Frasi su meridionale

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema meridionale, dio, stato, arte.

Frasi su meridionale

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“I vecchi governi hanno inventato, allo scopo di non risolverla mai, la questione meridionale. Non esistono questioni settentrionali o meridionali. Esistono questioni nazionali.”

Benito Mussolini (1883–1945) politico, giornalista e dittatore italiano

da un discorso del 31 marzo 1939; citato in Indro Montanelli e Mario Cervi, L'Italia dell'Asse, Milano, Rizzoli, 1980

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“Per la ventesima volta ho ieri assistito al capolavoro di Bizet e ancora l'ho udito con la stessa gentile reverenza. Mi sorprende di poter così vincere la mia impazienza. Ma guardare come un'opera siffatta integri la natura di un uomo. Essa è malvagia, perversa, raffinata, fantastica, eppure avanza con passo leggero e composto; la sua raffinatezza non è quella di un individuo, bensì di una razza. Si sono mai uditi sulla scena accenti più tragici, più dolorosi? E come sono ottenuti? Senza smorfie, senza contraffazioni di alcun genere, in piena libertà dalle bugie del "grande stile". Io mi sento diventar migliore quando questo Bizet mi parla. Il mio udito si sprofonda in quella musica; ne percepisco le origini; mi par di assistere alla sua nascita e tremo davanti ai pericoli che ci accompagnano a qualunque audacia; mi trovo incantato dai felici ritrovamenti che Bizet stesso ignora. Sopra quest'opera la fatalità sta sospesa; la felicità di essa è corta, fulminea, e non conosce dilazioni. Io invidio a Bizet il coraggio di questa sua sensibilità eccezionale, che prima di adesso non aveva trovato mezzo per esprimersi nella musica colta d'Europa; il coraggio di questa sensibilità meridionale, brunita, arsa dal sole… Ah finalmente l'amore, l'amore ricondotto indietro verso la natura!… L'amore come destino, come un destino cinico, innocente, crudele, l'amore esatto nella sua forma natura. Io non conosco altro esempio dove la tragica ironia che costituisce il nocciolo dell'amore sia stata espressa con tale severità, con formula così terribile come nell'ultimo grido di José: Oui, c'est moi qui l'a tuée, Carmen, ma Carmen adorée….”

Friedrich Nietzsche (1844–1900) filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco
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“Giustino Fortunato e Benedetto Croce rappresentano […] le chiavi di volta del sistema meridionale e, in un certo senso, sono le due più grandi figure della reazione italiana.”

Antonio Gramsci (1891–1937) politico, filosofo e giornalista italiano

Alcuni temi della questione meridionale, p. 45
La questione meridionale
Origine: Il manoscritto andò smarrito nei giorni dell'arresto di Gramsci e fu ritrovato da Camilla Ravera tra le carte che Gramsci abbandonò nell'abitazione di via Morgagni. Il saggio fu pubblicato nel gennaio 1930 a Parigi nella rivista Stato Operaio, con una nota in cui è detto: «Lo scritto non è completo e probabilmente sarebbe stato ancora ritoccato dall'autore, qua e là. Lo riproduciamo senza alcuna correzione, come il migliore documento di un pensiero politico comunista, incomparabilmente profondo, forte, originale, ricco degli sviluppi più ampi.» La questione meridionale, p. 38.

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“Favorito dalla fortuna, io ebbi l'onore nei due mondi di combattere accanto ai primi soldati, ed ho potuto persuadermi che la pianta uomo nasce in Italia, non seconda a nessuno; ho potuto persuadermi che quegli stessi soldati che noi combattemmo nell'Italia meridionale, non indietreggeranno davanti ai più bellicosi, quando saranno raccolti sotto il glorioso vessillo emancipatore.”

Giuseppe Garibaldi (1807–1882) generale, patriota e condottiero italiano

Origine: Citato in Martino Cellai, Fasti militari della Guerra dell'Indipendenza d'Italia dal 1848 al 1862, vol. 4, Tip. e litografia degli Ingegneri, 1867, p. 471 http://books.google.it/books?id=GwRAAAAAcAAJ&pg=PA471; citato in Giuseppe Fumagalli, Chi l'ha detto?, Hoepli, 1921.

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“Sono rimasto profondamente preoccupato da taluni sviluppi interni nella Corea meridionale e appoggiare un qualsiasi regime capeggiato dal presidente Syngman Rhee significa appoggiare la guerra e la dittatura.”

