Frasi su fuga
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“Ero solo in casa e Petalo come al solito si era messo a grattare la porta e a gemere nel modo più molesto e inurbano, disturbando indicibilmente la mia concentrazione profonda di filosofo. […] Con una scopa corsi alla porta e… ma non ricordo di avergli dato un colpo… forse glielo minacciai soltanto, urlandogli istericamente di filare […]. Quel che ricordo nitidamente, come se guardassi una istantanea di quel momento, è la fuga del maleamato sulla rampa della scala […]. Su ogni gradino c'erano gocce di sangue. Petalo era ferito. Era venuto a supplicarmi soccorso e si era ricevuto un colpo di scopa.Andai su a vedere, temendo di essere stato io il feritore… (Forse glielo diedi, il colpo). Stava leccando del latte, disperatamente. Una zampina era stata portata via di netto da qualcosa di terribile, e sulla schiena aveva uno squarcio, vicino al collo, un cratere di sangue. Non si lamentava più, ogni tanto ci guardava, come fossimo stati i suoi giudici, o i suoi medici.
Chiamai il veterinario, che aveva il rimedio nella borsa e che consigliò di adoperarlo subito. Era stato un cane a ridurlo in quello stato […]. Mentre il misericordioso Dottore preparava l'iniezione, [Petalo] mi fissò in modo indimenticabile e volle – proprio così – che la mia mano si posasse dolcemente sulla sua mutilazione, un grumo di dolore che spenzolava. Non so se mai più mi capiterà di supplicare mentalmente, con tanta angoscia e febbrile vergogna, qualcuno, qualche groviglio di visceri viventi, di perdonarmi, sul punto della morte.”

Guido Ceronetti (1927–2018) poeta, filosofo e scrittore italiano

Origine: La pazienza dell'arrostito, pp. 286-288

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“Moro non è il santino immaginario della interessata iconografia ufficiale. […] Moro è quello che vien fuori dalle sue lettere, quelle lettere che scrisse quando era prigioniero delle Br e che sono quanto di più penoso ed umiliante sia mai uscito da una prigione. Lo «statista insigne» che, al momento del dunque, sconfessa tutti i principi dello Stato di diritto, sembra considerare lo Stato ed i suoi organismi come un proprio patrimonio privato, invita gli amici del suo partito ed i principali rappresentanti della Repubblica a fare altrettanto. L'uomo che chiede pietà per sé ma, in novanta lettere, non ha una parola per gli uomini della sua scorta, morti ammazzati per lui e, anzi, l'unico accenno che ne fa è gelidamente burocratico per definirli «amministrativamente non all'altezza». Il politico che conferma la tradizione della classe dirigente italiana pronta a chiedere tutto, anche la vita, agli umili, ma mai disposta, le poche volte che capita, a pagare di persona (si pensi a Mussolini in fuga sotto un pastrano tedesco, al modo con cui il re e Badoglio abbandonano Roma). Dire queste cose d'un uomo che è morto come è morto Moro può apparire, anzi è, crudele. Ma è la verità. E poiché ho scritto queste cose quando Moro era ancora vivo («Statista insigne o pover'uomo?»”

Massimo Fini (1943) giornalista, scrittore e drammaturgo italiano

Il Lavoro 4 aprile 1978) non ho alcuna remora a ripeterle ora che è morto e che altri tasselli vengono a completarne la figura.
Origine: Da E questo era lo «statista insigne»? http://www.massimofini.it/1986/blog/pagina-2, Massimofini.it, archivio 1986.

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“Quanti vampiri credi che abbiano la tempra per l'immortalità? Tanto per cominciare, molti hanno dell'immortalità una concezione estremamente squallida. Perché diventando immortali vogliono che tutte le forme della loro vita vengano fissate così come sono e rimangano incorruttibili: carrozze della stessa foggia immutata e affidabile, abiti col taglio che s'addiceva alla loro giovinezza, uomini che si abbigliano e parlano nel modo che hanno sempre capito e apprezzato. Quando, in realtà, tutte queste cose cambiano, tranne il vampiro stesso; ogni cosa, eccetto il vampiro, è soggetta a costante corruzione e alterazione. Presto, se si ha una mentalità rigida, e spesso anche quand'è elastica, l'immortalità diventa una detenzione in un manicomio di figure e di forme irrimediabilmente incomprensibili e prive di valore. Una sera un vampiro si alza e si rende conto di ciò che ha temuto forse per decenni; semplicemente che non vuol più saperne di vivere, a nessun costo. Che qualunque stile o modo o forma di esistenza che gli aveva reso piacevole l'immortalità è stato spazzato via dalla faccia della terra. E che non resta altra fuga dalla disperazione che l'atto di uccidere. E quel vampiro va a morire. Nessuno troverà i suoi resti. Nessuno saprà dov'è andato. E spesso nessuno di quelli che gli sono vicini --sempre che ancora cercasse la compagnia di altri vampiri --nessuno saprà che versa nella disperazione. Avrà cessato da molto tempo di parlare di se stesso o di qualunque altra cosa. Svanirà.”

