Frasi su cultura
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“La cultura è un ornamento nella buona sorte ma un rifugio nell'avversa.”

Aristotele (-384–-321 a.C.) filosofo e scienziato greco antico

Origine: Citato in Diogene Laerzio, Vite dei filosofi.

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“Le radici della cultura sono amare, ma i frutti sono dolci.”

Aristotele (-384–-321 a.C.) filosofo e scienziato greco antico
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“Una cultura esige della memoria.”

Raymond Aron (1905–1983) sociologo, filosofo e giornalista francese

L'etica della libertà

“Crisi e cultura non devono essere termini contrapposti.”

Francesco Micheli teologo italiano

citato in Corriere della sera, 28 maggio 2009

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“[San Benedetto da Norcia] costituisce un fondamentale punto di riferimento per l'unità dell'Europa e un forte richiamo alle irrinunciabili radici cristiane della sua cultura e della sua civiltà.”

Papa Benedetto XVI (1927) 265° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

da Udienza Generale, 27 aprile 2005 http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/audiences/2005/documents/hf_ben-xvi_aud_20050427_it.html
Udienze

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“La ricerca di Dio richiede quindi per intrinseca esigenza una cultura della parola.”

Papa Benedetto XVI (1927) 265° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Discorsi, College de Bernardins

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“Riflettendo su questi testi biblici [il Vangelo proposto dalla liturgia in quella domenica, Mt 21, 28-32], ho pensato subito a Papa Giovanni Paolo I, di cui proprio oggi ricorre il trentesimo anniversario della morte. Egli scelse come motto episcopale lo stesso di san Carlo Borromeo: Humilitas. Una sola parola che sintetizza l'essenziale della vita cristiana e indica l'indispensabile virtù di chi, nella Chiesa, è chiamato al servizio dell'autorità. In una delle quattro Udienze generali tenute durante il suo brevissimo pontificato disse tra l'altro, con quel tono familiare che lo contraddistingueva: "Mi limito a raccomandare una virtù, tanto cara al Signore: ha detto: imparate da me che sono mite e umile di cuore… Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: siamo servi inutili". E osservò: "Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra" (Insegnamenti di Giovanni Paolo I, p. 51-52). L'umiltà può essere considerata il suo testamento spirituale.
Grazie proprio a questa sua virtù, bastarono 33 giorni perché Papa Luciani entrasse nel cuore della gente. Nei discorsi usava esempi tratti da fatti di vita concreta, dai suoi ricordi di famiglia e dalla saggezza popolare. La sua semplicità era veicolo di un insegnamento solido e ricco, che, grazie al dono di una memoria eccezionale e di una vasta cultura, egli impreziosiva con numerose citazioni di scrittori ecclesiastici e profani. È stato così un impareggiabile catechista, sulle orme di san Pio X, suo conterraneo e predecessore prima sulla cattedra di san Marco e poi su quella di san Pietro. "Dobbiamo sentirci piccoli davanti a Dio", disse in quella medesima Udienza. E aggiunse: "Non mi vergogno di sentirmi come un bambino davanti alla mamma: si crede alla mamma, io credo al Signore, a quello che Egli mi ha rivelato" (ivi, p. 49). Queste parole mostrano tutto lo spessore della sua fede. Mentre ringraziamo Dio per averlo donato alla Chiesa e al mondo, facciamo tesoro del suo esempio, impegnandoci a coltivare la sua stessa umiltà, che lo rese capace di parlare a tutti, specialmente ai piccoli e ai cosiddetti lontani. Invochiamo per questo Maria Santissima, umile Serva del Signore.”

Papa Benedetto XVI (1927) 265° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

28 settembre 2008 http://www.vatican.va/holy_father/benedict_xvi/angelus/2008/documents/hf_ben-xvi_ang_20080928_it.html
Angelus, Regina Coeli

