Frasi su attento
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“Stia attento, c'è sempre qualcosa da imparare.”

Il lupo della steppa

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“In alcune cose la somiglianza tra Mourinho ed Herrera è impressionante. Come Herrera, Mourinho è un vero lavoratore, infaticabile, meticoloso, attento al più piccolo dei particolari, all'avanguardia tatticamente.”

Massimo Moratti (1945) imprenditore e dirigente sportivo italiano

Origine: Citato in Moratti: "Mourinho sarà il mio Herrera" http://www.gazzetta.it/Calcio/SerieA/Squadre/Inter/Primo_Piano/2008/06_Giugno/26/moratti.shtml, Gazzetta.it, 26 giugno 2008.

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“L'Italia è diventata un bordello. Non perché il premier va a escort e qualcun altro a trans, ma perché sono state sovvertite tutte le regole. Un bordello squallido e triste, la cui cupezza si respira nell'aria. Raccontavo qualche giorno fa a una mia giovane amica la Milano dei '50, di quando ero ragazzino. Eravamo poveri, allegri e spavaldi. I tram erano stipati fino all'inverosimile con la gente sui predellini aperti e qualcuno attaccato al troller. Uscivamo dalla guerra, ci eravamo salvati dai bombardamenti angloamericani e dai rastrellamenti tedeschi, non ci poteva certo spaventare una caduta dal tram. Tutti, uomini e donne, fumavano. Il terrorismo diagnostico era di là da venire. Noi ragazzini uscivamo di casa alle due del pomeriggio e rientravamo con le ginocchia sbucciate, alle otto, senza che i nostri genitori se ne preoccupassero. Perché nel quartiere c'era un controllo sociale e se un bambino si fosse messo nei guai ci avrebbero pensato gli adulti a tirarlo fuori e un pedofilo sarebbe stato avvistato a un chilometro di distanza. Eppoi c'era, "il ghisa", il vigile, autorità sovrana. La "pula" non aveva bisogno di farsi vedere. La malavita era professionale, conosceva le regole, stava attenta a non spargere una goccia di sangue (il colpo in banca della banda di via Osoppo, senza un ferito, tenne la scena sui giornali per mesi). Eravamo solidali perché eravamo poveri e anche quelli che non lo erano non lo davano a vedere. Il sordido gioco degli "status simbol" non era ancora cominciato. Lealtà e onore erano moneta sonante. Se fra noi ragazzi ci si scontrava a pugni sulla strada – dove ci siamo formati – e un gruppo era di dieci e l'altro, poniamo di otto, due si levavano per far pari. E l'onestà era un valore assoluto. Per la borghesia, se non altro perché dava credito. Per il proletariato, per il mondo contadino dove la stretta di mano contava più di un contratto. Mentre raccontavo queste e altre cose i begli occhi della mia amica si ingrandivano, si sgranavano. Alla fine mi ha detto "tu mi stai raccontando una favola, questa non è l'Italia."”

Massimo Fini (1943) giornalista, scrittore e drammaturgo italiano

Appunto.
Origine: Da Il Gazzettino, 6 novembre 2009.

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“Il sipario si alza; ascolto attenta questi bei versi concisi e fermi che comprendo più facilmente della lingua parlata: è scultura greca e romana. Nei drammi di Alfieri, che chiamerei volentieri stoici, a forza di sobrietà nell'azione e di laconicità nel linguaggio, la commozione vi coglie, per così dire, senza che ve ne rendiate conto, s'impone a grandi tratti attraverso alcune figure che personificano con semplicità sentimenti eterni. Nell'Oreste, è prima di tutto Elettra che s'impossessa della nostra anima. Il suo lutto filiale, la sua angoscia incessante per un fratello che ritrova, ma che il trionfante assassino del loro padre cerca bramosamente e minaccia, sostengono l'azione fino al quarto Atto. Allora l'azione prorompe spaventosa e sublime; essa vi associa a tutti i combattimenti e a tutte le lacerazioni delle passioni umane: è come una mischia sconvolgente di istinti e dolori contrari […] Questo quarto atto dell'Oreste di Alfieri è una delle cose più belle che abbia visto a teatro: ascoltandolo pensavo alle puerili dispute di scuola, alle ingiustizie e agli accecamenti reciproci dei due campi che rinchiudono il sublime in uno stampo arbitrariamente prescritto. Il sublime piomba su noi come un uccello divino; si abbatte dall'alto, ci rapisce sulle sue ali che fremono e planano; noi ci abbandoniamo alla sua imperiosa ascesa, incuranti della forma e del colore delle sue penne: così fece la folla quella sera.”

