Frasi su musico
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“Che tu sia benedetto per la donna | che ti sei tolta al fianco come diva | uomo di spalle luminose assorte | dentro l'aperta musica del bene.”

Alda Merini (1931–2009) poetessa italiana

Tu che sei il fratello del marito
La poesia luogo del nulla

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“La verità è che Claudio poteva parlare molto di musica. Ricordo certi suoi catturanti dialoghi con Maurizio Pollini sulla maniera in cui affrontare i tempi di alcuni brani. Però Abbado non "spiegava" i compositori. Non teorizzava mai. Non era astratto. Era concreto e intuitivo. Come me.”

Viktorija Mullova (1959) violinista russa

Origine: Dall'intervista di Leonetta Bentivoglio, Mullova e la forza di Abbado: "Un maestro generoso, le note erano le sue parole" http://www.repubblica.it/spettacoli/musica/2015/01/19/news/mullova_e_la_forza_di_abbado_un_maestro_generoso_la_musica_era_la_sua_parola-105270555/, Repubblica.it, 19 gennaio 2015.

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“È stata la mia unica esperienza al suo fianco. Interpretavo il ruolo della moglie, quindi ero la protagonista con lui, cui ammazzavano il figlio piccolissimo. Una di quelle storie di camorra e dolore che in quegli anni funzionava. Una rarità, purtroppo. Eppure, credo di essere adatta a ruoli seri, ma non me ne hanno mai affidati. Quello lo ricordo con piacere. Negli Anni Settanta, Mario Trevi aveva raccolto i frutti del suo lavoro, era considerato già un grande interprete della canzone napoletana. Era un cantante famoso, un personaggio doc. Poi, aveva lanciato Indifferentemente, una delle più belle canzoni del nostro repertorio, quindi per me era emozionante lavorare con lui e quel ruolo mi sembrò ancora più importante, anche se i film tratti dalle sceneggiate restavano un po' relegati in ambiti ristretti. Lui, inoltre, fu molto carino con me, che ero giovane e avevo ancora tanto da imparare. Era un'epoca meravigliosa, ricca di vitalità. Per un artista che avesse veramente voglia di fare questo mestiere era davvero stimolante. Mi ero appena trasferita a Roma. Nella capitale c'era tutto: il cinema, la musica, l'arte. S'incontravano i pittori, i poeti. Napoli era pervasa dalla stessa creatività, dalla stessa voglia di fare che si respirava dovunque. La nota dominante di quegli anni era la passione, ricordo anche il produttore del film La pagella, era un tipo particolare. Avevano coraggio, allora, rischiavano in proprio per produrre spettacoli di qualità. Tutti noi venivamo da quell'epoca, che volevamo fare gli attori, i cantanti, i musicisti, avevamo grandi maestri da imitare, ai quali ispirarci e ci avvicinavamo a loro con umiltà e serietà. Volevamo crescere, conoscere, sapere tutto quel che si poteva perché ci tenevamo a realizzare spettacoli di buon livello. Ragioniamo ancora così. Oggi, invece, tranne che per rare eccezioni (penso a Fabio Fazio, a Fiorello, per esempio), il successo immediato, i guadagni, la facile popolarità sembrano diventati gli unici obiettivi.”

Mario Trevi (cantante) (1941) cantante e attore teatrale italiano

Marisa Laurito

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“[Su La dolce vita] Potrei aggiungere che si tratta di uno dei film visivamente più fluidi mai realizzato, un film che si avvicina alla musica nella sua impetuosa passione, non solo perché la partitura di Nino Rota è tra le migliori che siano mai state realizzate, ma perché i personaggi sembrano muoversi con la musica dentro di loro (gioiosa, lussuriosa, eccitante, dubbiosa, triste). Fellini ha lavorato in Italia in un'epoca di dialoghi doppiati, e qualche volta ha inserito musica ad alto volume mentre filmava le scene. Questo è il motivo per cui sembra che i personaggi seguano ritmi non udibili.”

Roger Ebert (1942–2013) critico cinematografico statunitense

I might add that it is one of the most visually fluid movies ever made, a movie that approaches music in its rushing passion, not simply because Nino Rota's score is one of the best ever recorded, but because the characters seem to move with music within them (joyful, lustful, exciting, doubtful, sad). Fellini worked in Italy at a time of dubbed dialogue, and he sometimes played music loudly as he filmed a scene. That's why the characters often seem to be moving to unheard rhythms.

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“Amo Chicago, vi lavorò Enrico Fermi e oggi tanti ricercatori italiani; col grande violoncellista Yo Yo Ma porterò la musica anche nelle scuole e nelle carceri.”

