Frasi su centinaio
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“Nelle biblioteche del mondo occidentale, oggi, ci sono centinaia di volumi che studiano il passaggio delle economie dal capitalismo al comunismo. Ma non ce ne è uno solo che abbia cercato di raccontare il percorso inverso.”

David D. Hale (1951–2015) economista statunitense

da The Washington Post, 2 luglio 1990
Origine: Citato in Furio Colombo, Il terzo dopoguerra: conversazioni sul post-comunismo, Rizzoli, Milano, 1990, p. 5. ISBN 88-17-84070-X

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“Il premio Nobel agli abitanti di Lampedusa e Lesbo sarebbe una scelta giusta e un gesto simbolico importante. Consegnarlo non a un individuo ma a un popolo. I lampedusani in questi vent'anni hanno accolto persone che sono arrivate, migranti, senza mai fermarsi. Ho vissuto lì un anno e non ho mai sentito da nessuno parole di astio e paura nei confronti degli sbarchi. Le uniche volte in cui li vedo reagire con rabbia è quando ci sono troppe notizie negative associate all'isola: "disastro a Lampedusa", "i pesci che mangiano i cadaveri", "arrivano i terroristi". Quelle sono le cose verso le quali hanno, giustamente, un rifiuto totale. Vorrebbero che tutto si svolgesse senza lasciare traccia mediatica, portando avanti il loro aiuto quotidiano. Ce ne sono tanti che lavorano al Centro d'accoglienza, oggi che gli sbarchi sono procedura istituzionale: la raccolta in mare aperto, l'arrivo al porto e al Centro per l'identificazione. Ma fino a poco tempo fa, quando arrivavano i barconi carichi sulla spiaggia, i migranti erano soccorsi, rifocillati, ospitati. Una volta in centinaia si buttarono in mare per salvare altrettanti naufraghi. […] Questo stato d'animo appartiene non solo a Lampedusa ma alla Sicilia e i siciliani. Negli ultimi tempi sono arrivate migliaia di persone e non ho sentito nessuno a Palermo o Catania parlare di barriere. Quelle barriere fisiche e mentali che alcuni stati d'Europa innalzano, vergognosamente, oggi. L'accoglienza è la prima cosa che ho imparato dai lampedusani.”

Gianfranco Rosi (1964) regista italiano
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“Partendo dalla convinzione (mai confermata) che il clero avesse elaborato un piano che approfittasse delle confische di oggetti sacri per dichiarare guerra al potere dei soviet, Lenin scrisse: «Per noi, questo momento è quello in cui abbiamo il 99% delle possibilità di riuscire a distruggere il nemico [la Chiesa] e assicurarci una posizione indispensabile per i decenni a venire. È precisamente ora e solamente ora, mentre nelle regioni affamate le popolazioni si nutrono di carne umana e centinaia se non migliaia di cadaveri marciscono sulle strade, che noi possiamo (e dobbiamo) realizzare la confisca dei tesori della Chiesa con l'energia più selvaggia e impietosa. Noi dobbiamo, come che sia, confiscare i beni della Chiesa il più rapidamente possibile e in modo decisivo per assicurarci un fondo di centinaia di milioni di rubli. Senza questo fondo, nessun lavoro governativo in generale, nessuno sforzo economico in particolare, nessuna difesa delle nostre posizioni alla conferenza di Genova sono concepibili». E, per riuscirvi, Lenin ordinò nella stessa lettera delle confische brutali e implacabili «senza fermarsi davanti a niente», e «l'esecuzione del più gran numero possibile di componenti del clero reazionario […]. Più grande sarà il numero delle esecuzioni, meglio sarà»”

Hélène Carrère d'Encausse (1929) storica francese

cap. 14, pp. 408-409
Lenin
Origine: Chiosa dell'Autore.
Origine: Omissione dell'Autore.

