Frasi su nemico
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“I borghesi sono i primi nemici di classe e con loro non c'è patto che tenga.”

Origine: Sole e nebbie, p. 61

“Le mosche vivono dove c'è sporcizia e, dovunque esse si posano, possono trasportare i germi delle più gravi malattie. Devi dunque considerare le mosche come nemiche pericolosissime per la salute dell'uomo.”

Achille Sclavo (1861–1930) medico e docente italiano

Origine: Da Il Decalogo dell'Igiene; in Per la propaganda igienica: scuola ed igiene, Paravia, 1924<sup>2</sup>, p. 323.

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“Ché altro è il tempo adatto per discutere e persuadere; ma quando il nemico armato è in vista, bisogna resistergli con le armi e non con le parole.”

Iperide (-390–-322 a.C.) politico e oratore ateniese

Contro Aristogitone, fr. 39a Jensen, conservato da Publio Rutilio Lupo in De figuris sententiarum et elocutionis, II, 12; traduzione in Oratori attici minori, p. 270
Orazioni, Frammenti, Di orazioni identificate

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“Invitare i lettori a non leggere gli articoli di Wikipedia e a preferire loro la Treccani, la Britannica o un’altra enciclopedia, cartacea o online, ma comunque provvista di un comitato editoriale è una cosa; convincerli davvero a farlo è un’altra. Di fatto, il problema dell’autorevolezza si pone a chiunque cerchi un’informazione. E dato che chiunque cerchi un’informazione ha molte probabilità di farlo usando Google, se un articolo di Wikipedia si trova in cima alla pagina di risposta di Google, come spesso capita, allora è inevitabile che si vada poi a guardare l’articolo di Wikipedia. La battaglia da combattere quindi non è invitare a non consultare Wikipedia o cercare di convincere che sarebbe meglio non guardare Wikipedia, quanto cercare di migliorare la qualità di quello che vi si trova, dato che è lì e non altrove che è probabile che i vostri amici, figli, colleghi e studenti finiranno per guardare, e dato che Wikipedia può venir editata.
Invitare ad intervenire su Wikipedia non è certo esente da rischi; innumerevoli possibilità di inquinamento si profilano all’orizzonte: persone che scrivono elogi ai propri beniamini (inclusi se stessi) e filippiche contro i propri nemici, interventi pubblicitari, vandalismo tribale o religioso, incapacità di mettere due parole in croce, impertinenza, dilettantismo e via dicendo. Ma non c’è nulla di nuovo sotto il sole. L’aneddotica invita a una certa cautela anche nel caso di enciclopedie cartacee di vecchio pelo. L’impareggiabile Edwards, luminosa enciclopedia di filosofia degli anni ’60 dello scorso secolo, avendo subappaltato le voci sulla filosofia italiana, offre al lettore una voce sull’assai marginale ‘Gallarate movement’ che tradisce la volontà del subappaltatore di dar lustro alle sue amicizie. Il Lexicon der Renaissance pubblicato nella ex Germania Orientale poco prima del crollo del Muro di Berlino può servire per un corso sulla cultura di regime della ddr e molto meno per ottenere informazioni sul Rinascimento. Più banalmente le enciclopedie, capitolazioni al tentativo di mettere ordine nel sapere imponendo l’unico registro classificatorio su cui nessuno ha obiezioni, ovvero l’ordine alfabetico, sono inevitabili specchi del loro tempo; non esistono enciclopedie perfette né metodi consensuali per generarle; non esiste un loro lettore da cima a fondo – e quando esiste, è un po’ eccentrico; sono collezioni di frammenti, legati a logiche decisionali che muovono da piani grandiosi e producono compilazioni di liste della spesa. E se servono, come servono, più a chi le scrive che a chi le legge, in quanto aiutano a mettere in forma semplice e concisa un sapere, o in quanto creano o cristallizzano identità culturali; allora la funzione addizionale di Wikipedia è che aiuta molti a chiarirsi le idee; non leggendo, ma scrivendo.”

