Frasi su carcere
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“D: Quando lo ha incontrato qui in carcere, cosa ha provato?”

Enzo Biagi (1920–2007) giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano

Lettera d'amore a una ragazza di una volta, Rai, Con Alì Agca (l'attentatore a Giovanni Paolo II)

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“Noi per la fede di Cristo siamo pronti a subire tutto: le catene, il carcere, tutti gli incomodi della vita e la stessa morte.”

Cirillo di Alessandria (376–444) vescovo egiziano

Origine: Citato in Enrico Pepe, Martiri e santi del calendario romano.

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“Signor Presidente, stiamo andando ad approvare un provvedimento che è sicuramente dannoso per la gente perbene, in quanto soprattutto l'articolo 1, sulle pene detentive non carcerarie, dovrebbe essere assolutamente soppresso. Il Governo, in maniera inspiegabile, ci sta vendendo questo provvedimento come la soluzione ad un problema reale, quello del sovraffollamento delle carceri: si tratta in realtà di una soluzione assolutamente fasulla, e il Governo sta mascherando un vero e proprio indulto tramite l'approvazione di questo provvedimento, che definire vergognoso è poco. Noi riteniamo quindi che tutto il provvedimento in sé, ma soprattutto l'articolo 1 debba essere soppresso: per una questione di giustizia verso chi è stato vittima di questi reati, che altrimenti andrebbero quasi condonati attraverso l'approvazione di questa proposta.”

Stefano Borghesi (1977) politico italiano

Origine: Citato in Camera dei Deputati della Repubblica Italiana – XVII Legislatura – Resoconto stenografico dell'Assemblea - Seduta n. 44 del 2 luglio 2013 http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/assemblea/html/sed0044/stenografico.pdf – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Ferranti ed altri; Costa: Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili (A.C. 331-927-A). Roma, 2 luglio 2013.

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“Le carceri italiane rappresentano l'esplicazione della vendetta sociale nella forma più atroce che si sia mai avuta: noi crediamo di aver abolito la tortura, ma i nostri reclusori sono essi stessi un sistema di tortura; noi ci vantiamo di aver cancellato la pena di morte dal codice penale comune, ma la pena di morte che ammanniscono, goccia a goccia, le nostre galere è meno pietosa di quella che era data per mano del carnefice. Le nostre carceri sono fabbriche di delinquenti o scuole di perfezionamento dei malfattori.”

Filippo Turati (1857–1932) politico e giornalista italiano

Origine: Discorso di Filippo Turati alla Camera del 18 marzo 1904; citato da Walter Verini in Camera dei deputati della Repubblica Italiani – XVII Leglislatura – Resoconto stenografico dell'Assemblea – Seduta n. 46 del 4 luglio 2013 http://documenti.camera.it/apps/commonServices/getDocumento.ashx?idLegislatura=17&sezione=assemblea&tipoDoc=pdf&idseduta=046 – Seguito della discussione del testo unificato delle proposte di legge: Ferranti ed altri; Costa: Delega al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili (A.C. 331-927-A).. Roma, 4 luglio 2013.

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“Intimorito per le minacce fatteli dallo scrivano fiscale Not. Antonio di Sauro, con una crasta di piatto si aperse il ventre,; essendosi confessato, dopo sei ore morì, il dì 10 febbraio 1755, nelle carceri del Ponte di Tappia.”

Benedetto Croce (1866–1952) filosofo, storico e politico italiano

Origine: Da La morte del commediografo P. Trinchera; citato in Enzo Grana, prefazione a Pietro Trinchera, La moneca fauza o La forza de lo sango, Attività Bibliografica Editoriale, Napoli, 1975.

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“Se son piene le carceri, son vuote le sepolture.”

