Frasi su alloro
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“Essere ben vestiti dovrebbe essere anche una affermazione di impegno nel match. Se state prendendo il match seriamente, allora è logico pensare che vi siate preparati seriamente. Questo include prendersi cura delle apparenze; è una manifestazione di rispetto per voi e per il vostro avversario.”

Allen Fox (1939)

Origine: Citato in Joel Drucker, Ma l'abito può fare il giocatore? http://www.ubitennis.com/sport/tennis/2011/02/08/455694-abito_uomo_fare_anche_giocatore.shtml, traduzione di Veronica Villa, Ubitennis.com, 9 febbraio 2010.

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“Chiedete a Nureyev di smettere di danzare, chiedete a Sinatra di smettere di cantare – allora potete chiedermi di smettere di giocare a tennis.”

Billie Jean King (1943) tennista statunitense

Origine: Citato in Piero Pardini, Citazioni a bordo campo http://www.ubitennis.com/2008/09/07/116570-citazioni_bordo_campo_agosto.shtml, Ubitennis.com, agosto 2008.

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“La corea ereditaria […] è confinata ad alcune famiglie, che fortunatamente sono in numero limitato, e costituisce un cimelio tramandato da molte generazioni fin dal lontano passato. Tra coloro nelle cui vene scorrono i semi della malattia se ne parla con una sorta di terrore, e non se ne fa accenno esplicito se non quando vi sia una necessità disperata e si parla, allora, di «quella malattia.»”

George Huntington (1850–1916) medico statunitense

Origine: Dall'articolo On Chorea, Medical and Surgical Reporter of Philadelphia, 13 aprile 1872; citato in Alberto Albanese, I gangli motori e i disturbi del movimento, Edizioni Piccin, 1991, p.309 http://books.google.it/books?id=7B_nsNxwjvoC&pg=PA309, ISBN 8829909114.

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“Monsignore, seppi che voi desideravate sapere tre cose da noi. Non avendo potuto, allora, aver l'onore di rispondervi, perché me n'andavo in campagna, lo facevo ora ed ecco che cosa vi dico. Prima di tutto: noi siamo interamente sotto l'obbedienza dei nostri signori prelati per andare in qualunque luogo delle loro diocesi, dove ad essi piacerà andare a predicare, catechizzare e ad indurre la povera gente a fare la confessione generale. Poi il nostro compito è di insegnare l'orazione mentale, la teologia pratica e necessaria e le cerimonie della Chiesa a coloro che devono ricevere l'ordine sacro, dieci o quindici giorni avanti I'ordinazione, e di ospitarli da noi dopo che sono diventati preti, affinché rinnovino i devoti affetti che il Signore aveva dato loro nelI'ammetterli agli ordini. In breve, noi siamo come i seni del centurione del Vangelo rispetto ai monsignori prelati in questo, che se essi ci dicono: andate, siamo obbligati ad andare; se essi ci dicono: venite, noi siamo obbligati a venire; fate la tal cosa, e noi siamo obbligati i farla. Di più siamo sottomessi aIle loro visite e correzioni, come i curati e i vicari di campagna, quantunque, per conservare I'uniformità degli spiriti, vi sia un superiore generale al quale i missionari devono obbedire quanto alla disciplina domestica. Ecco, Monsignore, come viviamo coi nostri signori prelati.”

Vincenzo de' Paoli (1581–1660) sacerdote francese

Al Vescovo di Beziers, ottobre 1635, vol. I, p. 235
Epistolario

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“Quando hai meno volontà di proferir parola allora è tempo di parlare.”

Giuseppe Marello (1844–1895) vescovo cattolico italiano

Scritti

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“Se tutto è possibile, non c'è allora niente che sia vero. E se niente è sicuro, solo l'errore è certo.”

Alexandre Koyré (1892–1964) storico della scienza e filosofo francese

Origine: Lezioni su Cartesio, p. 41

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“La fortuna rassomiglia alla luna che allora si ecclissa quando è più piena.”

