Frasi su scritta
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“C'è una banda in Italia oggi di giornalisti, di cui Travaglio fa sicuramente parte, che ha scoperto una cosa per loro molto interessante: se parli male dei politici fai i soldi, diventi ricco. […] E quindi bisogna parlar male dei politici a prescindere. Per esempio il mio caso è paradossale: Travaglio su l'Unità e anche su un suo libro scrive che io sono stato condannato. Dov'è il paradosso? Che il condannato Travaglio, perché Travaglio è stato condannato in passato, quindi possiamo definirlo tecnicamente un pregiudicato, scrive di un uomo politico, Castelli, che è stato condannato quando io non sono mai stato condannato. È questo il paradosso. Castelli cosa deve fare a questo punto? O Travaglio mi chiede scusa dicendo che s'è sbagliato e si dimette da giornalista visto che lui vuole che i politici si dimettano, giustamente, da politici se sbagliano oppure sono costretto mio malgrado ad andare a intasare un'altra volta la giustizia e fare l'ennesima causa. Io credo che non ce ne sia bisogno di questo fatto, però c'è questo malcostume di questi giornalisti. […] Ma dov'è il gioco sottile che fanno lui, Stella e quant'altro? Per esempio se io dico che Travaglio è amico dei mafiosi lui mi può querelare e probabilmente vince la causa, ma se io adotto una tecnica più raffinata, che è esattamente quella che adotta lui nei suoi libri, e dico "c'è scritto su Repubblica che Travaglio si fa pagare le vacanze da un mafioso" a quel punto io dico la verità e quindi di fatto però diffamo comunque Travaglio ma sono al riparo da ogni accusa. Ecco io credo che bisognerebbe uscire da questo malcostume, bisognerebbe criticare i politici ferocemente quando se lo meritano ma quantomeno quando si sbaglia o quando si diffama una persona che cerca di essere onesta qual son io magari si riconosca anche l'errore. Invece no, si fa un altro libro perché tanto gli introiti del libro son talmente alti che possono consentire poi di pagare il povero disgraziato che è stato diffamato.”

Roberto Castelli (1946) politico italiano

da Annozero, 15 maggio 2008

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“Gli articoli contro la pace sono stati scritti con penne fatte dello stesso acciaio dei cannoni e dei proiettili.”

Aristide Briand (1862–1932) politico e diplomatico francese

citato in la lettura, dicembre 1977, p. 13

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“Non era solo una scritta sui manifesti, era la verità: noi tutti siamo fieri di Salerno.”

Vincenzo De Luca (1949) politico italiano

Origine: Citato in La Città, n. 116, 17 maggio 2011, p. 4.

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“Il destino comune a tutti i fondatori di sette o di scuole filosofiche non ha risparmiato il grande Tolstoj.
I suoi discepoli appartengono a tre categorie: gli uni si occupano del loro perfezionamento morale interiore e hanno l'aria di disprezzare ogni attività politica.
Sono questi gli adoratori della lettera della legge.
Gli altri abbandonano i sentieri battuti della vita, la loro posizione privilegiata, rinunciano alla loro fortuna, scendono in basso nella piramide sociale e guadagnano la vita col lavoro fisico. Sono i volontari del fronte del lavoro del genere umano.
Infine gli ultimi, senza abbandonare le loro conoscenze speciali, mettono proprio queste al servizio delle masse popolari. Sono essi i servitori del popolo.
Gli adepti della prima categoria "i puri masticatori della lettera", sono rari nell'ambiente del Maestro. Oltre al perfezionamento personale e interiore, quasi tutti si incaricano di copiare, pubblicare e far leggere gli scritti proibiti. È questa un'attività utile per gli altri.
La seconda categoria ha prodotto molte felici e potenti comunità agricole, coltivatori eccellenti e illuminati in Russia, in America e altrove.
La terza infine dà ai popoli dei servitori e degli amici capacissimi, di una completa devozione e di un assoluto disinteresse.
Tale era il dottor Duscian Makovitzkij, amava i poveri e li curava con devozione, senza posa e quasi sempre gratuitamente.”