Luigi Lambruschini (1776–1854) cardinale, arcivescovo cattolico e politico italiano

in Giuseppe Leti, Roma e lo Stato Pontificio dal 1849 al 1870, II ediz., vol. I, 1911, p. 53, n. 4

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“Dai giorni della sconfitta elettorale Silvio Berlusconi è entrato in una realtà parallela – teatrale o addirittura virtuale – dove si respira la più perfetta assenza di gravità. La quale non riguarda il peso dei corpi, ma quello delle parole e dei fatti. Da allora è diventato maschera, finzione, personaggio. Che con perfetta impunità può dire e disdire senza suscitare più scandalo ("Il governo è illegittimo"; "Sono scomparse un milione di schede"; "I comunisti sono al potere"). Può fare e disfare. Contraddirsi. Sbalordire, ma senza conseguenze. Dire di Enzo Biagi un incredibile: "Lo stimavo come uomo e come giornalista", con l'identica calma di quando, da Sofia, gli attribuì "un uso criminoso della tv" decretandone la sua estromissione fino al licenziamento. Può passare l'intera estate al Billionaire. Frequentare ragazzine e Apicella. Definirsi "Uno statista". E nella giornata di lutto per la signora Reggiani, uccisa a Roma, raccontare barzellette piccanti tra le signore del Bagaglino. Domenica scorsa alla convention dei Circoli di Forza Italia a Montecatini, ha pronunciato l'elogio di Marcello Dell'Utri, pluricondannato dai tribunali di Torino e di Palermo, indicandolo come esempio morale per le nuove generazioni azzurre. Ha difeso la memoria di Vittorio Mangano, il boss morto in carcere, condannato per omicidio, che a metà dei Settanta assunse come fattore a Arcore e che "la domenica serviva messa nella cappella di famiglia". Il giorno prima, davanti ai militanti in nero del nuovo partito di Francesco Storace e Assunta Almirante, la Destra, ha promesso un'alleanza radiosa, mentre la platea in piedi, scandiva "Duce! Duce!", con le braccia tese nel saluto romano. Tutto gli scivola, come acqua sui vetri. Affrancato anche dal (buon) senso. Imperturbabile. E talmente illuminato da risultare invisibile.”

Pino Corrias (1955) giornalista e scrittore italiano

da Silvio, l'incolpevole http://www.voglioscendere.ilcannocchiale.it/, 13 novembre 2007

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“L'adulterio è l'unico reato per cui non è previsto il carcere, ma, semmai, la libertà.”

Gianni Monduzzi (1946) scrittore, giornalista e editore italiano

Origine: Il manuale della Playgirl, p. 127

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“Per dare una idea sintetica di quella lunga esistenza di dolori, il riportare qui alcuni brani di una lettera l'egregio sig. Speranza Mazzoni, già dal 63 scriveva al Popolo d'Italia, giornale repubblicano di Napoli, onde rammentare al paese i diritti del Morelli al risarcimento de' danni patiti, allorché il governo italiano, cui eransi lasciati i beni particolari e 24 milioni di risparmi dei Borboni, per indennizzare i prigionieri politici vittima del loro governo, offrivagli la ridicola somma di lire 34 al mese! Dopo aver riportato vari certificati di persone che attestano aver sofferto col Morelli e ricevuto da lui aiuti e protezione nel tempo della loro comune prigionia, il sig. Mazzoni dice: «Oltracciò son testimoni le carceri di Lecce — di Campi — di Manduria — di Taranto — di Mottola — di Gioia — di Casamassima — il castello di Bari — le carceri di Molfetta — di Barletta — di Canosa — di Cerignola — il centrale di Foggia— le carceri di Bovino — di Ariano — di Grotta Minarda — i criminali di Castel Capuano a Napoli — ì criminali di Avellino — le carceri di Baiano — di Marigliano — la Questura di Napoli — il bagno, le caserme e le carceri giudiziarie di Ponza — l'ergastolo del castello d'Ischia — i criminali di Aversa — il centrale di Santa Maria — la torre di Ventotene — luoghi infernali dove il Morelli passò immacolato dodici anni della sua giovinezza in olocausto alla libertà, all'unità, ed all'indipendenza italiana.”

Virgilio Estival (1835–1870) patriota e scrittore francese

Origine: Cenno critico e biografico, p. XIX-XX

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“[Su Vittore IV (antipapa)] Ex tetro carcere.”

