Frasi su india

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema india, mondo, grande, indiano.

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“Sa quale è la verità? Nel nostro Paese purtroppo non ci sono nemmeno banane. Ci sono soltanto fichi d'India.”

Gianni Agnelli (1921–2003) imprenditore italiano

sulle dimissioni di Renato Ruggiero da Ministro degli Esteri, gennaio 2002

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“L'India ha bisogno di recuperare valori morali prima di fare sogni da superpotenza.”

Vandana Shiva (1952) attivista e ambientalista indiana

Origine: Da India spezzata, quarta di copertina.

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“XVIII ALLA SUA DONNA                Cara beltà che amore             Lunge m’inspiri o nascondendo il viso,             Fuor se nel sonno il core             Ombra diva mi scuoti,         5  O ne’ campi ove splenda             Più vago il giorno e di natura il riso;             Forse tu l’innocente             Secol beasti che dall’oro ha nome,             Or leve intra la gente       10  Anima voli? o te la sorte avara             Ch’a noi t’asconde, agli avvenir prepara?                Viva mirarti omai             Nulla spene m’avanza;             S’allor non fosse, allor che ignudo e solo       15  Per novo calle a peregrina stanza             Verrà lo spirto mio. Già sul novello             Aprir di mia giornata incerta e bruna,             Te viatrice in questo arido suolo             Io mi pensai. Ma non è cosa in terra       20  Che ti somigli; e s’anco pari alcuna             Ti fosse al volto, agli atti, alla favella,             Saria, così conforme, assai men bella.                Fra cotanto dolore             Quanto all’umana età propose il fato,       25  Se vera e quale il mio pensier ti pinge,             Alcun t’amasse in terra, a lui pur fora             Questo viver beato:             E ben chiaro vegg’io siccome ancora             Seguir loda e virtù qual ne’ prim’anni       30  L’amor tuo mi farebbe. Or non aggiunse             Il ciel nullo conforto ai nostri affanni;             E teco la mortal vita saria             Simile a quella che nel cielo india.                Per le valli, ove suona       35  Del faticoso agricoltore il canto,             Ed io seggo e mi lagno             Del giovanile error che m’abbandona;             E per li poggi, ov’io rimembro e piagno             I perduti desiri, e la perduta       40  Speme de’ giorni miei; di te pensando,             A palpitar mi sveglio. E potess’io,             Nel secol tetro e in questo aer nefando,             L’alta specie serbar; che dell’imago,             Poi che del ver m’è tolto, assai m’appago.       45     Se dell’eterne idee             L’una sei tu, cui di sensibil forma             Sdegni l’eterno senno esser vestita,             E fra caduche spoglie             Provar gli affanni di funerea vita;       50  O s’altra terra ne’ superni giri             Fra’ mondi innumerabili t’accoglie,             E più vaga del Sol prossima stella             T’irraggia, e più benigno etere spiri;             Di qua dove son gli anni infausti e brevi,       55  Questo d’ignoto amante inno ricevi.”

Canti: Poems / A Bilingual Edition

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“Per questo nel nostro Paese [l'India] è stata detta una grande parola: per avere Dio, bisogna accogliere tutti.”

Rabindranath Tagore (1861–1941) poeta, drammaturgo, scrittore e filosofo indiano

Il nido dell'amore

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“Ella era venuta in India desiderosa di qualche avvenimento che desse un senso alla sua vita, ed ora standosene sul balcone di legno, capì che qualcosa di terribile, come una vendetta superante qualsiasi immaginazione, le stava accadendo. Ella non era morta, ma avrebbe potuto morire prima che molti altri giorni fossero passati, se non addirittura ore o minuti. Non aveva mai pensato molto alle case fino a quel momento, ma ora la casa del signor Bannerjee, pur avendo resistito al duplice assalto del terremoto e della inondazione, le sembrava eccessivamente debole e ridicola di fronte alla catastrofe che li circondava. Questa considerazione la indusse a pensare a se stessa, alla propria infinita fragilità, alla propria inutilità. V'era qualcosa di comico nell'assistere a uno spasimo della Natura, vestita d'un abito leggero di crespo di Cina bianco e ricoperta di gioelli. Un poco divertito, il suo spirito si mise a vagabondare, chiedendosi quale abito sarebbe stato adatto per una simile occasione. Pantaloni sportivi, direi, pensò, e una camicia di seta. Sarebbe elegante e pratico. Molte volte in Hill Street, a Cannes, in campagna, nel suo letto, stanca di leggere e semiaddormentata, s'era pigramente chiesta che cosa avrebbe provato nel trovarsi ad un tratto di fronte alla morte con la coscienza d'avere solo poche ore da vivere. Spingendo l'idea ancor più lontano s'era chiesta che cosa avrebbe fatto, indifferente ed annoiata com'era, se si fosse trovata dinanzi alla morte in compagnia di un uomo attraente. E s'era detta: Ci sarebbe una sola cosa da fare per ammazzare il tempo. Qualunque altra cosa sarebbe una noia.”