Riccardo Muti (1940) direttore d'orchestra italiano

citato in Con Attila la mia prima opera a New York, Corriere della Sera, 25 gennaio 2010

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“Ce ne sono di due tipi. Una parte mi riguarda, racconta di me, di mie sensazioni ed eventi quotidiani. Le altre sono invece frutto di visioni oniriche, di momenti irreali, fantastici.”

Matthew Bellamy (1978) cantautore, pianista e chitarrista britannico

dall'intervista per Kataweb Musica http://www.kwmusica.kataweb.it/kwmusica/index.jsp

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“Una carezza non lascia su un viso più impronte che una musica nell'aria.”

Gesualdo Bufalino (1920–1996) scrittore

Origine: Il malpensante, Settembre, p. 99

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“Una partitura orchestrale è un quadro sonoro scritto.”

Leopold Stokowski (1882–1977) direttore d'orchestra statunitense

da Equilibrio e squilibrio in musica, p. 158
La musica per tutti

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“Penso di averlo conosciuto per la prima volta ad un festival a cui partecipavano le nostre band. Poi abbiamo cominciato a frequentarci, io andavo a vedere i suoi show e, a sorpresa, lui veniva a quelli dei Red Hot Chili Peppers. Perché a sorpresa? Facciamo parte di due tipi di band completamente diverse, ma lui trova nella nostra musica qualcosa che gli piace davvero. Thom è una persona che io ammiro tantissimo anche come musicista. Ed è stato un piacere suonare insieme a lui.”

Flea (1962) bassista, trombettista e pianista australiano

Origine: Da un'intervista rilasciata alla BBC, citato in Red Hot Chili Peppers, Flea: "Rimasi sorpreso quando Thom Torke mi confidò che amava i RHCP" http://www.virginradio.it/news/rock-news/219808/red-hot-chili-peppers-flea-rimasi-sorpreso-quando-thom-yorke-mi-confido-che-amava-i-rhcp.html, Virginradio.it, dicembre 2016.

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“L'alpinismo rende alla mia vita quella poesia che non so pronunciare. Sono un privilegiato ad avere la possibilità di vivere della mia passione, senza questa musica poco altro avrebbe senso.”

Daniele Nardi (1976–2019) alpinista italiano

Origine: Citato in Salewa.it Daniele Nardi http://www.salewa.it/it/atleti%20e%20partner/atleti/alpinism/nardi, salewa.it.

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“Bisogna tornare alla musica che scatena emozioni forti. Basta col piattume del politically correct. Dobbiamo essere estremi, come lo sono io in questo album [Da A ad A], nei testi e nei suoni, che talvolta vengono dalla classica. Amore assurdo rielabora Bach, Liebestod parte dal Tristano e Isotta wagneriano.”

Morgan (1972) cantautore, polistrumentista e disc jockey italiano

Citazioni di Morgan
Origine: Dall'intervista rilasciata al sito PrimaDiNoi.it, riportata in Morgan: «vi racconto il sadomasochismo della mia musica» http://www.inartemorgan.it/rassegna-stampa/114-articoli/articoli-2007, InArteMorgan.it, 11 dicembre 2007.

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“Quiero bailar, musica mental.”

Gigi D'Agostino (1967) disc jockey e produttore discografico italiano

da Comportamento Del Movimento
Altre canzoni

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“La vita è sia gioiosa che devastante, dovremmo riscontrarlo nella musica pop. Dovremmo avere testi oscuri e melodie imponenti, canzoni significative, ma allo stesso tempo dannatamente accattivanti. Non sono fan di questa sorta di universo parallelo in cui la musica pop è come lo zucchero filato marca Disney.”

David A. Stewart (1952) musicista britannico

Life is both joyous and devastating, so we should see that in pop music. We should have dark lyrics and massive melodies, songs that are meaningful yet still as catchy as hell. I'm not a fan of this parallel kind of Disney candy-floss pop universe.

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“Le arti tutte, ma più specialmente la musica e la poesia, possono stimarsi due lampi balenati da un medesimo sguardo di Dio.”

Francesco Domenico Guerrazzi (1804–1873) politico e scrittore italiano

da Manzoni, Verdi, e l'Albo Rossiniano
Origine: Erroneamente attribuita anche a Paolo Mantegazza.

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“La musica di Wagner è molto migliore di quello che si potrebbe pensare ascoltandola.”

