandoli poi con violenti passanti liftati, che lasciano ancor più scorato dei microbi il povero Tip.”

Gianni Clerici (1930) giornalista italiano

la Repubblica
Origine: Federer aveva confermato infatti non aver nemmeno sfogliato I silenzi di Federer, trattato filosofico di André Scala e neppure Federer come esperienza religiosa di David Foster Wallace. Da Federer e i maratoneti chi ha voglia di Masters? http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/11/05/federer-maratoneti-chi-ha-voglia-di-masters.html, la Repubblica, 5 novembre 2011.
Origine: Da Un Federer da record i suoi sublimi colpi sul povero Tipsarevic http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/11/07/un-federer-da-record-suoi-sublimi-colpi.html, la Repubblica, 7 novembre 2012.

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“[Parlando della scena di sesso del film Very Good Girls] Non l'avevo mai fatto, è una cosa che mi è stata concessa di fare da poco tempo. Sono 18enne da poco: è una cosa piuttosto delicata ma fa parte della vita. Nessuno si trova a proprio agio a girare scene di sesso.”

Dakota Fanning (1994) attrice statunitense

Origine: Citato in, [//www.vanityfair.it/show/cinema/13/02/01/dakota-fanning-film-prima-volta-scena-sesso-nuda-maggiorenne Il primo nudo di Dakota], VanityFair.it, 1 febbraio 2013.

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“Nel tennis Federer occupa la posizione di Heidegger nella storia del pensiero. Un uomo estremamente poco complicato si è ritrovato nel ruolo del Profeta, colui che porta finalmente la Reincarnazione e la Luce in un mondo compromesso e sconsacrato.”

Roger Federer (1981) tennista svizzero

Filosofia del tennis
Origine: Citato in Marco Imarisio, Federer come esperienza filosofica http://lettura.corriere.it/federer-come-esperienza-filosofica/, Lettura. Corriere.it.

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“Sta così in alto, che vede più lontano di tutti, e per ciò fa apparire tutto un poco più piccolo.”

Ferruccio Busoni (1866–1924) pianista, compositore e direttore d'orchestra italiano

Scritti e pensieri sulla musica

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“Da noi, per una serie di ragioni che fanno capo a uno staterello piazzato proprio nel centro della capitale, è invece prassi ormai consolidata santificare anche calcisticamente la ricorrenza pasquale, anticipando il campionato al sabato. Che da un lato è una bazzecola rispetto, come dire, ad altri oneri condominiali: dall'altro una buona idea dal punto di vista familiare. È qui, a questo punto della storia che si inserisce la straordinaria abilità manageriale del governo del pallone. Come? Ma è semplice. Piazzando esattamente a metà della settimana di Pasqua una bella serata infrasettimanale, tre giorni dopo il turno precedente e a meno di altri tre (mercoledì si gioca alle 20,30, sabato alle 15 con l'eccezione serale di Inter-Juventus) da quello successivo. È vero che le società di serie A vivono, o sopravvivono, di diritti televisivi e gli incassi al botteghino rappresentano salvo rare eccezioni poco più dell'argent de poche. Ma è anche vero che una serata di campionato come quella di domani sembra studiata apposta per tornare a far scendere la già non esaltante media di spettatori. Che è sì risalita a circa 22 mila unità a partita, dalla fossa delle Marianne della scorsa stagione. Ma resta sideralmente lontana dal resto dell'Europa calcistica che conta dove pure, come si è visto, la presenza della pay tv non è meno ingombrante e condizionante. […] Al di là del versante demenzial-logistico, ci sarebbe anche un aspetto tecnico da considerare. Più gli impegni sono ravvicinati e meno bene si gioca, più le squadre sono in debito di recupero psicofisico e più sale l'agonismo, più si picchiano e meno spettacolo si vede. Piaccia o meno a chi vende il prodotto, la quantità è nemica della qualità anche nel calcio. Ma il motto di chi ce lo somministra è: purché respiri. Il calciatore, il tifoso, il telespettatore.”