Malachia di Armagh (1094–1148) abate e arcivescovo cattolico irlandese

Attribuite

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“Carceri di ferro | con le porte sbarrate, | ecco il superuomo | con le mani legate.”

Enrico Ruggeri (1957) cantautore, scrittore e conduttore televisivo italiano

da Vecchia Europa
Champagne Molotov

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“[…] come concepire la pena, come ordinare il carcere? Pura retribuzione, o vendetta, della comunità lesa nel suo diritto di sicurezza e di tranquillità, oppure anche tentativo di promuovere e di favorire la liberazione del condannato dalla scelta delinquenziale? Se non ci si abbandona a un istinto sommario ma si vuole riflettere secondo razionalità, bisogna riconoscere che la seconda alternativa, per quanto complessa e difficile, difende meglio, più a fondo, l'interesse collettivo. Il pianeta carcere con i suoi abitanti non può essere considerato qualcosa di siderale, di «totalmente altro» da noi che ne stiamo fuori. È una parte della società che, a causa dei suoi comportamenti antisociali, dei reati commessi violando le leggi, sconta la pena inflitta al termine di un processo non solo legittimo ma doveroso, inderogabile. Dunque la società libera non può lavarsene le mani come se non la riguardasse, deve, al contrario, farsene carico. […] non ci si può limitare a chiedere che i rei siano posti in condizione di non nuocere più: ci si deve innanzitutto interrogare se del reato commesso non esista una responsabilità collettiva, sia pure indiretta, in quanto non abbiamo saputo intervenire in tempo per risolvere un disagio e prevenirne le conseguenze criminose (la prevenzione, di cui tanto si parla, non è delegabile interamente agli organi di polizia, è compito di tutti […]).”

Mario Gozzini (1920–1999) scrittore, politico e giornalista italiano

cap. 1, 2: p. 6
La giustizia in galera?

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“Quando c'erano le rivolte nelle carceri fecero le carceri in modo diverso e le rivolte cessarono.”

Claudio Lotito (1957) imprenditore e dirigente sportivo italiano

citato in Lotito: «Scontri Genova? Servono nuovi stadi» http://www.corrieredellosport.it/serie_a/lazio/2010/10/14-133556/Lotito%3A+%C2%ABScontri+Genova%3F+Servono+nuovi+stadi%C2%BB, Corriere dello Sport, 14 ottobre 2010

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“Quelli che, come i grillini, mi accusano di volere un'amnistia pro-Berlusconi sono persone che fanno pensare a una sola cosa, hanno un pensiero fisso e se ne fregano dei problemi della gente e del Paese. E non sanno quale tragedia sia quelle carceri. Non ho altro da aggiungere.”

Giorgio Napolitano (1925) 11º Presidente della Repubblica Italiana

Origine: Citato in Carceri, monito di Napolitano. Letta: «Il governo è pronto» http://www.corriere.it/politica/13_ottobre_08/carceri-messaggio-napolitano-camere-c44b5c30-3003-11e3-8faf-8c5138a2071d.shtml, Corriere.it, 8 ottobre 2013.

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“[In riferimento alla missione americana in Iraq] In principio erano le armi di distruzione di massa. Per prevenire il terribile attacco di Saddam al resto del mondo, partì la guerra in Iraq. Poi si scoprì che le armi non c'erano, nulla non c'era nulla da prevenire. Allora si disse che bisognava colpire, a Baghdad, il più terribile alleato e foraggiatore e protettore di Al Quaeda. Poi si scoprì che i due nemmeno si conoscevano, anzi si odiavano. Poi si disse che eravamo lì per liberare gli Iracheni da Saddam […] Allora si disse che dovevamo restare lì perché gli Iracheni lo volevano, infatti ci accoglievano come liberatori. Poi si scoprì che ci sparavano addosso. Allora si disse che eravamo lì per esportare la democrazia. Poi si scoprì che, già che c'eravamo, esportavamo anche la tortura (per esempio nel carcere di Abu Ghraib), dalla quale peraltro l'Iraq era da tempo un discreto produttore. Allora Giuliano Ferrara, che è molto intelligente, disse che c'è una bella differenza fra la tortura di Saddam e la nostra: lui i torturati mica li fotografa, noi sì perché siamo democratici. Clic. Volete mettere la differenza? Allora si disse che bisognava restare per riportare la Pace in Iraq, contro una guerra che prima non c'era e che avevamo scatenato noi. Poi si scoprì che la pace faceva più morti della guerra. Allora si disse che bisognava restare per combattere il terrorismo. Poi si scoprì che di terroristi in Iraq, non ce n'erano, almeno prima dello sbarco delle truppe occidentali: ne arrivarono a migliaia da tutto il mondo arabo e ne sorsero molti in loco, dopo il nostro arrivo; insomma, il terrorismo, da quando lo combattiamo, aumenta. Allora si disse che bisognava restare perché altrimenti sarebbe scoppiata la guerra civile fra sciiti e sunniti. Poi, consultando i libri di storia, si scoprì che quella irachena non conosce guerre civili, ma grazie alla nostra presenza sul posto ottenemmo anche questo risultato: scatenare la prima guerra civile della storia dell'Iraq.”

