Frasi su alloro
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“Se guardate la storia della magia, vedrete le sue origini nelle caverne. Vedrete le sue origini nello sciamanesimo, nell'animismo, nella credenza che ogni cosa che ci circonda, ogni albero, ogni roccia, ogni animale, sia abitato da una qualche forma di essenza, una qualche sorta di spirito con cui forse si potrebbe comunicare. Avreste avuto uno sciamano o un visionario che sarebbe stato responsabile di incanalare le idee utili alla sopravvivenza. Prima che raggiungiate le civiltà classiche potrete vedere che questo è stato formalizzato in un certo status. Lo sciamano agisce puramente come un intermediario tra gli spiriti e le persone. La sua posizione nel villaggio o nella comunità è simile a quella di un idraulico spirituale. Ogni persona nel gruppo ha il suo ruolo. La persona migliore nella caccia era un cacciatore, la persona migliore nel parlare con gli spiriti, forse perché lui o lei era un po' pazzo/a, un po' staccato dal nostro normale mondo materiale, allora sarebbe stato uno sciamano. E gli sciamani non padroneggiavano un'arte segreta, essi dispensavano semplicemente le loro informazioni alla comunità, perché si credeva che fosse utile alla comunità. Quando abbiamo l'emergere delle culture classiche, tutto questo è stato formalizzato tanto che si hanno dei interi pantheon di dèi. E ognuno di questi dèi avrà una casta di preti che agiranno fino a un certo punto come intermediari che ti insegneranno ad adorare quel dio. Così la relazione tra gli uomini e i loro dèi, che potrebbe essere vista come la relazione tra gli uomini e il loro Io più alto, era ancora di tipo diretto. Quando arrivò il cristianesimo, quando arrivò il monoteismo, tutt'a un tratto hai una casta di sacerdoti che si muoveva tra l'adoratore e l'oggetto di adorazione. Hai una casta sacerdotale che era diventata una specie di dirigenza d'intermediazione spirituale tra l'umanità e la divinità interiore di cui si andava alla ricerca. Non puoi avere un rapporto diretto con un dio. I sacerdoti non hanno davvero il bisogno di un rapporto con la divinità. Hanno solo un libro che ti dice di alcune persone vissute tanto tempo fa, che hanno avuto un rapporto diretto con la divinità. E va tutto bene. Non hai bisogno di avere visioni miracolose, non hai bisogno di avere degli dèi che ti parlino. In effetti, se ti capita niente del genere, probabilmente sei matto. Nel mondo moderno questa roba non succede. Le sole persone a cui è permesso parlare con gli dèi, e in un modo davvero a senso unico, sono i preti. Per me il monoteismo è una grande semplificazione. Voglio dire, la Cabala ha una grande molteplicità di dèi, ma alla sommità del diagramma cabalistico, l'albero della vita, ha quest'unica sfera, che è il dio assoluto. La Monade. Qualcosa che è indivisibile. E tutti gli altri dèi, e ogni altra cosa nell'universo è una specie di emanazione di quel dio. Ora, questo va bene. Ma quando suggerisci che ci sia solo quell'unico dio, a quell'irraggiungibile altezza al di sopra dell'umanità e che non c'è niente in mezzo, stai limitando e semplificando la questione. Penso che il paganesimo sia una specie di alfabeto, come un linguaggio. È come se tutti gli dèi sono le lettere di quel linguaggio, esprimono delle sfumature, ombre del significato, o certe sottigliezze delle idee. Mentre il monoteismo tende ad essere solo una vocale, ed è solo tipo: oooouh [Alan Moore stesso nel documentario per far comprendere il suono scimmiesco. ]. È questo suono scimmiesco. Puoi quasi immaginare gli dèi divenire frustrati, sprezzanti. Perché con tutta la ricchezza di concetti spirituali che sono disponibili, perché ridurre tutto a una sola, singola nota monocorde che chi pronuncia neanche comprende?”