Roberto Casati (1961) filosofo italiano

cap. Ha senso fare la guerra a Wikipedia?
Contro il colonialismo digitale

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“È una macchina diabolica, l'esercito, e il militarismo un ingranaggio mortale. Lo sai qual è la ricetta per fotter le reclute fin dal momento in cui arrivano alla caserma, Bernard? Prima si schierano sul piazzale coi loro abiti borghesi affinché ricordino d'appartenere a una società priva di uguaglianza, vale a dire un consorzio nel quale c'è chi veste bene e chi veste male. Poi gli si infila l'uniforme affinché si illudano d'accedere a un sodalizio di uguali, vale a dire un consorzio nel quale tutti vestono i medesimi panni. Subito dopo si rimbecilliscono con le esercitazioni e le marce che stroncano. E-marciando-cantate-così-tenete il passo. (Però il passo non c'entra, Bernard. C'entra che a cantare non pensano, e a non pensare non s'accorgono di venir fottuti.) Infine si cancella la loro personalità, la loro individualità. Perché il soldato non deve essere un individuo, una persona: deve esser parte d un nucleo perfetto che agisce all'unisono. E lo sai qual è l'ingrediente per ottenere un nucleo perfetto o quasi perfetto? L'odio. L'odio collettivo cioè diretto verso lo stesso bersaglio, e non il bersaglio rappresentato dal nemico che la guerra ti procura o ti procurerà: il bersaglio rappresentato da un paria coi gradi di sergente. Il sergente becero, ignorante, di cui subisci la tirannia che gli è stata delegata dal tenente al quale è stata delegata dal capitano al quale è stata delegata dal maggiore al quale è stata delegata dal colonnello al quale è stata delegata dal generale al quale è stata delegata dalla Macchina, a cui hanno insegnato a berciare come a un cantante si insegna a gorgheggiare do-re-mi-fa-sol-la. Sì, gli hanno insegnato a usare la voce per comandarti e sfotterti e umiliarti, Bernard. E lui la usa nel modo prescritto. «Sei laureato, tu? Bene, allora va' a pulire i cessi.» Al contadino e all'operaio, invece: «Razza di piercolo, da che fogna vieni? Non sai nemmeno contare, somaro?» Poi dispetti, addestramenti forzati, canagliate, fino a quando laureati e contadini e operai lo odiano in uguale misura, e il nucleo quasi perfetto è ottenuto. "Quasi" perché manca il tocco finale, l'ingrediente decisivo, e indovina qual è il tocco finale. L'ingrediente decisivo. È l'amore. L'amore concentrato sullo stesso bersaglio che stavolta è il tenente o meglio ancora il capitano. Insomma l'ufficiale buono, comprensivo, paterno, che ascolta e consola e magari si rivolge a te con il Lei. «È laureato, lei? Bravo, me ne rallegro. È contadino, lei? Bravo, me ne compiaccio. È operaio, lei? Bravo, me ne complimento.» Oppure: «Sì, la rampogna del sergente è stata eccessiva: lo rimprovererò a mia volta. Voglio essere un amico, per voi, in caso di bisogno rivolgetevi a me.» Bisogno? Che bisogno? Ormai l'unico bisogno di cui hanno bisogno è ricevere amore, darlo, e dall'odio per il sergente passano all'amore per il tenente o il capitano. Il-mio-capitano. Per il loro capitano accettano qualsiasi sacrificio, qualsiasi martirio, sono pronti a crepare. Con lui salteranno fuori dalla trincea, con lui si lanceranno contro la mitragliatrice che falcia, con lui uccideranno il nemico cioè il disgraziato che dall'altra parte della barricata ha subìto l'identico trattamento, con lui creperanno come bovi al macello. E questo, inutile dirlo, senza che sospettino d'esser le vittime d'un lurido imbroglio, le ruote di un ingranaggio ben oliato e ben collaudato. Perenne.”

