Frasi su inverno
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“L'inverno è una primavera che si ignora.”

Origine: Malatesta, p. 374

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“Nel sole di marzo, mentre era seduto su una catasta di ceppi di faggio che scricchiolavano per il caldo, avvenne che egli pronunciasse per la prima volta la parola «legno». Aveva già visto il legno centinaia di volte, aveva sentito la parola centinaia di volte. La capiva anche, infatti d'inverno era stato mandato fuori spesso a prendere legna. Ma il legno come oggetto non gli era mai sembrato così interessante da darsi la pena di pronunciarne il nome. Ciò avvenne soltanto quel giorno di marzo, mentre era seduto sulla catasta. La catasta era ammucchiata a strati, come una panca, sul lato sud del capannone di Madame Gaillard, sotto un tetto sporgente. I ceppi più alti emanavano un odore dolce di bruciaticcio, dal fondo della catasta saliva un profumo di muschio, e dalla parete d'abete del capannone si diffondeva nel tepore un profumo di resina sbriciolata.
Grenouille era seduto sulla catasta con le gambe allungate, la schiena appoggiata contro la parete del capannone, aveva chiuso gli occhi e non si muoveva. Non vedeva nulla, non sentiva e non provava nulla. Si limitava soltanto ad annusare il profumo del legno che saliva attorno a lui e stagnava sotto il tetto come sotto una cappa. Bevve questo profumo, vi annegò dentro, se ne impregnò fino all'ultimo e al più interno dei pori, divenne legno lui stesso, giacque sulla catasta come un pupazzo di legno, come un Pinocchio, come morto, finché dopo lungo tempo, forse non prima di una mezz’ora, pronunciò a fatica la parola «legno». Come se si fosse riempito di legno fin sopra le orecchie, come se il legno gli arrivasse già fino al collo, come se avesse il ventre, la gola, il naso traboccanti di legno, così vomitò fuori la parola. E questa lo riportò in sé, lo salvò, poco prima che la presenza schiacciante del legno, con il suo profumo, potesse soffocarlo. Si alzò a fatica, scivolò giù dalla catasta, e si allontanò vacillando come su gambe di legno. Per giorni e giorni fu preso totalmente dall'intensa esperienza olfattiva, e quando il ricordo saliva in lui con troppa prepotenza, borbottava fra sé e sé «legno, legno», a mo' di scongiuro.”

Perfume: The Story of a Murderer

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“E' il successo che a volte può trasformarti in un malvestito solitario senzatetto che si rispecchia nel lucido vetro della lussuosa vetrina di uno dei più grandi e famosi negozi di costosissimi abiti alla moda in un inverno newyorkese.”

Carlo Zannetti (1960) chitarrista, cantautore e scrittore italiano

Variante: E’ il successo che a volte può trasformarti in un malvestito solitario senzatetto che si rispecchia nel lucido vetro della lussuosa vetrina di uno dei più grandi e famosi negozi di costosissimi abiti alla moda in un inverno newyorkese.
Origine: Da Whitney Houston,il canto del cigno https://spettacolomusicasport.com/2017/07/15/whitney-houston-il-canto-del-cigno/, SpettacoloMusicaSport.com, 15 luglio 2017.

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“Lottando contro la malattia | il lungo inverno è adesso passato | e stringo la germogliante energia | primaverile vicino al cuore.”

Aveline Kushi (1925–2001)

febbraio 1947
Origine: Citato in Aveline Kushi e Alex Jack, Guida completa alla cucina macrobiotica, traduzione di Immacolata Luppino, Edizioni Mediterranee, Roma, 2002, p. 9 https://books.google.it/books?id=vWArlD2jeT4C&pg=PA9. ISBN 88-272-0271-4

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“I lazzaroni sono i più squallidi miserabili che si possano immaginare: in nessun altro paese d'Europa se ne vedono di somiglianti. Tra' facchini, forse, delle vetrerie londinesi si troverebbero due o tre straccioni come questi. E sono a Napoli seimila di questi lazzaroni e non uno di essi dorme mai in un letto: tutti dormono su' gradini che son davanti a' palazzi, o sulle panche della strada. Ne vedete alcuni – e ciò è davvero scandaloso – sdraiarsi sotto i muri di Palazzo reale e lì starsene per tutta la giornata a riscaldarsi al sole come tanti maiali: lo spettacolo è dei più disgustosi. Quasi tutti son presso che nudi: soffrono molto il freddo e se il clima fosse lor meno propizio morrebbero tutti certamente. Anche tra gli operai pochi portano le calze e le scarpe: i loro bambini poi non ne portano mai. Si dice che siano avvezzi a questo e alle intemperie: tuttavia l'inverno li affligge ugualmente di geloni e di piaghe alle gambe, e fanno proprio pietà. In primavera que' poveri piccini son lasciati completamente nudi, e così i lor genitori riescono pur a fare una piccola economia.
I conventi a Napoli sono ricchi e usano distribuire pane e brodo una volta al giorno a chi domanda questa carità: però i lazzaroni vivono principalmente di quella: altri, o rubando o chiedendo l'elemosina, ottengono abbastanza per soddisfare alle loro necessità e anche per mantenersi sani e robusti.”