Louis Bromfield (1896–1956) scrittore (riformatore agrario)

Ella s'era anche detta che fare all'amore in tali circostanze sarebbe stato un piacere nuovo e selvaggio, nato da qualche atavica necessità profondamente radicata nella natura umana.
La grande pioggia

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“Una civiltà nasce nel punto in cui una grande anima si desta dallo stato della psichicità primordiale di una umanità eternamente giovane e si distacca, forma dall'informe, realtà limitata e peritura di fronte allo sconfinato e al perenne. Essa fiorisce sul suolo di un paesaggio esattamente delimitabile, al quale resta radicata come una pianta. Una civiltà muore quando la sua anima ha realizzato la somma delle sue possibilità sotto specie di popoli, lingue, forme di fede, arti Stati, scienze; essa allora si riconfonde con l'elemento animico primordiale. Ma finché essa vive, la sua esistenza nella successione delle grandi epoche, che contrassegnano con tratti decisi la sua progressiva realizzazione, è una lotta intima e appassionata per l'affermazione dell'idea contro le potenze del caos all'esterno, così come contro l'inconscio all'interno, ove tali potenze si ritirano irate. Non è solo l'artista a lottare contro la resistenza della materia e contro ciò che in lui vuol negare l'idea. Ogni civiltà sta in un rapporto profondamente simbolico e quasi mistico con l'esteso, con lo spazio in cui e attraverso cui essa intende realizzarsi. Una volta che lo scopo è raggiunto e che l'idea è esteriormente realizzata nella pienezza di tutte le sue interne possibilità, la civiltà d'un tratto s'irrigidisce, muore, il suo sangue scorre via, le sue forze sono spezzate, essa diviene civilizzazione. Ecco quel che noi sentiamo e intendiamo nelle parole egizianismo, bizantinismo, mandarinismo. Così essa, gigantesco albero disseccato di una foresta vergine, ancor per secoli e per millenni può protendere le sue ramificazioni marcite. Lo vediamo in Cina, in India, nel mondo dell'Islam. Così la civilizzazione antica del periodo imperiale giganteggiò in apparenza di forza giovanile e di pienezza, togliendo luce e aria alla giovane civiltà araba d'Oriente. Questo è il senso di ogni tramonto nella storia, il senso del compimento interno ed esterno, dell'esaurimento che attende ogni civiltà vivente. Di tali tramonti, quello dai tratti più distinti, il «tramonto del mondo antico», lo abbiamo dinanzi agli occhi, mentre già oggi cominciamo a sentire in noi e intorno a noi i primi sintomi di un fenomeno del tutto simile quanto a decorso e a durata, il quale si manifesterà nei primi secoli del prossimo millennio, il «tramonto dell'Occidente.»”