I, IV, I; pp. 110–112
Insciallah

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“So di anime che ai ricordi si consegnano come una fortezza di vigliacchi apre le porte al nemico.”

Gesualdo Bufalino (1920–1996) scrittore

Origine: Il malpensante, Febbraio, p. 21

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“Quanto all'Occidente, osservava in imbarazzato silenzio e chi aveva salutato con entusiasmo l'avvento dell'ayatollah confessava quasi a denti stretti il proprio errore o pentimento. La cosiddetta sinistra, quella sinistra per cui una rivoluzione va sempre assolta e chi non è d'accorso su questo è un fascista, tentava addirittura di giustificare lo scempio. «Devi capire che la rivoluzione non è un invito a nozze.» «Pensa a Robespierre e alle migliaia di ghigliottinati durante il Terrore, pensa a Lenin e alle centinaia di migliaia liquidati con le Grandi Purghe.» «Non dimenticare che certi eccessi sono inevitabili e necessari. Non è la prima volta che la rivoluzione divora i propri figli.» Non avevano detto le stesse cose, del resto, quando la libertà era stata assassinata in Polonia e in Cecoslovacchia e in Ungheria e nella Germania dell'Est, quando i sogni erano stati traditi a Cuba e in Vietnam? Non s'erano forse macchiati della stessa malafede, gli ipocriti, non s'erano forse rifugiati dietro la stessa disonestà, lo stesso timore d'apparir reazionari? Lo sapevo ben io che fino al giorno in cui avevo raccontato le infamie viste a Saigon, le colpe degli americani e dei sudvietnamiti e dei Loan, me l'ero cavata benissimo: conquistando orde di ammiratori e di amici. «Gran giornalista, grande scrittrice, gran donna.» Però appena avevo raccontato le infamie viste ad Hanoi, le colpe dei nordvietnamiti e dei vietcong e dei Giap, ero stata linciata sui loro giornali. E gli ammiratori s'erano trasformati in dispregiatori, gli amici in nemici: «Mascalzona, calunniatrice, serva del Pentagono. Ha offeso la rivoluzione!».
La rivoluzione. È dalla presa della Bastiglia che l'Occidente vive nella bugia chiamata rivoluzione. È da allora che questa parola equivoca ci ricatta come una parola santa, in quanto tale ci viene imposta come sinonimo di libertà-uguaglianza-fraternità, simbolo del riscatto e del progresso, speranza per gli oppressi. È da allora che le stragi compiute in suo nome vengono assolte, giustificate, accettate, che i suoi figli vengono macellati dopo aver macellato: convinti che essa sia la cura di ogni cancro, la panacea di ogni male. Ma rispettosamente la pronunciamo, rispettosamente la studiamo a scuola, rispettosamente la analizziamo nei trattati di politologia e nei saggi di filosofia. Rispettosamente non osiamo contestarla, rifiutarla, sbugiardarla sputando in faccia agli imbecilli e ai violenti che se ne servono per carriera.”

Origine: Intervista con il Potere, pp. 36–37

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“[…] i fautori dell'errore già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati; ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in vista.”

Papa Pio X (1835–1914) 257° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

dall'enciclica Pascendi Dominici Gregis, 8 settembre 1907; disponibile su Vatican.va http://w2.vatican.va/content/pius-x/it/encyclicals/documents/hf_p-x_enc_19070908_pascendi-dominici-gregis.html