Anne Rice (1941) scrittrice statunitense

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Intervista col Vampiro

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“In fuga, Bonnie and Clyde, | ma nessuno può entrare nella mente e nel cuore | quindi non ci prenderanno mai.”

Rayden (1985) rapper e beatmaker italiano

da Via con te, n. 8

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“Di lui [Demade] tutte le parti del corpo sono conformate a perversità: gli occhi a sfacciata lussuria, le mani alla rapina, il ventre a ingordigia, le membra che non si possono con decenza nominare, ad ogni genere di corruzione, i piedi alla fuga: proprio come se i vizi siano scaturiti da lui o egli stesso sia stato generato dai vizi.”

Licurgo di Atene (-390–-324 a.C.) politico e oratore ateniese

Contro Cefisodoto, forse, frammento conservato da Rutilio Lupo in De figuris sententiarum et elocutionis, I, 18; traduzione in Oratori attici minori, p. 925
Orazioni, Frammenti

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“A nessuno importerà quali individui siano stati modificati per costruire un romanzo. Lo so, c’è sempre un certo tipo di lettore che si sentirà in dovere di chiedere: Ma che cosa è successo veramente? La risposta è semplice: gli amanti sopravvivono, felici. Finché resterà anche una sola copia, un unico dattiloscritto della mia stesura finale, la mia Arabella dall'animo sincero e il suo principe-dottore sopravviveranno per amarsi. Il problema in questi cinquantanove anni è stato un altro: come può una scrittrice espiare le proprie colpe quando il suo potere assoluto di decidere dei destini altrui la rende simile a Dio? Non esiste nessuno, nessuna entità superiore a cui possa fare appello, per riconciliarsi, per ottenere il perdono. Non c’è nulla al di fuori di lei. È la sua fantasia a sancire i limiti e i termini della storia. Non c’è espiazione per Dio, né per il romanziere, nemmeno se fossero atei. È sempre stato un compito impossibile, ed è proprio questo il punto. Si risolve tutto nel tentativo. […] Mi piace pensare che non sia debolezza né desiderio di fuga, ma un ultimo gesto di cortesia, una presa di posizione contro la dimenticanza e l'angoscia, permettere ai miei amanti di sopravvivere e vederli riuniti alla fine. Ho regalato loro la felicità, ma non sono stata tanto opportunista da consentire che mi perdonassero, non proprio, non ancora.”

Atonement

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“«Cominci a scappare e sarai in fuga per sempre»”

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“Eccola dunque col pensiero laggiù.
Le par d’essere ancora fanciulla, arrampicata sul belvedere del prete, in una sera di maggio. Una grande luna di rame sorge dal mare, e tutto il mondo pare d’oro e di perla. La fisarmonica riempie coi suoi gridi lamentosi il cortile illuminato da un fuoco d’alaterni il cui chiarore rossastro fa spiccare sul grigio del muro la figura svelta e bruna del suonatore, i visi violacei delle donne e dei ragazzi che ballano il ballo sardo. Le ombre si muovono fantastiche sull’erba calpestata e sui muri della chiesa; brillano i bottoni d’oro, i galloni argentei dei costumi, i tasti della fisarmonica: il resto si perde nella penombra perlacea della notte lunare. Noemi ricordava di non aver mai preso parte diretta alla festa, mentre le sorelle maggiori ridevano e si divertivano, e Lia accovacciata come una lepre in un angolo erboso del cortile forse fin da quel tempo meditava la fuga.
La festa durava nove giorni di cui gli ultimi tre diventavano un ballo tondo continuo accompagnato da suoni e canti: Noemi stava sempre sul belvedere, tra gli avanzi del banchetto; intorno a lei scintillavano le bottiglie vuote, i piatti rotti, qualche mela d’un verde ghiacciato, un vassoio e un cucchiaino dimenticati; anche le stelle oscillavano sopra il cortile come scosse dal ritmo della danza. No, ella non ballava, non rideva, ma le bastava veder la gente a divertirsi perché sperava di poter anche lei prender parte alla festa della vita.
Ma gli anni eran passati e la festa della vita s’era svolta lontana dal paesetto, e per poterne prender parte sua sorella Lia era fuggita di casa…
Lei, Noemi, era rimasta sul balcone cadente della vecchia dimora come un tempo sul belvedere del prete.”

Grazia Deledda (1871–1936) scrittrice italiana

Reeds in the Wind

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“Sul Mortirolo (quota 1854) è nato il mito di Marco Pantani, quando il 5 giugno 1994 salutò tutti e andò in fuga nell'ultima parte della salita, passando in vetta con 10 minuti su Nelson Rodriguez, primo degli inseguitori.”

