Frasi su riposta

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema riposta, mondo, stesso, vita.

Frasi su riposta

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“Osservate un po' quel sultano, che provvede con tanto affetto ai suoi. Non è egli forse l'immagine più schietta del disinteresse? Non sacrifica egli forse incessantemente se stesso al bene dei suoi? Sì, proprio dei suoi! Prova un po' a fargli capire che non sei suo bensì tuo: in premio dell'esserti sottratto al suo egoismo, tu sarai gettato in carcere. Il sultano non conosce altra causa che la propria: egli è per sé il tutto nel tutto, è l'unico, e non consente ad alcuno di non essere dei "suoi". E da tutti questi esempi illustri non volete apprendere che il miglior partito è quello dell'egoista? Io per mio conto faccio tesoro di queste lezioni e piuttosto che servire disinteressatamente a quei grandi egoisti, voglio essere l'egoista io stesso. Dio e l'umanità non hanno riposto la loro causa che in se stessi. Epperciò voglio riporre anch'io in me stesso la mia causa, io, che, al pari di Dio, sono nulla per ogni altra cosa, e per me sono il mio tutto, l'unico. Se Dio e l'umanità son ricchi abbastanza per esser tutto a se stessi, io sento che a me manca ancor meno e che non potrò lagnarmi della mia vanità. Io non sono il nulla del vacuo, ma il nulla creatore, il nulla dal quale io stesso creo ogni cosa. Lungi dunque da me ogni causa, che non sia propriamente e interamente la mia! Voi pensate che la mia causa debba essere per lo meno la buona causa? Ma che buono, ma che cattivo! Io sono per me stesso la mia causa, ed io non sono né buono né cattivo. Tutto ciò per me non ha senso alcuno. Il divino è cosa di Dio, l'umano dell'"uomo."”

Max Stirner (1806–1856) filosofo tedesco

La mia causa non è divina né umana, non è la verità, non è la bontà, né la giustizia, né la libertà, ma unicamente ciò che è mio: e non è una causa universale, bensì unica, come unico sono io. Nessuna cosa mi sta a cuore più di me stesso.
L'unico e la sua proprietà, Citazioni dal testo

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“La vita dei morti è riposta nel ricordo dei vivi.”

IX, 10
Vita [...] mortuorum in memoria est posita vivorum.
Philippicae

“Il castello di Nocera è posto in una terra assai fertile e dall'aria salubre: infatti, il suolo di essa produce un ottimo vino bianco e rosso, grano, segale e altri ottimi frutti in grande abbondanza. C'è una bella pianura con intorno alti monti e sorgenti abbondanti ed amene, e gli abitanti di questa valle amena seminano quattro volte all'anno; i campi producono svariati raccolti, dalle viti stese sopra gli olmi si ricava il vino in abbondanza e così l'olio dagli olivi. Le montagne sono coperte d'alberi, soprattutto enormi castagni, su cui crescono le castagne più grandi che io abbia mai visto. Dalla base dei monti dal lato verso la città di Amalfi, fino alla strada che dal castello va a Salerno, vi è una piantagione di noci o noccioli della lunghezza di 3-4 miglia e della larghezza di un miglio, e questi alberi di noci danno ogni anno tanta copia di frutti che basterebbero a molte regioni, se le raccogliessero: ma se ne nutrono i maiali, le cui carni, sia salate che fresche, si mantengono a lungo e sono ottime e saporite e non ho mai visto capponi più grandi e grassi e a buon mercato di quelli che si trovano in questa piana. Perciò i Curiali, finché furono sicuri, vi soggiornarono più volentieri che in qualsiasi altra parte del Regno di Sicilia. Dall'altro lato, verso il castello di Torre, sorge quel fertilissimo monte che chiamano volgarmente Somma, estremamente fruttifero, assai alto e dalla circonferenza assai ampia. Dista otto miglia dal castello di Nocera alla quale somiglia per ubertosità… Vi si producono ottimi vini greci, di almeno tre qualità, grande, mediocre e minore, che vengono portati nei vari luoghi e paesi. Ho sentito ripetere che i loro dazi ammontano ogni anno a più di 200 fiorini. Ogni anno, al tempo della vendemmia, si possono vedere oltre centomila recipienti costruiti dagli abitanti di questa zona con legno dei castagni di quei monti: ognuno di essi ha la capacità di otto barili secondo la misura romana; vi sono inoltre infiniti altri recipienti detti caratelli, che contengono di solito ognuno quattro barili. Il mosto raccolto dalle vigne di questo monte viene riposto in tali recipienti, e poi trasportato nei luoghi di mare, a Napoli, e nei vari paesi del mondo dai mercanti, attraverso il mare che dista dal monte tre miglia italiche. In molte località esso vien venduto come malvasia o altro vino di pregio.”

