Frasi su giornale
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“[Matteo] Renzi ha un livello di ambizione sfrenata, a volte parla e non si sa quello che dice, cerca solo i titoli sui giornali. Se non modera questa ambizione finisce fuori strada.”

Franco Marini (1933) sindacalista e politico italiano

Origine: Citato in Sul carro di Matteo Renzi c'è posto per tutti. Ma ecco cosa dicevano di lui i nuovi renziani http://espresso.repubblica.it/palazzo/2014/07/08/news/sul-carro-di-matteo-renzi-c-e-posto-per-tutti-ma-ecco-cosa-dicevano-di-lui-i-nuovi-renziani-1.172572, 17 luglio 2014.
Origine: Pronunciata da Franco Marini il 21 aprile 2013.

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“I più pericolosi animali da preda della civiltà: le grandi bobine di carta da giornale.”

Joseph Roth (1894–1939) scrittore e giornalista austriaco

Origine: Da Tarabas; citato in Agenda letteraria 1995, a cura di Gianni Rizzoni, Edizioni CDE, Milano, 1994, p. 54.

“Questa legge del disprezzo [per la destra] vige in tutto l'Occidente, nota Ferrara; ma in Italia ancor di più.”

Marcello Veneziani (1955) giornalista e scrittore italiano

da Il sobrio orgoglio di essere "destri" http://www.ilgiornale.it/cultura/il_sobrio_orgoglio_essere_destri/06-10-2010/articolo-id=478234-page=0-comments=1, il Giornale.it, 6 ottobre 2010

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“L'Italia è diventata un bordello. Non perché il premier va a escort e qualcun altro a trans, ma perché sono state sovvertite tutte le regole. Un bordello squallido e triste, la cui cupezza si respira nell'aria. Raccontavo qualche giorno fa a una mia giovane amica la Milano dei '50, di quando ero ragazzino. Eravamo poveri, allegri e spavaldi. I tram erano stipati fino all'inverosimile con la gente sui predellini aperti e qualcuno attaccato al troller. Uscivamo dalla guerra, ci eravamo salvati dai bombardamenti angloamericani e dai rastrellamenti tedeschi, non ci poteva certo spaventare una caduta dal tram. Tutti, uomini e donne, fumavano. Il terrorismo diagnostico era di là da venire. Noi ragazzini uscivamo di casa alle due del pomeriggio e rientravamo con le ginocchia sbucciate, alle otto, senza che i nostri genitori se ne preoccupassero. Perché nel quartiere c'era un controllo sociale e se un bambino si fosse messo nei guai ci avrebbero pensato gli adulti a tirarlo fuori e un pedofilo sarebbe stato avvistato a un chilometro di distanza. Eppoi c'era, "il ghisa", il vigile, autorità sovrana. La "pula" non aveva bisogno di farsi vedere. La malavita era professionale, conosceva le regole, stava attenta a non spargere una goccia di sangue (il colpo in banca della banda di via Osoppo, senza un ferito, tenne la scena sui giornali per mesi). Eravamo solidali perché eravamo poveri e anche quelli che non lo erano non lo davano a vedere. Il sordido gioco degli "status simbol" non era ancora cominciato. Lealtà e onore erano moneta sonante. Se fra noi ragazzi ci si scontrava a pugni sulla strada – dove ci siamo formati – e un gruppo era di dieci e l'altro, poniamo di otto, due si levavano per far pari. E l'onestà era un valore assoluto. Per la borghesia, se non altro perché dava credito. Per il proletariato, per il mondo contadino dove la stretta di mano contava più di un contratto. Mentre raccontavo queste e altre cose i begli occhi della mia amica si ingrandivano, si sgranavano. Alla fine mi ha detto "tu mi stai raccontando una favola, questa non è l'Italia."”

Massimo Fini (1943) giornalista, scrittore e drammaturgo italiano

Appunto.
Origine: Da Il Gazzettino, 6 novembre 2009.