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“SOGNO DI EVELINA
– Addio?
Il treno si muoveva. Sembrava che quella di lei dovesse essere la cuccetta superiore, ma c'era una gran confusione su dove uno doveva dormire e con chi. Centinaia di uomini, donne, bambini, tutti i naufraghi di quel disgraziato esperimento, inclusi il signor Shawnessy, il "" perfessore "" e il Senatore si erano gettati alla caccia di un posto per dormire. Sembrava che quello fosse un grande esodo verso New York, proprio come il "" perfessore "" aveva detto nella sua lettera.
– Suppongo – disse il signor Shawnessy, aiutandola a salire nella sua cuccetta – col tempo tutto il processo sarà controllato alla meglio di adesso. Ma sembra che il controllore abbia perduto la lista dei viaggiatori.
In bianca camicia da notte, con i capelli sciolti, ella si afferrò alle sue mani.
– Ho aspettato con fede il tuo ritorno, mio signore.
Il treno rombava e gemeva passando come un proiettile lanciato a velocità pazzesca attraverso un paesaggio di prati, laghi, fiumi. Nel vagone semibuio e ondeggiante ella vide il viso amato e bellissimo e cercò di attrarlo nella cuccetta accanto a sé, ma c'era una gran confusione, perché scoprì che si trattava invece del viso del "" perfessore "", che guardava intensamente il suo, e il cui fiato sibilante si cambiò nel fischio del treno, un melanconico suono di dolore e d'addio, di rinuncia, di femminile sconfitta e di ricordo dei giorni scomparsi e dei giardini sfioriti che una volta erano stati colmi d'estate… Addio…”

Ross Lockridge (1914–1948)

Origine: L'albero della vita, p. 59

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“[Descrivendo le condizioni dei mattatoi di Chicago] Tutte le volte che avanzava carne troppo guasta da poter essere utilizzata altrimenti, era uso comune inscatolarla o trasformarla in salsicce… Non c'era la minima attenzione per quel che veniva tritato per essere insaccato come salsiccia: dall'Europa, tornavano indietro vecchie salsicce rifiutate da quei paesi, ormai bianchicce e muffite, che – trattate con borace e glicerina, e rovesciate nei recipienti – venivano riciclate per finire sulla tavola di migliaia di famiglie americane. S'usava la carne caduta per terra, su quel pavimento pieno di sporcizia e segatura, su cui i lavoratori camminavano e sputavano miliardi di bacilli di tubercolosi; s'usava la carne ammucchiata negli stanzoni, sulla quale non aveva smesso un attimo di gocciolare l'acqua dal soffitto pieno di crepe, su cui centinaia di topi non avevano smesso un attimo di correre. Era troppo buio per riuscire a vedere bene, in quegli stanzoni, ma bastava passare una mano sui mucchi di carne per raccogliere manciate d'escrementi secchi di topo. I topi erano una grossa scocciatura e i conservieri avevano dato disposizione perché venissero sparsi bocconi avvelenati: gli animali li mangiavano, morivano e poi le carcasse dei topi, il pane avvelenato e la carne finivano tutti insieme nei recipienti per la triturazione.”

Upton Sinclair (1878–1968) scrittore statunitense

Origine: Da La giungla; citato in Jeremy Rifkin, Ecocidio: ascesa e caduta della cultura della carne, traduzione di Paolo Canton, Oscar Mondadori, Milano, 2014, cap. XX https://books.google.it/books?id=aAakAwAAQBAJ&pg=PT137.

