Frasi su babbo

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema babbo, natale, bambini, padre.

Frasi su babbo

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“[Sulla festa dei morti in Sicilia] Noi siamo stati un popolo che ha subito ben tredici dominazioni. Forse la dominazione che avrebbe potuto riscattarci, in un certo senso, dal carattere, sarebbe stata quella francese. Ma le altre, la greca, la romana, l'araba e la spagnola, sono state dominazioni che avevano un acutissimo senso della morte ed un altissimo senso della ritualità connessa ad essa. Quando ero bambino, ricevevo il regalo il 2 novembre, vale a dire il giorno dei morti, perché la tradizione voleva che in quel giorno i morti, durante la notte precedente, fossero tornati nelle loro case e portassero i regali ai loro discendenti. Come si svolgeva questo rito? Prima di andare a dormire, mettevamo sotto il letto un canestrino, e aspettavamo che il morto o la morta di casa, a cui avevamo scritto una letterina, come si fa oggi con Babbo Natale, ci portasse i regali. I dolci erano il regalo che avevamo scelto. Nessuna paura di un morto, anzi la voglia di averlo in qualche modo presente. Quindi di mattina, appena svegliati, andavamo alla ricerca di questo cestino. La ricerca dei regali era una cosa fantastica. Finalmente trovavi il cestino e quindi si andava tutti assieme al cimitero per ringraziare il morto che ci aveva portato i regali. Quel cimitero il 2 novembre si animava come a festa, perché noi bambini, nei vialetti, ci scambiavamo i doni, e il giorno dei morti era una festa meravigliosa. Poi nel 1943 arrivarono gli americani, lentamente i morti persero la strada di casa e vennero sostituiti dell'albero di Natale. Credo che però le tradizioni non si perdano del tutto. Non si trovano più i regali, i bambini non mettono più il cestino sotto il letto. Ciò non toglie che tutte le pasticcerie siciliane, per il 2 novembre, preparino quei dolci speciali che servivano una volta per il cestino dei bambini. Mi riferisco ai pupi di zucchero, ai frutti di martorana, oppure a quei dolci di miele, tra l'altro squisiti, detti ossa di morto. Questo è un modo di conservare comunque la memoria delle tradizioni. Credo non possa esserci un popolo senza memoria delle proprie tradizioni. Le tradizioni si modificano ma è fondamentale continuare a conservarle, in qualche modo, perché in un'epoca come la nostra, che è un'epoca di mutamenti, l'unico modo per non avere paura di tutto ciò che sta avvenendo, è sapere chi sei, senza bisogno di dirlo, di proclamarlo. Ma se sai chi sei, con le tue tradizioni, non perderai mai la tua identità.”

Andrea Camilleri (1925–2019) scrittore, sceneggiatore e regista italiano

Origine: Da http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-db122e96-535f-46a3-8bed-71314f6a9bb5.html, dal film-documentario di John Turturro Prove per una tragedia siciliana (2009).

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“Siam mica qui a convincere Babbo Natale a credere in se stesso!”

Maurizio Crozza (1959) comico, imitatore e conduttore televisivo italiano

da Ballarò, 18 dicembre 2012
Imitazioni, Pierluigi Bersani

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“Matteo Renzi è un vero imbecille. […] Caro Renzi, sei di una abissale ignoranza, privo di basi culturali, solo chiacchiere distintivo e insider trading. […] In quale loggia massonica di tuo padre ti hanno dettato le presunte norme per scuola e banche? […] Sei davvero una persona spregevole, torna nella loggia del babbo.”

Maurizio Gasparri (1956) politico italiano

da un tweet del 22 febbraio 2015
Origine: Citato in Rai, il Gasparri furioso attacca Renzi: “Figlio di massone, sei un imbecille” http://www.ilfattoquotidiano.it/2015/02/22/rai-maurizio-gasparri-contro-matteo-renzi-figlio-massone-imbecille/1446969/, Il Fatto Quotidiano.it, 22 febbraio 2015.

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“Voglio una Roma che sbagli il meno possibile. Noi non possiamo essere Babbo Natale.”

