Frasi su interprete
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“Non sono ancora spuntati i Nazzari e i Giachetti e perciò De Sica rimarrà per anni incontrastao interprete.”

Massimo Scaglione (1931–2015) regista teatrale italiano

Origine: I Divi del Ventennio. Per vincere ci vogliono i leoni..., p. 146

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“[Su Massimo Girotti] Grazie al talento di Visconti, l'attore atleta diventerà interprete efficace a tutto tondo, […] validissimo anche in teatro.”

Massimo Scaglione (1931–2015) regista teatrale italiano

Origine: I Divi del Ventennio. Per vincere ci vogliono i leoni..., p. 151

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“Peppino non era nato solo per far ridere. Quelli di categoria extra come lui possono fare tutto. Non a caso interpretò Moliere, Machiavelli, Pinter. Eduardo invece interpretò solo se stesso.”

Paolo Villaggio (1932–2017) attore e scrittore italiano

Origine: Citato in Duemila, i fratelli De Filippo ancora faccia a faccia https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2000/gennaio/25/Duemila_fratelli_Filippo_ancora_faccia_co_0_000125284.shtml, Corriere della Sera, 25 gennaio 2000.

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“Il comico Beppe Grillo ha dato vita al consueto paradosso di chi dice di voler fare "antipolitica". In realtà il suo è stato un riuscito rito liberatorio, versione civilizzata di quelli celebrati presso certe tribù primitive dove lo stregone che aveva sbagliato o abusato veniva linciato dai suoi ex fedeli e, in qualche caso, mangiato. Grillo ha colto l'ondata di risentimento che c'è nel paese mettendo a bollire in un unico calderone richieste sacrosante e altre di chiaro sapore qualunquistico. È vero che grida vendetta vedere in parlamento dei condannati a pene definitive. Ma prendersela in blocco con le case degli onorevoli è invece demagogia; nel mucchio ci sono autentiche situazioni di privilegio accanto ad altre legittime che risalgono a decenni fa. Attaccare in blocco i partiti è una sciocchezza. I partiti sono stati i tiranti, i tendini di un paese molto diviso, spesso hanno garantito loro, in mancanza d'altro, una riconoscibilità nazionale. Non i partiti in sé ma la loro degenerazione, la loro trasformazione in macchine elettorali o di sottogoverno, è la malattia politica da curare; così come la presa soffocante d'una politica degenerate sulla vita di singoli cittadini e delle loro imprese. Il guaio per Grillo, e per tutti noi, è che quando s'è consumato il rito liberatorio, dopo aver ucciso lo stregone o avergli gridato in piazza un vituperio, l'antipolitica non conta più niente e non porta a niente. L'antipolitica raccoglie un sintomo, lo interpreta, lo potenzia ma non ha nessuna terapia da proporre. Fino a quando non diventa essa stessa politica. È questo il paradosso.”

Corrado Augias (1935) giornalista italiano

da la Repubblica dell'11 settembre 2007

“[Parlando di Fiorenzo Magni] Fiorenzo era Magni, uno dei più grandi interpreti del ciclismo italiano e mondiale di quegli anni.”

Adriano De Zan (1932–2001) giornalista, conduttore radiofonico e conduttore televisivo italiano

Gentili signore e signori buongiorno

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“Scrivere una storia di fantascienza è un divertimento, non un lavoro. […] il divertimento … consiste nel trattare l'intera cosa come fosse un gioco. […] Le regole devono essere piuttosto semplici. Lo sono; per il lettore di un romanzo di fantascienza, consistono nel trovare quante più possibili affermazioni o implicazioni dell'autore che siano in contrasto con i fatti così come la scienza li interpreta attualmente. Per l'autore, la regola è fare il minor numero possibile di questi scivoloni. […] Alcune eccezioni sono consentite (ad esempio, permettere di viaggiare a velocità superiore a quella della luce), ma il fair play richiede che tali stratagemmi siano menzionati il prima possibile nel romanzo…”

Hal Clement (1922–2003) scrittore statunitense

Postfazione - Mondo trottola
Writing a science fiction story is fun, not work. ... the fun... lies in treating the whole thing as a game. ... the rules must be quite simple. They are; for the reader of a science-fiction story, they consist of finding as many as possible of the author's statements or implications which conflict with the facts as science currently understands them. For the author, the rule is to make as few such slips as he possibly can ... Certain exceptions are made [e.g., to allow travel faster than the speed of light], but fair play demands that all such matters be mentioned as early as possible in the story...