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“Ma davanti al disprezzo ideologico e razziale verso chi è di destra, lasciate che vi esorti alla sobria fierezza di essere e dirsi di destra.”

Marcello Veneziani (1955) giornalista e scrittore italiano

da Il sobrio orgoglio di essere "destri" http://www.ilgiornale.it/cultura/il_sobrio_orgoglio_essere_destri/06-10-2010/articolo-id=478234-page=0-comments=1, il Giornale.it, 6 ottobre 2010

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“Ah sì? Ora, mi cerca? Mandatelo affanculo!”

Clemente Mastella (1947) politico italiano

citato in «Mi hanno lasciato solo e ora questo governo è morto, morto, morto» http://www.senato.it/notizie/RassUffStampa/080122/gw1rt.tif, il Giornale, 22 gennaio 2008, p. 3

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“No, no, [l'Unità] non è un giornale libero, credo che l'unico modo di definirlo è un foglio tendenzialmente omicida!”

Giuliano Ferrara (1952) giornalista, conduttore televisivo e politico italiano

dalla trasmissione televisiva Porta a Porta, 30 ottobre 2003; citato in Rachele Gonnelli, Diffamò l'Unità, Giuliano Ferrara condannato, l'Unità, 8 luglio 2006

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“La dolce vita testimonia con estrema sensibilità non il crollo della religiosità, ma della sua facciata ben pensante. Scandaloso non era il film, era ciò che denunciava.”

Alain de Benoist (1943) scrittore francese

Origine: Citato in Maurizio Cabona, A cinquant'anni la Dolce Vita non è ancora finita http://www.ilgiornale.it/news/cinquant-anni-dolce-vita-non-ancora-finita.html, il Giornale.it, 30 gennaio 2010.

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“Io voglio la rivoluzione nei confronti della televisione, della radio, dei giornali, perché continuano ad infangare la Lega! È tempo di zittire, dobbiamo mettere i turaccioli in bocca e su per il culo! Non li voglio più!”

Giancarlo Gentilini (1929) politico italiano

da La Procura di Venezia indaga su Gentilini http://tribunatreviso.repubblica.it/dettaglio/articolo/1521850, La Tribuna di Treviso; Video su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=_WCZNQJkV3E, 14 settembre 2008

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“[Sugli attentati del 22 luglio 2011 in Norvegia] Ciononostante, poiché la strage si è consumata in 30 minuti, c'è da chiedersi comunque perché il pluriomicida non sia stato minimamente contrastato dal gruppo destinato allo sterminio. Ragioniamo. Cinque, sei, sette, dieci, quindici persone, e tutte disarmate, non sono in grado di annientare un nemico, per quanto agisca da solo, se questo impugna armi da fuoco. Ma 50 – e sull'isola ce n'erano dieci volte tante – se si lanciano insieme su di lui, alcune di sicuro vengono abbattute, ma solo alcune, e quelle che, viceversa, rimangono illese (mettiamo 30 o 40) hanno la possibilità di farlo a pezzi con le nude mani. […] Ma è incredibile come, in determinate circostanze, ciascuno pensi soltanto a salvare se stesso, illudendosi di spuntarla, anziché adottare la teoria più vecchia (ed efficace) del mondo: l'unione fa la forza. […] Evidentemente l'uomo non ha, o forse ha perso nei secoli, l'abitudine e l'attitudine a combattere in favore della comunità della quale pure fa parte. In lui prevalgono l'egoismo e l'egotismo. Non è più capace di identificarsi con gli altri e di sacrificarsi per loro, probabilmente convinto che loro non si sacrificherebbero per lui.”

Vittorio Feltri (1943) giornalista italiano

Origine: Da http://rassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search&currentArticle=12GIET Il Giornale, 25 luglio 2011.