Carlos Bianchi (1949) allenatore di calcio, ex calciatore e dirigente sportivo argentino

Origine: Citato in Marco Sappino, Dizionario biografico enciclopedico di un secolo del calcio italiano, Dalai editore, 2000, p. 2112 http://books.google.it/books?id=J5OpwwKggrsC&pg=PA2112. ISBN 8880898620

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“Io sono nato il 23 giugno 1923. Dal 28 ottobre 1922, da otto mesi, poco meno, Benito Mussolini era salito al potere con la sua solita ridicola marcia su Roma, fatta in vagone letto. Penso Mussolini in pigiama, o forse in camicia (non nera, speriamo!) farsi la barba la mattina del 27 ottobre all'arrivo a Roma, dopo la sveglia del conduttore, con il giornale ed il caffè! Otto mesi dopo, in Piazza Calderini sono nato: e debbo quindi arguire di essere stato concepito un po' prima di quei fatidici giorni, in una Bologna ormai attesa al destino, ormai quasi pacificata, in vista di un futuro finalmente pieno di promesse. Alla fine di settembre del 1922, mio padre [Aldo Valori] era ancora al Resto del Carlino, il giornale degli agrari emiliani e romagnoli, il giornale liberal-massonico-conservatore che Missiroli aveva diretto e Monicelli spinto verso il fascismo alla fine di un processo di evoluzione incerto e prudente, ma senza speranza di liberazione dell'ormai decisiva rivoluzione reazionaria. Mio padre si trovò coinvolto in quella vicenda. Mi sono chiesto spesso negli ultimi anni dopo la seconda guerra mondiale, perché il babbo aderisse al fascismo. Se ripenso a tutta la vicenda, durata in fondo pochi anni, debbo concludere che noi non comprenderemo mai completamente questo dramma. Il babbo, per educazione e carattere, per formazione culturale e morale, non poteva essere fascista nel senso che ha acquistato in seguito questa parola. Estraneo ad ogni violenza, mansueto di carattere e di modi, anche se molto passionale ed impulsivo, (specialmente negli anni della giovinezza e della maturità), non poteva trovare la sua adesione al Fascismo squadrista. Né poteva trovare, romantico e liberale com'era affinità con il Mussolinismo (culto puerile e comodo della personalità).”

Michele Valori (1923–1979) urbanista e architetto italiano

Posta fatta in casa

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“Vorrei vivere felice fino a cent'anni, babbo.
Provochi?”

Francesco Tullio Altan (1942) fumettista, disegnatore e sceneggiatore italiano

Dialoghi

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“[Riferito alla Fiorentina] Dico subito che non la vendo, piuttosto la disintegro con le mie mani. La comprò il mi' babbo, è un fatto affettivo e, adesso, anche economico.”

Vittorio Cecchi Gori (1942) imprenditore, politico e produttore cinematografico italiano

Origine: Dall'intervista di Fabrizio Roncone, Cecchi Gori: «Non venderò mai la Fiorentina» https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2001/luglio/08/Cecchi_Gori_Non_vendero_mai_co_0_0107082639.shtml, Corriere della Sera, 8 luglio 2001.

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“New York è stupefatta, sconvolta nelle antiche regole e nelle convinzioni. Le luminarie natalizie sono meno festose, in giro non si vedono i soliti disoccupati vestiti da Babbo Natale. […] Le bancarelle con i poster conciliano dolore e commercio, c'è la memoria della paura.”

Enzo Biagi (1920–2007) giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano

Speciale Il Fatto "New York senza stelle" (24 dicembre 2001)
Con Michail Gorbacev; un bilancio della perestroika, L'11 settembre: nella New York ferita

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“La mamma e il babbo erano ancora due ragazzi quando si sposarono. Lui aveva diciott'anni, lei sedici, io tre.”

Billie Holiday (1915–1959) cantante statunitense

Origine: La signora canta il Blues, p. 5

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“Aspetta bue che l'erba cresca! Prima che i vaschi mollino i lugagni abbiam tempo di andare al Babbo noi e i nostri figlioli. (da La canaglia felice)”

Cletto Arrighi (1828–1906) giornalista, politico e scrittore italiano

I vaschi: i padroni, i lugagni: il denaro, andare al Babbo: morire

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“[Caro Babbo Natale, ] metti la tua mano buona e grande sulla testa di Calderoli e spremilo, spremilo, a vedere se esce qualcosa di buono.”

Luciana Littizzetto (1964) attrice, cabarettista e doppiatrice italiana

17 dicembre 2006
Che tempo che fa

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“[…] è divertente credere che ci sia Babbo Natale, c'è più magia.”