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“La Guerra del Vietnam è stata la prima guerra che negli Usa è stata condotta soprattutto come una campagna pubblicitaria. La manipolazione della verità attraverso i mezzi di comunicazione di massa e del governo fu uno degli obiettivi di questa campagna. Ciò ha condotto al fatto che l'opinione pubblica americana ha avuto un'immagine falsa e manipolata durante l'intera guerra. Questa campagna indusse i soldati a mentire di continuo e per tutto il corso della guerra il numero dei nemici uccisi venne esagerato. Venivano celebrate delle vittorie, quando queste vittorie erano impossibili. Ma per ironia della sorte la guerra venne persa anche sul piano dei media perché fin dall'inizio la guerra del Vietnam è stata una guerra di Public Relations, una guerra che anche i PR persero. […] I Vietcong pensavano che sarebbe bastato recarsi in quei luoghi e ci sarebbero state rivolte. Non successe nulla di tutto ciò. L'offensiva fu così un errore. Ma i Vietcong non avevano preso in considerazione lo shock che aveva subito l'opinione pubblica americana per la perdita subita in termini di capacità di lotta dal suo esercito. Dopo che per anni erano stati bombardati di false ed esagerate notizie di vittorie, gli americani a casa non si aspettavano un'offensiva del nemico. E così si verificò ironicamente che la disfatta dei Vietcong si trasformò in una loro vittoria psicologica.”

Stanley Kubrick (1928–1999) regista statunitense
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“Satira (s. f.). Genere antiquato di composizione letteraria in cui vizi e follie dei nemici personali dell'autore venivano presentati con una tenerezza un po' lacunosa.”

Ambrose Bierce (1842–1914) scrittore, giornalista e aforista statunitense

1988, p. 160
Dizionario del diavolo

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“Santoro è un grande professionista, lo apprezzo, è uno che fa molto bene il suo mestiere. Sarà pure fazioso, ma lo fa con chiarezza. Non inganna il telespettatore. [Ci andava volentieri, Ghedini? ] Era una battaglia faticosissima, ma bella. La preferivo a tante trasmissioni farisaiche.”

Niccolò Ghedini (1959) avvocato e politico italiano

citato in Monica Guerzoni, Travaglio stupito: fulmine a ciel sereno. E il «nemico» Ghedini: con lui belle sfide http://www.corriere.it/politica/10_maggio_19/santoro-travaglio-stupito-guerzoni_5ba7de74-6315-11df-8b63-00144f02aabe.shtml, Corriere della sera, 19 maggio 2010

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“Ogni imbecille tollerato è un'arma regalata al nemico.”

Mino Maccari (1898–1989) scrittore, pittore e editore italiano

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“Ci sono due modi per tornare da una battaglia: con la testa del nemico o senza la propria.”

Paolo Di Canio (1968) allenatore di calcio e ex calciatore italiano

Origine: Dopo la partita Lazio-Roma 3-1, 6 gennaio 2005; citato in Cisse carica la Lazio citando la frase di Di Canio http://www.corrieredellosport.it/Calcio/2012/01/17-216065/Cisse+carica+la+Lazio+citando+la+frase+di+Di+Canio, Corriere dello Sport.it, 17 gennaio 2012.

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“Ogni uomo con la pancia piena di classici è un nemico della razza umana.”

Henry Miller (1891–1980) scrittore, pittore e saggista statunitense

Origine: Da Tropico del Cancro, in Opere.

“[A parlare è la personificazione di Roma]
Il principe potente e tre volte beato, Federico, Bagliore di fuoco, la meraviglia del mondo,
il cui arco è di bronzo e il cui dardo è folgore
che brucia da parte a parte i nemici,
a lui Federico, che ha il nome sfavillante e guida la gloria,
servono la terra, il mare e la volta del cielo.”

Giorgio di Gallipoli poeta e archivista italiano

da Colloquio della città di Roma con l'imperatore Federico II, vv. 20-25, testo e traduzione dal greco a cura di Marcello Gigante
Origine: Carme IX (circa 1244-1247), citazione in Marcello Gigante, Poeti bizantini in Terra d'Otranto nel secolo XIII, Napoli, 1979 (testo greco a p. 176; traduzione a p. 188).

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“Per quanto umiliato sia il tuo nemico, sappi che esso è sempre da temere.”