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“Oltre a ciò che tutti sanno di un cane pechinese | vi dico davvero che quello zero di vituccia evanescente nelle mie palme | è stato niente di più e niente di meno che il puro amore stesso, | è stato sì, davvero, quel certo amore che con devota estasi | ed in lotte strazianti brama e insegue l'anima assetata | perché vuole fiammeggiare come roveto, | perché vuol boccheggiare come i pesci di Francesco. | Eccolo, è qui, ingenuo e minuto, scintillante e trasparente | come un pizzico di radio attivo estratto da centinaia di quintali di pece. | Non ha niente, né cervello né cuore, è solo amore, | più non ci sono ragioni o istinti, c'è solo l'amore. | Non ha neppure vita più, nemmeno vuole vivere, solo amare vuole. | Amore senza anima, senza sensi, senza vita. | In verità vi dico che anche a noi uomini farebbe bene amare così. | Lo so, vorremmo amarci, amare gli uni e gli altri e non noi stessi, | gli uni e gli altri e non quell'io fastidioso al quale siamo legati a vita. | Sarebbe bello amare, amare un altro e non compiangere sempre noi stessi. | So che siete buoni, ragazzi, buoni sotto quelle larve sfigurate dalla cattiveria. | Attendi, è vero, mio assassino, attendi, è vero, la mia morte? | Sarebbe bello amare, sarebbe bello, ma tu ti tormenti mentre sai che vivo. | Tutti aspettate insieme con me il momento d'amarmi, | ma morire io devo perché voi possiate amarmi, ricordarmi con lacrime.”

Frigyes Karinthy (1887–1938) scrittore, poeta e drammaturgo ungherese

da Tommy, Monologo ingenuo sul cuore di un cane
Origine: In Mario De Micheli e Eva Rossi, Poesia ungherese del Novecento, Schwarz editore, Milano, 1960, p. 94.

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“Sembra che il movimento sionista sia interessato ad aumentare le stime dei morti a causa dell'Olocausto per averne un maggiore tornaconto. Questo li ha portati ad enfatizzare questa stima [sei milioni] per conquistare la solidarietà dell'opinione pubblica internazionale. Molti studiosi hanno analizzato tale stima ed hanno raggiunto conclusioni sorprendenti, fissando il numero di vittime a poche centinaia di migliaia.”

Mahmūd Abbās (1935) politico palestinese

Citazioni di Abū Māzen
Origine: Dalla sua tesi di dottorato in storia svolta presso il Collegio Orientale di Mosca nel 1982 e intitolata "La connessione tra nazismo e sionismo, 1933-1945", pubblicata nel 1984 in arabo ad Amman in Giordania dall'editrice Dār Ibn Rush, Un primo ministro palestinese negazionista dell'Olocausto? http://www.wymaninstitute.org/articles/2003-03-denier.php, Rafael Medoff (The David S. Wyman Institute for Holocaust Studies)
Origine: Abu Mazen e l'Olocausto http://www.tomgrossmedia.com/mideastdispatches/archives/000032.html di Tom Gross

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“Di fronte alla nuova, terribile, strage del mare, che conta centinaia di vittime al largo di Lampedusa, si sente il bisogno civile e morale di alzare la voce: non è possibile che la politica e le istituzioni non riescano a dare risposte concrete ad un fenomeno prevedibile come quello di chi è costretto a fuggire da Paesi in guerra o dove regna la violenza.”

Andrea Riccardi (1950) storico, accademico e pacifista italiano

Con data
Origine: Citato in Riccardi: "Italia intervenga su stragi migranti anche senza UE http://www.andreariccardi.it/it/articoli/riccardi-italia-intervenga-su-stragi-migranti-anche-senza-ue, Riccardiandrea.it, 12 febbraio 2015.