Elle Fanning (1998) attrice statunitense

Origine: Citato in Enrica Brocardo, «Da due anni non credo più a Babbo Natale» http://www.vanityfair.it/people/mondo/2010/12/16/elle-fanning-picolla-dakota-cresce, VanityFair.it, 16 dicembre 2010.

“Bisogna dunque contare dal diciannovesimo anno il cominciamento degli studi miei, e nemmeno liberamente, imperocché dovevo far sempre da copista al mio povero babbo, e per me non rimaneva che la notte.”

Maria Giuseppa Guacci (1807–1848) poetessa italiana

citato in P. Papa, Giuseppina Guacci Nobile ed un suo carteggio inedito, in Rivista contemporanea, 3−5−6 1888

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“[Riguardo Dario Fo e Franca Rame] A parte il disprezzo, intende dire? Una specie di pena. Perché v'era un che di penoso in quei due vecchi che per piacere ai giovani radunati in piazza si sgolavano e si sbracciavano sul palcoscenico montato dinanzi a Santa Croce, quindi dinanzi al porticato che un tempo immetteva al Sacrario dei Caduti Fascisti. In loro non vedevo dignità, ecco. A un certo punto l'amico che con me li guardava alla tv ha sussurrato: Ma lo sai che lui militava nella Repubblica di Salò?. Non lo sapevo, no. Come essere umano non mi ha mai interessato. Come giullare, non m'è mai piaciuto. Come autore l'ho sempre bocciato, e la sua biografia non mi ha mai incuriosito. Così sono rimasta sorpresa, io che parlo sempre di fascisti rossi e di fascisti neri. Io che non mi sorprendo mai di nulla e non batto ciglio se vengo a sapere che prima d'essere un fascista rosso uno è stato un fascista nero, prima d'essere un fascista nero uno è stato un fascista rosso. E mentre lo fissavo sorpresa ho rivisto mio padre che nel 1944 venne torturato proprio da quelli della Repubblica di Salò. M'è calata una nebbia sugli occhi e mi sono chiesta come avrebbe reagito mio padre a vedere sua figlia oltraggiata e calunniata in pubblico da uno che era appartenuto alla Repubblica di Salò. Da un camerata di quelli che lo avevano fracassato di botte, bruciacchiato con le scariche elettriche e le sigarette, reso quasi completamente sdentato. Irriconoscibile. Talmente irriconoscibile che, quando ci fu permesso di vederlo e andammo a visitarlo nel carcere di via Ghibellina, credetti che si trattasse d'uno sconosciuto. Confusa rimasi lì a pensare – chi è quest'uomo, chi è quest'uomo – e lui mormorò tutto avvilito: Oriana, non mi saluti nemmeno?. L'ho rivisto in quelle condizioni, sì e mi son detta: Povero babbo. Meno male che non li ascolti, non soffri. Meno male che sei morto.”

Oriana Fallaci (1929–2006) scrittrice italiana

Origine: Dall'intervista di Riccardo Mazzoni Oriana Fallaci risponde http://archivio.panorama.it/Oriana-Fallaci-risponde, Panorama.it, 21 novembre 2002.

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“Strano uomo, Pogo. Un vago alcolismo e certe fissazioni lo facevano apparire a un osservatore superficiale, come uno strambo trentenne, signore e padrone del proprio taxi e della propria vita. Un caratterista. Una macchietta di Rorschach.
Poi improvvisamente, nel corso di una conversazione casuale, ciò che era sembrato pittoresco, folcloristico, diventava inquietante, e Pogo, da qualche misterioso recesso da qualche sacca di conoscenze acquisite forse in qualche sua precedente vita, confondeva Arquà Petrarca, nei Colli Euganei, con Arqa Tagh nella catena del Kum Lun in cui si trova l'Ulugh Muz Tag coi suoi 7.723 metri d'altezza. I suoi interlocutori sbigottivano: che Pogo conoscesse tutti i nomi delle strade di Milano, era giustificato dal provvisorio ruolo di taxista, ma che Pogo annoverasse tra le informazioni in suo possesso, insospettabili, dettagliatissime notizie sulle catene montuose della Cina occidentale, sui grandi mammiferi, sulla lavorazione del vetro, sui crostacei decapodi bracuri, e su Randit Singh, il leone del Punjab, colorava il mistero di mistero.
Pogo era antico. Forse c'era sempre stato. E poteva essere pericoloso come una creatura abissale di Lovecraft. Il cliente di Pogo gli chiedeva: "Mi potrebbe portare a Premadio. È una frazione di…" si sentiva immediatamente rispondere: "Del comune di Valdidentro. Dove c'è la centrale idroelettrica che ha, se non sbaglio, una potenza di 144 megawatt".
"È sorprendente. Come fa a saperlo?"
"Saranno cazzacci miei. Babbo di minchia."”