Saˁdi (1210–1291) poeta persiano

Origine: Da Il roseto; citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Ettore Barelli e Sergio Pennacchietti, BUR, 2013, § 105. ISBN 978-88-58-65464-4

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“Cosa dovrebbe regalarci il robot di Natale? La risposta è semplice: dovrebbe regalarci un nemico […]. Come possiamo volerci bene tra noi se non abbiamo un nemico?”

Sebastiano Vassalli (1941–2015) scrittore italiano

Origine: Da Il robot di Natale e altri racconti, Interlinea, 2006, p. 45. ISBN 8882125831

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“La forza, la scaltrezza ed il pericoloso suo morso ne fanno il signore della foresta. Non teme nessun nemico e non si spaventa dello scoppio dell'arma da fuoco. Le sue passioni sono d'una tale violenza da far credere che sotto il loro impero diventi affatto furioso e perda l'intelletto. Paragonata alla loro, la collera delle altre scimmie rassomiglia, a detta d'uno scrittore inglese, ad un lieve sospiro di vento, mentre quella del mandrillo può paragonarsi alla bufera che rovina tutto sul suo passaggio. Se il tremendo animale e inviperito (e a ciò basta uno sguardo, una parola, una minaccia) raggiunge un tale grado di furore da dimenticare tutto e precipitarsi a capo basso furente sul nemico. Un lampo diabolico sfolgora dagli occhi del mostro, che pare invero dotato di una forza e d'una cattiveria infernale. Si assicura che le sue tempestose passioni lo scrollano al segno da farlo cadere senza vita in mezzo ad urli e rantoli selvaggi. Si dice ancora che serba il rancore assai più a lungo degli altri cinocefali, e che mai perdona ad un nemico. Non v'ha quindi da maravigliarsi che gli indigeni non attacchino mai briga con lui: anzi non penetrano nei boschi in cui abita il mandrillo se non in gran numero e bene armati. Come la collera, la sua sensualità non conosce limiti, ed oltrepassa di gran lunga in svergognatezza e impudenza quella delle altre scimmie. I maschi non assaltano solo le loro femmine, bensì anche le donne, e sono perciò abbastanza pericolosi.”

Alfred Edmund Brehm (1829–1884) biologo e scrittore tedesco

Origine: La vita degli animali, Volume 1, Mammiferi, p. 127

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“[Sul Regno delle due Sicilie] In queste regioni non basta uccidere il nemico, bisogna straziarlo, bruciarlo vivo a fuoco lento… son regioni che bisognerebbe distruggere o almeno spopolare e mandare i caffoni in Africa a farsi civili.”

Nino Bixio (1821–1873) militare, politico e patriota italiano

Origine: Citato in Pontelandolfo, i briganti e l'unità d'Italia http://www.ilgiornale.it/news/pontelandolfo-i-briganti-e-l-unit-d-italia.html, il Giornale.it, 27 agosto 2015.

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“Dì bene del tuo nemico soltanto se sei certo che glielo andranno a ripetere.”

Ugo Ojetti (1871–1946) scrittore, critico d'arte e giornalista italiano

Origine: Sessanta, CXI

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“Ambizione (s. f.). Desiderio irresistibile di essere vilipeso in vita dai nemici e deriso dopo la morte dagli amici.”

Ambrose Bierce (1842–1914) scrittore, giornalista e aforista statunitense

1988, p. 25
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“Non ho certezze, la certezza è nemica invidiosa della verità.”

Gesualdo Bufalino (1920–1996) scrittore

Origine: Il malpensante, Agosto, p. 86

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“Verrebbe voglia di osservare che il peggiore nemico di Pannella è Pannella medesimo.”

Massimo Teodori (1938) storico, politico e scrittore italiano

Origine: Da Marco Pannella - Un eretico liberale nella crisi della Repubblica, Marsilio, 1996, p. 159. ISBN 8831763725

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