Victor Lebrun (1882–1979) scrittore e attivista francese

Origine: Devoto a Tolstoj, pp. 56-57

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“L'infuriare d'una rivoluzione — come tutto ciò che è critico; e nessuno, in un senso o in un altro, vorrà negare che lo stato della lingua italiana d'oggi sia tale — richiede ben altro che la sovrana flemma del teorico. Si voglia imbrigliarla o guidarla, non si avrà da lui più di questo: una volta arrivati a chiudere quel certo particolare problema nel complesso quadro dei suggerimenti attinti da trattati e codici, e trovato quindi, finalmente, come affrontarlo, gli sviluppi avranno cambiato faccia all'intera situazione, così da obbligare a un nuovo studio daccapo, su un nuovo problema particolare. Non rimarrà dunque, come risultato, che assistere passivamente. Ed è ciò che appunto fanno il Migliorini e chi ne segue i princìpi […]. […] Non la glottotecnica, ma il videotecnico (si veda a suo luogo), ha potere sull'italiano dei nostri giorni; cioè il popolo, secondo un ordine o disordine molto più naturale; cioè tutti, nel senso proprio che quest'aggettivo non ha mai avuto quanto oggi: senza distinzione di soggetti, com'è ormai senza distinzione di generi la lingua stessa, l'oggetto. Tutti, dunque, con mano libera sulla lingua di tutti (che non è più né comune né tecnica né letteraria e via dicendo).
Volgo disperso, anche se in begli abiti, quei tutti mancano d'una vera guida; perché manca, come abbiamo visto, l'altro elemento naturale nella fucina della lingua nuova: il poietès, l'artigiano studioso e colto… Se n'è andato, se ne va continuamente ("evadendo"); va e viene secondo il comodo o secondo, diremo meglio, il costume dei tempi. Eppure, c'è chi ancora, contro il sovvertimento d'ogni idea, guarda a lui, alla sua ideale e naturale torretta, aspettando di lì, e non da quella del linguista, i lumi. Giacché una lingua non può far a meno di saldi e disciplinati e meditati esemplari scritti: modelli vivi, che ricompongano, nella città dei parlanti e scriventi, l'armonia fra popolo e maestri.
Maestro di lingua, in ogni tempo, è sempre stato prima di tutti lo scrittore. E gli stessi maestri con titolo, insegnanti d'ogni grado di scuola, l'hanno imparata da. lui, più che dalle università. Da lui sono stati educati; da lui, nella sciatteria e nella "facilità", diseducati.”

Franco Fochi (1921–2007) linguista e saggista italiano

Filologi e scrittori, p. 349
Lingua in rivoluzione

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“Avevo lasciato questo pianeta, abbandonando i poveri terrestri alle loro occupazioni tanto molteplici quanto inutili; finalmente vivevo nello splendore scintillante delle stelle, che mi apparivano grandi come milioni di soli! In altre occasioni non ero riuscito ad ottenere quel tipo di illuminazione per le scene delle mie opere: nel grande teatro dell'Opéra i fondali troppo spesso rimangono in ombra. Ormai non dovevo più rispondere alle lettere, avevo detto addio alle prime rappresentazioni, alle discussioni letterarie e a tutto ciò che vi si mescolava.
Niente giornali, niente cene, niente notti agitate!
Ah! se avessi potuto consigliare ai miei amici di raggiungermi dove mi trovavo. Non avrei esitato a chiamarli a me. Ma l'avrebbero fatto?
Prima di ritirarmi in questo soggiorno lontano avevo scritto le mie ultime volontà (un marito infelice avrebbe approfittato di questa occasione testamentaria per scrivere con voluttà «Le Mie Prime Volontà»). Avevo soprattutto espresso il desiderio di essere inumato a Egreville, vicino alla dimora familiare nella quale avevo vissuto per tanto tempo. Oh! Il buon cimitero! In aperta campagna: in un silenzio che si conviene a coloro che vi abitano.
Avevo evitato che si evitasse di appendere alla mia porta quelle tende nere, fatte apposta per i clienti. Desideravo che una vettura anonima mi facesse lasciare Parigi. Il viaggio, secondo le mie volontà, aveva avuto luogo alle otto di mattina. Un paio di giornali della sera ritennero di dover informare i loro lettori della mia morte.
Alcuni amici – ne avevo ancora la sera prima – andarono ad informarsi dal mio portinaio se la notizia era vera, e lui rispose: «Ahimè! Monsieur è partito senza lasciare indirizzo.» E la sua risposta era vera, perché non sapeva dove mi portasse quella macchina.
All'ora di pranzo, alcuni conoscenti mi fecero l'onore di condolersi; nel pomeriggio si parlò dell'avvenimento addirittura nei teatri, qua e là:
«– Adesso che è morto non lo eseguiranno più così spesso, vero?
«– Sapete che ha lasciato un'opera inedita? Ma non smetterà mai di togliere il lavoro alla gente?
«– Io, parola mia, gli volevo bene! Nelle sue opere avevo sempre dei grossi successi!
Ed era una bella voce di donna a dire quest'ultima frase.
Dal mio editore, piangevano: mi volevano tanto bene!
A casa mia, Rue de Vaugirard, mia moglie e mia figlia, i miei nipoti i miei bisnipoti erano riuniti: e nei singhiozzi quasi provavano una consolazione.
La mia famiglia doveva arrivare a Egreville la sera stessa del mio seppellimento.
E la mia anima (l'anima sopravvive al corpo) sentiva venire tutti questi rumori dalla città che avevo abbandonata. Man mano che la macchina me ne allontanava, le parole, i rumori, si confondevano, e io sapevo, visto che mi ero fatto costruire da parecchio tempo la tomba, che la fatal pietra, una volta sigillata, sarebbe diventata nel giro di poche ore la porta dell'oblio.”