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“Stamattina ho chiesto a mia moglie un soldo. Le ho detto, amore, è per il caffè, i giornali… […] Mi ha detto che devo mettermi a fare qualcosa. […] Sono amareggiato, avvilito, indignato […] con quelli che nella vita non hanno mai fatto niente di buono e ci trattano peggio dei delinquenti. Urlano, sputano, tirano monetine. […] Però una fine così, con Franceschini, i cori, gli sputi… no, non la meritavamo. […] Tremonti non lo perdonerò mai! Mai! […] ho visto da parte sua un'arroganza, una protervia. Ci ha trascinati nel baratro. […] Io dico che Tremonti non è dei nostri. Lui non ha mai fatto parte della nostra squadra. […] Sono stati diciassette anni belli. Abbiamo davvero fatto cose positive: abbiamo fermato la Gioiosa macchina da guerra di Occhetto, abbiamo fondato un sistema bipolare che aveva tutte le caratteristiche per diventare un sistema bellissimo, civilissimo. […] [Su Berlusconi] Potrei elencare mille suoi difetti, riempire cento pagine con gli errori che ha commesso ma… sono con lui da 27 anni, gli devo tutto, non è neppure ipotizzabile che non gli sia riconoscente, fedele, leale fino a pagare il prezzo più alto. E poi, per quante sciocchezze abbia fatto, lui è ancora il migliore di tutti. Mi viene il magone…”

Giancarlo Galan (1956) politico italiano

Origine: Intervista a La Stampa http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/429652/, 14 novembre 2011.

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“Bisognerebbe fare uno sciopero dei lettori per insegnare ai nostri giornali a non prendere in giro i lettori. Raccontano solo frottole, la loro disinformazione è una ferita sociale. E io sono una loro vittima, perché mi attribuiscono virgolettati che non ho mai né detto né pensato.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

2010
Origine: Citato in Mariolina Iossa, Il Cavaliere contro i giornali: «I lettori scioperino» http://web.archive.org/web/20151109010440/http://archiviostorico.corriere.it/2010/giugno/29/Cavaliere_contro_giornali_lettori_scioperino_co_8_100629033.shtml, Corriere della Sera, 29 giugno 2010.

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“Quelli di Tienanmen erano veramente dei ragazzi poveretti, sedotti da mitologie occidentali, un poco come quelli che esultarono quando cadde il muro; ma insomma, erano dei ragazzi che volevano la Coca-Cola.”

Edoardo Sanguineti (1930–2010) poeta italiano

da un'intervista a La7; citato su il Giornale http://www.ilgiornale.it/a.pic1?ID=151033, 22 gennaio 2007

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“Chi sarà il nostro lettore noi non lo sappiamo perché non siamo un giornale di parte, e tanto meno di partito, e nemmeno di classi o di ceti. In compenso, sappiamo benissimo chi non lo sarà. Non lo sarà chi dal giornale vuole soltanto la «sensazione» […] Non lo sarà chi crede che un gol di Riva sia più importante di una crisi di governo. E infine non lo sarà chi concepisce il giornale come una fonte inesauribile di scandali fine a se stessi. Di scandali purtroppo la vita del nostro Paese è gremita, e noi non mancheremo di denunciarli con quella franchezza di cui crediamo che i nostri nomi bastino a fornire garanzia. Ma non lo faremo per metterci al rimorchio di quella insensata e cupa frenesia di dissoluzione in cui si sfoga un certo qualunquismo, non importa se di destra o di sinistra. […] Vogliamo creare, o ricreare un certo costume giornalistico di serietà e di rigore. E soprattutto aspiriamo al grande onore di venire riconosciuti come il volto e la voce di quell'Italia laboriosa e produttiva che non è soltanto Milano e la Lombardia, ma che in Milano e nella Lombardia ha la sua roccaforte e la sua guida. […] A questo lettore non abbiamo «messaggi» da lanciare. Una cosa sola vogliamo dirgli: questo giornale non ha padroni perché nemmeno noi lo siamo. Tu solo, lettore, puoi esserlo, se lo vuoi. Noi te l'offriamo.”