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“Nel sole di marzo, mentre era seduto su una catasta di ceppi di faggio che scricchiolavano per il caldo, avvenne che egli pronunciasse per la prima volta la parola «legno». Aveva già visto il legno centinaia di volte, aveva sentito la parola centinaia di volte. La capiva anche, infatti d'inverno era stato mandato fuori spesso a prendere legna. Ma il legno come oggetto non gli era mai sembrato così interessante da darsi la pena di pronunciarne il nome. Ciò avvenne soltanto quel giorno di marzo, mentre era seduto sulla catasta. La catasta era ammucchiata a strati, come una panca, sul lato sud del capannone di Madame Gaillard, sotto un tetto sporgente. I ceppi più alti emanavano un odore dolce di bruciaticcio, dal fondo della catasta saliva un profumo di muschio, e dalla parete d'abete del capannone si diffondeva nel tepore un profumo di resina sbriciolata.
Grenouille era seduto sulla catasta con le gambe allungate, la schiena appoggiata contro la parete del capannone, aveva chiuso gli occhi e non si muoveva. Non vedeva nulla, non sentiva e non provava nulla. Si limitava soltanto ad annusare il profumo del legno che saliva attorno a lui e stagnava sotto il tetto come sotto una cappa. Bevve questo profumo, vi annegò dentro, se ne impregnò fino all'ultimo e al più interno dei pori, divenne legno lui stesso, giacque sulla catasta come un pupazzo di legno, come un Pinocchio, come morto, finché dopo lungo tempo, forse non prima di una mezz’ora, pronunciò a fatica la parola «legno». Come se si fosse riempito di legno fin sopra le orecchie, come se il legno gli arrivasse già fino al collo, come se avesse il ventre, la gola, il naso traboccanti di legno, così vomitò fuori la parola. E questa lo riportò in sé, lo salvò, poco prima che la presenza schiacciante del legno, con il suo profumo, potesse soffocarlo. Si alzò a fatica, scivolò giù dalla catasta, e si allontanò vacillando come su gambe di legno. Per giorni e giorni fu preso totalmente dall'intensa esperienza olfattiva, e quando il ricordo saliva in lui con troppa prepotenza, borbottava fra sé e sé «legno, legno», a mo' di scongiuro.”

Perfume: The Story of a Murderer

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“è qualcosa di bello, la distruzione delle parole. Naturalmente, c'è una strage di verbi e aggettivi, ma non mancano centinaia e centinaia di nomi di cui si può fare tranquillamente a meno. E non mi riferisco solo ai sinonimi, sto parlando anche dei contrari. Che bisogno c'è di una parola che è solo l'opposto di un'altra? Ogni parole già contiene in se stessa il suo opposto. Prendiamo "buono", che bisogno c'è di avere anche "cattivo"? "Sbuono" andrà altrettanto bene, anzi meglio, perché, a differenza dell'altra, costituisce l'opposto esatto di "buono". Anche se desideri un'accezione più forte di "buono", che senso hanno tutte quelle varianti vaghe e inutili : "eccellente", "splendido", e via dicendo? "Plusbuono" rende perfettamente il senso […].
Non capisci che lo scopo principale a cui tende la neolingua è quello di restringere al massimo la sfera di azione del pensiero? Alla fine renderemo lo psicoreato letteralmente impossibile, perché non ci saranno parole con cui poterlo esprimere […].
Tutta le letteratura del passato sarà distrutta: Chaucer, Shakespeare, Milton, Byron, esisteranno solo nella loro versione in neolingua […].
Anche la letteratura del partito cambierà, anche gli slogan cambieranno. Si potrà mai avere uno slogan come "La libertà è schiavitù", quando il concetto stesso di libertà sarà stato abolito? […].
Il pensiero non esisterà più, almeno non come lo intendiamo ora. Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia e inconsapevolezza sono la stessa cosa.”

1984

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“Madonna, che in realtà si chiama Veronica, ha tante doti, ma non sa cantare. Per far sì che i suoi fan non se ne rendano conto li bombarda di immagini, luci, ballerini, costumi, echi e basi preregistrate. Così, pagare centinaia di euro per assistere a un suo concerto è come andare da Nobu e mangiare dei surgelati.”

Tommaso Labranca (1962–2016) scrittore, autore televisivo e conduttore radiofonico italiano

Veroniche, 2008
Collateral
Variante: Madonna, che in realtà si chiama Veronica, ha tante doti, ma non sa cantare. Per far sì che i suoi fan non se ne rendano conto li bombarda di immagini, luci, ballerini, costumi, echi e basi preregistrate. Così, pagare centinaia di euro per assistere a un suo concerto è come andare da Nobu e mangiare dei surgelati. (Veroniche)

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“Viaggiare sulle strade d'Etiopia è duro e spesso pericoloso. Nella stagione secca, la macchina slitta sul pietrisco degli stretti percorsi scavati nelle pareti di montagne a picco, lungo precipizi profondi centinaia di metri. Nella stagione delle piogge, le strade di montagna vengono addirittura chiuse, mentre quelle di pianura si trasformano in acquitrini melmosi dove si rischia di restare impantanati per giorni e giorni.”