“Secondo un raffinato intellettuale come Edward W. Said, interprete tra i più accreditati della percezione dell'Oriente da parte dell'Occidente lungo i secoli, nessuna cultura o civiltà può essere rappresentata o descritta come un soggetto unitario: tanti i punti di discontinuità e incoerenza presenti al suo interno, tanti gli elementi che cooperano per una sostanziale condizione di eterogeneità o mescidanza, tanti i legami intrattenuti con altre culture o civiltà. La tesi di Said, se è applicabile in generale, trova nella cultura e nella civiltà italiana una delle sue più formidabili conferme. Nessuna nazione europea può competere con la nostra in termini di variabilità interna: sono lì a mostrarcelo le mille lingue del Bel Paese, il miracoloso caleidoscopio dei suoi prodotti vinicoli e delle sue tradizioni alimentari, la straordinaria offerta dei suoi manufatti. Varietà: la nostra più grande debolezza ma, al contempo, la nostra forza più prodigiosa e sincera. L'auspicio, per il rilancio dell'Italia, è allora il recupero del senso di un autentico valore d'origine, di una naturale armonizzazione tra le diverse componenti. Connaturata alla storia stessa della lingua italiana, se ne faceva custode Bruno Migliorini inaugurando – nel 1939 – la rivista "Lingua nostra". Quel grande linguista auspicava che l'italiano riuscisse a conservare il suo equilibrio fra "lingua popolare" e "lingua dotta", fra "lingua istintiva" e "lingua cosciente", fra "rispetto verso una secolare tradizione" e "aperta accettazione delle sempre nuove necessità che la lingua deve soddisfare". Senza però cedere, aggiungeva, né al "plebeismo" né "alle tendenze malsane del pedantismo, dello snobismo, dell'"eburneismo". Un equilibrio a rendere, in generale, se facciamo tesoro di quel che abbiamo.”

Massimo Arcangeli (1960) linguista, critico letterario e saggista italiano

Madrelingua, I, 2013, p. 1

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“Nei primi tempi, quando gli spiriti parlavano a mia sorella ed a me sulle pendici della montagna, quale essere umano avrebbe creduto che gli spiriti fossero cose prive d'importanza? Persino noi eravamo prigioniere del loro potere, e ritenevamo un dovere usare i doni in nostro possesso per il bene della nostra gente. Poi, per millenni questa fede nel sovrannaturale ha fatto parte dell'anima umana. A volte avrei detto che era naturale, chimica, un ingrediente indispensabile della struttura umana, qualcosa senza cui non potevano prosperare e tanto meno sopravvivere. Abbiamo assistito molte volte alla nascita di culti e religioni, alle proclamazioni di visioni e miracoli ed alle successive promulgazioni delle fedi ispirate da questi "eventi". Viaggiate nelle città dell'Asia e dell'Europa e vedrete gli antichi templi ancora in piedi e cattedrali del Dio cristiano dove vengono cantati i suoi inni. Visitate i musei di tutti i paesi: vedrete sculture e pitture religiose che abbagliano l'anima. Quanto sembrano grandiose queste realizzazioni: la macchina stessa della cultura dipende dal combustibile della fede religiosa. Eppure qual è stato il prezzo della fede che galvanizza i paesi e manda le armate una contro l'altra, che divide le mappe delle nazioni in vincitori e vinti ed annienta gli adoratori degli dei alieni? Ma negli ultimi secoli è comparso un miracolo vero che non ha nulla a che vedere con spiriti o apparizioni o voci celesti che annunciano a questo o quello zelota ciò che deve fare! Abbiamo visto finalmente nell'animale umano una resistenza al miracoloso; uno scetticismo nel confronto dell'opera degli spiriti o di coloro che affermano di vederli e di comprenderli e di essere interpreti delle loro verità. Abbiamo veduto la mente umana abbandonare lentamente le tradizioni della legge basata sulla rivelazione, cercare le verità etiche tramite la ragione ed un modo di vita basato sul rispetto per il fisico e lo spirituale così come vengono percepiti da tutti gli esseri umani. E con questa perdita di rispetto per il sovrannaturale, con questa mancanza di credulità in tutte le cose distaccate dalla carne, è venuta l'epoca più illuminata; perché donne e uomini cercano l'aspirazione più alta non nel regno dell'invisibile, ma nel regno dell'uomo, la cosa che è carne e spirito, visibile ed invisibile, terrena e trascendente. Il chiaroveggente e la strega non hanno più valore. Gli spiriti non possono darci nulla di più. Insomma, abbiamo superato la suscettibilità a questa follia e ci avviamo verso una perfezione che il mondo non ha mai conosciuto. Finalmente "il verbo si e fatto carne", per citare un'antica frase biblica con tutto il suo mistero; ma il verbo della ragione e la carne è il riconoscimento delle esigenze e dei desideri comuni a tutti gli uomini ed a tutte le donne.”