Gigi Garanzini (1948) giornalista, scrittore e conduttore radiofonico italiano

18 marzo 2008

“Tre cartellini gialli, 43 falli: 22 fischiati contro l'Argentina, 21 contro l'Inghilterra. Detta così sembra facile. Il fatto è che bisogna saperla rendere facile una partita come Argentina-Inghilterra, con tutto quel che si portava dietro, dalla mano de dios dell'86 alla sceneggiata di Simeone del '98 e sullo sfondo tutto il resto che sappiamo. Il fatto è anche che quell'unico fischio di differenza è proprio quello che la differenza l'ha fatta, quando mancava poco più di un minuto alla fine del primo tempo. Pure, non ci ha pensato un istante il nostro Collina. Piazzato, tanto per cambiare, in posizione ideale per decidere, Collina ha visto la gamba di Pochettino alzarsi d'istinto per intercettare quella di Owen. […] Non ha azzeccato soltanto quel fischio, Collina. Ha indovinato anche gli altri quarantadue, così come i tre cartellini: uno a Batistuta per aver lasciato il piede su Cole che rinviava, subito in avvio, per far capire che aria tirava, uno allo stesso Cole per sgambetto su Ortega, uno a Heskey per aver allontanato il pallone fingendo di non aver udito il fischio. Dopo tanti dilettanti allo sbaraglio con l'hobby dell'arbitraggio, finalmente un fuoriclasse del fischietto, non a caso reputato il migliore del mondo. Mica per altro. Per la disinvoltura con cui riesce a rendere facili le partite difficili, quale certamente era questa di Sapporo. Come era successo ad Agnolin al Mondiale messicano dell'86, quando aveva domato da par suo un'Argentina-Uruguay ben più avvelenata della sfida di ieri. E come non era invece accaduto a Gonella, unico arbitro italiano a dirigere una finale nella storia dei Mondiali, in Argentina-Olanda del '78, al cospetto dei generali padroni di casa. E se in Italia, Collina non gode della stessa reputazione che lo accompagna nel resto del mondo, non è soltanto perché da noi restano più gettonati gli arbitri che sanno essere deboli con i forti e forti con i deboli. È anche perché, per evadere dalla routine di indiscutibile primo della classe, Collina coltiva il ben noto vezzo, tra tante partite difficili che riesce a rendere facili, di renderne di tanto in tanto difficile una che sarebbe facile.”

Gigi Garanzini (1948) giornalista, scrittore e conduttore radiofonico italiano

8 giugno 2002

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“Dormo poco e male io fatico a respirare ed ho problemi seri pure con la milza….”

Renato Zero (1950) cantautore e showman italiano

da L'ormonauta, n. 11
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“I nostri deputati leggono poco, si sente dal loro silenzio.”

Leo Longanesi (1905–1957) giornalista, pittore e disegnatore italiano

I giusti pensieri del signor di Bonafede

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“Una delle prime e più nobili funzioni delle cose poco serie è quella di gettare un'ombra di diffidenza sulle cose troppo serie.”

Umberto Eco (1932–2016) semiologo, filosofo e scrittore italiano

Diario Minimo

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“Kant è un genio, e i geni hanno questa virtù, di scoprire fatti e idee che sembrano strani e complessi al primo impatto, ma che poi, quando ce li siamo fatti calare dentro a poco a poco, a ripensarci, sembrano cristallini e naturali.”

Massimo Piattelli Palmarini (1942) professore di scienze cognitive, linguista, epistemologo italiano

Origine: Ritrattino di Kant a uso di mio figlio, Capitolo 1, Perché proprio Kant? Ovvero: il fascino discreto della ragione pura, p. 27

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“Ci viene fatto di pensare – tutte le persone poco istruite lo pensano – che esista una realtà, un mondo esterno fatto di cose e di oggetti. […] Da Kant in poi si è capito che la struttura della mente umana impone le sue forme agli oggetti, non le subisce.”

Massimo Piattelli Palmarini (1942) professore di scienze cognitive, linguista, epistemologo italiano

Origine: A tal proposito si ricorda la riduzione a forme geometriche operata da Cezanne alla fine del 1800 nella propria pittura.
Origine: Ritrattino di Kant a uso di mio figlio, Capitolo 1, Perché proprio Kant? Ovvero: il fascino discreto della ragione pura, p. 28

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“Kant è un eroe solitario, un esploratore polare. Un po' freddino e professorale, lento, prudente, poco incline alle piroette e ai salti mortali del pensiero.”

Massimo Piattelli Palmarini (1942) professore di scienze cognitive, linguista, epistemologo italiano

Variante: Kant è un eroe solitario, un esploratore polare. Un po’ freddino e professorale, lento, prudente, poco incline alle piroette e ai salti mortali del pensiero.
Origine: Ritrattino di Kant a uso di mio figlio, Capitolo 1, Perché proprio Kant? Ovvero: il fascino discreto della ragione pura, p. 31

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“Fascino poco discreto, invece, quello di Nietzsche, di Hegel e di Marx. Certo è un fascino! La tenebrosa sregolatezza e l'anticonvenzionalità del primo, il respiro cosmico e il ribollire della Storia del secondo, i grandi sommovimenti "liberatori" ispirati dal terzo.”