Louise Colet (1810–1876) poetessa francese
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“Più che per la scuola della reminiscenza, questo fatto è indubbiamente vero per la scuola del sospetto. La dominano tre maestri che in apparenza si escludono a vicenda, Marx, Nietzsche e Freud. […] Sotto la formula negativa, "la verità come menzogna", si potrebbero porre questi tre esercizi del sospetto. Ma il senso positivo di queste imprese siamo ancora lontani dall'averlo assimilato, siamo ancora troppo attenti alle loro differenze e alle limitazioni che i pregiudizi del loro tempo fanno subire ai loro epigoni ancor più che alle imprese stesse. Si relega ancora Marx nell'economicismo e nell'assurda teoria della coscienza-riflesso; si riporta Nietzsche a un biologismo e a un prospettivismo incapace di enunciare se stesso senza contraddirsi; e Freud è accantonato nella psichiatria e gli si affibbia un pansessualismo semplicistico. Se risaliamo alla loro intenzione comune, troviamo in essa la decisione di considerare innanzitutto la coscienza nel suo insieme come coscienza "falsa". Con ciò essi riprendono, ognuno in un diverso registro, il problema del dubbio cartesiano, ma lo portano nel cuore stesso della fortezza cartesiana. Il filosofo educato alla scuola di Cartesio sa che le cose sono dubbie, che non sono come appaiono; ma non dubita che la coscienza non sia così come appare a se stessa; in essa, senso e coscienza del senso coincidono; di questo, dopo Marx, Nietzsche e Freud, noi dubitiamo. Dopo il dubbio sulla cosa, è la volta per noi del dubbio sulla coscienza. Ma questi tre maestri del sospetto non sono altrettanti maestri di scetticismo; indubbiamente sono tre grandi "distruttori"; e tuttavia anche questo fatto non deve ingannarci; la distruzione, afferma Heidegger in Essere e tempo, è un momento di ogni nuova fondazione, compresa la distruzione della religione, nella misura in cui essa è, secondo Nietzsche, un "platonismo per il popolo". È oltre la "distruzione" che si pone il problema di sapere ciò che ancora significano pensiero, ragione e persino fede. Ora tutti e tre liberano l'orizzonte per una parola più autentica, per un nuovo regno della Verità, non solo per il tramite di una critica "distruggitrice", ma mediante l'invenzione di un'arte di interpretare. Cartesio trionfa del dubbio sulla cosa con l'evidenza della coscienza; del dubbio sulla coscienza essi trionfano per mezzo di una esegesi del senso. A partire da loro, la comprensione è una ermeneutica; cercare il senso non consiste più d'ora in poi nel compitare la coscienza del senso, ma nella decifrazione delle espressioni.”

Paul Ricœur (1913–2005) filosofo francese

da Della interpretazione. Saggio su Freud, pp. 43-44

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“Quella mattina pioveva e grandinava sui vetri dell'aula di seconda liceo, sezione C, liceo-ginnasio Cassini, Sanremo. Eravamo trentuno studenti in quella classe. I ripetenti quattro o cinque, confinati negli ultimi banchi come si usava allora.
Ma lo ricordo quel temporale, a Sanremo capitava di rado, c'era un clima un po' speciale, infatti le famiglie facoltose di Torino e di Milano rivenivano a svernare per sopportare meglio gli acciacchi. E per giocare al Casinò.
Me lo ricordo perché quel giorno ci fu uno degli incontri importanti della mia adolescenza: l'insegnante di filosofia, che teneva lezione due volte alla settimana, aveva preannunciato il tema nella lezione precedente. Aspettò chela grandine finisse e tornassimo a sederci ai nostri banchi. Poi cominciò a parlare di Cartesio: la vita, la morte, le opere di geometria, di matematica, di filosofia, il suo tempo. Disse che Cartesio era, nella storia delle idee, un punto di arrivo e anche una ripartenza con tante biforcazioni. Insomma un crocevia dal quale comincia la modernità. «Se non capite Cartesio non capirete niente di quello che è venuto dopo e non capirete niente di voi stessi e del mondo che vi circonda».
Ci mise molto calore in quella perorazione, non l'aveva mai fatto con gli altri filosofi che già avevamo studiato con lui sul manuale del Lamanna. Forse con Socrate l'anno prima, ma non con quelle parole e quel tono che sembrava voler coinvolgere la vita di ciascuno di noi.
E mio compagno di banco alzò la mano. «Dica pure», disse il docente che, insieme al prete che insegnava italiano e latino, rifiutava di usare il "voi" prescritto dal regime. «Secondo lei, professore, chi non fa il liceo e nemmeno sa che è esistito un certo Cartesio non potrà dunque dare nessun senso alla sua vita?».
Ci fu un gran silenzio in classe, perfino i ripetenti degli ultimi banchi in qualche modo chiamati in causa da quella domanda si fecero attenti. n professore guardò fisso il mio compagno e ricordo che rispose con una domanda: «Lei, Calvino, ha già trovato il senso della sua vita?»”