Salvator Rosa (1615–1673) pittore, incisore e poeta italiano

317; p. 39
Il teatro della politica

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“Le leggi generali della natura dovrebbero conservare invariata la loro forma anche nei sistemi non galileiani. Questa possibilità è offerta dal cosiddetto principio di equivalenza. Nella teoria newtoniana, un sistema situato in un campo gravitazionale uniforme è perfettamente equivalente, dal punto di vista meccanico, a un sistema di riferimento uniformemente accelerato. La richiesta che anche tutti gli altri processi fisici debbano svolgersi nei due sistemi secondo le stesse leggi, costituisce il principio di equivalenza di Einstein, che è uno dei pilastri fondamentali della teoria della relatività generale, da lui sviluppata più tardi. Poiché il decorso di un processo in un sistema accelerato può venire calcolato, risulta possibile valutare l'influenza di un campo gravitazionale uniforme su un processo qualunque. In questo consiste tutto il valore euristico del principio di equivalenza. Einstein è pervenuto in questo modo al risultato secondo cui orologi situati in punti di basso potenziale gravitazionale procedono più lentamente di orologi situati in punti di più alto potenziale, e ha previsto lo spostamento verso il rosso delle righe spettrali emesse dal sole rispetto a quelle emesse da sorgenti terrestri. Risultò inoltre che la velocità della luce in un campo gravitazionale è variabile, e di conseguenza i raggi luminosi vengono incurvati, come se ad ogni energia corrispondesse non solo una massa inerziale, ma anche una massa gravitazionale in E=m/c2. In un lavoro successivo Einstein mostrò che la curvatura dei raggi luminosi ha per conseguenza uno spostamento delle stelle fisse visibili in prossimità del bordo del sole, suscettibile di verifica sperimentale. L'effetto calcolato allora risultò uguale a 0,83 secondi d'arco.”

Wolfgang Pauli (1900–1958) fisico austriaco

Origine: Teoria della relatività, pp. 212-213

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“Le cose restarono a lungo indefinite, e solo nell'agosto del 1945 si cercò di dare un crisma ufficiale a nomi e cifre. Con decreto governativo fu istituita una commissione, presieduta da Antonino Tarsia in Curia, con il compito di attribuire legalmente «la qualifica di partigiano combattente». La commissione accertò, con elenchi nominativi, che alle «giornate» avevano partecipato 1589 partigiani, che vi erano stati inoltre 155 morti, 85 feriti, 53 invalidi e 21 mutilati, e che altri 126 caduti si erano avuti fra la popolazione. Il totale dei combattenti si avvicina quindi alle 2000 unità. Ma 2000 unità non sono una metropoli che già sfiorava allora il milione di abitanti, e questo basterebbe a dimostrare che la città non si mosse, che il popolo napoletano restò indifferente, e che — lo abbiamo già visto esaminando minutamente i fatti del 28 settembre — nemmeno la polveriera umana di fuggiaschi e rifugiati, stivata con tanta indifferenza da Scholl e alimentata dai suoi bandi, riversò la sua carica esplosiva nel movimento. Ma anche queste cifre, a un più attento esame, sembrano piuttosto lontane dal vero. Già nel saggio di De Antonellis gli elenchi vengono definiti non attendibili, perché «gonfiati di combattenti dell'ultima giornata, e largamente deficitari dei combattenti più impegnati». Tarsia stesso, parlando degli uomini del suo gruppo, dopo aver spiegato che negli scontri del giorno 28 non ne ebbe intorno più di 30, precisa che «i patrioti che effettivamente combatterono al Vomero non superarono i 170-180», che essi «complessivamente si misero in possesso di 140-150 moschetti», alcuni dei quali però «non furono mai adoperati poiché fecero soltanto bella mostra sulle spalle di individui — furbi ma non coraggiosi — che in quei giorni pensarono a fare esclusivamente dell 'esibizionismo.»”

Origine: Napoli 1943, p. 167

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“Sostenevano che fossi gay, ma io dico: e allora? Anzi, ben vengano gli omosessuali in Nazionale, hanno una marcia in più.”

Francesco Coco (1977) calciatore italiano

Origine: Da un'intervista a Chi; citato in Coco "Gay in Nazionale? Hanno marcia in più" http://it.eurosport.yahoo.com/notizie/coco-gay-nazionale-hanno-marcia-144040076.html, Eurosport, 19 giugno 2012.