Massimo Piattelli Palmarini (1942) professore di scienze cognitive, linguista, epistemologo italiano

Variante: Fascino poco discreto, invece, quello di Nietzsche, di Hegel e di Marx. Certo è un fascino! La tenebrosa sregolatezza e l’anticonvenzionalità del primo, il respiro cosmico e il ribollire della Storia del secondo, i grandi sommovimenti "liberatori" ispirati dal terzo.
Origine: Ritrattino di Kant a uso di mio figlio, Capitolo 1, Perché proprio Kant? Ovvero: il fascino discreto della ragione pura, p. 31

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“La pattuglia dell'Ahdr 2004 non parla, peraltro, solo per contestare, come se dicesse: siamo contro il modello occidentale, ma non ne abbiamo un altro da proporre. Anzi, al contrario, la ricetta c'è. Ed è quella di una rinascita sociale, da cui far ripartire la riforma dentro regimi – quelli arabi – che si sostengono ormai solo perché l'Occidente li continua a considerare essenziali per fermare la marea tuonante dell'islam politico. Un atteggiamento, quello americano ma anche europeo, che sinora è riuscito a raggiungere un solo obiettivo: produrre la crescita esponenziale dei movimenti religiosi e il collante necessario perché islamisti e laici potessero trovare un terreno comune: la difesa delle libertà, del diritto e dei diritti. E, in più, ha facilitato le vittorie a valanga dei partiti islamisti in tutte le consultazioni politiche svoltesi nella regione, aprendo la porta a ulteriori successi elettorali, già previsti negli appuntamenti che ancora mancano per completare il quadro della nuova Arabia. Un panorama che è già ora molto diverso da quello immaginato dagli strateghi dell'amministrazione Bush jr. che avevano elaborato prima la teoria del Grande Medio Oriente e poi, a ridosso della guerra del Libano 2006, quella del Nuovo Medio Oriente. […] La rinascita sociale è però importante per indicare un percorso possibile per chi, dall'altra parte di una barricata sempre più alta, guarda il mondo arabo muoversi. E il percorso possibile è quello di un sostegno, in punta di piedi, senza tentazioni neocolonialiste, a quelli che vogliono rinascere, ricostruire, riconquistare dignità, anche se i loro obiettivi non rispecchiano quello che noi desidereremmo da loro. Il mondo arabo è meno laico di quanto noi lo vorremmo. Anzi, di laico (nel nostro comune sentire) ha poco. Questo non significa che la sua voglia di libertà debba avere, per noi, meno valore. L'Europa può essere una vecchia madre autoritaria, che nella sua lunga vita ha commesso molti errori. E che ora osserva i propri figli, e i propri vicini di casa, crescere in un modo che non è in grado di comprendere, ma riesce invece a guardare con la stessa compassione ed empatia.”

Paola Caridi (1961) giornalista e scrittrice italiana

cap. 6, 2, p. 157
Arabi invisibili

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“così si chiama quest'altra vettura – si ha la vicinanza poco profumata del guidatore. Preferisco cadere dieci volte dal più fracassato dei «rickshas.»”

Luigi Barzini senior (1874–1947) giornalista e scrittore italiano

[...] nell'«hackeries»
Avventure di un paio di stivali

“Uno yogin la cui coscienza ordinaria sia ben raccolta nel cuore e che non abbia alcun'altra preoccupazione, grazie a una presa di coscienza priva di dualità (avikalpa), si dedica interamente alla contemplazione della propria coscienza in quanto Soggetto cosciente liberato dal corpo e dagli altri limiti. E così che, sempre vigile, assorbendosi nel Quarto stato e in quello che ne è al di là, pone fine al pensiero dualizzante e acquista a poco a poco la sovranità.”

Kṣemarāja (975–1025) filosofo indiano

commento a Pratyabhijñā 4.1.11
Origine: Pratyabhijñā o Īśvarapratyabhijñākārikā, opera di Utpaladeva.
Origine: Citato in Lilian Silburn, La Kuṇḍalinī o L'energia del profondo, traduzione di Francesco Sferra, Adelphi, 1997, p. 70. L'opera non è specificata.