La regina dei dannati

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“Il vero soldato mente a sé stesso quando dice di odiare la guerra. Egli ama in modo profondo la guerra. E non perché sia un uomo particolarmente malvagio, assetato di sangue, ma perché ama la vitalità che (per quanto paradossale possa sembrare) la guerra porta dentro di sé. Con la vitalità, la sfida e la scommessa e il mistero di cui essa si nutre. Sul palcoscenico della gran commedia che ha nome "pace" il mistero non esiste. Sai già che lo spettacolo si compone di alcuni atti e che dopo il primo atto vedrai il secondo, dopo il secondo vedrai il terzo: le incognite riguardano solo lo sviluppo della storia narrata e il suo epilogo. Sul palcoscenico della gran tragedia che ha nome "guerra", invece, non sai mai che cosa accadrà. Che tu ne sia spettatore o interprete, ti chiedi sempre se vedrai la fine del primo atto. E il secondo è una possibilità. Il terzo, una speranza. Il futuro, un'ipotesi. Puoi morire in qualsiasi momento, alla guerra, e in qualsiasi momento puoi restar ferito cioè venire tolto dal cast o dal recinto del pubblico. Tutto è un'incognita lì, un interrogativo che tiene col fiato sospeso, ma proprio per questo ci vibri d'una vitalità esasperata. I tuoi occhi sono più attenti, alla guerra, i tuoi sensi più svegli, i tuoi pensieri più lucidi. Scorgi ogni particolare, percepisci ogni odore, ogni rumore, ogni sapore. E, se hai cervello, puoi studiarvi l'esistenza come nessun filosofo potrà mai studiarla: puoi analizzarvi gli uomini come nessun psicologo potrà mai analizzarli, capirli come non potrai mai capirli in un tempo e in un luogo di pace. Se poi sei un cacciatore, un giocatore d'azzardo, ti ci diverti come non ti sei mai divertito e non ti divertirai mai nel bosco o nella tundra o al tavolo della roulette. Perché l'atroce gioco della guerra è la caccia delle cacce, la sfida delle sfide, la scommessa delle scommesse. La caccia all'Uomo, la sfida alla Morte, la scommessa con la Vita. Eccessi di cui il vero soldato ha bisogno.”