Indro Montanelli (1909–2001) giornalista italiano

25 giugno 1974
il Giornale

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“Io non ho mai detto a Gentiloni che è una merda. Mai. Ci siamo scambiati alcuni sms dopo aver letto i giornali. E lui, con lealtà, ha ammesso di non avermi mai sentito pronunciare una simile parola. Ripeto: io non ho mai detto che Gentiloni è una merda… mentre non ho problemi a confermare che molti miei colleghi [del Partito Democratico] sono degli sciacalli.”

Matteo Orfini (1974) politico italiano

Origine: Da un'intervista rilasciata al Corriere della Sera; citato in Orfini: «Non ho mai detto che Gentiloni è una merda» http://www.ilpost.it/2013/07/12/orfini-gentiloni-merda-sciacalli/, Il Post.it, 12 luglio 2013.

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“Eppure, dal 2002 a oggi, il tifoso interista, ancora scioccato forse da quel maledetto 5 maggio, ha smesso di guardare il mondo con occhi sinceri e ha creato una realtà virtuale all'interno della quale ha accettato di diventare il prototipo del grillino perfetto […] Le notizie degli ultimi giorni – con ampia e documentata e ridicola polemica sui presunti errori commessi dall'arbitro Rizzoli durante la partita vinta domenica scorsa dalla Juventus sull'Inter per 1-0 – sono soltanto la coda di un problema più grande che affonda le radici in un momento preciso della nostra vita calcistica: quando, nel 2006, venne istruito un processo farsa contro la Juventus, in cui tutte le frustrazioni degli anti casta del calcio italiano vennero prima abilmente trasformate in illeciti sportivi e poi amabilmente trasferite in forma di gogna in tutti i talk-show. Fu in quel preciso momento che il tifoso medio interista – che grazie al supporto decisivo di un interista piazzato al vertice della Federazione Italiana Giuoco Calcio (Guido Rossi) riuscì a vincere un campionato a tavolino (2005/2006) e uno successivo nell'anno in cui la Juventus fu mandata in B (2006/2007) – scelse di alimentare il circo mediatico sportivo portando in prima serata e sulle prime pagine dei giornali le chiacchiere da bar, facendole uscire dai confini delle serate con Aldo Biscardi con lo stesso effetto che si avrebbe oggi se in prima serata venissero riproposte le telefonate registrate senza filtri da Radio Radicale ai tempi di Radio Parolaccia.”

Claudio Cerasa (1982) giornalista e blogger italiano
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“Molti dei nostri affermano, anche in giornali non comunisti, che le persecuzioni contro gli ebrei in Russia sono una sacrosanta difesa contro i tradimenti del nazionalismo sionista.”

Marino Moretti (1885–1979) scrittore, poeta e romanziere italiano

da Dopo Buchenwald, in Racconti scelti, Mondadori, Milano, 1967, p. 261

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“Abbiamo ufficialmente appurato che Kafka è un dilettante, l'Italia del 2009 è molto più avanti […] Ma in che Paese ci troviamo? Siamo in presenza di magistrature che si contraddicono tra di loro e contraddicono se stesse!”

Roberto Formigoni (1947) politico italiano

citato in [//www.ilgiornale.it/milano/formigoni_kafka_rispetto_magistrati_era_dilettante/17-12-2009/articolo-id=407635-page=0-comments=1 Il Giornale], 17 dicembre 2009