Variante: Viaggiare sulle strade d'Etiopia è duro e spesso pericoloso. Nella stagione secca, la macchina slitta sul pietrisco degli stretti percorsi scavati nelle pareti di montagne a picco, lungo precipizi profondi centinaia di metri. Nella stagione delle piogge, le strade di montagna vengono addirittura chiuse, mentre quelle di pianura si trasformano in acquitrini melmosi dove si rischia di restare impantanati per giorni e giorni. (p. 117)
Origine: Ebano, p. 117

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“Perché stanno uccidendo o causando la morte dei loro propri compatrioti? Non centinaia, non migliaia, non centomigliaia, ma parecchi milioni? Cos'è il loro scopo? Che scopo può giustificare la miseria, la sofferenza e la strage che i comunisti stanno infliggendo sul loro popolo oggi?”

Lon Nol (1913–1985) militare e politico cambogiano

Variante: Perché stanno uccidendo o causando la morte dei loro propri compatrioti? Non centinaia, non migliaia, non centinaia di migliaia, ma parecchi milioni? Quali sono i loro obiettivi? quale scopo può giustificare la miseria, la sofferenza e la strage che i comunisti stanno infliggendo al loro popolo oggi?

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“La musica, le mappe, la scrittura, noi stessi in quanto entità relazionali, il nostro amore, esistono allora, si costituiscono, nello spazio che Gilles Deleuze chiama la piega, i cui margini interni sono costituiti da migliaia di cavi internet, pieghe ripiegate e disposte su centinaia di migliaia di schermi.”

Paul B. Preciado (1970) filosofa spagnola

Origine: Da un articolo https://www.internazionale.it/opinione/paul-preciado/2017/01/30/tecnologia-corpi-coscienze, Libération, riportato su Internazionale.it, 30 gennaio 2017.

“La posta in gioco sono centinaia di migliaia di profughi hutu, fuggiti dal Ruanda nel timore di una rappresaglia, dopo il genocidio dei '94. Una massa umana in bilico sul confine, respinta dai tutsi: e di cui si servono invece, come di un ariete, i superstiti dell'ex regime di Kigali, autore del massacro, ora alla ricerca di una rivincita, con l'aiuto dello Zaire. Là il dramma ruandese può essere il detonatore che fa saltare quell'autentica polveriera tribale che è l'ex Congo belga. Un paese disegnato sulle frontiere coloniali, senza tener conto della storia – non scritta – di quelle regioni: e che adesso rischia, come già accadde al momento dell'indipendenza, di andare in frantumi e di destabilizzare l'intera Africa centrale. È al tempo stesso allucinante ed esemplare. A conclusione di un secolo che ha conosciuto la morte del colonialismo, e che ora, arrivato alla fine, assiste alla non tanto lenta rovina del continente nero, questo dramma ruandese è in definitiva il risultato di quello che gli scrittori africani riuniti a Roma, nella primavera del '59, denunciarono come uno dei più gravi peccati occidentali: l'avere accettato, senza discutere, e diffuso, la nozione di un popolo, quello africano, "senza cultura."”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

