Frasi su pronuncia

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema pronuncia, parola, parola-chiave, nome.

Frasi su pronuncia

Cassandra Clare photo
Francesco Totti photo

“Mi piace questa sensazione di essere nato e cresciuto nella città più bella del mondo. Quando i calciatori delle altre squadre, soprattutto straniere, vengono a giocare a Roma, quasi sempre fanno un giro turistico in pullman fra le bellezze della città. […] Sono state partite sempre dure, con difensori rocciosi, che intervenivano spesso ai limiti del regolamento, che mi scalciavano anche un po' più del dovuto. E poi ho capito. In queste occasioni, all'onesto centrocampista della periferia bulgara, al terzino di fascia ucraino, al trequartista moldavo, gli si alza l'indice di rosicamento. Perché noi stiamo a Roma e loro no. Potranno pure strappare un 1-1 con un colpo di fortuna, un gol dell'ex, un offside dubbio, ma al fischio finale io me ne resto qui, a vivere la mia vita a Roma e tu, mediano del Borussia Mönchengladbach, te ne devi tornare nel grigio inverno della Westfalia in una città, Mönchengladbach, che molti ragazzi della Primavera neanche riescono a pronunciare, perché questo benedetto nome si comincia a imparare solo intorno ai vent'anni. Quanti calciatori passano dal Borussia Mönchengladbach al Borussia Dortmund solo per ragioni di pronuncia!!! Niente da fare, quando vengono a Roma, i giocatori stranieri rosicano. Fateci caso alla prossima partita della Roma in Europa se non picchiano giù duro: è per colpa della bellezza dei nostri monumenti. Uno sgambetto per l'Altare della Patria. Un tackle in scivolata per la Domus Aurea. Un'entrata da dietro per le Catacombe di San Callisto.”

Francesco Totti (1976) calciatore italiano

dalla prefazione di E mo' te spiego Roma

Angelina Jolie photo

“Ho un nome italiano ma nessuno lo pronuncia come si deve. Mi piace venire in Italia perché mi chiamate nel modo giusto.”

Angelina Jolie (1975) attrice cinematografica statunitense

citato in TV Sorrisi e Canzoni, n.° 52, 2010, p. 8

Neale Donald Walsch photo

“L. Ti ho creato a immagine e somiglianza di Dio.
2. Dio è il creatore.
3. Sei tre esseri in uno. Puoi definire questi tre aspetti dell'essere in qualunque modo tu voglia: Padre, Figlio e Spirito Santo; spirito, mente e corpo; super-io, io e inconscio eccetera.
4. La creazione è un processo che procede da queste tre parti del tuo essere. Messo in altri termini, tu crei a tre livelli. I mezzi della creazione sono: il pensiero, la parola e le azioni.
5. Tutta la creazione incomincia dal pensiero («Procede dal Padre»). Tutta la creazione poi continua con la parola («Chiedi e ti sarà dato, parla e per te sarà fatto»). Tutta la creazione si compie nell'azione («E il Verbo si incarnò e rimase tra noi»).
6. Quello che pensi, ma in seguito non esprimi mai in parole, viene creato su un certo livello. Quello che pensi ed esprimi in parole viene creato su un altro livello. Quello che pensi, esprimi e fai, diventa manifesto nella tua realtà.
7. Pensare, esprimere, e fare qualcosa in cui non si creda totalmente è impossibile. Perciò il processo della creazione deve includere la fede, ossia la consapevolezza. Questa è la fede assoluta. Questo va al di là della speranza. Questo è avere coscienza di una certezza. («Grazie alla tua fede sarai guarito».) Perciò la parte attiva della creazione include sempre la consapevolezza. Si tratta di una chiarezza a livello viscerale, una totale certezza, una completa accettazione di qualcosa come una realtà.
8. Questo luogo di autentica conoscenza è un luogo di intensa e incredibile gratitudine. Si tratta di un'anticipata riconoscenza. E questa, forse, è la più importante chiave per la creazione: essere grati in anticipo, e a causa della creazione. Dare la cosa per scontata in partenza, non solo è giustificato, ma incoraggiato. Costituisce il chiaro indice di una profonda conoscenza. Tutti i Maestri sanno in precedenza che l'azione si è compiuta.
9. Celebra e godi di tutto quello che crei, che hai creato. Respingere una qualsiasi parte di esso è respingere una parte di te stesso. Qualunque cosa si presenti adesso come una parte della tua creazione, possiedila, reclamala, benedicila, siine grato. Cerca di non condannarla («Dio la maledica!») perché condannarla vuol dire condannare te stesso.
10. Se esiste qualche aspetto della creazione che trovi insoddisfacente, benedicilo e limitati a cambiarlo. Fai una nuova scelta. Chiedi una nuova realtà. Pensa un pensiero nuovo. Pronuncia una nuova parola. Fai qualcosa di nuovo. Fallo in maniera magnifica e il resto del mondo ti seguirà. Chiedi che lo faccia. Pretendilo. Di': «Sono la Vita e la Via, seguitemi.»”