Aldo Grasso (1948) giornalista, critico televisivo e docente italiano

Origine: Da Aristotele in fuga sullo Stelvio. Lo spirito vitale del Giro d'Italia http://www.corriere.it/cultura/17_aprile_26/giro-d-italia-libro-volume-giacomo-pellizzari-29d373b8-2aa0-11e7-aac7-9deed828925b.shtml, Corriere.it, 26 aprile 2016

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“Ma sapete voi con precisione che cosa sia una fuga, lo sapete? Non lo sapevo nemmeno io prima di vederla. Credevo che fosse l'uomo che, a un certo punto, si mette a pedalare più forte degli altri e li semina per via. Errattissima nozione. La fuga è invece un grande urlo e un gesto disperato che mettono d'improvviso in confusione tutta la carovana del Giro.”

Indro Montanelli (1909–2001) giornalista italiano

Indro al Giro
Variante: Ma sapete voi con precisione che cosa sia una fuga, lo sapete? Non lo sapevo nemmeno io prima di vederla. Credevo che fosse l'uomo che, a un certo punto, si mette a pedalare più forte degli altri e li semina per via. Errattissima nozione. La fuga è invece un grande urlo e un gesto disperato che mettono d'improvviso in confusione tutta la carovana del Giro.

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“[Su Carla Bruni] Da sempre simpatica come un'invasione di cavallette nel giorno del tuo matrimonio, la Bruni ci ha già deliziato con le sue canzoncine profonde come quelle di Katia Svizzero. Adesso in tv esegue due brani, accompagnandosi alla chitarra come una Joan Baez più avezza ai salons de beauté che ai campus universitari. Ha una vocina che sembra una fuga di gas. Precisa che i ricavati delle vendite andranno tutti in beneficienza. Ma la vera opera di bene sarebbe smettere di cantare.”

Tommaso Labranca (1962–2016) scrittore, autore televisivo e conduttore radiofonico italiano

Carlà, 05/2009
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Variante: [... ] Da sempre simpatica come un’invasione di cavallette nel giorno del tuo matrimonio, la Bruni ci ha già deliziato con le sue canzoncine profonde come quelle di Katia Svizzero. Adesso in tv esegue due brani, accompagnandosi alla chitarra come una Joan Baez più avezza ai salons de beauté che ai campus universitari. Ha una vocina che sembra una fuga di gas. Precisa che i ricavati delle vendite andranno tutti in beneficienza. Ma la vera opera di bene sarebbe smettere di cantare. (Carlà)

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“I guerrieri erano tenuti a rispettare tutta una serie di regole di condotta. Non dovevano mai stringere la mano di un non-simba, non dovevano lavarsi, né pettinarsi i capelli o tagliarsi le unghie, altrimenti sarebbero diventati di nuovo vulnerabili. Molte di quelle regole erano meno bizzarre di quanto sembrasse a prima vista. La maggior parte dei simba non aveva uniformi ed era praticamente priva di armi da fuoco. Andavano a combattere a torso nudo, coperti di ramoscelli e di pelli di animali e muniti solamente di lance, machete e randelli. Con tale equipaggiamento dovevano affrontare l'armata governativa di Mobutu che, pur essendo ancora un'accozzaglia di persone male organizzate, era comunque dotata di mitragliatrici semiautomatiche. Quelle regole magiche imponevano ai simba una forma di disciplina militare. Il sesso era proibito, perché altrimenti i guerrieri si sarebbero abbandonati a stupri continui. Farsi prendere dal panico era proibito, altrimenti si sarebbero dati alla fuga. Guardarsi dietro era proibito, così come il nascondersi. Il guerriero simba doveva gettarsi contro il nemico urlando "Simba, simba! Mulele mai! Mulele mai! Lumumba mai! Lumumba oyé!" (Leone, leone, acqua di Mulele, acqua di Lumumba, viva Lumumba!). Se avessero gridato quelle parole, i proiettili degli avversari si sarebbero trasformati in acqua al contatto con i loro torsi. Quelli che venivano colpiti evidentemente non avevano rispettato una qualche regola di condotta. Assurdo? Sì, ma non più assurdo di determinati attacchi durante la Prima guerra mondiale, in cui si ordinava ai soldati di avanzare sotto un fuoco di sbarramento. E la cosa bizzarra era che non erano soltanto i simba a credere nel loro potere magico, ma anche gli uomini dell'esercito governativo. I soldati di Mobutu avevano una paura del diavolo di quei bruti isterici e drogati che si gettavano contro di loro gridando e con gli occhi sgranati.”