Teodorico di Nieheim (1340–1418) storico tedesco

libro I, cap. XXXVIII
De schismate libri III

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“Per l'estrema cura riposta nell'apporre annotazioni i copisti venivano chiamati notai.”

Johannes Trithemius (1462–1516) esoterista, storico e scrittore tedesco

Origine: Elogio degli amanuensi, p. 69

“L'intento di Ščeglov è spiegare l'impressione comune, contraddittoria, che il mondo ovidiano lascia nel lettore: grande varietà e ricchezza, ma insieme grande unità, e parentela fra tutte le cose. Cercando di individuare i fattori che suscitano questa duplice impressione, Ščeglov – eccellente filologo – considera la strana insistenza con cui nel poema vengono usati epiteti che a prima vista possono apparire superflui o ornamentali (lungo serpente, umide paludi ecc.), e nota come questi abbinamenti abbiano invece la precisa funzione di isolare proprietà oggettive, di fissare tratti distintivi mediante concetti geometrici e fisici; e passando alla tecnica delle descrizioni ovidiane, in prima linea quelle delle trasformazioni, ci mostra come la riduzione di ogni fenomeno a un ristretto numero di elementi fondamentali (le proprietà, i tratti distintivi) abbia tutta una catena di effetti: da un lato Ovidio caratterizza non singole cose, ma classi di cose; dall'altro, dato che i concetti geometrici e fisici sono applicabili alle cose piú disparate, tutto diventa commensurabile e quindi riducibile ad altro: e qui appunto è riposto il segreto della facilità con cui le trasformazioni avvengono nel poema e sono da noi accettate, e il mondo per le infinite combinazioni possibili si allarga, e al tempo stesso, però, riportato a un livello unico, ci si presenta come un sistema.”

Piero Bernardini Marzolla (1929–2019) glottologo, filologo e traduttore italiano

Origine: Metamorfosi, p. XXI

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“Pseudolo: Per Giove, come mi riesce bene e felicemente, qualunque cosa io faccia! Nella mia mente sta riposto un piano che non lascia adito né a dubbi né a timori. Perché è stoltezza affidare una grande impresa a un animo timoroso, dato che ogni iniziativa ti riesce a seconda di come tu ti ci impegni, di quanta importanza le dài. Io ho preparato in anticipo nella mia mente le schiere, in duplice, in triplice fila, gli inganni, le perfidie, cosicché, dovunque mi scontrerò con i nemici – lo dirò fidando nel valore dei miei antenati, nella mia abilità e nella malizia delle mie frodi – io possa vincere facilmente, io possa spogliare facilmente i miei nemici con le mie perfidie. Adesso questo nemico comune mio e di tutti voi, Ballione, io lo sbalestrerò bellamente. Voi fate solo attenzione. Io voglio assediare questa fortezza [indica la casa di Ballione], perché oggi sia conquistata, e qui condurrò le mie legioni; se la espugno – facile io renderò questa impresa per i miei concittadini – subito dopo muoverò prontamente il mio esercito contro questa antica fortezza [indica la casa di Simone]. Quindi caricherò e riempirò di bottino me stesso e insieme tutti i miei compagni, perché si sappia che sono nato per il terrore e la disfatta dei miei nemici. Da una tale stirpe io sono nato: a me si addice compiere grandi imprese, che mi diano lustro e rinomanza per lungo tempo in futuro. Ma chi è costui che vedo? Chi è costui che si presenta ai miei occhi, a me ignoto? Mi piacerebbe sapere che cosa vuole con quella spada. Da quest'angolo starò in agguato per vedere che cosa fa.”

vv. 574-594; 1996
Pseudolus
Origine: A parlare qui è ancora un servus callidus, un servo astuto: Pseudolo, il quale da il nome alla commedia. Nel monologo proposto, Plauto parodia ancora la poesia epica, ma non meglio che in Bacchides vv. 925-978.

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“L'intento di Ščeglov è spiegare l'impressione comune, contraddittoria, che il mondo ovidiano lascia nel lettore: grande varietà e ricchezza, ma insieme grande unità, e parentela fra tutte le cose. Cercando di individuare i fattori che suscitano questa duplice impressione, Ščeglov – eccellente filologo – considera la strana insistenza con cui nel poema vengono usati epiteti che a prima vista possono apparire superflui o ornamentali (lungo serpente, umide paludi ecc.), e nota come questi abbinamenti abbiano invece la precisa funzione di isolare proprietà oggettive, di fissare tratti distintivi mediante concetti geometrici e fisici; e passando alla tecnica delle descrizioni ovidiane, in prima linea quelle delle trasformazioni, ci mostra come la riduzione di ogni fenomeno a un ristretto numero di elementi fondamentali (le proprietà, i tratti distintivi) abbia tutta una catena di effetti: da un lato Ovidio caratterizza non singole cose, ma classi di cose; dall'altro, dato che i concetti geometrici e fisici sono applicabili alle cose piú disparate, tutto diventa commensurabile e quindi riducibile ad altro: e qui appunto è riposto il segreto della facilità con cui le trasformazioni avvengono nel poema e sono da noi accettate, e il mondo per le infinite combinazioni possibili si allarga, e al tempo stesso, però, riportato a un livello unico, ci si presenta come un sistema.”