Neale Donald Walsch (1943) scrittore

Questo è il modo di manifestare la volontà di Dio «così in Cielo come in Terra».
Conversazioni con Dio

Edmondo De Amicis photo
Carlo Cracco photo
David Grossman photo
Nassim Nicholas Taleb photo
Ivo Andrič photo
Konrad Lorenz photo
Leonardo Sciascia photo
Giovanni della Croce photo
Eschilo photo
Stephenie Meyer photo
George Ivanovitch Gurdjieff photo
Rudolf Steiner photo

“[…] nemmeno gli antichi greci, quando parlavano di Mercurio, intendevano l'astro fisico, bensì l'insieme delle entità di quell'astro. Erano mondi spirituali, esseri spirituali quelli di cui si parlava quando, nelle sedi della conoscenza, si pronunciava, poniamo, il nome di Mercurio. Coloro che erano discepoli dei maestri di quelle scuole, pronunciando nei diversi linguaggi i nomi di Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, indicavano una scala di entità spirituali. Chi pronuncia quelle parole nel senso odierno, indicando con esse un astro fisico, indica solo la parte più grossolana di ciò che con quei nomi s'intendeva in origine.”

Rudolf Steiner (1861–1925) filosofo, esoterista e pedagogista austriaco

2010, p. 19
Gerarchie spirituali e loro riflesso nel mondo fisico – Zodiaco, Pianeti e Cosmo
Variante: […] nemmeno gli antichi greci, quando parlavano di Mercurio, intendevano l'astro fisico, bensì l'insieme delle entità di quell'astro. Erano mondi spirituali, esseri spirituali quelli di cui si parlava quando, nelle sedi della conoscenza, si pronunciava, poniamo, il nome di Mercurio. Coloro che erano discepoli dei maestri di quelle scuole, pronunciando nei diversi linguaggi i nomi di Luna, Mercurio, Venere, Sole, Marte, Giove, Saturno, indicavano una scala di entità spirituali. Chi pronuncia quelle parole nel senso odierno, indicando con esse un astro fisico, indica solo la parte più grossolana di ciò che con quei nomi s'intendeva in origine. (p. 19, 2010)

Johann Wolfgang von Goethe photo

“Ogni parola che si pronuncia fa pensare al suo contrario.”

Johann Wolfgang von Goethe (1749–1832) drammaturgo, poeta, saggista, scrittore, pittore, teologo, filosofo, umanista, scienziato, critico d'arte e…

9

George Orwell photo
Prosper Mérimée photo
Ernest Renan photo
Andrej Dmitrijevič Sacharov photo
Hélder Pessoa Câmara photo
Phil Collins photo
Jurij Gagarin photo

“[La parola che Gagarin pronunciò subito dopo il decollo] Partiamo!
Poyekhali!”

Jurij Gagarin (1934–1968) cosmonauta e aviatore sovietico, primo uomo a volare nello spazio

“Si scrive Juventus si pronuncia scudetto. "Vincere sempre, e con classe" è l'imperativo categorico della Signora. Nata come "seleçao" della borghesia torinese, via via è assurta a modello: una riserva dov'è vietato illudersi, dove giocare fa rima con lavorare, dove la vocazione ha il sigillo della professione. È un carattere di ferro la "fidanzata d'Italia."”

Giovanni Arpino (1927–1987) scrittore italiano

Dentro lo stile, c'è lo stiletto.
Origine: Citato in Il fuorigioco di Arpino: "La vita è stile..." http://www.lastampa.it/redazione/cmsSezioni/cultura/200712articoli/28304girata.asp , LaStampa.it, 9 dicembre 2007.

Alain de Botton photo

“Chi pronuncia parole d'amore è come chi lancia un messaggio in codice con una tramittente difettosa, senza mai essere sicuro di cosa viene captato (e, ciò, nonostante, come un dente di leone che libera infinite spore dalle quali una minima parte si riproduce, quel furtuito, ottimistico tentativo di telecomunicazione va compiuto – fiducia nel servizio postale).”