Sri Jawaharlal Nehru (1889–1964) politico indiano

Origine: Citato in Atto d'accusa di Nehru contro la politica delle N.U. https://avanti.senato.it/avanti/js/pdfjs-dist/web/viewer.html?file=/avanti/files/Avanti%201896-1993%20PDF/14.%20Avanti%20Ed.%20per%20il%20Piemonte%201949-1954%20OCR/1952%20OCR/D/CFI0422392_19520613.56-139_d.pdf#search=nehru&page=6, Avanti!, 13 giugno 1952.

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“Napoli venne decorata, invece, per qualcosa che, come città e popolo, come unitaria comunità, era ed è assai arduo dimostrare che abbia fatto. Che le «soldatesche germaniche» siano state «cacciate dal suolo partenopeo», dai napoletani o da altri, è pura invenzione: si poteva sostenere nel 1944 per motivi di propaganda bellica (il decreto per la medaglia d'oro è del 10 settembre di quell'anno) ma oggi se ne può parlare solo nei comizi o nelle tavole rotonde, non in sede storica. Dopo cinquant'anni, i movimenti degli opposti eserciti nella fase meridionale della campagna d'Italia sono largamente documentati, e non si può fingere di non sapere quello che abbiamo qui esposto, e cioè che il ripiegamento della 10a armata tedesca da Salerno al Volturno cominciò il 16 settembre, ed era praticamente concluso il 27 quando anche le retroguarclie di genieri e guastatori rimaste a Napoli cominciarono a uscirne. Le «soldatesche» andarono via quando era ormai tempo che andassero. E un argomento su cui è persino penoso insistere, ma non si può fare a meno di ricordare che né Kesselring, Westphal e von Vietinghoff, né Churchill, Alexander e Clark, né Liddell Hart e gli altri massimi studiosi di storia militare hanno mai accennato a una insurrezione, rivolta o sommossa che abbia in qualche modo accelerato o intralciato la ritirata del presidio tedesco da Napoli.”

Origine: Napoli 1943, p. 164

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“Tutti quelli che vengono dalle Provincie meridionali non parlano che di reazione, di Governo provvisorio a Melfi, e cose simili, e non capisco poi come si tema tanto di spaventare coll'armamento i potenti vicini; io non capisco, come, armandoci, mentre l'Europa intera si arma, noi ci metteremmo in istato di provocazione.”

Giuseppe Garibaldi (1807–1882) generale, patriota e condottiero italiano

Origine: Dalla Discussione sull'interpellanza del deputato Ricasoli Bettino intorno all'esercito meridionale; citato in Atti parlamentari dello Senato, Tip. E. Botta, 1861, p. 628.

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“Ma intanto, della cresciuta gloria di Dante congratuliamoci, come di felice augurio colla nostra età, colla nostra Patria. Ella ha molti altri grandi scrittori, anzi i più grandi in ogni arte o scienza moderna; il più gran lirico di amore, il più gran novellatore, il più grand'epico grave, il più grande giocoso, il più gran pittore, il più grande scultore, il primo de' grandi fisici moderni e il maggior degli ultimi: Petrarca, Boccaccio, Tasso, Ariosto, Raffaello, Michelangelo, Galileo e Volta. Vogliam noi glorie, vanti, supremazie? Non ci è mestieri ire in cerca d'ignoti o negati. Tutti questi ce ne daranno. Ma vogliamo noi aiuti? e non a ingegno, di che non abbiam difetto, ma a virtù, se già così sia che ne sentiam bisogno? Torniamo pure, abbandoniamoci all'onda che ci fa tornare al più virtuoso fra' nostri scrittori, a colui che è forse solo virilmente virtuoso fra' nostri classici scrittori. In lui l'amore non è languore, ma tempra; in lui l'ingegno meridionale non si disperde su oggetti vili, ma spazia tra' più alti naturali e soprannaturali; in lui ogni virtù è esaltata, e i vizi patrii od anche proprii sono vituperati, e gli stessi errori suoi particolari sono talora occasioni di verità più universali; la patria città, la patria provincia e la patria italiana sono amate da lui senza stretto detrimento l'una dell'altra, e massime senza quelle lusinghe, quelle carezze, quegli assonnamenti più vergognosi che non l'ingiurie, più dannosi che non le ferite; e i destini nostri allor passati, presenti o futuri, sono da lui giudicati con quella cristiana rassegnazione alla Provvidenza divina, che accettando con pentimento il passato, fa sorgere con nuova forza ed alacrità per l'avvenire. Noi cominciammo con dire, essere stato Dante il più italiano fra gli italiani; ma ora, conosciuti i fatti ed anche gli errori di lui, conchiudiamo pure, essere lui stato il migliore fra gl'Italiani. S'io m'inganno sarà error volgare di biografo; ma come o perché s'ingannerebbe ella tutta la nostra generazione?”