Ed anche "senza storia", perché, appunto, la si tramandava per via orale. Partendo da questo principio, coloni e (spesso) missionari hanno creato una storia africana con un calco occidentale e hanno imposto la loro cultura come se prima ci fosse stato il vuoto. Ne sono uscite delle mostruosità.
Variante: La posta in gioco sono centinaia di migliaia di profughi hutu, fuggiti dal Ruanda nel timore di una rappresaglia, dopo il genocidio dei '94. Una massa umana in bilico sul confine, respinta dai tutsi: e di cui si servono invece, come di un ariete, i superstiti dell'ex regime di Kigali, autore del massacro, ora alla ricerca di una rivincita, con l'aiuto dello Zaire. Là il dramma ruandese può essere il detonatore che fa saltare quell'autentica polveriera tribale che è l'ex Congo belga. Un paese disegnato sulle frontiere coloniali, senza tener conto della storia – non scritta – di quelle regioni: e che adesso rischia, come già accadde al momento dell'indipendenza, di andare in frantumi e di destabilizzare l'intera Africa centrale. È al tempo stesso allucinante ed esemplare. A conclusione di un secolo che ha conosciuto la morte del colonialismo, e che ora, arrivato alla fine, assiste alla non tanto lenta rovina del continente nero, questo dramma ruandese è in definitiva il risultato di quello che gli scrittori africani riuniti a Roma, nella primavera del '59, denunciarono come uno dei più gravi peccati occidentali: l'avere accettato, senza discutere, e diffuso, la nozione di un popolo, quello africano, "senza cultura". Ed anche "senza storia", perché, appunto, la si tramandava per via orale. Partendo da questo principio, coloni e (spesso) missionari hanno creato una storia africana con un calco occidentale e hanno imposto la loro cultura come se prima ci fosse stato il vuoto. Ne sono uscite delle mostruosità.

“Hafez el-Assad è morto nel suo letto, e gli ha dato il cambio Bashar, il figlio, il quale rischia una fine molto più agitata. Quando nell'82 si scopri che il vecchio Assad aveva fatto massacrare ventimila tra uomini e donne nella città di Hama, dove i Fratelli musulmani si erano ribellati allo strapotere di Damasco, pensai, e non fui il solo, che presto o tardi qualcuno avrebbe vendicato i sunniti sepolti sotto le rovine di Hama da centinaia di bulldozer. Eppure sono passati più di trent'anni e gli Assad se la sono cavata. Almeno finora. Penso che a proteggerli sia stata anche la loro fama di rais "laici". Eh sì, laici. Una specie di licenza di uccidere veniva infatti accordata ai capi arabi considerati laici. Si pensi a Saddam Hussein che quando, negli anni Ottanta, sfidò la teocrazia iraniana di Khomeini ebbe la simpatia dell'Occidente. Il suo partito, il Baath, non era forse laico e considerato eretico da molti musulmani zelanti? E il Baath (sia pure in una versione siriana, diversa da quella irachena) era anche il partito degli Assad. Una prova di laicità guardata con un certo interesse, anche se con diffidenza, da chi temeva l'ondata islamista. Ai Fratelli musulmani, non sempre rinsaviti, non sempre moderati, gli Assad, padre e figlio, non hanno mai risparmiato la galera o nei casi estremi la sepoltura con il bulldozer. Veri laici d'Oriente. Generale d'aviazione, Hafez aveva lo sguardo celestino. Due ferritoie e due occhi fissi. Pugnali avvelenati col sorriso. Il figlio Bashar è un medico. Ha l'aria di un bravo ragazzo. Persino un po' pirla. Un simpaticone, fino al giorno in cui l'esercito ereditato dal padre ha esagerato, accelerando la dinamica omicida. In realtà sempre in servizio permanente. A cominciare le "primavere arabe" non sono stati i Fratelli musulmani. Sono stati i giovani figli del web, un tempo si sarebbe detto giovani di sinistra, adesso è più appropriato l'altrettanto generico aggettivo "modernizzati."”

Bernardo Valli (1930) giornalista e scrittore italiano

I Fratelli musulmani e i derivati integralisti, salafiti ed altri, si sono intromessi nella folla in rivolta. Avevano sulle spalle anni, decenni di galera e di torture e avevano il diritto di ribellarsi.
Origine: Da Assad e la sindrome irachena http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/07/20/olds/assad-la-sindrome-irachena.002assad.html?ref=search, la Repubblica, 20 luglio 2012.