Jules Massenet (1842–1912) compositore francese

da Epilogo in cielo, l'Echo de Paris, 11 luglio 1912; citato nell'epilogo a Don Quichotte, prefazione di Piero Faggioni, Stagione Lirica 1985-86, E. A. Teatro San Carlo, Napoli 1985, p. 84

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“[Roberto Mattioli a Margherita Hack]: "Io so che lei ce l'ha anche con un passato relativo alla canzone italiana. Lei ha scritto una canzone che l'Impero Baudico non ha accettato! Si sfoghi!"”

Roberto Mattioli (1963) conduttore televisivo e conduttore radiofonico italiano

Da Sol Tv dell'8 aprile 2007; http://www.youtube.com/watch?v=SS4_Jq1MhI0
Variante: : "Io so che lei ce l'ha anche con un passato relativo alla canzone italiana. Lei ha scritto una canzone che l'Impero Baudico non ha accettato! Si sfoghi!".
Origine: L'Impero Baudico; per evidenziare l'egemonia decisionale di Pippo Baudo nei Festival di Sanremo da egli stesso curati nella direzione artistica e presentati.

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“[Rivolto a Mentana, parlando della legge elettorale] Questa legge qua l'ho scritta io ma è una porcata, glielo dico francamente.”

Roberto Calderoli (1956) politico italiano

da Matrix del 15 marzo 2006 parte 5 http://www.matrix.mediaset.it/videogallery/2006/03/15/videogallery.shtml

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“Le parole volano gli scritti anche.”

Giuseppe Pontiggia (1934–2003) scrittore italiano

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“C'è una prova molto semplice per vedere se una lettera è bella. Se leggendola ci sembra di sentir parlare chi l'ha scritta, vuol dire che è bella.”

A. C. Benson (1862–1925) saggista, poeta e scrittore inglese

da Along the Road, 1926; citato in Selezione da Reader's Digest, febbraio 1964

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“Non sono certo l'unica, ma stimo moltissimo Mina e Ornella Vanoni. Pensa che Parole di burro l'ho scritta pensando a Mina, l'avrebbe cantata in modo meraviglioso. Amo la loro eleganza, quel sapore anni Sessanta, e certamente entrambe le vocalità.”

Carmen Consoli (1974) cantautrice italiana

dall'intervista di Francesca Mineo, Musica per i golosi http://www.mybestlife.com/ita_anima/musica_golosi/Carmen_Consoli_intervista.html

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“Ho riletta l'opera della Bergalli, che sempre più mi è piaciuta. Ella è condotta e scritta assai bene, e fa vergogna a tante puerilità e sciocchezze, che escono alla giornata dalla penna di cotesti poetastri.”

Apostolo Zeno (1668–1750) poeta, librettista e giornalista italiano

dalla lettera a al Sig. Andrea Cornaro, 13 gennaio 1725, p. 17
Lettere
Origine: Apostolo Zeno, Lettere, Vol. IV, Francesco Sansone, Venezia 1785

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“Il canto parte dall'emissione dei singoli suoni in relazione alle vocali che li sostengono. Se il suono e la vocale pertinente non sono emessi secondo le giuste regole, ogni altro discorso, sullo stile, sugli effetti, sui colori, è già pregiudizievolmente compromesso.”

Franco Corelli (1921–2003) tenore italiano

citato in Giancarlo Landini, Come un poeta che ha scritto per rivelare a sé la propria anima, pp. 42-43, L'Opera mensile per il mondo del melodramma, anno XII, n. 126, febbraio 1999

“Le sembrerà strano, ma tra i dischi più belli che io ho inciso c'è certo l"Ingemisco" della "Messa da Requiem". Lì ho trovato un bel colore, una morbidezza di emissione, un bel rapporto tra la mia voce e l'esigenza della pagina.”