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“I rivoltosi non hanno motivazioni fondamentalmente politiche o religiose. Essi incendiano le loro stesse scuole, i loro stessi ospedali, le automobili dei loro vicini. Praticano sui loro "territori" la politica della terra bruciata. Quello che esprimono è un'ostilità assoluta per tutto quello che, da vicino o da lontano, evoca l'autorità, le istituzioni, lo Stato o i pubblici poteri. La violenza a cui assistiamo in questi giorni è un lungo grido di odio, ma anche di disperazione, da parte di «giovani» che sono quasi tutti disoccupati, in situazione di fallimento scolastico e che constatano di non avere alcun posto in una società globale dove la povertà non cessa di avanzare, mentre le grandi società industriali vedono regolarmente aumentare i loro utili. Essi si ribellano perché constano questo, ma più si ribellano più arretrano. Per questi giovani ribelli, dediti fin dall'infanzia alla delinquenza e alla strada, semplicemente non c'è futuro. Una «vita normale» sembra un sogno inaccessibile. Molti pensano che tali rivolte segnino il fallimento della «società multiculturale». La formulazione è troppo facile. Contrariamente a quello che si afferma ovunque, noi non siamo in una società "multiculturale", ma in una società contemporaneamente multi-etnica e tristemente monoculturale”

Alain de Benoist (1943) scrittore francese

in cui la cultura si riduce ai valori mercantili e alla passione per il consumo
Origine: Da La Francia va a fuoco?, Tribune libre, 7 novembre 2005.

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“Il terzo grande ostacolo all'autoconoscenza umana è – almeno nelle nostre culture occidentali – un'eredità della filosofia idealistica.”

Konrad Lorenz (1903–1989) zoologo e etologo austriaco

Origine: Il cosiddetto male, p. 263

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“[Diego Velázquez] fu erudito e filosofo, e dopo che ebbe acquistato una cultura con lo studio delle lettere, esercitò filosoficamente la pittura.”

Antonio Ponz (1725–1792)

da Viaje por Espana, 1772-1794
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

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“In una cultura che è assuefatta al divertimento, alcune chiese cristiane si sono trasformate in centri di divertimento. Nell'Eucarestia abbiamo qualcosa di ben più importante del divertimento. Abbiamo l'amore portato agli estremi.”

Sean Patrick O'Malley (1944) cardinale e arcivescovo cattolico statunitense

Ricordati di santificare le feste: la Famiglia nel Giorno del Signore http://www.zenit.org/it/articles/santificare-la-festa-la-famiglia-nel-giorno-del-signore, Congresso Internazionale Teologico Pastorale di Milano, 1 giugno 2012

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“La cultura a dispense dispensa dalla cultura.”

Marcello Marchesi (1912–1978) comico, sceneggiatore e regista italiano

Origine: Il dottor Divago, 100 neoproverbi, p. 170

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“[Umberto Eco]. La pietra di Pappagone della cultura italiana.”

Marcello Marchesi (1912–1978) comico, sceneggiatore e regista italiano

Origine: Il dottor Divago, Il "Chi sarebbe?" Definizionario delle celebrità, p. 64

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“Šāṭān in ebraico è assunto per lo più col significato di "accusatore in giudizio, contraddittore."”

Giovanni Semerano (1911–2005) bibliotecario e filologo italiano

da Satana in Il mondo del divino e degli eroi, da Le origini della cultura europea. Vol. I, p. 147

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“Quando una band come i Nirvana emerge dal sottobosco, esprime realmente qualcosa che contribuirà alla cultura e non è solo un bene di consumo.”

Kim Gordon (1953) bassista e cantante statunitense

citata in Michael Azerrad, Nirvana – Vieni come sei, Arcana Editrice, Milano 1994