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“…allora ho detto agli indios "No. Non uccidetelo ancora. Quel pazzo mi serve"”

Werner Herzog (1942) regista, sceneggiatore e produttore cinematografico tedesco

Dal documentario Kinski, il mio nemico più caro (1999)

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“Dove si trova la conoscenza? I bambini di solito cominciano con il dare per scontato che l'insegnante possieda la conoscenza e la trasmetta alla classe. Se si creano le condizioni opportune, imparano presto che anche altri componenti della classe potrebbero possedere delle conoscenze, e che queste conoscenze possono essere condivise. (Naturalmente lo sanno fin dall'inizio, ma solo riguardo ad argomenti spiccioli.) In questa seconda fase, la conoscenza esiste nel gruppo – ma in modo inerte. È possibile allora vedere la discussione di gruppo come un modo di creare conoscenza invece che semplicemente come un modo per scoprire chi possiede quali conoscenze?
C'è un ulteriore passo da compiere, che ci porta a toccare uno degli aspetti più profondi della conoscenza umana. Se nessun membro del gruppo "sa" la risposta, dove si può andare a "scovarla"? È il balzo che porta a concepire la cultura come un magazzino, come un deposito di attrezzi o qualcosa di simile. Esistono cose note a tutti gli individui (più di quante essi stessi sappiano); più cose ancora sono conosciute dal gruppo possono essere scoperte tramite una discussione all'interno del gruppo; e molte più ancora sono immagazzinate in qualche altro posto – nella "cultura", per esempio nella testa delle persone più colte, nei manuali, nei libri, nelle mappe e così via. Per definizione, praticamente nessuno in una cultura sa tutto quello che c'è da sapere su di essa. E allora cosa dobbiamo fare quando non sappiamo come andare avanti? E quali sono i problemi che incontriamo nel reperire la conoscenza che ci serve?
Se sappiamo rispondere a questa domanda siamo sulla buona strada per capire cos'è una cultura. Non ci vorrà molto perché un bambino cominci a capire che la conoscenza è potere, o che è una forma di ricchezza, o che è una rete di sicurezza.”

Jerome Bruner (1915–2016) psicologo statunitense

da La cultura dell'educazione, Feltrinelli, Milano, 1997, pp. 64-65

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“Quando avrai imparato a fare della tua spada un vallo, allora smetterai di portarti dietro il vallo!”

Publio Cornelio Scipione Emiliano: sommario del libro LVI; 1997
Cum gladio te vallare scieris, vallum ferre desinito.
Ab urbe condita, Libro XLI – Libro CXL
Origine: Frase proverbiale rivolta ai soldati che procedevano con i paletti per la costruzione, a fatica sotto questo peso. L'espressione sta a significare sia che la difesa può non occorrere se dotati di buon attacco, ma anche che non ci si deve rinchiudere per paura o fiacchezza negli accampamenti sicuri, ma bisogna affrontare il nemico corpo a corpo.

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“Una delle cose più belle dei Giochi è proprio scoprirsi appassionati delle discipline più disparate, tifando da casa per un nostro atleta… E allora "più veloci! più in alto! più forte!"”

Alessandro Del Piero (1974) calciatore italiano

Forza azzurri!!!
Origine: Da London 2012 http://www.alessandrodelpiero.com/news/london-2012_286.html, Alessandrodelpiero.com, 27 luglio 2012.