Alan Moore (1953) fumettista e scrittore britannico

citato nel documentario di Dez Vylenz, The Mindscape Of Alan Moore, Shadowsnake films, visibile su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=rZXoinYCReE, subititolato in italiano

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“Questo c'è di buono", notò, "che non si soffre a lungo quando la testa viene troncata."
"Così dicono tutti, e perciò hanno inventato quella così detta ghigliottina. A me invece balenò allora il sospetto: e se invece è quello il colmo della sofferenza? Questo vi parrà strano, vi farà ridere… eppure… Prendiamo, per esempio, la tortura: strazio, piaghe, scricchiolio di ossa, dolore materiale insomma, che distrae la vittima dalle sofferenze morali, fino a che non venga la morte. Ma il dolore principale, il più forte, non è già quello delle ferite; è invece la certezza, che fra un'ora, poi fra dieci minuti, poi fra mezzo minuto, poi ora, subito, l'anima si staccherà dal corpo, e che tu, uomo, cesserai irrevocabilmente di essere un uomo. Questa certezza è spaventosa. Tu metti la testa sotto la mannaia, senti strisciare il ferro, e quel quarto di secondo è più atroce di qualunque agonia. Questa non è una mia fantasia: moltissimi ci sono che pensano come me. E ve ne dico anche un'altra. Uccidere chi ha ucciso è, secondo me, un castigo non proporzionato al delitto. L'assassinio legale è assai più spaventoso di quello perpetrato da un brigante. La vittima del brigante è assalita di notte, in un bosco, con questa o quell'arma; e sempre spera, fino all'ultimo, di potersi salvare. Si sono dati casi, in cui l'assalito, anche con la gola tagliata, è riuscito a fuggire, ovvero, supplicando, ha ottenuto grazia dai suoi assalitori. Ma con la legalità, quest'ultima speranza, che attenua lo spavento della morte, ve la tolgono con una certezza matematica, spietata. Attaccate un soldato alla bocca di un cannone, e accostatevi con la miccia: chi sa! Penserà il disgraziato, tutto è possibile… Ma leggetegli la sentenza di morte, e lo vedrete piangere o impazzire. Chi ha mai detto che la natura umana può sopportare un tal colpo senza perdere la ragione? A che dunque questa pena mostruosa e inutile? Un solo uomo potrebbe chiarire il punto; un uomo cui abbiamo letto la sentenza di morte, e poi detto:"Va', ti è fatta la grazia!". Di un tal strazio anche Cristo ha parlato… No, no, è inumana la pena, è selvaggia e non può né deve essere lecito applicarla all'uomo".”

Fëdor Dostoevskij (1821–1881) scrittore e filosofo russo

Myskin; II, 2

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“Ma sarà meglio parlarvi di un altro individuo, che conobbi or fa un anno. C'era, nel suo caso, una circostanza strana: dico strana, perché rara. Era stato condannato, insieme con altri, alla fucilazione. Per non so che delitto politico, doveva essere giustiziato. Gli fu letta la sentenza di morte. Se non che, venti minuti dopo, arrivò la grazia, cioè la commutazione della pena. Nondimeno, durante quei venti o quindici minuti, egli visse nella ferma convinzione che di lì a poco sarebbe morto. […] E così egli distribuì il suo tempo: due minuti per dire addio ai compagni, due altri per raccogliersi e pensare a sé, un minuto per dare un'occhiata intorno. Aveva ventisette anni; era sano e robusto. Accomiatandosi da uno dei compagni, si ricordava di aver fatto una domanda insignificante e di averne aspettato con interesse la risposta. Agli addii successero i due minuti di raccoglimento. Sapeva già a che cosa avrebbe pensato: "Adesso sono vivo; ma fra tre minuti, che sarò? Qualcuno o qualche cosa, e dove?". Non lontano sorgeva una chiesa, e la cupola dorata splendeva nel sole. Aveva guardato fisso a quella cupola: gli pareva che quei raggi ripercossi fossero la sua nuova natura e che fra tre minuti egli si sarebbe con essi confuso. L'ignoto che lo attendeva era certamente terribile; ma più assai l'atterriva l'assiduo pensiero: "E se non morissi? se la vita continuasse?… che eternità! e tutta, tutta a mia disposizione… Oh allora, di ogni minuto io farei una esistenza e non un solo ne perderei!" Questo pensiero a tal segno lo invadeva, che avrebbe voluto esser fucilato all'istante."
[…] "Siete un po' saltuario, principe", osservò Aleksandra. "Che volete provare, insomma? che ogni attimo della vita è prezioso, e che a volte cinque minuti valgono più di un tesoro? E sia, ammettiamolo pure… Ma, scusate, a quel vostro amico che vi contava i suoi spasimi gli commutarono la pena, non è così?… In altri termini, secondo lui e secondo voi, gli fecero dono di una vita senza fine, di un tesoro. E che ne fece egli di questo tesoro? tenne poi conto scrupoloso di ogni minuto?"
"Nient'affatto! Glielo domandai una volta, e mi confessò di averne perduti molti."
"Cosí abbiamo una prova che utilizzare tutti, tutti i minuti della vita è impossibile… Per una ragione o per l'altra, fatto sta che non è possibile.”