Origine: Il senso della frase, p. 47

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“Il look della Madonna, come quello di Babbo Natale, lo ha reinventato la Coca-Cola”

Davide La Rosa (1980) fumettista, scrittore e sceneggiatore italiano

Suor Adalgisa
Suore Ninja, 3 – Citofonare ore pasti

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“[Sull'adozione da parte di coppie dello stesso sesso] Piuttosto diversa si presenta la questione delle adozioni, e non solo perché coinvolgono una creatura impotente a decidere circa una scelta non pacifica. Già le rivolte edipiche, infatti, sono frequenti nelle famiglie con un babbo solo. Ove ce ne siano due, potrebbe raddoppiarsi anche l'Edipo?”

Alberto Arbasino (1930) scrittore, saggista e giornalista italiano

Origine: Da Matrimoni gay troppo froufrou http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1996/01/23/matrimoni-gay-troppo-froufrou.html, la Repubblica, 23 gennaio 1996.

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“La classica famiglia all'italiana: quella costituita da un babbo, da un altro babbo, un ovulo norvegese, lo spermatozoo canadese e una clinica californiana.”

Maurizio Crozza (1959) comico, imitatore e conduttore televisivo italiano

da Crozza nel Paese delle Meraviglie, 4 marzo 2016
Imitazioni, Nichi Vendola
Origine: Visibile al minuto 00:40:30 di Crozza nel Paese delle Meraviglie - Puntata 04/03/2016 https://www.youtube.com/watch?v=2O6HJa3FEP8, YouTube.com, 6 marzo 2016.

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“Il gran legislator babbo Mosè | della Legge le tavole ci diè. | Ma i nostri bei legislator che fanno?… | La legge delle tavole ci danno.”

Francesco Proto (1815–1892) politico italiano

Banchetti Politici, p. 85
In Epigrammi del marchese di Caccavone e del Duca di Maddaloni, a cura di Giuseppe Porcaro

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“Una volta mi limitavo a ringraziare Babbo Natale per pochi soldi e qualche biscotto. Ora, lo ringrazio per le stelle e le facce in strada, e il vino e il grande mare.”

Gilbert Keith Chesterton (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista inglese

Origine: Da una lettera al Tablet di Londra; riportato in Perché io credo ancora a Babbo Natale. Ho semplicemente esteso l'idea http://www.tempi.it/perche-io-credo-ancora-a-babbo-natale-ho-semplicemente-esteso-lidea#.VnN1v_nhDIV, Tempi, 19 dicembre 2014.

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“Caro babbo, lo sai che per me tu eri l'esempio vivente di tutte le perfezioni? Il tuo naso era perfetto, le tue orecchie erano perfette, la forma della tua testa era perfetta, la scriminatura che divideva da una parte i tuoi pochi capelli era perfetta, e tu, mi ricordavi per tutte queste perfezioni che ti attribuivo, un attore, di quel cinema anni Trenta che cominciò a sfornare una serie di divi a cui tutti avremmo voluto assomigliare. C'era solo una piccola cosa in te che non era perfetta: l'unghia dell'indice della tua mano sinistra era leggermente deformata, era un po' più spessa delle altre e incarnita. Normalmente non si notava, ma i bambini hanno un occhio speciale per notare anche la più lieve imperfezione, e io l'avevo notata e ti avevo domandato come mai quell'unghia era diversa dalle altre. Tu mi dicesti che quando eri piccolo un colpo di martello sbagliato ti aveva spappolato la punta del dito e che l'unghia rimarginandosi era diventata così. Io pensai solo al dolore che dovevi aver provato e poi pensai che le unghie delle altre tue dita erano tutte belle tonde e talmente curate che sembravano appena uscite dalla manicure. Più tardi, quando non ero più un bambino ma un adolescente che cominciava a toccarsi facendo fantasie, non so perché una volta mi sorpresi a pensare che forse la storia del colpo di martello non era vera e che quel dito poteva essere difettoso dalla nascita. Perché lo pensai? Forse perché oscuramente sentivo di aver ereditato da te un'imperfezione che non riguardava solo il mio corpo, ma una parte esigente di me che non avevo ancora bene individuata.”