Alain de Botton (1969) scrittore svizzero

On Love
Variante: Chi pronuncia parole d'amore è come chi lancia un messaggio in codice con una trasmittente difettosa, senza mai essere sicuro di cosa viene captato (e, ciò nonostante, come un dente di leone che libera infinite spore delle quali una minima parte si riproduce, quel fortuito, ottimistico tentativo di telecomunicazione va compiuto - fiducia nel servizio postale).

Gautama Buddha photo

“Colui il quale pronuncia parole veraci, prive di asprezza ed istruttive, con le quali non si offende alcuno, costui io chiamo brāhmaṇa.”

Gautama Buddha (-563–-483 a.C.) monaco buddhista, filosofo, mistico e asceta indiano, fondatore del Buddhismo

408; 1994, p. 88
Dhammapada

Vincenzo Monti photo
Alessandro Blasetti photo
Giovanni Trapattoni photo
Giuseppe Pontiggia photo
Alan Moore photo

“Se guardate la storia della magia, vedrete le sue origini nelle caverne. Vedrete le sue origini nello sciamanesimo, nell'animismo, nella credenza che ogni cosa che ci circonda, ogni albero, ogni roccia, ogni animale, sia abitato da una qualche forma di essenza, una qualche sorta di spirito con cui forse si potrebbe comunicare. Avreste avuto uno sciamano o un visionario che sarebbe stato responsabile di incanalare le idee utili alla sopravvivenza. Prima che raggiungiate le civiltà classiche potrete vedere che questo è stato formalizzato in un certo status. Lo sciamano agisce puramente come un intermediario tra gli spiriti e le persone. La sua posizione nel villaggio o nella comunità è simile a quella di un idraulico spirituale. Ogni persona nel gruppo ha il suo ruolo. La persona migliore nella caccia era un cacciatore, la persona migliore nel parlare con gli spiriti, forse perché lui o lei era un po' pazzo/a, un po' staccato dal nostro normale mondo materiale, allora sarebbe stato uno sciamano. E gli sciamani non padroneggiavano un'arte segreta, essi dispensavano semplicemente le loro informazioni alla comunità, perché si credeva che fosse utile alla comunità. Quando abbiamo l'emergere delle culture classiche, tutto questo è stato formalizzato tanto che si hanno dei interi pantheon di dèi. E ognuno di questi dèi avrà una casta di preti che agiranno fino a un certo punto come intermediari che ti insegneranno ad adorare quel dio. Così la relazione tra gli uomini e i loro dèi, che potrebbe essere vista come la relazione tra gli uomini e il loro Io più alto, era ancora di tipo diretto. Quando arrivò il cristianesimo, quando arrivò il monoteismo, tutt'a un tratto hai una casta di sacerdoti che si muoveva tra l'adoratore e l'oggetto di adorazione. Hai una casta sacerdotale che era diventata una specie di dirigenza d'intermediazione spirituale tra l'umanità e la divinità interiore di cui si andava alla ricerca. Non puoi avere un rapporto diretto con un dio. I sacerdoti non hanno davvero il bisogno di un rapporto con la divinità. Hanno solo un libro che ti dice di alcune persone vissute tanto tempo fa, che hanno avuto un rapporto diretto con la divinità. E va tutto bene. Non hai bisogno di avere visioni miracolose, non hai bisogno di avere degli dèi che ti parlino. In effetti, se ti capita niente del genere, probabilmente sei matto. Nel mondo moderno questa roba non succede. Le sole persone a cui è permesso parlare con gli dèi, e in un modo davvero a senso unico, sono i preti. Per me il monoteismo è una grande semplificazione. Voglio dire, la Cabala ha una grande molteplicità di dèi, ma alla sommità del diagramma cabalistico, l'albero della vita, ha quest'unica sfera, che è il dio assoluto. La Monade. Qualcosa che è indivisibile. E tutti gli altri dèi, e ogni altra cosa nell'universo è una specie di emanazione di quel dio. Ora, questo va bene. Ma quando suggerisci che ci sia solo quell'unico dio, a quell'irraggiungibile altezza al di sopra dell'umanità e che non c'è niente in mezzo, stai limitando e semplificando la questione. Penso che il paganesimo sia una specie di alfabeto, come un linguaggio. È come se tutti gli dèi sono le lettere di quel linguaggio, esprimono delle sfumature, ombre del significato, o certe sottigliezze delle idee. Mentre il monoteismo tende ad essere solo una vocale, ed è solo tipo: oooouh [Alan Moore stesso nel documentario per far comprendere il suono scimmiesco. ]. È questo suono scimmiesco. Puoi quasi immaginare gli dèi divenire frustrati, sprezzanti. Perché con tutta la ricchezza di concetti spirituali che sono disponibili, perché ridurre tutto a una sola, singola nota monocorde che chi pronuncia neanche comprende?”