La scomparsa dei fatti

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“La solitudine è un regno, ma può essere un carcere.”

Tullio Colsalvatico (1901–1980) scrittore italiano

L'uomo, il tempo e l'amore

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“[Riguardo Dario Fo e Franca Rame] A parte il disprezzo, intende dire? Una specie di pena. Perché v'era un che di penoso in quei due vecchi che per piacere ai giovani radunati in piazza si sgolavano e si sbracciavano sul palcoscenico montato dinanzi a Santa Croce, quindi dinanzi al porticato che un tempo immetteva al Sacrario dei Caduti Fascisti. In loro non vedevo dignità, ecco. A un certo punto l'amico che con me li guardava alla tv ha sussurrato: Ma lo sai che lui militava nella Repubblica di Salò?. Non lo sapevo, no. Come essere umano non mi ha mai interessato. Come giullare, non m'è mai piaciuto. Come autore l'ho sempre bocciato, e la sua biografia non mi ha mai incuriosito. Così sono rimasta sorpresa, io che parlo sempre di fascisti rossi e di fascisti neri. Io che non mi sorprendo mai di nulla e non batto ciglio se vengo a sapere che prima d'essere un fascista rosso uno è stato un fascista nero, prima d'essere un fascista nero uno è stato un fascista rosso. E mentre lo fissavo sorpresa ho rivisto mio padre che nel 1944 venne torturato proprio da quelli della Repubblica di Salò. M'è calata una nebbia sugli occhi e mi sono chiesta come avrebbe reagito mio padre a vedere sua figlia oltraggiata e calunniata in pubblico da uno che era appartenuto alla Repubblica di Salò. Da un camerata di quelli che lo avevano fracassato di botte, bruciacchiato con le scariche elettriche e le sigarette, reso quasi completamente sdentato. Irriconoscibile. Talmente irriconoscibile che, quando ci fu permesso di vederlo e andammo a visitarlo nel carcere di via Ghibellina, credetti che si trattasse d'uno sconosciuto. Confusa rimasi lì a pensare – chi è quest'uomo, chi è quest'uomo – e lui mormorò tutto avvilito: Oriana, non mi saluti nemmeno?. L'ho rivisto in quelle condizioni, sì e mi son detta: Povero babbo. Meno male che non li ascolti, non soffri. Meno male che sei morto.”

Oriana Fallaci (1929–2006) scrittrice italiana

Origine: Dall'intervista di Riccardo Mazzoni Oriana Fallaci risponde http://archivio.panorama.it/Oriana-Fallaci-risponde, Panorama.it, 21 novembre 2002.

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“Quando mi dicono hai dato pochi giorni di prigione per un delitto, vorrei che l'essere umano capisse la gravità di passare un giorno solo in carcere.”

Carlo Biotti (1901–1977) Giudice della Corte Suprema di Cassazione, Presidente del Tribunale di Milano, Consigliere di Amministrazio…
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“Mi dirigo verso mondi lontani perché le sbarre anche se d'oro restano tali.”