Origine: Congo, pp. 346-347

“Benché la testimonianza sopraccitata dimostri la sua reputazione di persona di intelligenza eccezionale, nessuno fra quanti ebbero contatti con lei sembra avere sospettato l'altezza del suo genio. Questa altezza si manifestò in svariate lettere, e soprattutto nella poesia. È una poesia la cui caratteristica più appariscente risiede nel suo totale il anticonformismo: il successo lentamente arriso alla Dickinson sarebbe venuto nei tempi moderni, quando retrospettivamente si trovarono in lei anticipazioni di esperienze centrali nella nuova letteratura americana. Tale anticonformismo riguarda tanto le idee, quanto la forma nella quale queste sono espresse; fra le prime balzando in primo piano l'ironia per non dire la sfiducia nell'incrollabile religiosità di stampo calvinista di cui era saturo il suo ambiente (non che questa religiosità da cui prese le distanze non lasciasse comunque tracce profonde nel suo modo di ragionare e di esprimersi), unita alla costante, intensa ricerca di un'elevazione, di una fuga dalla quotidianità, nel sogno e nell'avventura intellettuale vissuta con una concretezza accostabile ai cosiddetti poeti metafisici del Barocco inglese.”

Masolino D'Amico (1939) critico teatrale, traduttore e giornalista italiano

Origine: Da Il diamante Emily http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/Itemid,3/action,detail/id,0998_01_1986_0296_0003_23320083/, La Stampa, 18 dicembre 1986, p. 3.

“La fuga del responsabile della nefanda strage delle Fosse Ardeatine è ancora più dolorosa perché Kappler rappresentava per tutti i perseguitati, i partigiani e per l'ideale democratico nato dalla Resistenza, la testimonianza più amara e cruda delle atrocità e della barbarie nazista che hanno travagliato il nostro Paese.”

Aldo Viglione (1923–1988) avvocato e politico italiano

Origine: Citato in Ondata di amaro sdegno per l'evasione di Kappler http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,4/articleid,1095_01_1977_0184_0004_16016470/, La Stampa, 17 agosto 1977.

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“Giuliano Poletti, ministro fotocopia del Lavoro, che sulla fuga del cervelli, organo su cui non ha gran competenza, ha rilasciato ieri dichiarazioni assai poco cerebrali.”

Gianni Barbacetto (1952) giornalista e scrittore italiano

Origine: Da Breve fuga del cervello di Poletti Giuliano, ministro http://www.giannibarbacetto.it/2016/12/20/breve-fuga-del-cervello-di-poletti-giuliano-ministro/, Il Fatto Quotidiano; riportato in Giannibarbacetto.it, 20 dicembre 2016.

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“Velleità D'Amore

Candore sinfonico
di foriero del giorno
mormora al cuor note d'oriente,
nenie diuturne che euritmicano
riecheggiando dentro
celando trepidazioni proscritte
in danzanti strofe
nei meandri d'eternità,
lasciandomi incerti trasogni
in minuscole poesie connesse
come intrecci di fili d'oro
in mille metafore come fiori sparsi nel turchese prato
di questo immenso mare
dallo sguardo ondulato!
Un panorama intenso
nella sua estesa di fine Agosto,
e come lieve brezza accarezza
la mia anima in fuga e persa
nel mistero del suo effluvio,
disegna ricordi da vivere
nel futuro che non vuol avanzare!
Oh incanto di luce sei, amor mio,
dove sei o vibrazione divina?!
Oggidì che pigramente scorri
tra le linee del mio destino
per poi traboccare nei colori
del tramonto sfumato d'amore,
colori l'orizzonte di sussulti
in quei sbuffi di nugoli gridellini,
suvvia raccontami una favola
sulle sue labbra come rose
in fiammelle di passione
sulle mie altrettanto infuocate,
e del suo respiro nel mio
che come musica ci sospinge
nel più alto dei cieli,
raccontami ti prego oggidì,
ancor chimera per i miei occhi
sarà il suo cuore per me?!
Ancora la sogno ad occhi aperti
sulle ali del destino
che ancor mi seppellisce
nel profondo delle mie lacrime
di questa realtà che triste
si spegne lenta disperdendo
ogni velleità d'amore,
come scuri coriandoli al vento!
Io chiudo il mio viso tra le mani
nel disincanto di poterla
un giorno veder arrivare,
poterla venerare
e godere d'amore al suo fianco,
fino all'estremo del mio
veemente ardente sentimento
che non si esaurisce
alla fine della notte
senza luna che sorride,
mentre io disteso
sullo scoglio mi assopisco
nel più bel sogno
che lei possa esser qui
mia per sempre,
esprimo desideri alle stelle
che brillanti sorridono
facendomi da trapunta
scaldandomi il cuor
morente d'amore per lei,
che ancor mistero è per me!



© Laura Lapietra”