Frasi su tamburo

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema tamburo, suono, essere, due-giorni.

Frasi su tamburo

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“Gigi Dag un suono puro, col suo tamburo, stai sicuro…”

Gigi D'Agostino (1967) disc jockey e produttore discografico italiano
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“[Come nasce Carlo Prevale DJ?] Già all'età di 7 anni ero appassionato di musica e vari rumori, prodotti con ogni tipo di tamburo autocostruito con secchi vuoti di vernice. Registravo musicassette dalla radio chiamando il conduttore.”

Prevale (1983) disc jockey, produttore discografico e conduttore radiofonico italiano

Origine: Intervista di Andrea Belfiore, Professione Dj, Viviromamagazine.com, 4 aprile 2016, pp. 64-65.

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“I gestori del Tamburo tendevano ad avere un approccio democratico all'aggressività: a loro piaceva che tutti ne avessero un po.”

Terry Pratchett (1948–2015) scrittore e glottoteta britannico

Serie del Mondo Disco, 15. All'anima della musica (1994)

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“Non era insolito vedere giovani donne al Tamburo, perfino giovani donne non accompagnate. In genere ci andavano per togliere il 'non.”

Terry Pratchett (1948–2015) scrittore e glottoteta britannico

Serie del Mondo Disco, 15. All'anima della musica (1994)

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“La mia anima è una misteriosa orchestra; non so quali strumenti suoni o strida dentro di me corde e arpe, timballi e tamburi. Mi conosco come una sinfonia.”

Fernando Pessoa (1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese

1992, p. 32
Il libro dell'inquietudine
Variante: La mia anima è una misteriosa orchesta; non so quali strumenti suoni o strida dentro di me corde e arpe, timballi e tamburi. Mi conosco come una sinfonia.

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“[Sul Palio di Siena] Il resto è una serie di immagini che non sembrano aver nesso tra loro, ordinate in rapida sequenza, come i passaggi improvvisi delle scene in un film. La luce del sole è ancora forte. Una fanfara di trombe e di tamburi che fa sporgere la gente avanti avidamente. Sessantamila persone. […] Il suono del campanone, ossessivo, un suono cupo, lugubre, da quando un fulmine ne ha modificato il timbro. […] Il resto è l'animale che striscia la testa per terra quasi rovesciandola, emettendo un gemito pietoso che pare di vedere uscire dalla bocca, i denti digrignanti; ed è come accorgersi all'improvviso che anche le bestie possano esprimere tensione, sofferenza, voglia di libertà in un palio fatto da loro ma non per loro. […] Il resto sono le finestre di una stessa casa che ti indicano: se nasci a destra sei di una contrada, se a sinistra di un'altra. I vestiti da mezzo quintale […]; le stanze che ti vengono aperte quando il sole si è abbassato e ricche di asgalani, bandiere ricamate a mano e una storia che non è cresciuta nei musei ma a Piazza del Campo, una conchiglia di nove spicchi a ricordo del governo dei Noverchi. Il resto è la storia con la maiuscola che si incrocia con la minuscola: le banche, gli uffici che avanzano e occupano il centro, il popolo che se ne va, costretto, fuori le mure, ma dentro di sé porta la vecchia contrada.”

Emanuela Audisio (1953) giornalista e scrittrice italiana

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“Pensa amore mio, che t'insegnai mille altri cieli e non seppi mai soffiarti vento sulle ali.”

Claudio Baglioni (1951) cantautore italiano

da Tamburi lontani
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“Sto ascoltando il grande coro finale della Messa copta, sulle cui onde oceaniche cadono i colpi maestosi e infinitamente negligenti del tamburo segreto e sopravvive il suono argentino del sistro. È il passo della divinità in tutta la sua indicibile sprezzatura.”

Cristina Campo (1923–1977) scrittrice, poetessa e traduttrice italiana

Origine: Da una lettera a John Lindsay Opie, senza data (dalla metà degli anni Sessanta in poi, Belinda e il mostro, p. 188), scritta in inglese; citato in Cristina De Stefano, Belinda e il mostro, p. 107.

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“So ascoltando il grande coro finale della Messa copta, sulle cui onde oceaniche cadono i colpi maestosi e infinitamente negligenti del tamburo segreto e sopravvive il suono argentino del sistro. È il passo della divinità in tutta la sua indicibile sprezzatura.”

Cristina Campo (1923–1977) scrittrice, poetessa e traduttrice italiana

Origine: Da una lettera a John Lindsay Opie, senza data (dalla metà degli anni Sessanta in poi, Belinda e il mostro, p. 188), scritta in inglese; citato in Cristina De Stefano, Belinda e il mostro, p. 107.

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