Piero Bernardini Marzolla
Metamorfosi, Citazioni sulle Metamorfosi

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“Avevo deciso di andare via dalla nazionale già prima di vincere il Mondiale di Germania del 2006. Tornare ad allenarla un'altra volta è stata una delle cavolate più grosse che ho fatto nella mia carriera. Siccome avevo lasciato veramente un gruppo di giocatori straordinari mi sono convinto a ritornare per ripagare la fiducia che quei ragazzi avevano sempre riposto in me. Ma non si deve tornare in una nazionale solamente due anni dopo aver vinto un campionato del mondo.”

Marcello Lippi (1948) allenatore di calcio e calciatore italiano

Origine: Da un'intervista rilasciata a Tv 2000, citato in Lippi: "Tornare ad allenare la nazionale italiana è stata una delle cavolate più grosse della mia carriera". http://www.goal.com/it/news/4962/nazionali/2015/11/14/17333332/fallimento-a-sudafrica-2010-lippi-ammette-che-cavolata?ICID=HP_BN_2?utm_source=facebook.com&utm_medium=referral&utm_campaign=itfb, Goal.com, 14 novembre 2015.

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“Autunno Meteoropatico

Nel folto grigiore urbano
a sprazzi splendente,
l'astro ameno del giorno
si cela sfumato e corbellante
sui quei volti indifferenti
dei loro convulsi corpi
spediti verso le proprie mete,
mentre placida l'autunno intraprende le sue piroette
sul libeccio che aspira sfociare
in una intensa pioggia
di melanconia da scordare!
Cromie sfumate
si allontanano avvolte
nel silenzio dietro ogni angolo,
mentre foglie brune e gialle
sussurrano il loro stormire
sotto alle mie suola,
le vie come vesti di cenere
si tingono d'ombre
ed errate congetture
che come un veleno
il cuore inerte rende immobile!
Dal parabrezza ahimè
ignava or cerco
il riflesso rarefatto dell'etere,
la metamorfosi che la Terra
dona in tale momento,
ma l'umido asfalto
nel suo abbraccio inerte,
privano i miei occhi
da quel bagliore incantato!
È un'assenza costante,
un'obliterazione implacabile
che mi spacca il cuore,
respiro saviamente riposta
solo nella tua casa, nella tua vita!
Amor che or mi sei lontano…
E così, rimango prigioniera
del tempo irremovibile,
senza poter annusare
il profumo del risveglio
delle dolci caldarroste
dopo l'amplesso dei sensi
dalle più sensuali movenze.
Le strade or si ergono
come celle asfittiche,
in cui l'autunno canta
folate stonate dal crepitio
della malinconica pioggia
da cancellare sulla mia pelle!
Ma le mie pietrificate membra non avvertono la lirica,
mancano i sensi per catturarne l'essenza vibrante…
Eppure là fuori,
la sconfinata bellezza
delle bronzee foglie
che danzano
e danzano in cerchio,
come candide gocce di rugiada,
e l'arcobaleno
dalle tenue tonalità,
rendono magnifico
il mio sguardo di vita o di morte,
in un'arpa che la natura accorda!
Mi sfugge la speranza d'averti,
che come fronde caduche
or siamo amanti scostanti
nel fruscio che si leva
come cantilena
nelle piaghe che risvegliano
il presente nel traffico
dagli assordanti clacson,
ma tra le mura dell'urbanità
che mi imprigiona e avvita,
resto legata a un panorama monotono e opaco,
annusando fragranze
che la mia città frutta,
come un animale assetato
di antichi olezzi che non trovo!
Forse un giorno astratto fuggirò
da questo scuro labirinto,
dalle urla della metropoli
che opprime e confonde,
per vivere l'autunno
con lo sguardo estinto
dalla meteoropatia
sulle spalle di una natura
che implora respiro profondo!
Fuggirò per raggiungerti.
E fino a quel giorno,
mi dedicherò a ricordare
immersa nella caverna dell'urbanità infame
che esiste un mondo
di intervalli e cadenze,
non solo ricamati di nostalgie
e reminiscenze in amarezze,
ma anche di intagli
di sbuffi d'aliti di vita
da cogliere per vitalizzare
quei momenti da lavare
con fiducia nella fede
che in quel giorno che verrà
sarà magione per l'amore,
senza grigiore e senza orpello
a offrire un autunno
senza affanno e senza ombrello!

©Laura Lapietra”