Rayden (1985) rapper e beatmaker italiano

da Carceri d'oro, n. 16
In Ogni Dove

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“In particolare c'era la sinistra comunista dove regnava un'ipocrisia identica a quella cattolica. Basterebbe ricordare il rapporto tra Togliatti e Nilde Iotti, assolutamente emblematico. Avevano le loro motivazioni: in Russia gli omosessuali venivano condannati a dieci anni di carcere duro, cioè di gulag. Quando a sinistra furono costretti dalle manifestazioni del 1972 a parlare di omosessualità, ricorsero all'espressione "terzo sesso."”

Angelo Pezzana (1940) attivista e politico italiano

Solo tempo dopo arrivò "diversi".
Origine: Citato in Paolo Conti, «Quella Torino in cui era vietato parlare dell'omosessualità» https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2012/agosto/14/Quella_Torino_cui_era_vietato_co_8_120814014.shtml, Corriere della Sera, 14 agosto 2012, p. 22.

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“Ho seguito con qualche sensazione di orticaria Gomorra. Se devo dire come la penso, a me non piace. […] Non dobbiamo occultare la verità o la realtà ma non mi piacciono queste operazioni furbesche. Perché tu devi proporre l'immagine della realtà e della realtà campana, di cui fa parte anche la camorra, ma non puoi proporre lavori che, al di là delle intenzioni, oggettivamente rischiano di proporre modelli negativi. […] rischia addirittura di mitizzare i delinquenti […]. Viviamo un tempo delicato e ci sono persone che possono ricavare da alcune immagini modelli di comportamento. Non credo che la tv debba fare un'opera pedagogica e sostituirsi alla famiglia, alla scuola, ma ci vuole misura in tutto. Presentiamo le immagini che vogliamo, ma presentiamo tutta la realtà anche con immagini di speranza e modelli positivi. E diciamo, quando parliamo di Gomorra, che il destino di quelli che sembrano personaggi cinematografici, nella realtà è fatto di due cose: o la morte o il carcere. Se diciamo anche queste due cose a me va bene presentare tutte le gomorre di questo mondo. Ma se alla fine qualche personaggio dice, guardate che quelli che avete visto qui, nella vita reale avranno due soli sbocchi: o la morte o il carcere. Così diamo un'immagine della realtà completa e non facciamo cose che mi sembrano un po' pelose e un po' ipocrite.”

Vincenzo De Luca (1949) politico italiano

Origine: Da un intervento a Lira Tv; citato in Vincenzo De Luca contro la serie "Gomorra" http://lacittadisalerno.gelocal.it/salerno/cronaca/2016/06/03/news/vincenzo-de-luca-contro-la-serie-gomorra-1.13595716, laCittàdiSalerno.it, 3 giugno 2016.

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“[A proposito di Erich Priebke] Poso lo sguardo sul carcere dove è chiuso in attesa di un nuovo processo […]. Non si può non ammirare la dignità con cui accetta, dopo oltre mezzo secolo dal reato di cui è accusato, tutto il rituale solenne della giustizia. […] Era la guerra. E la guerra non ha nulla di morale. Perché odiare? […] Lasciate cadere i bastoni. E i lupi feriti di tutto il mondo, rispettateli.”

Anna Maria Ortese (1914–1998) scrittrice italiana

Origine: Citato su Il Giornale, 12 gennaio 1997; citato in Giulia Borgese, Cara Ortese, Priebke non è un povero lupo ferito https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1997/gennaio/13/Cara_Ortese_Priebke_non_povero_co_0_9701133484.shtml, Corriere della Sera, 13 gennaio 1997, p. 27.

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“Oggi l'obiettivo dello Stato islamico è la nostra implosione sociale. La sua speranza è che la crisi dell'accoglienza faccia da detonatore. Il califfo ha una logica stringente e una spiccata propensione per l’autolesionismo occidentale. Tifa per il suprematismo bianco, il parrucchino di Donald Trump, le banlieue in fiamme, le leggi speciali, le carceri nel deserto, le comunità chiuse, le moschee vietate, i burkini al bando. In tre parole: lo «scontro di civiltà.»”