I, V, I; pp. 145–146
Insciallah

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“Penso che ogni tanto qualche scappellotto ci voglia per questo tipo di bambinacce. […] L'elemento della truffa è quello che più mi colpisce. Non c'è stata e non c'è fino ad ora –se ci sarà lo dirò– una censura della Rai e del cattivo Berlusconi contro la satira della Guzzanti. C'è stato un tentativo evidente di guadagnarsi la censura da parte della Guzzanti, che ha associato alla satira, cioè al suo mestiere, un altro mestriere, quello del comizio politico "de paese", "de borgata", quello violento, duro, in cui le è scappata anche la famosa espressione "razza ebraica", perché la ragazza è molto ignorante. E… questo non è bello. La censura se c'è stata risale al direttore di Rai 3, Paolo Ruffini, che ha avuto un ripensamento domenica 16 novembre al pomeriggio, poi ha deciso di mandarla in onda, e è andata in onda tranquillamente. Dopodiché la presidente di garanzia della Rai indicata dalla sinistra, Lucia Annunziata, all'unanimità con il resto del consiglio di amministrazione ha deciso che, prima di mandare in onda una cosa, vogliono sapere di cosa si tratta. Anche perché sennò si beccano le querele e soprattutto rendono un cattivo servizio al pubblico. […] Guardi, io faccio un giornale che per un terzo è satira, mi rendo colpevole di vilipendio tutti i giorni. Tutto sta a intenderci: c'è stile o non c'è stile? è una cosa fatta per comunicare con il pubblico e per essere onesti con sé stessi o una slealtà professionale e un tentativo di lucrare vantaggi politici da un contratto con la Rai? Ecco, secondo me è questa seconda cosa. […] La cosa che mi dispiace è la violazione del sacro canone del mestiere dell'attore. Un attore cosa fa? Un attore interpreta una parte, fa la satira – tra l'altro non l'ha mica inventata la Guzzanti la satira: la faceva pure Alighiero Noschese, voglio dire; se l'ha inventata qualcuno l'ha inventata la televisione commerciale dell'odiato Berlusconi, che ha rinnovato la televisione italiana e le ha aperto nuovi spazi di libertà. Uno fa la satira, punto e basta. Se uno attraverso la satira –come avvenne con Daniele Luttazzi– vuole fare campagna elettorale a favore del proprio partito, non va più in televisione. Molto semplice: non è censura, sono regole, regole sane.”

Giuliano Ferrara (1952) giornalista, conduttore televisivo e politico italiano

da Primo piano, RaiTre, 24 novembre 2003

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“[Su Robin Williams] Non era mai solo comico o un interprete brillante. Suggeriva pensieri, dava emozioni anche con i suoi travestimenti, i suoi aneddoti e ne aveva sempre tanti. La sua cura per i travestimenti e gli abiti erano il riflesso della sua passione per la recitazione.”

Ben Stiller (1965) attore statunitense

Origine: Citato in Grassi Giovanna, L'amico Ben Stiller: insieme sul set ma nascondeva i suoi tormenti https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2014/agosto/13/amico_Ben_Stiller_insieme_sul_co_0_20140813_c5423fd6-22ac-11e4-b9ce-6c0d067f9342.shtml, Corriere della Sera, 13 agosto 2014, p. 32-33.

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“Zlatan somiglia a Brad Pitt quando interpreta Benjamin Button, l'uomo che ringiovanisce giorno dopo giorno […]. Ha un'energia incredibile, migliora col tempo. E quando può va a fare pure caccia estrema. È disumano, nel senso che fa cose che gli umani neanche s'immaginano.”

Mino Raiola (1967) procuratore sportivo italiano

Origine: Dall'intervista di Carlo Laudisa, Raiola: "Inter, Napoli e Milan su Ibra. Pogba: Juve, rinnoviamo?" http://www.gazzetta.it/Calcio/Serie-A/Juventus/30-03-2016/raiola-inter-napoli-ibrahimovic-pogba-juve-donnarumma-balotelli-15049316747.shtml, Gazzetta.it, 31 marzo 2016.

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“Jennifer Lawrence secondo me ha ridefinito il concetto di femminilità moderna, un po' come aveva fatto Marlon Brando con quella di mascolinità. Per la sua forza, la sua indipendenza, Jennifer mi fa pensare a mia madre, come anche il personaggio che interpreta nel film”

Isabella Rossellini (1952) attrice italiana

Joy
Origine: Citato in Isabella Rossellini: "Jennifer Lawrence è forte. Come mia madre Ingrid Bergman" http://www.iodonna.it/personaggi/interviste-gallery/2016/01/13/isabella-rossellini-jennifer-lawrence-e-forte-come-mia-madre-ingrid-bergman/, Iodonna.it, 13 gennaio 2016.

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“In ogni occasione il telecronista Paolo Frajese si fa interprete e voce delle manifestazioni più fanatiche del tifo contradaiolo, con frasi come "vivono tutto un anno per due minuti di corsa", "in questi minuti passano di mano enormi somme di denaro", rievocando ogni volta un folclore tramandato, fatto di violenze, di demenze e di incoscienze, "passato ogni volta per buono": come direbbero i sociologi, per valore positivo da incoraggiare. Le scene immediatamente successive, con gente in lacrime che abbraccia e bacia un cavallo, altri che si scazzottano belluinamente, altri che vengono portati via in barella, vengono accomunate alle "scene di esultanza" con cui gli alfieri sventolano i gonfaloni delle contrade. Se vogliamo ammazzarci, sembra essere la filosofia della piazza e del suo telecronista, lasciate che lo facciamo in festa. Si dice: il Palio è una tradizione, un rito. E anche: è un colossale affare economico. Erano riti, anche, i sacrifici umani, un tempo. E sono colossali affari economici moderni, per esempio, il gioco del calcio e la caccia. Eppure quelli, e tanti altri meno sanguinosi, li si è aboliti; e questi lì si sta sottoponendo a limitazioni e controlli.”