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“Le isole sono diverse. E se l'isola è piccola è ancora più vero. Guardate l'Inghilterra, è quasi inconcepibile che questa stretta distesa di terra sorregga tanta diversità: il cricket, il tè alla panna, Shakespeare, Sheffield, il fish and chips nel giornale imbevuto d'aceto, Soho, Oxford e Cambridge, il lungomare di Southend, le sedie a sdraio con le righe a Green Park, i Beatles e i Rolling Stone, Oxford Street, i pigri pomeriggi domenicali. Tutte contraddizioni, che marciano tutte insieme come dimostranti ubriachi che non si sono ancora resi conto che la principale causa di protesta sono proprio loro. Le isole sono pionieri, gruppi divisi, malcontento, pesci fuor d'acqua, isolazionisti naturali. Come ho detto, diverse.
Quest'isola, per esempio. Da un capo all'altro soltanto una corsa in bicicletta. Un uomo che camminasse sull'acqua riuscirebbe a raggiungere la costa in un pomeriggio. L'isola di Le Devin, uno dei molti isolotti intrappolati come granchi nelle secche lungo il litorale della Vandea, oscurata da Noirmoutier dal lato prospiciente la costa, dall'Ile d'Yen a sud; in una giornata nebbiosa si potrebbe non notarla affatto. Le carte la citano a malapena. In effetti non merita quasi lo status di isola, essendo poco più che un grappolo di banchi di sabbia con qualche pretesa, una dorsale rocciosa che la solleva dall'Atlantico, un paio di villaggi, un piccolo stabilimento dove mettono il pesce in scatola, un'unica spiaggia. Al capo estremo, casa mia, Les Salants, una fila di casette, appena sufficienti per chiamarlo paese, distribuite fra rocce e dune verso un mare che guadagna terreno a ogni brutta marea. Casa, il posto da cui non si può fuggire, il posto verso cui ruota la bussola del cuore.”

Joanne Harris (1964) scrittrice britannica

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“Comunque ho lasciato gli altri a pallavolare in palestra e sono uscita dalla scuola, c'era un sole pallido color miele. Sono andata al bar di fronte, a vedere le facce. Come faccio spesso, mi sono tappata le orecchie per concentrarmi e capire cosa succedeva intorno. E mi sono sentita strana. Qual'era il motivo del mio disagio? E quale segrato nascondeva la gente seduta?
L'uomo corpulento con la fronte sudata, che sbarrava gli occhi in segno di meraviglia, e disegnava rabbia con la mano. E l'uomo piccolo che ne seguiva il discorso scuotendo la testa e ricalcando i gesti dell'altro. E la giovane carica di gioielli come una Cleopatra che sibilava a bassa voce contro qualcuno, un veleno d'astio che le sue amiche assorbivano come un balsamo ristoratore, ammiccando tra loro per dividere il piacere. O il ragazzo che litigava ad alta voce con la ragazza, costringendola a guardarlo negli occhi, mentre lei si mordeva la mano per la vergogna, col volto rigato di lacrime. O la tavolata dove un giovane zerbinotto raccontava e tutti ridevano. O i due ragazzi che parlavano probabilmente di sport, uno battendo le mani su un giornale, l'altro interrompendolo con una voce roca.
E di colpo ho capito.
Quei signori e signore e ragazzi e ragazze seduti, tutti avevano ragione. E parlandone, si rafforzavano in questa loro certezza. E la loro ragione era costruita sul dileggio, sulla rovina, sul disprezzo degli altri. E più parlavano, più la ragione cresceva e chiedeva il suo tributo di parole, di minacce, di gesti. E sempre di più gli altri, quelli dalla parte del torto, diventavano lontani e miserabili. Ma guardando oltre la strada, nei bar di fronte, altra gente era seduta e anche loro avevano ragione. Una gigantesca, unica ragione divideva il mondo in quelli che l'avevano, cioè tutti, e gli altri, e cioè tutti.
E io, che sentivo di non avere ragione, cosa avrei fatto?
Sono tornata in classe e c'era aria pesante. Marra e Gasparrone avevano insultato Zagara chiamandolo terrone e figlio di galeotto. Lui li aveva assaltati con un tirapugni fatto con la maniglia di una porta. Erano finiti tutti e tre dal preside. Quante battaglie stupide e quante nobili e giuste ci sono nella giornata media di ognuno?”

Stefano Benni (1947) scrittore, giornalista e sceneggiatore italiano

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