Corrado Formigli (1968) giornalista e conduttore televisivo italiano

Concederglielo sarebbe fatale.
Origine: Da Formigli, il reportage da Kobane «Ecco perché l'Isis spera che l'Europa metta al bando i burkini» http://www.corriere.it/cronache/16_settembre_29/ecco-perche-isis-spera-che-l-europa-metta-bando-burkini-9e5cbc36-85b3-11e6-be66-7ada332d8493.shtml, Corriere.it, 29 settembre 2016.

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“La prima volta che Papa Francesco ha parlato con lui, Marco Pannella era in sciopero, aveva fame e sete come i compagni. Subito, ha avuto accanto il Papa come nuovo amico. Uno che – al contrario dei medici – non gli ha chiesto di cessare lo sciopero ma ha parlato del suo coraggio e di temi cari a entrambi, le carceri. E lui ha smesso lo sciopero.”

Mauro Leonardi (1959) giornalista italiano

Origine: Da «Marco Pannella e il Papa, quando l'amicizia va oltre la conversione» http://www.huffingtonpost.it/mauro-leonardi/marco-pannella-papa-francesco-amicizia-_b_10046920.html, Huffington Post.it, 19 maggio 2016.

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“Sono orgogliosa di avere come nonno dei miei figli un uomo che ha ingiustamente subito una condanna a 22 anni di carcere per qualcosa che non ha commesso, e che è sempre rimasto la persona straordinaria che è.”

Daria Bignardi (1961) giornalista, conduttrice televisiva e scrittrice italiana

Origine: Citato in Andrea Indini, Bignardi difende Adriano Sofri: "Orgogliosa di lui, è innocente" http://www.ilgiornale.it/news/bignardi-difende-adriano-sofri-orgogliosa-lui-innocente-991265.html, il Giornale.it, 11 febbraio 2014.

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“Intervistatore: Il latte di soia che deve bollire a 79° come lo calcola? Col termometro?
[…]
Germidi Soia: La mia cucina è completamente naturale, non uso termometri, nulla deve andare in contatto con gli alimenti. […] Be', sì, nella cucina ayurvedica infilare un termometro in un alimento è considerato violenza carnale. […] Lei forse non sa che le carceri sono piene di termometri.”

Maurizio Crozza (1959) comico, imitatore e conduttore televisivo italiano

da Crozza nel Paese delle Meraviglie, 18 marzo 2016
Personaggi originali, Germidi Soia
Origine: Visibile al minuto 01:07:20 di Crozza nel Paese delle Meraviglie - Puntata 18/03/2016 https://www.youtube.com/watch?v=2O6HJa3FEP8, YouTube.com, 20 marzo 2016.

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“Un carcere non è forse altro che un ospedale di anime dove sfortunatamente la maggior parte dei mali sono mortali?”