Cesare Balbo (1789–1853) politico italiano

Origine: Da Vita di Dante, pp. 218-219

“In non molta distanza della sponda meridionale dell'Arno, rimpetto quasi а Terranuova, si incontra Montevarchi, una delle più ragguardevoli Terre del Valdarno superiore, e che merita l'attenzione dei curiosi.
Nei più remoti tempi un [sic] altra Terra, postata quasi a cavaliere dell'attuale sull'alto del Colle, godeva del medesimo nome, ed era riguardata come luogo di non lieve importanza. Varie sono l'opinioni che gli eruditi hanno esternato sulla prima costituzione di essa, e vi fu chi fino pensó che questa presistesse all'epoca del prolungamento della via Cassia rinnovato dall'Imperatore Adriano.
Certo che la predetta magnifica strada attraversava una parte del Valdarno di sopra, non già per la moderna pianura, ma sempre su per le cime delle Colline, e particolarmente dove esse confinano con le pendici delle montagne […]
Molto soffrì la Terra, anzi a tal fu ridotta che può dirsi con sicurezza come essa non poté più emergere pienamente da quello stato di languidezza in che la posero le guerre fino a tantoché, soggettato finalmente Arezzo al Fiorentino dominio, e cessati in Toscana i furori delle Fazioni, i popoli di questa bella parte d'Italia si fecero più mansueti, ed abbandonate l'armi con più utile loro e di tutto l'universale, si dettero all'esercizio delle pacifiche Arti, e del Commercio.
Alla sicurezza e vantaggio del traffico molto, come ognun sa, contribuisce il locale, dove possa questo esercitarsi: e basta dare un [sic] occhiata a Montevarchi, ed a' suoi vaghi contorni per sincerarsi che questa Terra, assai ben popolata, è quanto altra mai di Toscana opportunissima al medesimo.
Situata essa sulla strada che da Arezzo conduce a Firenze, mezzo miglio in circa lontana dall'Arno, circondata da una deliziosa campagna, fertile, ed ubertosa quanto desiderare si possa, non manca di alcuno di quei generi che sono necessarj alla vita, anzi ne abbonda sì fattamente da poterne ad altri concedere senza pericolo di disperderne a scapito proprio. […] Contuttociò qualora si osservi attentamente la Terra, ognuno manifestamente ben vede che vi regna l'opulenza, e mercé di questa la prosperità, ed il lusso.
La forma del suo recinto tende quasi all'Ovale. II Rendi in alcune memorie, ch'ei lasciò manoscritte de' pregi della sua patria, con bizzarria sì, ma non senza una certa verità disse che potea questa rassomigliarsi nella sua figura a una nave, la cui prua fra scirocco e mezzogiorno guarda Arezzo, e con la poppa fra maestro e tramontana riguarda Firenze.
Le mura che la circondano sembrano essere le stesse dalle quali fu cinta dapprima sul terminare del Secolo XIII venuta appena che fu in pieno potere della Fiorentina Repubblica. Si veggono queste condotte a merli, interstiziate da alcune torrette o baluardi, e due più alte Torri le servirono un tempo per ispecial sua difesa.
Quella di esse che sussiste tuttora, e che dicesi comunemente "la Rocca", potrebbe anche nell'età nostra essere opportuna a difendere per alcun tempo la Terra; l'altra però fu demolita in gran parte, ed incorporata nell'edifizio ove più modernamente ebbe sede un Monastero di Religiose. La predetta Rocca forse è l'unica fabbrica la quale, oltre le mura, ci dia indizio dell'epoca della prima edificazione della Terra, la quale sembra però fabbricata di recente, perché modernamente restaurata, ed abbellita pressoché nel totale de' suoi edifizj.
Se in molti di essi si fosse più avuto riguardo al solido, che a quel falso brillante il quale colpisce ma non soddisfa, Montevarchi porterebbe il vanto sopra molti altri luoghi del Valdarno superiore ancora per l'eleganza del suo materiale.
La maggior piazza farebbe assai più vaga comparsa se il loggiato che in parte la cinge fosse stato condotto con maggior proprietà di disegno, d'esattezza, e di simetrìa [sic].
Fra le fabbriche Sacre è degna d'essere riguardata con attenzione la Prepositura che è bella, sebben moderna anzichenò, e che risente alquanto di un certo caricato ne' suoi ornati, il quale non può per altro gran fatto dispiacere agli intendenti.
Bella pure è la fabbrica del Convento, come della Chiesa di S. Francesco, dove all'Altar maggiore si ammira la celebre Tavola lavorata con arte ed ingegno da Alessandro Filippi, comunemente detto Sandro Botticello, che fu rammentata con lode pur dal Vasari.”