Gianluigi Melega (1935–2014) giornalista, scrittore e politico italiano

Origine: Da "Siena merita un volto migliore" http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1985/08/18/siena-merita-un-volto-migliore.html, la Repubblica, 18 agosto 1985, p. 12.

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“Il magistrato vive nella società, è un uomo che, come tutti, fa le sue scelte e ha le sue opinioni e le sue relazioni: l'importante è che eserciti e dimostri di esercitare imparzialmente la sua funzione e non si aspetti meriti (e non sia posto in condizione di temere demeriti) per le scelte giudiziarie adottate e che non presenti le stesse come frutto di un impegno politico o di una strategia in qualche modo a carattere politico (e cioè rivolta a incidere su determinati fenomeni aventi rilevanza politica con i mezzi offerti dal processo.. non produce nulla e non conduce a nulla la denigrazione pura e semplice delle scelte giudiziarie, se non delle persone dei magistrati, che ormai tende sempre più spesso a sostituirsi alla critica motivata. Si tende a disperdere una comune cultura del diritto e della giurisdizione: l'accertamento giudiziario viene inteso e presentato come una "sfida" o un "duello" davanti ai mezzi di comunicazione di massa anzichè come contrapposizione di tesi aventi pari dignità, ma anche diversa funzione e che si richiamano a differenti interpretazioni dei riscontri di fatto o delle norme giuridiche da applicare al caso concreto. Del processo contano, come in un film o in uno spettacolo, più i personaggi e gli interpreti e i caratteristi vari che la solidità delle argomentazioni, la coerenza delle affermazioni di principio, la linearità degli elementi probatori presentati e rappresentati. Avvocati contro magistrati, essi appaiono schierati in formazione come al mundial di calcio, come in una partita nella quale tra l'altro la cronaca giudiziaria annota i tiri in porta, i goals e i falli fischiati e il pubblico si schiera, agita le sue bandiere, non comprende ma fa il tifo per chi gli pare più simpatico o più bravo.”

Giuseppe Corasaniti (1957) magistrato italiano

da Tra potere e servizio, informazione e giustizia in Italia, Liguori, Napoli 1997, pp. 17-18

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“È stata la mia unica esperienza al suo fianco. Interpretavo il ruolo della moglie, quindi ero la protagonista con lui, cui ammazzavano il figlio piccolissimo. Una di quelle storie di camorra e dolore che in quegli anni funzionava. Una rarità, purtroppo. Eppure, credo di essere adatta a ruoli seri, ma non me ne hanno mai affidati. Quello lo ricordo con piacere. Negli Anni Settanta, Mario Trevi aveva raccolto i frutti del suo lavoro, era considerato già un grande interprete della canzone napoletana. Era un cantante famoso, un personaggio doc. Poi, aveva lanciato Indifferentemente, una delle più belle canzoni del nostro repertorio, quindi per me era emozionante lavorare con lui e quel ruolo mi sembrò ancora più importante, anche se i film tratti dalle sceneggiate restavano un po' relegati in ambiti ristretti. Lui, inoltre, fu molto carino con me, che ero giovane e avevo ancora tanto da imparare. Era un'epoca meravigliosa, ricca di vitalità. Per un artista che avesse veramente voglia di fare questo mestiere era davvero stimolante. Mi ero appena trasferita a Roma. Nella capitale c'era tutto: il cinema, la musica, l'arte. S'incontravano i pittori, i poeti. Napoli era pervasa dalla stessa creatività, dalla stessa voglia di fare che si respirava dovunque. La nota dominante di quegli anni era la passione, ricordo anche il produttore del film La pagella, era un tipo particolare. Avevano coraggio, allora, rischiavano in proprio per produrre spettacoli di qualità. Tutti noi venivamo da quell'epoca, che volevamo fare gli attori, i cantanti, i musicisti, avevamo grandi maestri da imitare, ai quali ispirarci e ci avvicinavamo a loro con umiltà e serietà. Volevamo crescere, conoscere, sapere tutto quel che si poteva perché ci tenevamo a realizzare spettacoli di buon livello. Ragioniamo ancora così. Oggi, invece, tranne che per rare eccezioni (penso a Fabio Fazio, a Fiorello, per esempio), il successo immediato, i guadagni, la facile popolarità sembrano diventati gli unici obiettivi.”