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“Perciò non devi attribuire a Epicuro quei pensieri che t'ho inviato: sono di dominio pubblico, e soprattutto della nostra scuola. […]
Dovunque volgi lo sguardo, ti si presentano massime che potrebbero considerarsi notevoli se non si leggessero insieme con altre dello stesso valore. Perciò abbandona la speranza di poter gustare superficialmente l'ingegno dei sommi uomini; tu devi studiarlo e considerarlo nella sua unità. Ogni suo aspetto ne richiama sempre un altro, ciascuna parte, connettendosi con l'altra, dà completezza all'opera dell'ingegno umano. Niente può essere tolto senza rompere l'unità del pensiero. Non dico che non si possano considerare le singole membra, purché non si prescinda dall'intero organismo. […]
Ma per un uomo di matura esperienza è disdicevole cercare fiorellini, sostenersi con poche massime ben note e affidarsi alla memoria. È ormai tempo che uno poggi su se stesso, che esprima questi pensieri con parole sue e non a memoria. Ed è specialmente disdicevole per un vecchio o per uno che si affaccia alla vecchiaia una cultura basata su raccolte di esempi scolastici. «Questo l'ha detto Zenone». E tu che dici? «Questo l'ha detto Cleante.» E tu? Fino a quando ti muoverai sotto la guida di un altro? Prendi tu il comando ed esprimi anche qualcosa di tuo, che altri mandino a memoria. […]
Hanno esercitato la memoria sul pensiero altrui, ma altro è ricordare, altro è sapere. Ricordare è custodire ciò che è stato affidato alla memoria, mentre sapere significa far proprie le nozioni apprese e non star sempre attaccato al modello, con lo sguardo sempre rivolto al maestro. «Questo l'ha detto Zenone, questo Cleante.» Ci sia qualche differenza fra te e il tuo libro. Fino a quando penserai ad imparare? È tempo anche di insegnare. Che ragione c'è che io senta dire da te quello che posso leggere in un libro? […]
La verità è accessibile a tutti, non è dominio riservato di nessuno, e il campo che essa lascia ai posteri è ancora vasto.”

lettera 33; 1975
Epistulae morales ad Lucilium

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“Questo è senza dubbio un ideale che non potrà mai essere raggiunto, ma gli ideali non esistono per essere raggiunti: essi non fanno altro che indicare la direzione in cui ci si dovrebbe muovere.”

Edward Sapir (1884–1939) etnologo e linguista statunitense

da The Function of an International Auxiliary Language, 1931, tr. it. in Cultura, linguaggio e personalità, Torino, Einaudi, 1972

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“A tutti gli effetti pratici un reddito troppo basso è, nella determinazione dei disturbi mentali, un fattore almeno altrettanto importante quanto un sepolto complesso di Edipo o un trauma sessuale.”

Edward Sapir (1884–1939) etnologo e linguista statunitense

da Psychiatric and Cultural Pitfalls in the Business of Getting a Living, 1939, tr. it. in Cultura, linguaggio e personalità, Torino, Einaudi, 1972

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“[Parlando di Gadda] La derisoria violenza della sua scrittura esplodeva esasperata, contestando insieme il linguaggio e la parodia, tra il ron-ron rondesco-neoclassico-fascistello e il pio-pio crepuscolare-ermetico-pretino, in schegge di incandescente (espressionistica) espressività… Proprio come per Rabelais e per Joyce che gli sarebbero poi stati accostati, «a braccio» e «a orecchio», i suoi messaggi fanno a pezzi ogni codice, spiritate e irritate, le sue invenzioni verbali dileggiano significati e significanti; devastano ogni funzione o finalità comunicativa; rappresentano innanzitutto se stesse, e i propri fantasmi, in un foisonnement inaudito e implacabile di spettacolari idioletti… […] La complessa ricchezza linguistica e tematica dell'opera gaddiana, così visceralmente composta e tramata, e sardanapalesca, e pantagruelica, continua a sollecitare una pluralità di letture, a diversi livelli, lungo differenti parametri, secondo i più svariati presupposti e pregiudizi: a costo di razionalizzare fin troppo lucidamente attraverso nitidi procedimenti di schede e di referti quel suo atrabiliare viluppo di fantasticate irrisioni e di furie «compossibili»… […] Non per nulla, gl'interessi enciclopedici dell'Ingegnere coincidono (fino al delirio di riversare tutta la Funzione nell'Espressione) coi manifesti tracciati due secoli fa dagli impeccabili fratelli Verri e da Cesare Beccaria, risoluti a insultare programmaticamente la Crusca in nome di Galileo e di Newton, cioè a sviluppare una cultura extraletteraria cosmopolita e un pensiero intellettuale «assolutamente moderno» a dispetto della grammatica arcaica dei Pedanti, trasgredendo al purismo imbecille che caldeggia l'impiego di qualsiasi grulleria del Piovano Arlotto per definire prodotti e nozioni del nostro tempo.”

Alberto Arbasino (1930) scrittore, saggista e giornalista italiano

da Genius Loci, in Certi romanzi, pp. 339-71

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“Il cemento ideale di una comunità è formato dalla coscienza della propria cultura e dalla capacità che abbiamo di conservarla ed accrescerla.”