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“Dal luogo in cui era stato rinchiuso in attesa della condanna, Socrate è invitato dai discepoli a fuggire. Ma la sua risposta è perentoria: "Vi ho insegnato per tutta la vita a ubbidire alle leggi e voi mi invitate a trasgredirle al termine della mia esistenza. Quello che avevo da insegnarvi ve l'ho comunicato. Il mio ciclo si è concluso". Non c'è traccia d'angoscia, senso di disperazione, malinconia per una vita giunta alla fine, c'è solo coerenza tra un insegnamento e una vita. Anche la drammaticità del momento viene asservita alle esigenze dell'insegnamento per renderlo più persuasivo, più efficace. E se il momento è vigilia di morte, lo si affronti in tutta dignità. "Ma infine, Socrate, dicci in quale modo dobbiamo seppellirti?", incalzano i discepoli. "Come volete", rispose. E, ridendo tranquillamente, proseguì: "O amici, io non riesco a convincere Critone che il vero Socrate è quello che ora qui discute con voi e non quello che, da qui a poco, egli vedrà morto”

Umberto Galimberti (1942) filosofo e psicoanalista italiano

Fedone 115 e). I discepoli lo pregano di attendere, come altri avevano fatto, il tramonto del sole. Ma Socrate vuole evitare di rendersi ridicolo aggrappandosi alla vita quando ormai non ce n'è più. Beve d'un fiato il veleno "senza temere, senza alterare il colore né l'espressione del viso, ma, guardando com'era solito i discepoli con i suoi occhi da toro, disse: 'Che ne pensi? Con questa bevanda è lecito fare libagione a qualcuno o no?'" (Fedone 117 b). Indi riprese a passeggiare finché non sentì le gambe pesanti, allora si sdraiò, e quando le parti del corpo cominciarono a farsi fredde disse: "'Critone, dobbiamo un gallo ad Esculapio; dateglielo e non dimenticatevené. 'Sarà fatto', rispose Critone, 'ma vedi se hai qualcos'altro da dire'. A questa domanda Socrate non rispose più nulla" (Fedone 118 a).

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“Niente e nulla sono estremi. A volte basta poco perché tornino ad incontrarsi.”

Origine: Niente di vero tranne gli occhi, p. 50

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“Era accaduto che Giovanni Tigani, la cui attività era quella di scippatore, si era impossessato di un'auto Vw "maggiolone" cabrio, a bordo nella quale Franco Giuseppucci custodiva un "borsone" di armi appartenenti ad Enrico De Pedis. Il Giuseppucci aveva lasciato l'auto, con le chiavi inserite, davanti al cinema "Vittoria", mentre consumava qualcosa al bar. Il Tigani, ignaro di chi fosse il proprietario dell'auto e di cosa essa contenesse, se ne era impossessato. Accortosi però delle armi, si era recato al Trullo e, incontrato qui Emilio Castelletti che già conosceva, gliele aveva vendute, mi sembra per un paio di milioni di lire. L'epoca di questo fatto è di poco successiva ad una scarcerazione di Emilio Castelletti in precedenza detenuto. Franco Giuseppucci, non perse tempo e si mise immediatamente alla ricerca dell'auto e soprattutto delle armi che vi erano custodite e lo stesso giorno, non so se informato proprio dal Tigani, venne a reclamare le armi stesse. Fu questa l'occasione nella quale conoscemmo Franco Giuseppucci il quale si unì a noi che già conoscevamo Enrico De Pedis cui egli faceva capo, che fece si che ci si aggregasse con lo stesso. La "batteria" si costituì tra noi quando ci unimmo, nelle circostanze ora riferite, con Franco Giuseppucci. Di qui ci imponemmo gli obblighi di esclusività e di solidarietà.”