Fëdor Dostoevskij (1821–1881) scrittore e filosofo russo

II, 5)

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“No, voglio dire che quando parliamo di catastrofi ambientali (così come dei rischio del terrorismo) parliamo di ipotesi future, presentate invece come certezze dell'avvenire. Tutte le promesse di benessere e tutte le sicurezze date in epoca moderna dalle istituzioni statali nazionali, dai politici e dagli esperti di scienze e tecniche, sono state distrutte. E non c'è più in giro un'istanza che tolga all'uomo le sue nuove paure. Ecco allora che la crisi ecologica ci fa intravedere qualcosa come un senso all'orizzonte, persino la necessità di una politica globale ed ecologica nel nostro agire quotidiano. […] Perché mentre una volta le cose erano date per sicure fino all'intervento di un guasto o di un incidente, oggi qualcosa vale come insicuro solo perché potrebbe diventarlo. […] a partire da quelle esplosioni nucleari [Hiroshima e Černobyl'] i fondamenti della vita si sono rivelati come un terno al lotto. E la stessa aureola di infallibilità e sicurezza basata sui fondamenti delle scienze si è disintegrata. Chi si fida oggi delle decisioni degli scienziati in campi così fatali come il Dna, l'embrione o le biotecnologie? Il nostro secolo è quello della sfiducia dei cittadini nelle agenzie dei potere.. dai partiti alle chiese fino ai marchi industriali.”

Ulrich Beck (1944–2015) sociologo e scrittore tedesco

Origine: Dall'intervista a Stefano Vastano in L'espresso n. 28 anno LIII, 19 luglio 2007, p. 107.

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“Il re le disse allora: «Giovanna, vorreste fare una dichiarazione su ciò che vi si domanda, qui, in presenza dei consiglieri?» Rispose di sì, esprimendosi con queste parole, od altre simili: quando era scontenta in qualche maniera, poiché non era creduta su ciò che diceva da parte di Dio, si ritirava in disparte e pregava Dio, lamentandosi con lui che i suoi interlocutori non la credevano facilmente; una volta terminata la preghiera, udiva allora una voce dirle: «Figlia di Dio, va', va', va', sarò al tuo fianco, va'» e quando udiva questa voce, gioiva immensamente, desiderando rimanere in quello stato; e, ciò che è ancor più notevole, ripetendo le parole delle sue voci aveva degli slanci meravigliosi, levando gli occhi al cielo.
Le roi lui dit alors: «Jeanne, vous plairait-il bien de faire une déclaration sur ce qu'il demande, ici, en présence des assistants?»”

Jean de Dunois (1402–1468)

Elle répondit au roi oui, et s'exprima en ces termes, ou en d'autres semblables : quand elle était mal contente de quelque manière, parce qu'on ne la croyait pas en ce qu'elle disait de la part de Dieu, elle se tirait à part et priait Dieu, se plaignant à lui de ce que ses interlocuteurs ne la croyaient facilement ; et une fois sa prière à Dieu faite, elle entendait alors une voix lui dire : «Fille Dé, va, va, va, je serais à ton aide, va» ; et quand elle entendait cette voix, elle se réjouissait fort, et désirait en outre rester toujours dans le même état ; et, ce qui est encore plus fort, en répétant les paroles de ses voix elle avait des élans de joie admirables, en levant les yeux vers le ciel.
Origine: Letteralmente: «su ciò chegli domanda»; il riferimento è a Cristophe d'Harcourt.
Origine: Dagli atti del Processo di Riabilitazione; citato in Procès de réhabilitation – Déposition de Jean d'Orléans, comte de Dunois http://www.stejeannedarc.net/rehabilitation/dep_dunois.php, SteJeannedArc.net.