Alan Moore (1953) fumettista e scrittore britannico

citato nel documentario di Dez Vylenz, The Mindscape Of Alan Moore, Shadowsnake films, visibile su Youtube http://www.youtube.com/watch?v=rZXoinYCReE, subititolato in italiano

Jean Dubuffet photo
John McCrea photo
Sergej L'vovič Tolstoj photo

“[Riferendo le ultime parole del padre] Fu un'impressione penosa e anche terribile quella che provai quando pronunciò con voce forte e persuasa: «Svignarsela! Bisogna svignarsela!»”

Sergej L'vovič Tolstoj (1863–1947) scrittore e musicologo russo

Origine: Citato in Victor Lebrun, Devoto a Tolstoj, traduzione di Dino Naldini, Lerici Editori, Milano, 1963, p. 171.

Mathias Malzieu photo
Arturo Pérez-Reverte photo
Mike Oldfield photo
Jostein Gaarder photo
Luciano Pellicani photo
Otto Jespersen photo
Renato Carosone photo
Caparezza photo

“La parola spesso è più importante di chi la pronuncia.”

Caparezza (1973) cantautore e rapper italiano

da Ti sorrido mentre affogo n.° 16

Gianluca Nicoletti photo
Giancarlo Abete photo
Silvio Berlusconi photo
Silvio Berlusconi photo
Umberto Eco photo
Gerolamo Rovetta photo
Adriano Tilgher photo
Corrado Guzzanti photo

“Iura novit curia? L'interrogativo, più che lecito, è doveroso di fronte al principio di diritto affermato dalla I Sezione penale della Corte di cassazione nella presente sentenza (così definita dalla stessa Corte, anche se parrebbe trattarsi di una ordinanza), a proposito dei criteri di computo dei termini di durata della custodia cautelare fissati per le diverse fasi del giudizio, con particolare riguardo all'incidenza su tale computo dei giorni in cui si sono tenute le udienze. […] Perché mai la Corte di cassazione sia incorsa in un simile sbandamento interpretativo, tanto più in una vicenda processuale di estrema delicatezza, che di per sé avrebbe richiesto il massimo di ponderazione da parte dei giudici della I Sezione penale (i quali, invece, non sembrano essersi impegnati come avrebbero dovuto, almeno a giudicare dalla frettolosità e dalla modestia della motivazione addotta a sostegno della loro pronuncia), è un quesito cui non saprebbe darsi una risposta soddisfacente. Probabilmente la Corte è stata sviata, oltreché dall'andamento della discussione di fronte alla Corte d'assise d'appello, e dall'erronea impostazione già emergente dalle ordinanze impugnate), anche dalla sorprendente assenza di iniziativa mostrata dal rappresentante della procura generale, che nel chiedere l'annullamento delle medesime ordinanze non si è neppure prospettato — a quanto pare — il problema della necessaria neutralizzazione ope legis dei giorni di udienza ai sensi dell'art. 297, 4° comma c. p. p. Senonché tutto ciò non basta a giustificare il contenuto approssimativo e superficiale della decisione annotata, almeno per chi creda ancora nella Corte di cassazione quale «organo supremo della giustizia», cui compete di assicurare «l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge». Il bilancio è mortificante, come sempre quando capita — e non è la prima volta, sebbene si tratti fortunatamente di episodi isolati — di registrare errori di diritto tanto vistosi da parte della Corte di cassazione. Ed allora, se è permesso riprendere l'interrogativo con cui si sono aperte queste brevi osservazioni «a caldo», occorre davvero domandarsi fino a che punto sia consentito ai giudici della Corte regolatrice di ignorare il diritto di cui dovrebbero essere i massimi tutori: o forse si deve ritenere che, almeno per certi giudici, debba ormai valere l'inedito brocardo per cui ignorantia legis excusat?”

Vittorio Grevi (1942–2010) giurista e editorialista italiano

da Una erronea interpretazione in tema di congelamento dei giorni di udienza ai fini dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio, In Giurisprudenza italiana, 1991, Disp. 5a, Parte II

Marco Fabio Quintiliano photo
Franco Fochi photo
Beppe Severgnini photo
Mario Moretti photo
Sergio Nazzaro photo
Porfírio photo

“Il vizio […] è abile ad assumere le proprie difese, soprattutto quando pronuncia le sue arringhe tra gente ignorante.”