Maurizio Abbatino (1954) collaboratore di giustizia e criminale italiano

dall'interrogatorio di Maurizio Abbatino, 13 dicembre 1992

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“Ebbene: per la quota del bivacco, l'ora di partenza e il consumo dell'ossigeno ci sono le ricostruzioni di dettaglio, ma per chi non ha voglia di studiare questi particolari basta lo sguardo a una fotografia. È la fotografia che mostra Compagnoni sulla vetta del K2, apparsa non sulla Rivista del CAI ma su Berge der Welt, il famoso Annuario dell'alpinismo extraeuropeo curato da Marcel Kurz. Su questa fotografia Compagnoni non solo ha vicino le bombole, ma ha ancora posta sul viso la maschera del respiratore. La versione ufficiale sostiene che le bombole vuote vennero portate fin sulla vetta per testimonianza: uno scalatore già provato dallo sforzo avrebbe perciò portato almeno 15 kg di bombole inutili per due ore fino a 8611m. Ma come faceva a respirare il poco ossigeno presente nell'aria rarefatta di quelle quote portando una maschera collegata a bombole svuotate? Basta così. Per la revisione della storia dell'alpinismo, che consideri anche la versione di Bonatti finora ignorata, esistono i particolari, le testimonianze, le dimostrazioni. Non ha senso oggi infierire su chi può aver sbagliato, su chi non ha più saputo districarsi nell'ingarbugliata vicenda. Tuttavia al ricupero della realtà storica va aggiunta una riflessione. Come mai questa vicenda non è stata risolta prima? […] La verità, anche quella alpinistica, si può ora ricostruire ufficialmente senza riserva, con il rammarico di un ritardo, ma con la certezza che si riconosca al CAI il coraggio di una ricostruzione non postuma. Questo riconoscimento ci arriverà da molti, anche da coloro che non sono nostri soci, ma siamo grati che ci venga in primo luogo da chi per questa vicenda ha profondamente sofferto, cioè da Walter Bonatti.”

Silvia Metzeltin (1938) alpinista, geologa e scrittrice svizzera

Silvia Metzeltin e Alessandro Giorgetta in La rivista del CAI, maggio-giugno 1994
Origine: Citato in Walter Bonatti, K2. La verità. 1954-2004 http://books.google.it/books?id=x8CJR-zOTMkC&pg=PA155#v=onepage&q&f=false, p. 155, Baldini Castoldi Dalai, 2007. ISBN 8860731704

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“Zenga, dicono che esci poco: quando sei a Milano, la sera stai a casa?”

Jacopo Volpi (1957) giornalista e conduttore televisivo italiano

Origine: Citato in Marco Pastonesi e Giorgio Terruzzi, Palla lunga e pedalare, Dalai Editore, 1992, p. 35, ISBN 88-8598-826-2.

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“Amare significa poco dolci.”

Origine: Citato in Gino e Michele, Matteo Molinari, Le Formiche: anno terzo, Zelig Editore, 1995, § 1750.

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“I gatti sono stati i miei maestri di etologia. Maestri senza parole ma con gesti trasparenti; ed io, a poco a poco, sono diventato un loro ammiratore e loro complice.”

Giorgio Celli (1935–2011) etologo, entomologo e scrittore italiano

Origine: Citato in Minù. Agenda del gatto 1998, testi a cura di Claudia Angeletti e Simona Lari, Gruppo Editoriale Armenia, Milano, 1997.

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“Per i capricci di un dittatore fu ucciso mio padre. Mia madre e mia sorella morirono poco dopo dal dolore. Da allora ho odiato i dittatori! Ho deciso di combatterle ma per sconfiggerli era necessario che diventassi anch'io un uomo potente. Temprai la mia volontà, studiai con grandi sacrifici e mi laureai all'Accademia Militare. La mia determinazione mi portò al successo e fui eletto comandante in capo. Ma un giorno avvenne qualcosa di nuovo e la mia mente ne fu sconvolta : vidi per la prima volta Mayu e Harlock e mi tornò in mente mia sorella Tami. Ricordai tutte le sue sofferenze, la mia impotenza a salvarle la vita. Imprecai contro le ingiustizie del mondo! Mi consumavo d'invidia per coloro che sembravano più fortunati di me. Odiai voi e Mayu, vi odiai ferocemente, con rabbia, con una rabbia che mi aveva portato al limite della follia! Capite? Harlock, avete visto tutti quei bambini a Cruna, vero? Quando sono stato deposto dal Primo Ministro come traditore mi nascondevo nei luoghi più impensati. In quel quartiere povero ho incontrato quei bambini: erano abbandonati a se stessi ma sono stati molto affettuosi con me. Hanno capito che ero affamato e mi procuravano da mangiare. Appena mi è stato possibile ho portato quei ragazzi a Cruna e ho chiesto al vecchio Ashi di prendersi cura di loro. Erano felici anche perché c'erano un mucchio di cose da mangiare. Mi chiamavano "capo", chissà perché. Io li consideravo come fratellini e sorelline e avrei fatto qualunque cosa per renderli felici. Avrei voluto costruire tante scuole e palestre di giochi per loro, avrei voluto costruire una casa su un monte perché da lontano potessero vedere l'oceano. Ahahahah… Non so più quello che sto dicendo, quel mattacchione del Dr. Zero deve aver spostato qualche rotellina in questa mia testaccia di bufalo.”

Leiji Matsumoto (1938) fumettista e animatore giapponese

Kirita
Capitan Harlock serie classica Space Pirat, Episodio 39, Morte di Kirita

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