Mario Trevi (cantante) (1941) cantante e attore teatrale italiano

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“[Su Joseph de Maistre] Maestro occulto del romanticismo europeo […] ispiratore dei reazionari e nello stesso tempo interprete sottile della Tradizione.”

Alfredo Cattabiani (1937–2003) scrittore e giornalista italiano

Origine: Citato in Francesco Perfetti, Macché bigotto e fanatico. Ecco il vero De Maistre http://www.ilgiornale.it/news/cultura/macch-bigotto-e-fanatico-ecco-vero-de-maistre-1042202.html, il Giornale.it, 01 agosto 2014.

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“[…] quando si dice «il giocatore viene preso dalla Juventus» significa anche caricarlo di responsabilità. Quando si dice «la maglia della Juventus è pesante» significa capire che dietro quella maglia c'è una storia fatta di un palmarès ricco di successi e, quindi, questo giocatore deve essere uno degli interpreti per arrivare ancora a riportare ad ulteriori successi.”

Giuseppe Marotta (dirigente sportivo) (1957) dirigente sportivo italiano

Citazioni di Giuseppe Marotta
Origine: Dal video Juventus: Marotta e Paratici fino al 2018 - Marotta and Paratici extend contracts until 2018 https://www.youtube.com/watch?v=qXdkvy9Yw1Y (min. 3:36), Youtube.com, 23 aprile 2015.

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“Anche se toccando il tema dell’Inquisizione, dell’ortodossia che difendeva e della politica cui obbediva, del suo universo giuridico, dei mezzi e delle persone di cui si serviva, immediatamente si e portati a una traduzione visiva in cui prevalentemente gioca la memoria dei quadri del Greco o di Zurbaran, a guardar bene è la pittura di Murillo che, al di là dell’atmosfera da idillio, può meglio spiegare le manifestazioni eterodosse di un vastissimo arco temporale e la conseguente reazione del Sant’Uffizio. E può, soprattutto, spiegarcele a livello di eterodossia spicciola, triviale o soltanto blasfema.
Perchè sarà magari possibile cogliere nella pittura di Murillo influssi dottrinali dell’Inquisizione o dei gesuiti, ma quel che appare più evidente è che siamo di fronte a un pittore che interpreta il sentire religioso del popolo nel modo più autentico e semplice, con una familiarità alle cose della fede da cui è facile travalicare in una eresia di tipo quietista o in un culto talmente umano da diventare blasfemo o che in vera e propria bestemmia si rovescia.
I santini che da secoli moltiplicano e diffondono le immagini del Murillo come di nessun altro pittore, sono in questo senso una prova. Il mondo sacro che egli rappresenta — cosi sospeso tra il terrestre e il celeste, tra la natura e la transumana beatitudine — è un mondo familiarizzabile, familiarizzante; e quindi, nel momento in cui delude, nel momento in cui appare estraneo, in cui non interviene a stornare sventure e a correggere la sorte, bestemmiabile.
Bisogna anche aggiungere che la santità, nelle rappresentazioni di questo pittore, sembra essere un attributo della buona salute, del buon nutrimento, della domestica pace economica: e da ciò l’insinuarsi, nei momenti più affannati e affamati del mondo contadino, di un sentimento che può assomigliarsi all’invidia e comunque di insofferenza, di avversione.”