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“Ma intanto, della cresciuta gloria di Dante congratuliamoci, come di felice augurio colla nostra età, colla nostra Patria. Ella ha molti altri grandi scrittori, anzi i più grandi in ogni arte o scienza moderna; il più gran lirico di amore, il più gran novellatore, il più grand'epico grave, il più grande giocoso, il più gran pittore, il più grande scultore, il primo de' grandi fisici moderni e il maggior degli ultimi: Petrarca, Boccaccio, Tasso, Ariosto, Raffaello, Michelangelo, Galileo e Volta. Vogliam noi glorie, vanti, supremazie? Non ci è mestieri ire in cerca d'ignoti o negati. Tutti questi ce ne daranno. Ma vogliamo noi aiuti? e non a ingegno, di che non abbiam difetto, ma a virtù, se già così sia che ne sentiam bisogno? Torniamo pure, abbandoniamoci all'onda che ci fa tornare al più virtuoso fra' nostri scrittori, a colui che è forse solo virilmente virtuoso fra' nostri classici scrittori. In lui l'amore non è languore, ma tempra; in lui l'ingegno meridionale non si disperde su oggetti vili, ma spazia tra' più alti naturali e soprannaturali; in lui ogni virtù è esaltata, e i vizi patrii od anche proprii sono vituperati, e gli stessi errori suoi particolari sono talora occasioni di verità più universali; la patria città, la patria provincia e la patria italiana sono amate da lui senza stretto detrimento l'una dell'altra, e massime senza quelle lusinghe, quelle carezze, quegli assonnamenti più vergognosi che non l'ingiurie, più dannosi che non le ferite; e i destini nostri allor passati, presenti o futuri, sono da lui giudicati con quella cristiana rassegnazione alla Provvidenza divina, che accettando con pentimento il passato, fa sorgere con nuova forza ed alacrità per l'avvenire. Noi cominciammo con dire, essere stato Dante il più italiano fra gli italiani; ma ora, conosciuti i fatti ed anche gli errori di lui, conchiudiamo pure, essere lui stato il migliore fra gl'Italiani. S'io m'inganno sarà error volgare di biografo; ma come o perché s'ingannerebbe ella tutta la nostra generazione?”

Cesare Balbo (1789–1853) politico italiano

Origine: Da Vita di Dante, pp. 218-219

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“Nessuno può vedere Dio senza morire. Allora Dio morirà perché tutti possano vederlo.”

Daniel Ange (1932) monaco eremita, sacerdote e scrittore franco-belga

Il perdono medicina di Dio

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“[A proposito di Inchiesta su Gesù] Strana ci sembra anche l'affermazione che Gesú non sia cristiano e che egli non abbia fondato né abbia voluto fondare una nuova religione, il cristianesimo. In realtà, egli ha rivolto la sua predicazione «alle pecore perdute della casa d'Israele» (Mt 10,6): a tale scopo ha chiamato a seguirlo dodici discepoli, perché «stessero con lui e anche per mandarli a predicare» (Mc 3,14-15). Ma il suo messaggio non è accolto dal popolo d'Israele e dai suoi capi. Ecco che allora egli si consacra all'istruzione dei suoi discepoli e delle persone – uomini e donne – che credono in lui: insegna loro a pregare, a vedere in Dio il Padre che li ama, che ha cura di loro; insegna loro il retto uso delle ricchezze, il perdono delle offese; nella sua ultima cena, alla vigilia della morte, istituisce un nuovo rito pasquale e chiede ai Dodici di ripeterlo in sua memoria. Dopo la sua morte e la sua risurrezione, i suoi discepoli, pur restando all'interno dell'ebraismo, formano un gruppo a parte, che ha i suoi capi (i Dodici), un suo rito particolare – la ripetizione dei gesti compiuti da Gesú nella sua Ultima Cena –, gli insegnamenti di Gesú. Proprio questo piccolo gruppo di seguaci di Gesú forma la «sua» Chiesa che, ingrandendosi con l'adesione di nuove persone, sia ebree sia pagane che credono in Cristo, forma il primo cristianesimo. Non c'è dunque nessuna frattura tra Gesú «ebreo» e il cristianesimo, che vivedegli insegnamenti di Gesú e lo professa suo Dio e Signore.”

Giuseppe De Rosa (1921–2011)

da Civiltà Cattolica, 2 dicembre 2006

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“Sulla Democrazia ci caco, ma mi serve a guadagnare soldi e allora sono Democratico con tutte le maiuscole che vuoi.”