Edgar Wilson Nye (1850–1896) giornalista e umorista statunitense

Wagner music is better than it sounds.
[Citazione errata] Molti la attribuiscono a Mark Twain, ma la citazione è di Edgar Wilson Nye. Mark Twain menziona più volte la frase citando esplicitamente Edgar Wilson Nye.
Origine: Cfr. Paul F. Boller e John George, They Never Said It, Oxford University Press, 1989, p. 124 http://books.google.it/books?id=pZpXkPNgR2cC&pg=PA124. ISBN 0199879168

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“Accade a volte, nel finale dei grandi capolavori, di avvertire un clima di reale coinvolgimento tra me, l'orchestra, il pubblico: come se tutti trattenessero il respiro insieme. E quando si spegne la nota finale rimane un grande silenzio, come a contemplare qualcosa che è accaduto. Questo silenzio è la cosa che apprezzo di più.”

Claudio Abbado (1933–2014) direttore d'orchestra italiano

citato in Giovanni Grandi, La sua musica e la bellezza necessaria alla vita http://www.ilsussidiario.net/News/Musica-e-concerti/2014/1/24/ABBADO-La-sua-musica-e-la-bellezza-necessaria-alla-vita/461124/, Il Sussidiario, 24 gennaio 2014

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“Il rock è sempre stato la musica del diavolo.”

David Bowie (1947–2016) cantante britannico

Rock has always been the devil's music.

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“"nell’opera drammatica lo spirito della musica non può essere tutt’uno che con lo spirito del dramma. Dove è dramma, quivi può essere musica"”

Ildebrando Pizzetti (1880–1968) compositore, musicologo e critico musicale italiano

Ildebrando Pizzetti, Musica e Dramma, 1945

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“Tutta quella città… non se ne vedeva la fine… /
La fine, per cortesia, si potrebbe vedere la fine? /
E il rumore /
Su quella maledettissima scaletta… era molto bello, tutto… e io ero grande con quel cappotto, facevo il mio figurone, e non avevo dubbi, era garantito che sarei sceso, non c’era problema /
Col mio cappello blu /
Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino /
Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino /
Primo gradino, secondo /
Non è quel che vidi che mi fermò /
È quel chevidi /
Puoi capirlo, fratello?,… lo cercai ma non c’era, in tutta quella sterminata città c’era tutto tranne /
C’era tutto /
Ma non c’era. Quel che non vidi è dove finiva tutto quello. La fine del mondo /
Ora tu pensa: un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro., sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. sei infinito. a me piace. Questo lo si può vivere. Ma se tu /
Ma se io salgo su quella scaletta, e davanti a me /
Ma se io salgo su quella scaletta e davanti a me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi /
Milioni e miliardi di tasti, che non finiscono mai e questa è la vera verità, che non finiscono mai e quella tastiera è infinita /
Se quella tastiera è infinita, allora /
Su quella tastiera non c’è musica che puoi suonare. Ti sei seduto su un seggiolino sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona Dio /
Cristo, ma le vedevi le strade? /
Anche solo le strade, ce n’era a migliaia, come fate voi laggiù a sceglierne una /
A scegliere una donna /
Una casa, una terra che sia la vostra, un paesaggio da guardare, un modo di morire /
Tutto quel mondo /
Quel mondo addosso che nemmeno sai dove finisce /
E quanto ce n’è /
Non avete mai paura, voi, di finire in mille pezzi solo a pensarla, quell’enormità, solo a pensarla? A viverla… /
Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita.
Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare.”

Novecento. Un monologo

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“« Quello che avrei potuto dirle, per aiutarla, l'ho capito solo più tardi ripensando a quel giorno, al suo salto, alla sua follia. Le avrei dovuto dire che tanti saltano nello stesso modo via dalla loro vita, oltre se stessi, rischiando tutto per sentirsi davvero vivi. Avrei dovuto dirle che tutti lo fanno chiusi nelle loro paure, chiusi dentro la botte mefitica delle loro paure. Un posto piccolissimo, molto nero, dove sei solo, e fai fatica a respirare. Non c'è nulla che si possa fare per cambiare le cose e già si è fortunati se qualcuno ha avuto per noi l'attenzione di mettere una piccola musica, là dentro; o se capita di avere un amico ad aspettarci in un'ansa del fiume per riportarci a casa, in una qualche casa.
Questo, le avrei dovuto dire. Invece solo la strinsi fa le mie braccia, e non fui capace di dire niente. Piccola Rachel…
Davvero si sarebbe meritata un giorno di gloria, lei e quegli altri due matti, sa il cielo come mi mancano. Ma non è andata così, spesso non va così. Si semina, si raccoglie, e non c'è nesso tra una cosa e l'altra. Ti insegnano che c'è, ma… non so, io non l'ho mai visto. Accade di seminare, accade di raccogliere, tutto lì.
Per questo la saggezza è un rito inutile e la tristezza un sentimento inesatto, sempre.
Seminammo con cura, tutti, quella volta, seminammo immaginazione, e follia e talento. Ecco cosa abbiamo raccolto, un frutto ambiguo: la luce bella di un ricordo e il privilegio di una commozione che per sempre ci renderà eleganti, e misteriosi. Voglia il cielo che questo basti a salvarci, per tutto il tempo che ci sarà dato, ancora. »”