Leonardo Sciascia (1921–1989) scrittore e saggista italiano

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“Per me l'atto di pensare e quello di esprimere i pensieri non sono simultanei, e neppure necessariamente consecutivi. So di pensare e parlare nella stessa lingua, e so che in teoria non c’è ragione per cui io non possa comunicare i miei pensieri non appena si formano o immediatamente dopo; eppure la lingua in cui io penso e quella in cui parlo sembrano spesso talmente lontane che mi pare impossibile colmare il vuoto sul momento, o anche retroattivamente.
Mi ha sempre affascinato l’idea della traduzione simultanea, come alle Nazioni Unite, dove nel pubblico tutti hanno gli auricolari e si sa che nelle retrovie gli interpreti ascoltano quello che viene detto e lo trasformano in un’altra lingua. Capisco che questo sia possibile, ma per me ha del miracoloso – che le parole siano lanciate in aria in una lingua e ricadano a terra in un’altra come una palla. Credo che nel mio cervello ci sia una specie di setaccio che impedisce un rapido (e tanto meno simultaneo) travaso dei pensieri in parole. Un po’ come il filtro nello scarico della vasca da bagno; c’è qualcosa che mantiene i miei pensieri nel cervello, e così bisogna cavarli a forza, come quegli schifosi grovigli di capelli bagnati.
Riflettevo sui concetti di pensiero e di linguaggio, a quanto sarebbe stato difficile esprimerli – o quantomeno spossante, come se pensarli fosse già abbastanza e dirli fosse pleonastico o riduttivo, perché lo sanno tutti che la traduzione svilisce un testo, è sempre meglio leggere un libro nella lingua originale (À la recherche du temps perdu). Le traduzioni sono delle approssimazioni soggettive e questo è esattamente quello che provo quando parlo: quello che dico non è quello che penso ma solo quello che più gli si avvicina, con tutti i limiti e le imperfezioni del linguaggio. Quindi penso spesso che sia meglio stare zitto anziché esprimermi in modo inesatto.”

Peter Cameron (1959) scrittore statunitense
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“Qui | riposa | Mario Soldati | padre | figlio | autore | regista | interprete | di | Mario Soldati.”

Indro Montanelli (1909–2001) giornalista italiano

Origine: Ricordi sott'odio, p. 123

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“In Italia siamo malati di provincialismo, ci vergogniamo di indicare nell'attore la prima molla verso il successo. A Venezia ci sono stati Leoni d'oro per tutti ma non per gli interpreti; ai comici non si consente di cambiare registro magari con Shakespeare per una volta.”

Enrico Montesano (1945) attore italiano

Origine: Citato in Il dovere di far ridere http://www.archiviolastampa.it/component/option,com_lastampa/task,search/mod,libera/action,viewer/Itemid,3/page,28/articleid,1447_02_1980_0237_0028_20502031/, Stampa Sera, 19 settembre 1980.

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“In questo momento, mia cara Miledy, interpreto la vostra amicizia, poiché mi scrivete ogni cosa, mentre che tutti i miei corrispondenti si, vedendo la mia inutilità e temendo di compromettersi. Io però spero che la mia buona amica Emma non mi affatto, benché io sia rilegata a Palermo. Ciò farà epoca. Dal canto mio non crediate affatto che non abbia voluto venire per qualche motivo, o capriccio. Vi sono stata indotta da più ragioni. D'altra parte non volendomi nessuno ho temuto far torto all'affetto ed all'entusiasmo che il re ispirerà, e che non è l'istesso per me. Infine, mille motivi di prudenza m'han fatto una legge che mi addolora grandemente. Continuerò a profittare della vostra amicizia, indirizzandovi le mie differenti lettere e ordinando agli altri che ve le portassero da parte mia. Voglio augurarmi che le cose s'accomoderanno col cardinale ma prevedo delle tempeste ed allora mi rimpiangeranno. Infine, il mio cuore trabocca ed avrei molto a dirvi. Addio, mia cara Miledy, compiangetemi e non mi dimenticate. Vi scongiuro farmi sapere tutte le cose che succederanno.
Credetemi di cuore e per la vita la vostra affettuosa e riconoscente amica — Carolina.”

Maria Carolina d'Asburgo-Lorena (1752–1814) regina consorte di Napoli e Sicilia, moglie di Ferdinando I delle Due Sicilie

dalla lettera del 2 luglio 1799, pp. 91-92
Carteggio di Maria Carolina Regina delle due Sicilie con Lady Emma Hamilton

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“Sam Neill interpreta un tipico eroe carpenteriano, tormentato dal sospetto che tutto possa essere frutto di una sua allucinazione.”

Il Farinotti (1951) critico cinematografico italiano

Il seme della follia, p. 1801

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