Mario Benedetti (1920–2009) poeta, saggista e scrittore uruguaiano

Origine: Grazie per il fuoco, p. 106

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“[Sul legame tra lo Scandalo del calcio italiano del 2006 e quello del 2011] Senza indulgere su un fatto emerso come notorio durante il processo, cioè che il Presidente del Collegio, Teresa Casoria, riteneva tale processo penalmente una buffonata e invece i due giudici a latere, con le quali era in conflitto, pensavano il contrario, con l'esito di risultare maggioranza nella determinazione della sentenza, le motivazioni in 558 pagine si riassumono così. 1) Campionati non alterati (quindi scudetti tolti ingiustamente alla Juve…), partite non truccate, arbitri non corrotti, indagini condotte non correttamente dagli investigatori della Procura (intercettazioni dei carabinieri risultate addirittura manipolate nel confronto in Aula). 2) Le Sim, le schede telefoniche estere che Moggi ha distribuito a qualche arbitro e ai designatori, sarebbero la prova del tentativo di alterare e di condizionare il sistema, pur senza la dimostrazione effettiva del risultato truccato. 3) L'atteggiamento di Moggi, da vero boss "telefonico", è invasivo anche quando cerca di condizionare Federcalcio e Nazionale, vedi telefonate con Carraro e Lippi. 4) Che queste telefonate e questa promiscuità "mafiosa" o "submafiosa" o tesa a "fare associazione per delinquere" risultassero costume comune nell'ambiente come risulta evidente, non assolve Moggi e C.: e dunque ecco la condanna. […] Infine il punto 1), la cosiddetta parte positiva delle motivazioni, cioè nei fatti tutto regolare. E allora lo scandalo di "Scommettopoli”

Oliviero Beha (1949–2017) giornalista, scrittore e saggista italiano

lo scandalo del calcio italiano del 2011, ndr. ] in cui sta uscendo che nel suo complesso il campionato 2010-2011 a colpi di trucchi è da considerarsi davvero e decisamente irregolare? Lo dice per ora il Procuratore Capo di Cremona, Di Martino, mentre la giustizia sportiva prende tempo come sempre, ma temo che presto lo ribadiranno in parecchi, a meno che non venga messo tutto a tacere. Con buona pace di chi vuole la verità e pensa che Moggi sia oggettivamente diventato il "capro espiatorio". Il quadro dell'informazione che non indaga, non analizza, non confronta e si schiera per ignoranza o partito preso così vi sembra leggermente più chiaro? (Citato da "Il "caso Moggi" e le colpe della stampa: non fa inchieste, (di)pende dai verbali, non sa leggere le sentenze", notizie. tiscali. it, 7 febbraio 2012)

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“[…] Quello della Juventus è stato il primo grande mito fuori del campo politico, sociale, ecc. che il Nord abbia offerto, oltre che a sé stesso, anche al Mezzogiorno: un tipo di mito attinente ai giusti e al costume di una moderna società di massa, per cui il Mezzogiorno era solito guardare fino allora alle cronache e al cinema americano.”

Giuseppe Galasso (1929–2018) storico, giornalista e politico italiano

Origine: Da Perché la Juve è così popolare al Sud? http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/action,viewer/Itemid,3/page,0019/articleid,0124_01_1969_0032_0019_4927760/, La Stampa, 8 febbraio 1969.

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“A chi opponesse, che la coscienza è pretesto al mondo per affermare diritti al proprio arbitrio e capriccio, rispondono: «Quale delle opere di Dio l'uomo non sa profanare? Per noi, educati al cattolicesimo, la coscienza resta l'apprensione individuale della legge naturale posta da Dio in tutte le cose create». Ma allora hanno ragione i protestanti, che vogliono l'autonomia della coscienza piena, senza restrizioni, e il giudizio privato guida ordinaria di tutta la vita religiosa? «No – dicono – per noi l'atto normale della vita religiosa è la educazione della coscienza individuale alla vita della Chiesa; attraverso l'adesione a questa, epperò la sommessione all'autorità, l'individuo e messo a parte di tutti i mezzi di Vita spirituale, di cui dispone la società religiosa: dottrina e sacramenti, e nell'obbedienza, ottiene la libertà vera. Ma la coscienza stessa resta sempre il soggetto obbediente: è per lei e per i suoi giudizi primi ed elementari che ha valore la nostra accettazione della Chiesa. Epperò non potrà essere mai consentita un'offesa a quelle sue prime esigenze. Insomma, il ricorso alla coscienza è il caso d'eccezione, di cui non è l'autorità stessa, che possa giudicare la legittimità, perché altrimenti sarebbe illusoria la possibilità di un tale appello supremo al tribunale della scienza.”

Giovanni Gentile (1875–1944) filosofo e pedagogista italiano

Origine: Il modernismo e i rapporti tra religione e filosofia, p. 68

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