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“oggi uno de li due Casali più belli, più ricchi e ben culti tra li che abbia la nostra Città di Capua (atteso l'altro è Santa Maria Maggiore,) popolato di ben cinque mila persone, e più centinaia, buona parte di natali assai civili, di molti Dottori di Legge, di più Medici, e Notaj, di un Clero assai dotto, e ben costumato: le strade sono ben lastricate di pietra viva, ed è tutto il Paese adorno di molti, e vaghi palagi. Per mezzo di esso passava l'antichissima strada Atellana, che da Capua nell'antica Atella conduceva; ed ha tal pago il bel pregio di farsi in esso ogni Venerdì un pingue mercato, col concorso di gente di tutti i paesi convicini.
Finalmente Marcianesi si è reso famoso per le bellissime Chiese, che vi sono, e per le rare pitture della celebre scola del Marchese Francesco Solimena, di cui è principal discepolo Paolo de Majo, naturale di tal luogo, che ave adornato le Chiese suddette, specialmente quella dell'Arcangelo San Michele, dove è la Collegiata, e l'altra della Santissima Annunciata, delle più fine, e maravigliose pitture. Questo Villaggio per lo temporale alla Città di Capua, per lo spirituale poi nella maggior parte alla Chiesa di Capua, in a quella di Caserta si appartiene.”

Francesco Granata (1701–1771) vescovo cattolico italiano

Origine: Da Storia civile della fedelissima città di Capua, Libro I e II, Napoli, Stamperia Muziana, 1752, pp. 23-24 https://books.google.it/books?id=vKE5PJJ8doIC&hl=it&pg=PA23#v=onepage&q&f=false,.

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“È molto più difficile impadronirsi di una decina di teste forti che non di un centinaio di imbecilli.”

Lenin (1870–1924) rivoluzionario e politico russo

Che fare? Problemi scottanti del nostro movimento
Origine: Citato in Che fare? https://www.marxists.org/italiano/lenin/1902/3-chefare/cf4.htm, .marxists.org.

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“Il deserto non poteva essere rivendicato o posseduto, era un pezzo di stoffa trasportato dai venti, mai trattenuto dalle pietre. Gli erano stati dati centinaia di nomi mutevoli.”

Michael Ondaatje (1943) scrittore singalese

Origine: Da Il paziente inglese. Citato in AA.VV., Il libro della letteratura, traduzione di Daniele Ballarini, Gribaudo, 2019, p. 336. ISBN 9788858024416

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“E adesso, alla fine, la Terra era morta. L’ultimo patetico superstite era morto. Tutti i bilioni di anni, i lenti millenni, gli imperi e le civiltà dell’umanità, erano riassunti in quell’ultima, povera forma contorta… e quanto titanicamente privo di significato era stato tutto quello! Ora tutti gli sforzi dell’umanità erano arrivati davvero alla fine… quant’era mostruosa e incredibile la conclusione agli occhi di quei poveri sciocchi, felici per i loro giorni gloriosi! Ma il pianeta non avrebbe mai più conosciuto il calpestio delle centinaia di milioni di uomini… e neppure lo strisciare delle lucertole e il ronzio degli insetti, perché anche questi erano per sempre scomparsi. Adesso era venuto il regno degli arbusti spinosi e degli infiniti prati di erba secca. La Terra, come la sua fredda luna imperturbabile, era stata sommersa per sempre dal silenzio e dall’oscurità. Le stelle splendevano… l’intero pianeta avrebbe proseguito verso sconosciute infinità. Questo sciocco finale di un episodio insignificante non importava nulla alle nebulose lontane, ai soli appena nati, a quelli splendenti o morenti. La razza dell’uomo, troppo infinitesimale ed effimera per avere una vera funzione o uno scopo, era come se non fosse mai esistita. A tale conclusione erano pervenuti i millenni della sua farsesca e tormentata evoluzione. Quando i primi raggi del sole morente dardeggiarono la vallata, una luce illuminò la faccia stanca di una figura contorta sommersa dal fango.”

Howard Phillips Lovecraft (1890–1937) scrittore statunitense

explicit di Finché tutti i mari..., 1935

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