Samuel Sharp (chirurgo) (1700–1778) chirurgo e scrittore britannico

da Lettera nona, Napoli, dicembre 1765, pp. 51-52
Lettere dall'Italia 1765-1766

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“Lui apparteneva a Grande Inverno, a Catelyn nel suo dolore, al piccolo Bran. Tuttavia non sempre un uomo può trovarsi nel luogo cui appartiene.”

George R. R. Martin (1948) autore di fantascienza statunitense

Eddard Stark
2016, p. 128
Il Trono di Spade

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“E invece? Invece quando sarà finita? Quando potremo dire fi-ni-ta? – Maggio. – Maggio!? – Ecco perché ho detto che l’inverno durerà sei mesi. – Maggio, – ripeté la donna a se stessa.”

Certo che è terribilmente lontano, ma almeno, detto da un ragazzo serio e istruito come te, è un termine. È solo di un termine che ha bisogno la povera gente. Da stasera voglio convincermi che a partire da maggio i nostri uomini potranno andare alle fiere e ai mercati come una volta, senza morire per la strada. La gioventú potrà ballare all’aperto, le donne giovani resteranno incinte volentieri, e noi vecchie potremo uscire sulla nostra aia senza la paura di trovarci un forestiero armato. E a maggio, le sere belle, potremo uscire fuori e per tutto divertimento guardarci e goderci l’illuminazione dei paesi. (p. 66)
Una questione privata

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“È un inverno che va via da noi, | allora come spieghi | questa maledetta nostalgia | di tremare come foglie e poi | di cadere al tappeto?”

Malika Ayane (1984) cantautrice italiana

da Come foglie, n. 14
Malika Ayane
Origine: Testo di Giuliano Sangiorgi.

Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“Cammino Senza Di Te

È già tardi, in questi fili 
di giorni sbiaditi senza sale, 
che al mio fianco lentamente camminano in silenzio a farmi ombra, 
senza ascoltare il cuore che piange, 
senza un sorriso a illuminarmi il viso, una carezza a scaldarmi la pelle, 
senza parlarmi di te e dei tuoi occhi, 
di quanto manchino in queste ore! 
Ormai cammino con il mio riflesso 
tra le tue preferite vie in fiore 
nei giorni d'estate, 
e le strade deserte d'inverno 
sotto la neve che imbiancava. 
La primavera era la tua festa 
nei campi d'ulivo, seduta sulla panca, 
paziente restavi a osservarla. 
L’autunno, la tua malinconia, 
tingeva di giallo e bronzo 
le foglie rosse del nostro giardino, 
e in ogni ricordo che scrivevi, 
per restituirlo alla sensibilità 
del cuore tra le pieghe dell'anima, 
c'era il timbro del sentimento. 
E in quei tramonti senza un perché, 
le tue cantilene sui tuoi gioielli 
più preziosi che sfoggiavi 
con orgoglio, i nostri splendidi figli, 
appesi al futuro che tesse in segreto 
i loro destini a noi sconosciuti,
che nelle notti tra le tue preghiere, 
nelle tue lacrime imprigionate, 
una luce di purezza d'animo, 
erano speranza sul tuo volto sincero! 
Oh cara, stanchi e tristi, senza respiro 
di felicità a lasciarci volare
sull'oceano d'amore,
i miei passi vagabondi seminano vento di tempesta dietro di me, 
senza rumori di rassegnazioni. 
Ti sei vestita di perle d'anima 
per addormentarti, ormai matura 
nei tuoi anni di spine e vittorie, 
nelle braccia del sonno eterno, 
verso la valle della libertà eterna. 
E io qui, ancora in questa giungla 
del tempo che squarcia e rattoppa ferite sul cuore che brucia sempre, 
soltanto questo amore nel mio petto. 
Amore mio, fedele colomba bianca, 
le tue ali sono le mie lacrime, 
ma il ricordo della tua essenza 
è la coltre che scalda l'anima 
nel fiore d'amore per te, 
che sulla tua tomba 
di freddo marmo adagio piano 
per non farti mancare mai 
il frastuono in tormenta d'amore 
nel sacrificio del silenzio rotto 
in ogni petalo che appassisce,
ma rinsavisce nell'eterno cielo 
nelle tue mani che un giorno rivedrò. 

Laura Lapietra ©”