Ludovico Magrini (1937–1991) giornalista italiano

da Volontari della civiltà, in Archeologia Viva n. 23, ottobre 1991

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“Se guardate la storia della magia, vedrete le sue origini nelle caverne. Vedrete le sue origini nello sciamanesimo, nell'animismo, nella credenza che ogni cosa che ci circonda, ogni albero, ogni roccia, ogni animale, sia abitato da una qualche forma di essenza, una qualche sorta di spirito con cui forse si potrebbe comunicare. Avreste avuto uno sciamano o un visionario che sarebbe stato responsabile di incanalare le idee utili alla sopravvivenza. Prima che raggiungiate le civiltà classiche potrete vedere che questo è stato formalizzato in un certo status. Lo sciamano agisce puramente come un intermediario tra gli spiriti e le persone. La sua posizione nel villaggio o nella comunità è simile a quella di un idraulico spirituale. Ogni persona nel gruppo ha il suo ruolo. La persona migliore nella caccia era un cacciatore, la persona migliore nel parlare con gli spiriti, forse perché lui o lei era un po' pazzo/a, un po' staccato dal nostro normale mondo materiale, allora sarebbe stato uno sciamano. E gli sciamani non padroneggiavano un'arte segreta, essi dispensavano semplicemente le loro informazioni alla comunità, perché si credeva che fosse utile alla comunità. Quando abbiamo l'emergere delle culture classiche, tutto questo è stato formalizzato tanto che si hanno dei interi pantheon di dèi. E ognuno di questi dèi avrà una casta di preti che agiranno fino a un certo punto come intermediari che ti insegneranno ad adorare quel dio. Così la relazione tra gli uomini e i loro dèi, che potrebbe essere vista come la relazione tra gli uomini e il loro Io più alto, era ancora di tipo diretto. Quando arrivò il cristianesimo, quando arrivò il monoteismo, tutt'a un tratto hai una casta di sacerdoti che si muoveva tra l'adoratore e l'oggetto di adorazione. Hai una casta sacerdotale che era diventata una specie di dirigenza d'intermediazione spirituale tra l'umanità e la divinità interiore di cui si andava alla ricerca. Non puoi avere un rapporto diretto con un dio. I sacerdoti non hanno davvero il bisogno di un rapporto con la divinità. Hanno solo un libro che ti dice di alcune persone vissute tanto tempo fa, che hanno avuto un rapporto diretto con la divinità. E va tutto bene. Non hai bisogno di avere visioni miracolose, non hai bisogno di avere degli dèi che ti parlino. In effetti, se ti capita niente del genere, probabilmente sei matto. Nel mondo moderno questa roba non succede. Le sole persone a cui è permesso parlare con gli dèi, e in un modo davvero a senso unico, sono i preti. Per me il monoteismo è una grande semplificazione. Voglio dire, la Cabala ha una grande molteplicità di dèi, ma alla sommità del diagramma cabalistico, l'albero della vita, ha quest'unica sfera, che è il dio assoluto. La Monade. Qualcosa che è indivisibile. E tutti gli altri dèi, e ogni altra cosa nell'universo è una specie di emanazione di quel dio. Ora, questo va bene. Ma quando suggerisci che ci sia solo quell'unico dio, a quell'irraggiungibile altezza al di sopra dell'umanità e che non c'è niente in mezzo, stai limitando e semplificando la questione. Penso che il paganesimo sia una specie di alfabeto, come un linguaggio. È come se tutti gli dèi sono le lettere di quel linguaggio, esprimono delle sfumature, ombre del significato, o certe sottigliezze delle idee. Mentre il monoteismo tende ad essere solo una vocale, ed è solo tipo: oooouh [Alan Moore stesso nel documentario per far comprendere il suono scimmiesco. ]. È questo suono scimmiesco. Puoi quasi immaginare gli dèi divenire frustrati, sprezzanti. Perché con tutta la ricchezza di concetti spirituali che sono disponibili, perché ridurre tutto a una sola, singola nota monocorde che chi pronuncia neanche comprende?”

Alan Moore (1953) fumettista e scrittore britannico

citato nel documentario di Dez Vylenz, The Mindscape Of Alan Moore, Shadowsnake films, visibile su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=rZXoinYCReE, subititolato in italiano

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“Nella cultura cinese, che ha diecimila anni, si mangia senza coltello. La bomba atomica invece ce l'hanno già.”