Eugenio Scalfari (1924) giornalista, scrittore e politico italiano

cap. II, La gabbia dell'io, p. 20
L'uomo che non credeva in Dio

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“Una prigione non è solo un catenaccio, è anche un tetto. Attenti ai tetti.”

Michel Tournier (1924–2016) scrittore francese

Diario estimo

“Corrompere le parole è corrompere l'uomo. Stiamo attenti: possono essere tanto giardini quanto prigioni in cui noi stessi parlando ci chiudiamo.”

Dolf Sternberger (1907–1989)

Origine: Da Aus dem Wörterbuch des Unmenschen, (Dal vocabolario del disumano), libro di Dolf Sternberger, Gerhard Storz e W. E. Süskind, raccolta dei saggi pubblicati nella rubrica Aus dem Wörterbuch des Unmenschen della rivista Wandlung, tradotto e citato da Marianello Marianelli in Vittorio Santoli, La letteratura tedesca moderna, con un'analisi della letteratura contemporanea di Marianello Marianelli, Sansoni/Accademia, Firenze/Milano, 1971, p. 396.

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“La comune concezione di Canaletto anzitutto come pittore e, più particolarmente, pittore topografico, è tutto sommato giustificata; ma essa impone qualche modifica al fine di conseguire un'esatta valutazione dell'importanza di lui come artista. Molti dei suoi disegni, tra i quali alcuni dei più belli, furono eseguiti come fini a se stessi, del tutto indipendentemente dalle opere pittoriche; e, come incisore, egli trovò un'espressione completa. Cosi, anche se non avesse mai posto pennello sulla tela, lo si sarebbe egualmente annoverato tra gli importanti maestri delle arti grafiche. […] L'opinione circa il suo lavoro topografico è mutata a fondo: un tempo lo si considerava poco più di un fotografo; oggi si tende ad accusarlo di frequenti inesattezze. Nella maggior parte dei suoi dipinti si mostrò straordinariamente attento ai fatti nei loro particolari, e tale interesse è attestato dai molti disegni diagrammatici che egli eseguì, in ispecie quelli del libro di schizzi dell'Accademia, nei quali si trovano non solo dettagli accuratamente indicati, ma vi sono aggiunti frequenti appunti per identificare gli edifici e registrare i colori. […] Canaletto non si limitò completamente alla topografia. Nell'iscrizione sul frontespizio delle acqueforti, fa egli stesso una distinzione tra vedute prese dai luoghi e vedute ideate, messa in rilievo da note occasionali sui suoi disegni, come veduta esatta e veduta dal naturale. Nelle sue mani, la veduta ideata assumeva due forme principali: la veduta immaginaria propriamente detta, e il capriccio, un insieme di motivi identificabili, tratti da differenti edifici e località, coi quali formava una composizione. La differenza tra le due è facilmente riconoscibile in casi estremi. […] Di regola, peraltro, elementi immaginari e identificabili erano mescolati.”