Il tramonto dell'Occidente

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“La "Compagnia inglese delle Indie Orientali" aveva ottenuto, oltre al potere politico nelle Indie Orientali, il monopolio assoluto del commercio del tè, del commercio con la Cina in generale e del trasporto delle merci dall'Europa all'Asia e viceversa. Ma la navigazione costiera dell'India e quella inter-insulare, come anche il commercio all'interno dell'India, erano divenuti monopolio degli alti funzionari della Compagnia. I monopoli di sale, dell'oppio, del betel e di altre merci erano inesauribili miniere di ricchezza. I funzionari stabilivano di persona prezzi e spellavano a discrezione l'infelice indù. Il governatore aveva la sua arte in questo commercio privato. I suoi favoriti riuscivano a stipulare contratti base ai quali, più capaci degli alchimisti, riuscivano a creare l'oro dal nulla. Grandi patrimoni crescevano in un sol giorno come i funghi, l'accumulazione originaria veniva fatta senza aver anticipato neanche uno scellino. Il processo di Warren Hastings è pieno di esempi del genere. Ecco un caso. Un tale Sullivan riesce a stipulare un contratto di fornitura d'oppio al momento della sua partenza — per una missione ufficiale — per una regione dell'India estremamente lontana dai distretti dell'oppio. Sullìvan vende il suo contratto a un certo Binn per 40000 sterline; Binn lo rivende lo stesso giorno per 60000 e l'ultimo acquirente, che poi provvederà alla fornitura, ammette di aver ricavato ugualmente un enorme profitto. In base a una lista presentata al parlamento, la Compagnia e i suoi funzionari s'erano fatti donare dagli indiani, tra il 1757 e il 1766, sei milioni di sterline Dal 1769 al 1770 gli inglesi fabbricarono una carestia facendo incetta di tutto il riso e rifiutando di venderlo se non a prezzi favolosi.”

Libro I, settima sezione, cap. 24, p. 541
Il Capitale
Origine: (1732-1818) governatore generale dell'India britannica, fu processato per corruzione e assolto nel 1795.
Origine: Nel 1866 nella sola provincia di Orissa più di un milione di indù morì di fame, malgrado ciò si cercò di riempire le casse dello Stato ponendo prezzi altissimi ai mezzi di sussistenza di gente che moriva di fame.

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“In India, le nostre religioni non attecchiranno mai; l'antica saggezza della razza umana non sarà oscurata dagli eventi in Galilea. Al contrario, la saggezza indiana fluirà indietro verso l'Europa, e produrrà cambiamenti fondamentali nel nostro pensiero e nelle nostre conoscenze.”

Arthur Schopenhauer (1788–1860) filosofo e aforista tedesco

Origine: In India, our religions will never at any time take root; the ancient wisdom of the human race will not be supplanted by the events in Galilee. On the contrary, Indian wisdom flows back to Europe, and will produce a fundamental change in our knowledge and thought. (da The World as Will and Representation, volume I, & 63 pp. 356-357; citato in A Tribute to Hinduism http://www.hinduwisdom.info/quotes1_20.htm#Q2)

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“[Sulla riforma agraria in India] Se anche mancava la sicurezza contro i tumulti popolari o la rivoluzione, direi che la "sistemazione permanente”

William Bentinck (1774–1839) politico inglese

... ] ha questo grande vantaggio [... ] di aver creato un vasto corpo di ricchi proprietari terrieri profondamente interessati alla continuità del dominio britannico e con un controllo completo della massa del popolo. (1829; citato in Chomsky 2003, p. 257)

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“Aveva raggiunto quello stadio in cui si vedono al tempo stesso l'orrore e la piccolezza dell'universo – quel crepuscolo della doppia visione in cui sono avvolte tante persone anziane. Se questo mondo non è di nostro gusto, ebbene, in ogni caso c'è il Cielo, l'Inferno, il Nulla – l'una o l'altra di queste grandi cose, quell'immenso fondale di stelle, fuochi, atmosfera azzurra o nera. Ogni sforzo eroico, e tutto ciò che è conosciuto come arte, suppone che ci sia quel fondale, proprio come ogni sforzo pratico, quando il mondo è di nostro gusto, suppone che il mondo sia Ritto. Ma nel crepuscolo della doppia visione si deposita una mota spirituale per cui non si possono trovare parole altisonanti; non possiamo né agire né astenerci dall'azione, non possiamo né ignorare né rispettare l'Infinito. La signora Moore era sempre stata incline alla rassegnazione. Non appena sbarcata in India tutto le era parso bello, e quando aveva visto l'acqua viva nella vasca lustrale della moschea, o il Gange, o la luna, presa nello scialle della notte con tutte le stelle, le era parso di aver raggiunto una meta bella e anche facile. Essere tutt'uno con l'universo! Cosí dignitoso e semplice. Ma prima bisognava sempre compiere qualche piccolo dovere, sempre i irar fuori dal mazzo che si assottigliava una nuova carta da mettere al suo posto, e mentre lei si affannava tanto, il Marabar aveva battuto il suo gong.”