Juliette Colbert (1785–1864) filantropa francese

Con gli occhi del cuore

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“[Rivolto alle mamme della Terra dei Fuochi Marzia Cacioppoli e Tina Zaccaria] Io ho le mie responsabilità ma non sulla roba tossica perché quando me ne sono accorto li volevo ammazzare, mi hanno fatto arrestare, hanno messo le armi… sai la storia. Sono stato latitante, poi con il 416bis definitivo, mi hanno fatto ri-arrestare a Maglie quando io ho cercato di armarmi per ammazzarli tutti, perché avevano continuato. Nel periodo in cui ci sono stato solo io al potere, dal 1990 che ho saputo i fatti, ho chiuso il traffico di rifiuti, però nella zona mia. Perché nella zona napoletana ci stavano i vari capi-zona, qundi nella zona di Afragola lo facevano i Moccia, non c'entravamo noi, in nessuna maniera, a Casale c'era il gruppo Schiavone-Bidognetti, però l'avvocato Chianese era l'artefice di tutto il giro, lui con Gaetano Cerci e Licio Gelli che era la P2. Non ho parlato della zona di Afragola perché là c'erano altri capi-zona che rappresentavano, che facevano questo, che erano i Moccia. Quindi noi siamo responsabili, di cui una parte la prendo anche io. Perché veramente quando l'ho saputo li dovevo ammazzare, non li ho potuti ammazzare perché erano in 5 o 6 ed ero armato solo di pistola se portavo la mitraglietta li ammazzavo. Poi sono stati arrestati il giorno di Santa Lucia mentre stavo a Reggio, sono arrivato in ritardo, se no quel giorno doveva essere ammazzato De Falco, Mario Iovine e Bidognetti, che ammazzavo io. Quindi si doveva chiudere quel giro, sono andati in carcere, sono rimasto io. Ho fermato i camion, gli ho tolto i soldi. E loro cosa hanno fatto?! Sono andati sullo stabilimento mio, hanno messo delle armi, mi hanno fatto arrestare e hanno ri-iniziato a fare i fanghi tossici. Quando io sono venuto ancora in carcere al 41bis mi sono pentito e ho detto le cose come stavano, sperando che l'avessero fatto prima e presto. Mentre per la zona di Afragola, la zona napoletana, là dove state voi i responsabili sono i Moccia ed è il popolo stesso che non è che non vedevano i camion. Lei è giovane però suo padre o suo zio o suo cugino più vecchio… io sto facendo un esempio, non è che dico di lei nello specifico. Io non è che parlo di lei a livello personale ma a livello generale. Come è capitato anche a noi: tanta gente che ha preso i soldi per far scavare le buche e fare le sopraelevate ma anche da voi che pensi? Che non prendevano i soldi?”

Carmine Schiavone (1943–2015) criminale italiano
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“Leggendo il Diario dal carcere si avverte la presenza di una personalità dura come l'acciaio e insieme sensibile.”

Harrison Salisbury (1908–1993) giornalista statunitense

Origine: Introduzione a Diario dal carcere, p. 13

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“Gioacchino poi che vidde possibile ogni delitto a' briganti, fece legge che un generale avesse potere supremo nelle Calabrie su di ogni cosa militare o civile per la distruzione del brigantaggio. Il generale Manhès, a ciò eletto, passò il seguente ottobre in apparecchi, aspettando che le campagne s'impoverissero di frutta e foglie, aiuti a' briganti per alimentarsi e nascondersi; e dipoi palesò i suoi disegni. Pubblicate in ogni comune le liste de' banditi, imporre a' cittadini di ucciderli o imprigionarli; armare e muovere tutti gli uomini atti alle armi; punire di morte ogni corrispondenza co' briganti, non perdonata tra moglie e marito, tra madre e figlio; armare gli stessi pacifici genitori contro i figli briganti, i fratelli contro i fratelli; trasportare le gregge in certi guardati luoghi; impedire i lavori della campagna, o permetterli col divieto di portar cibo; stanziare gendarmi e soldati ne' paesi, non a perseguire i briganti, a vigilare severamente sopra i cittadini. Nelle vaste Calabrie, da Rotonda a Reggio, cominciò simultanea ed universale la caccia al brigantaggio. Erano quelle ordinanze tanto severe che parevano dettate a spavento; ma indi a poco, per fatti o visti o divulgati dalla fama e dal generale istesso, la incredulità disparve. Undici della città di Stilo, donne e fanciulli (poiché i giovani robusti stavano in armi perseguitando i briganti), recandosi per raccorre ulivi ad un podere lontano, portavano ciascuno in tasca poco pane, onde mangiare a mezzo del giorno e ristorare le forze alla fatica. Incontrati da' vigilatori gendarmi, dei quali era capo il tenente Gambacorta (ne serbi il nome la istoria), furono trattenuti, ricercati sulla persona, e poiché provvisti di quel poco cibo, nel luogo intesso, tutti gli undici uccisi. Non riferirò ciò che di miserevole disse e fece una delle prese donne per la speranza, che tornò vana, di salvare, non sé stessa, ma un figliuolo di dodici anni. […]Lo spavento in tutti gli ordini del popolo fu grande, e tale che sembravano sciolti i legami più teneri di natura, più stretti di società; parenti e amici dagli amici e parenti denunziati, perseguiti, uccisi; gli uomini ridotti come nel tremuoto, nel naufragio, nella peste, solleciti di sé medesimi, non curanti del resto dell'umanità. Per le quali opere ed esempi viepiù cadendo i costumi del popolo, le susseguenti ribellioni, le sventure pubbliche, le tirannidi derivavano in gran parte dal come nel regno surse, crebbe e fu spento il brigantaggio. Questa ultima violenza non fu durevole: tutti i Calabresi, perseguitati o persecutori, agirono disperatamente; e poiché i briganti erano degli altri di gran lunga minori, e spicciolati traditi, sostenitori d'iniqua causa, furono oppressi. Sì che, di tremila che al cominciare di novembre le liste del bando nominavano, né manco uno solo se ne leggeva al finire dell'anno; molti combattendo uccisi, altri morti per tormenti, ed altri di stento, alcuni rifuggiti in Sicilia, e pochi, fra tante vicissitudini di fortuna, rimasti, ma chiusi in carcere.”