Franco Corelli (1921–2003) tenore italiano

citato in Giancarlo Landini, Come un poeta che ha scritto per rivelare a sé la propria anima, p. 43, L'Opera mensile per il mondo del melodramma, anno XII, n. 126, febbraio 1999

“I colori sono un elemento fondamentale per la riuscita di ogni interpretazione. Non solo ogni autore ha un suo colore.”

Franco Corelli (1921–2003) tenore italiano

citato in Giancarlo Landini, Come un poeta che ha scritto per rivelare a sé la propria anima, p. 43, L'Opera mensile per il mondo del melodramma, anno XII, n. 126, febbraio 1999

“Il miglior fabbro della nostra recente narrativa (cui si rimpiange abbia arriso in vita — sia detto in pieno spirito polemico — una fortuna altrettanto diffusa e plenaria che impressionistica, tecnicamente inadeguata, tutta di blanda natura recensiva quando non agiograficamente prefatoria) lascia pressoché intatto un territorio di ricerca nel quale campeggia, ormai ineludibile, un dilemma di portata capitale: se sia lecito, e soprattutto euristicamente remunerativo, confinare il più splendido modello d'italiano degli ultimi decennî (sempreché il predicato suoni ancora laudatorio in un'epoca soggiogata, come l'attuale, dal falso idolo della semplicità e dell'uniformità denotativa) nell'alveo angusto d'un virtuosismo formalistico di matrice rondesco-dannunziana e d'una ricercatezza basata sul recupero acritico di materiali aulici e preziosissimi; o non piuttosto riconoscere in esso lo statuto d'una scrittura duttile, densa, sorprendentemente viva e vitale, capace di contrastare la dilagante mediocrità espressiva e insieme di conciliare con assoluto rigore e straordinaria intelligenza le ragioni della letterarietà tradizionale (mai, beninteso, passivamente accolte, bensì filtrate, in un folto coimplicarsi d'echi intertestuali, attraverso una sensibilità originale, austeramente selettiva) con la tensione analitica e di scavo, la trasfigurazione lirica, la compromissione estrema di chi assegna alla letteratura una funzione taumaturgica, poco meno che salvifica, essenzialmente sacrale. E tanto basti a legittimare l'equazione, se inusitata plausibilissima, letterarietà-autenticità, o, a dir tutto, artificio-affabilità comunicativa.”

Gualberto Alvino (1953) filologo, critico letterario e scrittore italiano

da Artificio e pietà. Contributo allo studio di Gesualdo Bufalino, in Gualberto Alvino, Tra linguistica e letteratura. Scritti su D'Arrigo, Consolo, Bufalino, introduzione di Rosalba Galvagno, Roma, Fondazione Antonio Pizzuto, 1998

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“I miei libri non nascono per l'editoria, ma sulle assi di un palcoscenico, sono "detti" prima che scritti.”

Claudio Bisio (1957) attore italiano

dall'intervista a cafeletterario, 19 dicembre 1997

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“Il colore è un mezzo che consente di esercitare un influsso diretto sull'anima. Il colore è il tasto, l'occhio il martelletto, l'anima è il pianoforte dalle molte corde.”

Vasilij Vasil'evič Kandinskij (1866–1944) pittore russo

Origine: Da Dello spirituale nell'arte, in Tutti gli scritti, a cura di P. Sers, Feltrinelli, 1989.

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“La gola, è stato scritto, ha un'altra peculiarità: è il solo vizio che aumenta con l'età, mentre tutti gli altri tendono a diminuire.”

Cesare Marchi (1922–1992) scrittore, giornalista e personaggio televisivo italiano

prefazione, p. 9
Quando siamo a tavola

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“Tutti ce l'hanno con Anne Hathaway, anche io, lo ammetto, e a volte non so nemmeno il perché. È troppo costruita, perfino quando vince un premio, e fa sempre la solita battuta che sembra scritta apposta per lei. Odiare è una parola forte, ma non mi fa impazzire, anche se è una bravissima attrice. Dico bene? […] Ma penso che sia questo il motivo per cui non piace.”

James Franco (1978) attore, regista e scrittore statunitense

Origine: Citato in Margherita Corsi, [//www.vanityfair.it/people/mondo/13/03/26/james-franco-capisco-chi-odia-anne-hathaway-oscar James Franco: «Capisco perché Anne Hathaway non piace»], VanityFair.it, 26 marzo 2013.