cap. XXIII, p. 229
Passaggio in India

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“«Dio e amore». È questo il messaggio conclusivo dell'India?”

cap. XXXIII, p. 315
Passaggio in India

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“Ora la mia disposizione è questa: benché io ammiri molto il Cristianesimo, nondimeno non riesco a formare nel mio animo la persuasione del Cristianesimo ortodosso. Devo dirvi con tutta umiltà che l'induismo, come lo conosco, soddisfa interamente l'anima mia, riempie tutto il mio essere, ed io trovo nella Bhagavad Gita e nelle Upanishadi una consolazione che non riesco a sentire nemmeno nel Sermone del Monte. Non perché io non apprezzi l'ideale e gli insegnamenti di quel Sermone, ma perché, quando io mi sento nel dubbio e nella delusione e non vedo nessun raggio di luce all'orizzonte, io mi volgo alla Bhagavad Gita, e vi trovo un versetto che mi conforta, e subito comincio a sorridere in mezzo all'opprimente tristezza. La mia vita è stata piena di tragedie esteriori, e se esse non hanno lasciato nessun effetto visibile ed indelebile in me, lo devo agli insegnamenti della Bhagavad Gita.”

Mahátma Gándhí (1869–1948) politico e filosofo indiano

da una conferenza del 28 luglio 1925, pubblicata in Young India, 6 agosto 1925
Origine: Citato in La religiosità di Gandhi, Civiltà Cattolica, Quaderno n. 1960, anno 1932, vol. I, pp. 335-350 http://www.traditio.it/SANPIETRO/2011/agosto/22/Gandhi%20%20il%20suo%20anticattolicesimo%20e%20indifferentismo%20religioso.%20La%20Civilt_.pdf. Nel testo originale http://www.hinduwisdom.info/quotes1_20.htm "induismo" è scritto con l'iniziale maisucola.

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“Vista in sezione, la struttura sociale del presente dovrebbe configurarsi all'incirca così. Su in alto i grandi magnati dei trust dei diversi gruppi di potere capitalistici che però sono in lotta tra loro; sotto di essi i magnati minori, i grandi proprietari terrieri e tutto lo staff dei collaboratori importanti; sotto di essi – suddivise in singoli strati – le masse dei liberi professionisti e degli impiegati di grado inferiore, della manovalanza politica, dei militari e dei professori, degli ingegneri e dei capufficio fino alle dattilografe; ancora più giù i residui delle piccole esistenze autonome, gli artigiani, i bottegai, i contadini e tutti gli altri, poi il proletariato, dagli strati operai qualificati meglio retribuiti, passando attraverso i manovali fino ad arrivare ai disoccupati cronici, ai poveri, ai vecchi e ai malati. Solo sotto tutto questo comincia quello che è il vero e proprio fondamento della miseria, sul quale si innalza questa costruzione, giacché finora abbiamo parlato solo dei paesi capitalistici sviluppati, e tutta la loro vita è sorretta dall'orribile apparato di sfruttamento che funziona nei territori semi-coloniali e coloniali, ossia in quella che è di gran lunga la parte più grande del mondo. Larghi territori dei Balcani sono una camera di tortura, in India, in Cina, in Africa la miseria di massa supera ogni immaginazione. Sotto gli ambiti in cui crepano a milioni i coolie della terra, andrebbe poi rappresentata l'indescrivibile, inimmaginabile sofferenza degli animali, l'inferno animale nella società umana, il sudore, il sangue, la disperazione degli animali… Questo edificio, la cui cantina è un mattatoio e il cui tetto è una cattedrale, dalle finestre dei piani superiori assicura effettivamente una bella vista sul cielo stellato.”

Max Horkheimer (1895–1973) filosofo tedesco

Origine: Citato in Lorenzo Guadagnucci, Restiamo animali, Terre di mezzo, Milano, 2012, p. 56. ISBN 978-88-6189-224-8

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