Francesco Fontani (1748–1818) religioso, erudito, filologo, archeologo, numismatico, storico delle arti, bibliotecario e antiquario itali…

da Viaggio pittorico della Toscana, vol. VI, p. 195
Origine: Terranuova Bracciolini.
Origine: L'attuale Strada Statale 69 di Val d'Arno.
Origine: Monastero di Santa Maria del Latte.
Origine: Collegiata di San Lorenzo.
Origine: Chiostro di Cennano.
Origine: Convento e Chiesa di San Ludovico.

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“Quel florido paese aveva per capitale Benevento, la più bella e possente città dell'Italia meridionale.”

Ferdinand Gregorovius (1821–1891) storico e medievista tedesco

da Ferdinand Gregorovius, Storia di Roma nel Medioevo, 1872; citato in Benevento nel giudizio della storia, a cura di Orazio Gnerre, Il Sannio quotidiano, 7 ottobre 2012, p. 10

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“[su Francesco Mario Pagano] Uno dei maggiori scrittori e martiri dell'illuminismo meridionale.”

Franco Venturi (1914–1994) storico italiano

da La rivolta greca del 1770 e il patriottismo dellʼetà dei lumi, Unione internazionale degli istituti di archeologia, storia e storia dellʼarte in Roma, 1986, p. 31

“È questo il momento in cui la stessa collera della natura scatenata sul Mezzogiorno dà un tono perentorio alla protesta delle popolazioni meridionali. Le quali, ed è qui la novità, non vogliono elemosine, provvidenze paternalistiche che ripugnano alla loro coscienza civile e politica. Conoscendo i limiti del proprio diritto, e misurando su quei limiti, senza alcuno zelo servile, il loro dovere, le popolazioni meridionali vogliono soltanto quel che loro spetta come facenti parte della famiglia italiana, nella quale, con l'Unità, si sono illuse di entrare a parità di diritti, non avendone che lo sfruttamento e la degradazione. Tutto questo è stato reso possibile dal tradimento della classe politica che aveva in mano le sorti del Mezzogiorno. La borghesia terriera del Sud accettò lo sfruttamento perpetrato dal protezionismo industriale del Nord per avere, in cambio, qualche posticino nel branco delle maggioranze governative, il possesso indisturbato della terra e la continuità dell'oscurantismo.
«In omaggio alla verità, nostra sola padrona, aggiungeremo che, al banchetto protezionista, se pur prendendo solo le briciole, parteciparono alcune aristocrazie operaie del Nord portate dalla dinamica di classe a realizzare migliori salari, anche se ottenuti con una maggiorata soffocazione economica delle popolazioni rurali del Sud. […] La Questione Meridionale è tutta la questione italiana. Se la piaga della degradazione non si chiude, la cancrena che potrebbe seguirne non minaccerebbe solo la distruzione della parte malata ma l'intero organismo nazionale. […]”