da Lettera al padre, pp. 79-80
L'amorosa inchiesta

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“Nei primi anni '80 feci un buon contratto, allenavo la Sampdoria e il segretario del PCI trovò mio padre e gli disse: «Ora il tuo figliolo non è più un comunista», e mio babbo non seppe cosa rispondere e gli disse: «Peggio per lui!»”

Renzo Ulivieri (1941) allenatore di calcio e politico italiano

Origine: Da una conferenza al Palazzo delle Esposizioni di Empoli, 10 novembre 2012. Video http://www.youtube.com/watch?v=Zznqy3vq3_c disponibile su Youtube.com.

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“Marco Pannella era già un mito quando lo conobbi. Erano gli anni '70 e il suo impegno sui diritti civili mi faceva riflettere mentre studiavo medicina all'Università Cattolica e proprio da studente lo incontrai la prima volta. Mi emozionai quando nel 2006, ritornato in Italia, raccontò quel nostro primo incontro a mia figlia che lo guardava come si guarda un saggio da ascoltare con rispetto. La stima per Marco si è accompagnata in questi ultimi anni alla gratitudine per avermi permesso di condividere alcuni progetti e momenti di grande intensità. Come potrei dimenticare quando mi venne a prendere per accompagnarmi a casa di Pier Giorgio Welby, dove incontrai Pier Giorgio e Mina, o quando mi chiuse nel salotto di casa mia per ore per cercare di convincermi a entrare nel Partito Radicale prima delle elezioni per il Parlamento Europeo nel 2009. O la marcia per la giustizia nel dicembre 2013, quando Marco si presentò con l'immancabile sigaro e un cappello da babbo natale con scritto sopra "Amnistia". Non eravamo sempre d'accordo ma io gli ho voluto un grandissimo bene e so che ero ricambiato. A volte mi sgridava perché non condivideva alcune mie decisioni. Io non ebbi mai il coraggio di sgridarlo sulle scelte politiche ma, ogni tanto, mi prendevo la libertà di farlo in occasione degli scioperi della sete quando alcuni valori nel sangue, come la creatinina e l'azoto ureico, salivano pericolosamente mettendo a rischio la sua vita. Marco se la rideva e continuava a fumare. Testardo, risoluto, irremovibile, visionario. Ecco Marco siamo in tanti ad aver appreso qualcosa da te. Per quello che mi riguarda non dimenticherò mai che oltre le doti che tutti ti riconoscono avevi anche dolcezza e signorilità e quelle carezze che ogni tanto mi hai dato sul volto sono entrate nel mio cuore e le ricorderò per sempre.”

Ignazio Marino (1955) medico e politico italiano
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“Napoli fu per Metello il Rettifilo, via Toledo, piazza Plebiscito, e via Sergente Maggiore, via de' Fiorentini, quando gli sembrava di non aver altro da fare e si voleva prendere una distrazione. Non soltanto la mancanza di denaro, ma la divisa un poco lo umiliava; e dové adattarsi a quelle domestiche della Villa comunale, seppure non erano, per lui che aveva avuto Viola, proprio il suo tipo. Col tempo fece ghega insieme a un livornese, uno di Cascina, un fiorentino di Porta Romana: Mascherini, che negli anni dipoi non seppe mai dove fosse finito. Leoni, quello di Cascina, riceveva denaro, suo padre era mobiliere, ed egli era tirato ma finiva per offrire. Fu un sodalizio che durò a lungo: si frequentarono le bettole di Forcella, del Vasto e del Pendino, rioni che chiamano sezioni, come chi dicesse Sezione San Niccolò o Madonnone. Ebbero a che fare con la gente, per quei vicoli traversi o tutti in salita, dove la miseria e la spocizia erano pari all'animazione che vi si trovava. Entrarono, piuttosto che in via Sergente Maggiore, in alcuni bassi, dietro una sottana: ragazze tutte more di capelli, dai volti appassiti e i grossi seni. I bambini giocavano al di là della tenda. Non ci si toglieva nemmeno le mollettiere. Poi magari si restava a cena con tutta la famiglia, si diventava amici, ci tenevano in conto di figlioli: era gente come noi, come il livornese che non viveva meglio dietro la Darsena, come Mascherini che aveva il babbo fiaccherajo. E un po' ci si vergognava. Si vuotavano le tasche dell'ultimo soldino, come per farci perdonare. Cose trapassate nella memoria, viste e vissute da dentro la campana.”