Charles Antoine Manhès (1777–1854) generale francese

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“È strano che non si trovi più nessuno, ma nemmeno all'estrema sinistra, che ricordi questi fatti documentati. Ancora nel novembre del 1993 quando ormai per Forza Italia si tratta proprio di stabilire i colori delle coccarde e delle bandierine, c'erano i kit del candidato, stavano facendo i provini nel parco della villa di Arcore per vedere i candidati più telegenici; in quel periodo, a tre mesi dalle elezioni del marzo del 1994, Mangano incontra due volte Dell'Utri a Milano. E questa non è una diceria, c'è nelle agende della segretaria di Dell'Utri: Palazzo Cellini, sede di Publitalia, Milano 2, i magistrati arrivano e prendono le agende e nell'agenda del mese di novembre del 1993 si trovano due appuntamenti fra Dell'Utri e Mangano, il 2 novembre e il 30 novembre. E Mangano chi era, in quel periodo? Non era più il giovane disinvolto del '73-'74 quando fu ingaggiato e portato ad Arcore come stalliere: qui siamo vent'anni dopo. Mangano era stato in galera undici anni a scontare una parte della pena complessiva di 13 anni che aveva subito al processo Spatola per mafia e al maxiprocesso per droga, due processi istruiti da Falcone e Borsellino insieme. È stato definitivamente condannato per mafia e droga a 13 anni, ne aveva scontati 11, uscito dal carcere nel 1991 era diventato il capo reggente della famiglia mafiosa di Portanuova e grazie al suo silenzio in quella lunga carcerazione aveva fatto carriera e partecipato alle decisioni del vertice della mafia di fare le stragi. E poche settimane dopo le ultime stragi di Milano e Roma, Dell'Utri incontra un soggetto del genere a Milano negli uffici dove sta lavorando alla nascita di Forza Italia. Io non so se tutto questo sia penalmente rilevante, lo decideranno i magistrati: penso che sia politicamente e storicamente fondamentale saperlo, mentre si vede Gianfranco Fini che cita Paolo Borsellino al congresso che sta incoronando il responsabile di tutto questo, cioè Berlusconi. Verrebbe da dire "pulisciti la bocca". Possibile che invece di abboccare a tutti i suoi doppi giochi, quelli del centrosinistra non – ma dico uno, non dico tutti, li conosciamo, fanno inciuci dalla mattina alla sera e sono pronti a ricominciare con la Costituente come se non gli fosse bastata la bicamerale – uno, di quelli anche più informati, che dica "ma come ti permetti di parlare di Borsellino? Leggiti quello che diceva, Borsellino, di questi signori in quella famosa intervista prima di morire". Leggiti quello che c'è scritto nella sentenza Dell'Utri e poi vergognati, perché quel partito lì non l'ha fondato lo Spirito Santo, l'hanno fondato Berlusconi, Dell'Utri, Craxi con l'aiuto di Mangano che faceva la spola fra Palermo e Milano, infatti le famiglie mafiose decidono di votare per Forza Italia e di abbandonare Sicilia Libera – che viene sciolta nell'acido probabilmente – quando Mangano arriva giù a portare le garanzie.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

da I nuovi padri della patria http://www.beppegrillo.it/2009/03/passaparola_lun_22.html#comments, 30 marzo 2009
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