Leonida Rèpaci (1898–1985) scrittore

Origine: Calabria grande e amara, pp. 162-163

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“Senza una rivoluzione contadina, non avremo mai una vera rivoluzione italiana, e viceversa. Le due cose si identificano. Il problema meridionale non si risolve dentro lo Stato attuale, né dentro quelli che, senza contraddirlo radicalmente, lo seguiranno. Si risolverà soltanto fuori di essi, se sapremo creare una nuova idea politica e una nuova forma di Stato, che sia anche lo Stato dei contadini; che li liberi dalla loro forzata anarchia e dalla loro necessaria indifferenza. […] Dobbiamo ripensare ai fondamenti stessi dell'idea di Stato: al concetto d'individuo che ne è la base; e, al tradizionale concetto giuridico e astratto di individuo, dobbiamo sostituire un nuovo concetto, che esprima la realtà vivente, che abolisca la invalicabile trascendenza di individuo e di Stato. L'individuo non è una entità chiusa, ma un rapporto, il luogo di tutti i rapporti. Questo concetto di relazione, fuori della quale l'individuo non esiste, è lo stesso che definisce lo Stato. Individuo e Stato coincidono nella loro essenza, e devono arrivare a coincidere nella pratica quotidiana, per esistere entrambi. Questo capovolgimento della politica, che va inconsapevolmente maturando, è implicito nella civiltà contadina, ed è l'unica strada che ci permetterà di uscire dal giro vizioso di fascismo e antifascismo. Questa strada si chiama autonomia.”

1990, pp. 222-223
Cristo si è fermato a Eboli

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“Napoli e la Basilicata sono dunque i due estremi della questione meridionale: la città popolosissima e la campagna spopolata.”

Francesco Saverio Nitti (1868–1953) economista, politico e saggista italiano

Origine: Napoli e la questione meridionale, p. 13

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“[Su Ferdinando II delle Due Sicilie] Pochi principi italiani fecero tra il '30 e il '48 il bene che egli fece. Mandò via dalla corte una turba infinita di parassiti e di intriganti: richiamò i generali migliori, anche di parte liberale, e licenziò gli inetti; ordinò le leve militari; fece costruire, primo in Italia, una strada ferrata, istituì il telegrafo, fece sorgere molte industrie, soprattutto quelle di rifornimento dell'esercito, che era numerosissimo; ridusse notevolmente la lista civile; mitigò le imposte più gravi. Giovane, forte, scaltro, voleva fare da sé, ed era di una attività meravigliosa. Educato da preti e cattolicissimo egli stesso, osò, con grande ammirazione degli intelletti più liberi, resistere alle pretese del papato e abolire antichi usi, umilianti per la monarchia napoletana. È passato alla storia come "Re bomba" e non si ricordano di lui che il tradimento della Costituzione, le persecuzioni dei liberali, le repressioni di Sicilia, e le terribili lettere di Gladstone. Abbiamo troppo presto dimenticato che, durante quasi due terzi del suo regno, i liberali stessi lo chiamarono Tito e lo lodarono e lo esaltarono per le sue virtù e per il desiderio suo di riforme. Abbiamo troppo presto dimenticato il sollievo che le sue riforme finanziarie produssero nel popolo, e l'ardimento che egli dimostrò nel sopprimere vecchi abusi.”

Francesco Saverio Nitti (1868–1953) economista, politico e saggista italiano

da Scritti sulla questione meridionale: Volume 1, Laterza, Bari, 1958, p. 41

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“[Su Carmine Crocco] Lo Zapata italiano, quello che diverrà il generalissimo dei contadini meridionali.”

Renzo Del Carria (1924–2010) storico italiano

da Proletari senza rivoluzione: Volume 1, Edizioni Oriente, 1966, p. 75

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“Mi viene il desiderio di fare un libretto sulla psicologia degl'Italiani; qualcosa come il Codice della vita italiana che Giuseppe Prezzolini, pur con qualche paravento moraleggiante, pubblicò intorno al 1919, l'ultimo anno in cui in Italia sia stata lecita una certa mancanza d'ipocrisia, e che è da ristampare d'urgenza. […] Basta per es. vedere quali strida e clamori levi ancor da noi qualsiasi manifestazione di femminismo o d'irreligiosità: siamo fermi al più nero medioevo, e prima che ci si abitui a lasciar campo alle donne (badate che intorno al Settanta – vedi l'epistolario carducciano – si poteva tranquillamente discutere di rivendicazioni femminili, e altrettanto liberamente fare dell'anticlericalismo) e ai mangiapreti, bisognerà che tramonti la mentalità meridionale che, con lo spirito retrivo del Nord, da parecchi lustri hanno governato, attraverso la burocrazia e i pubblici poteri, il nostro bel paese. Nella realtà delle cose, le donne di questi ultimi decenni, sono state, almeno nel settentrione, moderne e spregiudicate; però, socialmente e politicamente, tenute in rango d'inferiorità, e di macchine da far figli. In altri termini, i costumi si sono abbastanza adeguati a quelli dei popoli più progrediti, le leggi sono rimaste all'età della pietra.”