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“A proposito di Wikipedia, caro Magini, posso dirle soltanto che questa enciclopedia online è uno dei frutti più sorprendenti della grande rivoluzione che il computer personale e Internet hanno provocato nel campo della comunicazione. In un articolo pubblicato dal settimanale Mondo del 13 luglio, Andrea Turi ricorda che la parola "wiki" viene dal linguaggio parlato nelle isole Hawaii e significa "rapido". La parola allude alla rapidità con cui le informazioni appaiono sullo schermo, ma vale anche per il suo straordinario sviluppo in pochi anni. È nata in inglese il 15 gennaio 2001, ma sono bastati soltanto quattro mesi perché venissero create 13 edizioni fra cui una italiana. Oggi il suo sito è uno dei dieci più frequentati nel mondo e registra ogni sei mesi circa sei miliardi di accessi. È una enciclopedia in cui tutti possono scrivere e a cui tutti possono attingere. Si compone di circa sette milioni di voci (poco meno di 350.000 in italiano) ed è scritta in circa 250 lingue da uno stuolo di collaboratori anonimi, curiosi, appassionati di temi particolari e ansiosi di gettare le loro informazioni nel grande mondo della rete. Insomma Wikipedia è una cattedrale che cresce spontaneamente, senza disegni e architetti grazie alla collaborazione di parecchie migliaia di muratori volontari. È inevitabile, in queste condizioni, che qualche colonna sia sghemba, qualche arco mal calcolato, qualche pietra difettosa, qualche prospettiva ingannevole. Ma gli errori ideologici, le sviste e i partiti presi non mi impediranno di continuare a consultarla. Raccomando ai lettori di fare altrettanto con il tradizionale ammonimento che accompagna le buone medicine: usare con cautela.”

Sergio Romano (1929) storico, scrittore e giornalista italiano

da Come insegnare il friulano e leggere Wikipedia http://www.corriere.it/solferino/romano/07-09-25/01.spm, 25 settembre 2007
Lettere al Corriere, Corriere della Sera
Origine: Rispondendo a un lettore preoccupato dell'attendibilità di Wikipedia, il quale citava una versione vandalizzata della voce Sergio Romano contenente opinioni personali e accuse di fascismo.

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“Per me un libro è valido quando ti da l'impressione che l'autore sarebbe crepato se non l'avesse scritto.”

Thomas Edward Lawrence (1888–1935) agente segreto, militare e archeologo britannico

dalle Lettere

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“È impossibile scrivere un cubo come somma di due cubi o una quarta potenza come somma di due quarte potenze o, in generale, nessun numero che sia una potenza maggiore di due può essere scritto come somma di due potenze dello stesso valore. Dispongo di una meravigliosa dimostrazione di questo teorema che non può essere contenuta nel margine troppo stretto della pagina.”

Pierre de Fermat (1601–1665) matematico francese

Cubum autem in duos cubos, aut quadratoquadratum in duos quadratoquadratos, et generaliter nullam in infinitum ultra quadratum potestatem in duos eiusdem nominis fas est dividere. Cuius rei demonstrationem mirabilem sane detexi. Hanc marginis exiguitas non caperet.
Origine: Dal margine della sua copia del libro II dellAritmetica di Diofanto di Alessandria; citato in Simon Singh, L'Ultimo Teorema di Fermat, traduzione di Carlo Capararo e Brunello Lotti, Milano, Rizzoli, 1997, p. 89. ISBN 8817845280

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“[Riguardo ad uno dei processi in cui era imputato Silvio Berlusconi] Questo non è un processo politico, anche se è innegabile che possa avere conseguenze politiche. Ma i nostri valori sono scritti nel codice penale.”

Francesco Saverio Borrelli (1930–2019) magistrato italiano

Origine: Citato in Borrelli: 'Non è un processo politico' http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/01/19/borrelli-non-un-processo-politico.html, la Repubblica, 19 gennaio 1996.

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“Un bel tacer | mai scritto fu.”

Giacomo Badoaro (1602–1654) librettista e poeta italiano

da Il ritorno d'Ulisse in patria, atto V, scena VIII
Origine: Testo dell'opera. http://www.librettidopera.it/ritulipa/a_06.html
Origine: Noto anche nelle forme proverbiali «Un bel tacer non fu mai scritto» o «Il bel tacer non fu mai scritto»; attribuito a Dante Alighieri e al compositore Claudio Monteverdi, autore quest'ultimo della sola musica dell'opera citata.

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“Ah, formidabile… Il tuo avvocato è proprio un asino | no, certe cose non si scrivono… | che poi i giudici ne soffrono…”

Paolo Conte (1937) cantautore, paroliere e polistrumentista italiano

da Parole d'amore scritte a macchina, n. 9
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