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“[Sull'esattezza della riproduzione del sogno] Accade allora facilmente che la coscienza vigile inserisca involontariamente qualcosa nel ricordo del sogno: immaginiamo di aver sognato ogni specie di cose che in realtà nel sogno non c'erano”

Ludwig Strümpell (1812–1899) filosofo tedesco

Origine: Da Die Natur und die Enstehung der Träume, Lipsia 1877; citato in Sigmund Freud, L'interpretazione dei sogni, Bollati Boringhieri, 1994.

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“Mi interessava solo giocare a tennis allora, per me era naturale: ero bravo e quello era il posto in cui dovevo stare. Non mi rendevo conto del sacrificio che la mia famiglia aveva fatto per me, senza sapere se avrebbe portato dei frutti. È strano, ma credo di non averli mai ringraziati a quel tempo.”

Fernando González (1980) tennista cileno

Origine: Citato in Alessandro Mastroluca, Gli anni segreti di Gonzalez a Miami http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2012/03/22/685208-anni_segreti_gonzalez_miami.shtml, Ubitennis.com, 22 marzo 2012.

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“Perché mi sembra vero piuttosto l'inverso: «Poiché Dio esiste, allora tutto è permesso.»”

Michel Onfray (1959) filosofo francese

Origine: Trattato di Ateologia, p. 50

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“Del paterno valor ben degno erede | Segue di Marte i gloriosi onori, | E cinto il crin di meritati allori, | Ha di nobile ardir degna mercede.”

Andrea Matteo Acquaviva (1458–1529) letterato italiano

citato in Carlo Antonio de Rosa, Ritratti poetici di alcuni uomini di lettere antichi e moderni del regno di Napoli, dalla Stamperia e Cartiera del Fibreno, Napoli 1834

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“La tocco appena e già, fra le mie dita, | un po' si dona: mùtila, s'adagia | sul mio tavolo || Il dì che la strappai | verde dal ramo ben ricordo, e chi | mi stava accanto.”

Michele Marzulli (1908–1991) poeta, pittore e scrittore italiano

da Una foglia d'alloro, vv. 1-6, p. 11
Una foglia d'alloro

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“Allor che volge il sole al declinare, | finisce il gioco e sol si può barare.”

Michele Marzulli (1908–1991) poeta, pittore e scrittore italiano

da I vecchi sono tristi, vv. 9-10, p. 142
C'è sempre un po' di buio

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“Vedessi tu che rughe ha sulla fronte | il piccolo d'allora | su cui speravi tanto.”

Michele Marzulli (1908–1991) poeta, pittore e scrittore italiano

da Agli occhi della mente, vv. 7-9, p. 26
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“Va troppo adagio il tempo, | allor che giovinezza è dentro i pori, | e non si vede l'ora d'esser grandi.”

Michele Marzulli (1908–1991) poeta, pittore e scrittore italiano

da Va troppo adagio il tempo, vv. 1-3, p. 72
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“Allora, quando Craxi disse "siamo tutti colpevoli" calò un profondo silenzio. Tutti tacquero. Adesso, quando Mastella accusa le toghe, tutti applaudono forsennatamente.”

Antonio Di Pietro (1950) politico e avvocato italiano

Origine: Dall'intervista di Liana Milella, "Alla fine Clemente sarà prosciolto, però quell'attacco alle toghe è eversivo", la Repubblica, 18 gennaio 2008, p. 4.

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“Quando Fairbanks e Chaplin facevano le loro tournée europee, negli anni Venti, erano accolti da un'universale adulazione, da un'apoteosi di massa di un'intensità che la storia non aveva mai registrato sino ad allora.”

Peter Bogdanovich (1939) regista, attore e sceneggiatore statunitense

Origine: Chi c'è in quel film? Ritratti e conversazioni con le stelle di Hollywood, p. 50