Sándor Márai (1900–1989) scrittore e giornalista ungherese

L'ultimo dono. Diari 1984-1989

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“Emerson rimane la figura centrale nella cultura americana.”

Harold Bloom (1930–2019) critico letterario statunitense

Origine: Da La saggezza dei libri.

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“Un cittadino europeo può non credere che il cristianesimo sia vero e tuttavia quello che dice e fa scaturisce dalla cultura cristiana di cui è erede. Senza il cristianesimo non ci sarebbe stato neppure un Voltaire o un Nietzsche. Se il cristianesimo se ne va, se ne va anche la nostra cultura, se ne va il nostro stesso volto.”

Thomas Stearns Eliot (1888–1965) poeta, saggista e critico letterario statunitense

Origine: Citato in Reginaldo M. Pizzorni, Diritto, etica e religione: il fondamento metafisico del diritto secondo Tomaso d'Acquino, Edizioni Studio Domenicano, 2006, p. 427.

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“In questo periodo mi capita di avere appoggio da ambienti laici o liberali; è un certo mondo cattolico, soprattutto progressista, a vivere nella sottomissione psicologica alla cultura ultralaicista. È un po' paradossale…”

Roberto de Mattei (1948) storico italiano

citato in Il Pen club: "Censurato il cattolico De Mattei" http://www.ilgiornale.it/cultura/il_pen_club_censurato_cattolico_de_mattei/08-06-2011/articolo-id=527996, Il Giornale, 8 giugno 2011

“Questa cultura della difesa dei cani ad oltranza porta ad adorarli in un modo decisamente meno sano che nella cultura contadina.”

Vincenzo Consolo (1933–2012) scrittore e saggista italiano

Origine: Da un'intervista su la Repubblica, 17 marzo 2009.

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“Quali possono essere le cause del fascino discreto che l'austerity tuttora esercita tra le masse popolari, soprattutto tra gli eredi del movimento operaio? Una parziale risposta risiede probabilmente in alcuni tipici luoghi comuni diffusi tra le macerie di quella che un tempo veniva orgogliosamente definita la cultura di sinistra, e che oggi pare essersi ridotta a una zavorra ideologica, un intralcio alla comprensione della realtà. Tra di essi vi è ad esempio l’illusione che una politica di restrizioni finanziarie possa indurre i cambiamenti strutturali indispensabili per rendere collettivamente fruibili i benefici del progresso tecnico, e possa addirittura contribuire al trapasso verso una società maggiormente rispettosa dell’ambiente, magari persino fondata sulla “decrescita”. E vi è pure l’idea naive secondo cui l’arma dell’austerità potrebbe essere finalmente rivolta non sui lavoratori ma contro i dissipatori, i corrotti, i membri della “casta”. La realtà, tuttavia, è un’altra. I dati evidenziano che proprio nelle fasi in cui si impone la logica dei tagli emergono pure nuove tipologie di dualismi tecnologici, di aggressioni all’ambiente e al territorio, di dilapidazioni di risorse pubbliche, di privilegi e di malversazioni, che in proporzione risultano ancor più pervasive e letali di quelle che si verificavano in epoche di minore restrizione dei bilanci pubblici. Un esempio emblematico su tutti: i costi della famigerata “casta”, guarda caso, sono aumentati proprio nella lunga epoca dei sistematici avanzi primari, vale a dire del surplus di entrate fiscali sulla spesa pubblica calcolata al netto del pagamento degli interessi sul debito. Contro il senso comune, ancora una volta, l’austerity è correlata allo spreco e al privilegio dei pochi".”

Emiliano Brancaccio (1971) economista italiano

dal capitolo Il fascino discreto dell'austerity

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“No, non esiste la mafia. La mafia è un modo d'essere, di pensare. È una cultura che non è la mia.”

Marcello Dell'Utri (1941) politico italiano

dall'intervista di Piero Chiambretti a L'inviato speciale, 2 ottobre 1997; citato in Dell'Utri a Chiambretti: "La mafia? È un modo di pensare e non è il mio" https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1997/ottobre/02/Dell_Utri_Chiambretti_mafia_modo_co_0_9710022934.shtml, Corriere della sera, 2 ottobre 1997, p. 17

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