Metello

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“Ho smesso di credere a Babbo Natale quando avevo sei anni. Mamma mi portò a vederlo ai grandi magazzini e lui mi chiese l'autografo.”

Shirley Temple (1928–2014) attrice statunitense

citata in Anche le formiche nel loro piccolo s'incazzano – Anno secondo, Ed. Baldini & Castoldi

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“E il babbo diceva è perché sei vergine: non vedi? Le donne non sono mai vergini. La purezza è uno stato negativo e perciò contronatura. È la natura che ti fa soffrire non Caddy e io dicevo Queste sono soltanto parole e lui diceva Anche la verginità è una parola e io dicevo tu non sai. Non puoi sapere e lui diceva Sì. Nell'attimo, in cui si arriva a rendersene conto si scopre che non è più una tragedia.
Dove cadeva l'ombra del ponte potevo spingere lo sguardo molto in basso, ma non fino al fondo. Quando lasci una foglia nell'acqua per molto tempo dopo un po' il tessuto se ne va e restano le fibre delicate a ondeggiare con la stessa lentezza dei movimenti che si fanno nel sonno. Non si toccano, anche se prima formavano un groviglio… E forse quando Lui dirà Sorgete anche gli occhi verranno a galla, dal silenzio e dal sonno dell'abisso, per contemplare la sua gloria.
Non vedevo il fondo ma potevo spingere lo sguardo molto in basso nel moto dell'acqua, prima che l'occhio si desse per vinto, e allora vidi un'ombra sospesa come una grossa freccia che andava contro corrente. Le effimere entravano e uscivano dall'ombra del ponte sfiorando la superficie. Se di là ci fosse almeno un inferno: la pura fiamma noi due più che morti. Allora tu avrai soltanto me allora solo me allora noi due tra l'esecrazione e l'orrore oltre la pura fiamma… Il vorticce che svaniva fu portato via fu portato via dalla corrente e allora rividi la freccia, ferma a un palmo dalla superficie, tremare appena al moto dell'acqua sopra la quale le effimere volteggiando si posavano.
Tu e io soltanto allora tra l'esecrazione e l'orrore in un cerchio di pura fiamma”

The Sound and the Fury

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“Dice che, a pensarci, è curioso che persone normali, intelligenti, possano credere a una cosa tanto pazzesca come la religione cristiana, una cosa in tutto e per tutto identica alla mitologia greca o alle favole. […]
Eppure viene creduta. Sono in molti a crederci. Durante la messa recitano il Credo, ogni frase del quale è un insulto al buonsenso, e lo recitano nella loro lingua, che si presume capiscano. Quand’ero piccolo, la domenica mio padre mi portava in chiesa e gli dispiaceva che la messa non fosse più in latino, un po’ per passatismo, e un po’ perché, ricordo ancora le sue parole, «in latino non ci si accorgeva che scemenza fosse». Ci si può rassicurare dicendo: non ci credono. Come non credono a Babbo Natale. Fa parte di un retaggio, di abitudini secolari e belle alle quali sono attaccati. Tramandandole, affermano un legame, di cui vanno fieri, con ciò che ha ispirato le cattedrali e la musica di Bach. Borbottano quelle parole perché è la consuetudine, come noialtri radical-chic, per i quali il corso di yoga della domenica mattina ha preso il posto della messa, borbottiamo un mantra seguendo il maestro prima di cominciare la pratica. In questo mantra, tuttavia, ci auguriamo che la pioggia cada al momento giusto e tutti gli uomini vivano in pace, nient’altro che pii desideri, probabilmente, i quali però non offendono la ragione, e questa è una differenza sostanziale con il cristianesimo.”

Le Royaume

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“Bisognerebbe fare dei corsi per imparare come dire a un bambino che Babbo Natale non esiste.”

Diego De Silva (1964) scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano

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