William George Constable (1887–1976)

da Canaletto, 1962
Origine: Citato in Canaletto, I Classici dell'arte, a cura di Cinzia Manco, pagg. 181 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\CAG\0608462 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2540and%2B%2540and%2B%2B%2540attr%2B1%253D13%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522759.5%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4005%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522classici%2Bdell%2527arte%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4018%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522rizzoli%252Fskira%2522&totalResult=13&select_db=solr_iccu&nentries=1&rpnlabel=+Codice+Classificazione+Dewey+%3D+759.5+&format=xml&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ferror.jsp&do_cmd=search_show_cmd&refine=4005%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7CCollezione%404018%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7CEditore&saveparams=false&&fname=none&from=11

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“Ciò che emerge è la scarsa attenzione del governo nazionale sul tema della disoccupazione al Sud e il totale disinteresse del governo Lombardo che si appiattisce sostanzialmente sulle posizioni del governo Berlusconi, notoriamente attento in modo esclusivo alle questioni della Lega e del suo territorio.”

Francesco Saverio Romano (1964) politico italiano

Origine: Citato in Romano: Disoccupazione record in Sicilia e licenziamenti in arrivo ma per Lombardo e Berlusconi il lavoro non è una priorità. http://www.saverioromano.it/home/index.php?option=com_content&view=article&id=217:romano-disoccupazione-record-in-sicilia-e-licenziamenti-in-arrivo-ma-per-lombardo-e-berlusconi-il-lavoro-non-e-una-priorita&catid=40:notizie, SaverioRomano.it, 28 settembre 2009.

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“A Hollywood bisogna stare molto attenti a non esagerare con la verità. Perché la verità è tanto potente che può spaventare.”

Oliver Stone (1946) regista statunitense

Origine: Citato in Matteo Persivale, Stone, la voce critica dell'America: «Così mi hanno fermato su Luther King» http://cinema-tv.corriere.it/cinema/14_febbraio_27/stone-voce-critica-dell-america-cosi-mi-hanno-fermato-luther-king-051f7dfa-9fb1-11e3-b156-8d7b053a3bcc.shtml, Corriere.it, 27 febbraio 2014.

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“Crescono più in fretta del bambù. Sta attento non ti mollan più!”

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“Il complicato disegno sui pavimenti del Castello del Cristallo Oscuro rappresentava un sentiero. Chiunque lo vedeva non aveva dubbi in proposito, ma quello che veniva lasciato all'interpretazione individuale era il punto d'inizio e quello d'arrivo, oltre allo scopo del tragitto.
Con le sue biforcazioni e intersecazioni, i suoi archi, i suoi cerchi e le sue spirali che portavano di stanza in stanza, avrebbe potuto essere interpretato, secondo un modo di vedere trascendentale, come la strada che un pellegrino doveva percorrere per raggiungere i più alti gradi dell'illuminazione. Il viaggiatore, fatto in origine di materia bruta, si sarebbe a poco a poco elevato fino a diventare un puro spirito, senza però mai procedere in linea retta ma seguendo un percorso contorto, che continuava anche quando pareva che il percorso fosse stato compiuto. (Perché anche l'anima, fatta di puro spirito, ha ancora dei compiti da assolvere, e per questo il ciclo del disegno dei pavimenti si snodava all'infinito.)
Gli Skeksis, tuttavia, non la pensavano a questo modo. Il presupposto che la pura spiritualità fosse superiore alla materia bruta era qualcosa che sfuggiva alla loro comprensione. Uno dei significati del labirinto fu chiaro ai loro occhi il giorno successivo a quello dei funerali dell'Imperatore: era la via che conduceva al trono.
Colui che aspirava a stringere fra gli artigli lo scettro, sapeva come seguirne il tracciato. Doveva farlo con apparente umiltà, con rispetto, dimostrando di volersi sottomettere a una debita disciplina. Così quei tre – il Maestro delle Cerimonie, il Generale dei Garthim e il Ciambellano – stavano percorrendo da alcune ore il labirinto, con la dovuta solennità, sotto lo sguardo attento degli altri Skeksis. I tre seguivano le circonvoluzioni del percorso, ne studiavano le difficoltà, si soffermavano alle biforcazioni, e scoprivano infine che portavano invariabilmente al punto di partenza.”

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“Non è un tipo aperto, non è nemmeno un tipo chiuso; è un tipo socchiuso. Attenti agli spifferi.”

Marcello Marchesi (1912–1978) comico, sceneggiatore e regista italiano

Origine: Diario futile di un signore di mezza età, p. 74

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