Alessandro Baricco (1958) scrittore e saggista italiano
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“Dal Ka-Be la musica non si sente bene: arriva assiduo e monotono il martellare della grancassa e dei piatti, ma su questa trama le frasi musicali si disegnano solo a intervalli, col capriccio del vento. Noi ci guardiamo l'un l'altro nei nostri letti, perchè tutti sentiamo che questa è musica infernale.
I motivi sono pochi, una dozzina, ogni giorno gli stessi, mattina e sera: marce e canzoni popolari care a ogni tedesco. Esse giacciono incise nelle nostre menti, saranno l'ultima cosa del Lager che dimenticheremo: sono la voce del Lager, l'espressione sensibile della sua follia geometrica, della risoluzione altrui di annullarci prima come uomoni per ucciderci poi lentamente.
Quando questa musica suona, noi sappiamo che i compagni, fuori nella nebbia, partono in marcia come automi; le loro anime sono morte e la musica li sospinge, come il vento le foglie secche, e si sostituisce alla loro volontà. Non c'è più volontà, ogni pulsazione diventa un passo, una contrazione rilflessa dei muscoli sfatti. […] Ma dove andiamo non sappiamo. Potremo forse sopravvivere alle malattie e sfuggire alle scelte, forse anche resistere al lavoro e alla fame che ci consumano: e dopo? Qui, lontani momentaneamente dalle bestiemme e dai colpi, possiamo rientrare in noi stessi e meditare, e allora diventa chiaro che non ritorneremo. Noi abbiamo viaggiato fin qui nei vagoni piombati; noi abbiamo visto partire verso il niente le nostre donne e i nostri bambini; noi fatti schiavi abbiamo marciato centro volte avanti e indietro alla fatica muta, spenti nell'anima prima che dalla morte anonima. Noi non ritorneremo. Nessuno deve uscire di qui, che potrebbe portare al mondo, insieme col segno impresso nella carne, la mala novella di quanto ad Auschwitz, è bastato animo all'uomo di fare all'uomo.”

Primo Levi (1918–1987) scrittore, partigiano e chimico italiano
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“Era di nuovo notte. La locanda della Pietra Miliare era in silenzio, e si trattava di un silenzio in tre parti.
La parte più ovvia era una quiete vuota, riecheggiante, formata da cose che mancavano. Se ci fosse stato del vento, avrebbe spirato attraverso gli alberi, fatto scricchiolare l’insegna della locanda sui suoi cardini e spazzato via il silenzio lungo la strada come vorticanti foglie autunnali.
Se ci fosse stata una folla o anche solo un gruppetto di avventori, questi l’avrebbero riempito con conversazioni e risa, il fracasso e gli schiamazzi che ci si aspetta da una taverna nelle buie ore notturne. Se ci fosse stata musica… ma no, ovviamente non c’era alcuna musica. In realtà non c’era nulla di tutto ciò, perciò rimaneva il silenzio.
All’interno della Pietra Miliare alcuni uomini erano radunati a un angolo del bancone. Bevevano con calma determinazione, evitando serie discussioni di notizie preoccupanti. Nel fare ciò essi aggiungevano un piccolo, cupo silenzio a quello, vuoto, più grande. Formava una sorta di lega, un contrappunto.
Il terzo silenzio non era facile da notare. Se foste rimasti in ascolto per un’ora, avreste potuto cominciare a sentirlo nel pavimento di legno sotto i piedi e nei ruvidi barili scheggiati dietro il bancone.
Era nel peso del focolare di pietra nera che tratteneva il calore di un fuoco spento da molto. Era nel lento andirivieni di un bianco panno di lino che sfregava le venature del bancone. Ed era nelle mani dell’uomo che se ne stava lì in piedi a pulire un tratto di mogano che già risplendeva alla luce delle lampade. L’uomo aveva capelli di color rosso vivo, come fiamma. I suoi occhi erano scuri e distanti, e lui si muoveva con la sottile certezza che proviene dal conoscere molte cose.
La Pietra miliare era sua, proprio come il terzo silenzio.
Era appropriato, dato che dei tre era il silenzio più grande, che avvolgeva gli altri.
Era profondo e vasto come la fine dell’autunno. Era pesante come una grossa pietra levigata dal fiume. Era il paziente suono di fiori recisi, di un uomo che sta aspettando di morire.”

The Name of the Wind