Arrigo Cajumi (1899–1955) giornalista, scrittore e critico letterario italiano

Origine: Pensieri di un libertino, pp. 322-3

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“Mentre gestivamo la crisi non abbiamo visto l'opposizione e questo per la democrazia è un problema. Abbiamo visto le elite, o sedicenti tali, impegnate a buttare giù il governo. Sono sempre le solite: quelle delle rendite editoriali, finanziarie, burocratiche, cinematografiche e culturali, che hanno combattuto il governo reo di aver cominciato a colpire le case matte della rendita. […] La povera sinistra sarebbe nata con altri scopi e invece si fa condizionare da un'élite di merda. […] Stanno preparando un colpo di Stato a cui si risponde a viso aperto parlando con gli italiani, costruendo l'Aquila, con un grande piano per il Mezzogiorno. La vera unità d'Italia è risolvere la questione meridionale. […] Abbiamo una grande occasione, la nostra missione sarà una missione straordinaria contro la cattiva rendita, contro i parassiti dovunque essi siano: nella finta cultura, nella finta cinematografia ideologica parassitaria, nel finto sindacato, nelle cattive banche, nella cattiva finanza, nei cattivi giornali. […] Propongo una lotta di liberazione per i compagni della sinistra per bene: liberatevi da questo abbraccio mortale di questa cattiva finanza, di questo cattivo sindacato, di questi cattivi gruppi editoriali. […] Questa sedicente elite in questo anno di grande crisi ha pensato solo a come far cadere un governo che guarda caso cominciava a colpire proprio le case matte della rendita.”

Renato Brunetta (1950) economista e politico italiano

Origine: Citato in Repubblica http://www.repubblica.it/2009/09/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-29/brunetta-sinistra/brunetta-sinistra.html, 19 settembre 2009.

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“[Su Giustino Fortunato] Portò la questione meridionale a chiarezza di coscienza e di definizione, iniziandone la discussione in termini politici e storici, fino a farla riconoscere come la questione massima dello Stato italiano unitario.”

Benedetto Croce (1866–1952) filosofo, storico e politico italiano

Origine: Citato in Gerardo Raffaele Zitarosa, Giustino Fortunato storico, L. Pellegrini, 1970, p. 15.

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“Sul mare sei nato tu in una città del Sud | la lasciasti un giorno e poi non ci sei andato più.”

Rino Gaetano (1950–1981) cantautore italiano

da La ballata del meridionale trapiantato, 10<sup>a</sup> composizione, p. 61
Ma il cielo è sempre più blu. Pensieri, racconti e canzoni inedite, Canzoni inedite, Primo quaderno

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“[Lettera a Pasquale Villari] L'unità d'Italia è stata e sarà – ne ho fede invitta – la nostra redenzione morale. Ma è stata, purtroppo, la nostra rovina economica. Noi eravamo, il 1860, in floridissime condizioni per un risveglio economico, sano e profittevole. L'unità ci ha perduti. E c'è di peggio. Tutto il macchinario dello Stato presente, se è tollerabile dalle forze dell'Alta Italia, è intollerabile dalle esauste nostre forze. E come se questo non bastasse, è provato, contrariamente all'opinione di tutti, che lo Stato italiano profonda i suoi beneficii finanziari nelle province settentrionali in misura ben maggiore che nelle meridionali. Tutto ciò, forse, Vi parrà un'eresia. Ma aspettate ancora due o tre mesi: avrete allora un libro di Francesco Saverio Nitti, magnifico e terribile, a un tempo, che Vi toglierà ogni dubbio, facendovi toccar con mano la dura verità delle Cose. Quel libro sarà una benedizione… Esso combatterà uno de' maggiori, de'peggiori pregiudizii de' settentrionali, specialmente de' signori lombardi, quello, cioè, secondo cui i meridionali non pagano imposte e scialacquano sul bilancio dello Stato. Esso "proverà" il contrario. Il libro potrebbe esser dannoso, se potesse esercitare azione su' meridionali. Ma questo pericolo non c'è. L'unità non corre, non correrà mai rischio per opera dei meridionali. Potete giurare su ciò. E poi, i meridionali non leggono!”

Giustino Fortunato (1848–1932) politico e storico italiano

da Carteggio 1865-1911, Laterza, 1978, pp. 64-65

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