Porfírio (233–301) filosofo e teologo greco antico

IV; 2015, pp. 408-409
De abstinentia

Søren Kierkegaard photo
Ettore Romagnoli photo
Tito Lívio photo

“Così, siamo certi che il nesso consonantico nt del latino era pronunciato anche in Campania, e probabilmente fin dall'età romana, nd. Dunque, kondene, trenda, Sandi: voci tuttavia che nel nostro testo si presentano in veste fonetica latina: contene, trenta e perfino Sancti. Siamo certi anche della pronuncia v del b iniziale, già attestato nel latino di iscrizioni antiche; quindi Venedhitti (nomi locali della Campania d'oggi sono Santo Vendetto e San Venditto): ma il testo reca Benedicti. Del periodetto capuano la pronuncia sarà stata dunque suppergiù: «Sao kko kkelle terre pe kkelle fini ke kki kkondene trend'anni le possette parte Sandi Venedhitti». Sotto la penna di giudici e notai (ed ecclesiastici), liberazione pertanto da tratti vernacoli e locali, per il tramite del latino, che procura un annobilimento. E, aggiungiamo, scelta fra elementi che si trovano a coesistere nella stessa area: perciò la preferenza accordata alla forma sao (analogica, plasmata su ao « ho »), che sarà stata più diffusa o sarà parsa più eletta di saccio (continuatore del latino sapio, sactio è nel Ritmo cassinese). Questo esempio di scelta, annota il Folena, è il primo della nostra tradizione linguistica. Ma per mettere in luce i latinismi, non si corra il rischio di non valutare debitamente il fondo locale: […] Infine, tra elementi latini, latineggianti, italiani, acquista spicco come italianissimo un fatto sintattico, il pronome le, che non trova dunque riscontro nella formula latina e riprende l'oggetto Kelle terre. Certo, i periodetti della Campania (badando ora solo al primo, di Capua) rappresentano ben più che non quella loro nuda ed elementare praticità.”

Alfredo Schiaffini (1895–1971) filologo e linguista italiano
Oriana Fallaci photo
Milan Kundera photo
Fernando Pessoa photo
Amélie Nothomb photo

“Quello che valeva ai suoi tempi vale ancora e varrà sempre: in ogni tempo, il Bello è assai più redditizio del Bene.
- Rifletta. Il Bene non lascia alcuna traccia materiale, e dunque nessuna traccia, perché lei sa quanto valga la gratitudine degli uomini. Nulla si dimentica in fretta quanto il Bene. C'è di peggio: nulla passa tanto inosservato quanto il Bene, perché il vero Bene non pronuncia mai il suo nome e, se lo pronuncia, cessa di essere Bene per diventare propaganda. Il Bello invece può durare per sempre: in sè è la sua stessa traccia. Si parla di lui e di coloro che lo hanno servito. Il che dimostra che il Bello e il Bene sono retti da leggi opposte: più si parla del Bello, più diventa bello; più si parla del Bene, meno esso lo è. Insomma, un individuo responsabile che si voti alla causa del Bene fa un cattivo investimento.
-Del Male, però, se ne parla!
-Ah, certo: il Male è ancora più redditizio del Bello. Quelli che hanno puntato sul Male hanno fatto l' investimento migliore. I nomi dei benefattori del suo tempo sono stati dimenticati da un pezzo; quelli di Stalin o di Mussolini ci suonano ancora familiari.
-Già. Lei è di origine svedese. Se fosse stato di origine ebraica, forse il genocidio nazista le sarebbe sembrato una sfida più interessante.
- Non ne sarei così sicuro. I popoli ci tengono ai loro antenati martiri. E' la sola aristocrazia che non viene mai contestata.
- Sia gentile, parliamo d'altro. La mia capacità di cinismo ha fatto il pieno.”

Péplum

“Nel sole di marzo, mentre era seduto su una catasta di ceppi di faggio che scricchiolavano per il caldo, avvenne che egli pronunciasse per la prima volta la parola «legno». Aveva già visto il legno centinaia di volte, aveva sentito la parola centinaia di volte. La capiva anche, infatti d'inverno era stato mandato fuori spesso a prendere legna. Ma il legno come oggetto non gli era mai sembrato così interessante da darsi la pena di pronunciarne il nome. Ciò avvenne soltanto quel giorno di marzo, mentre era seduto sulla catasta. La catasta era ammucchiata a strati, come una panca, sul lato sud del capannone di Madame Gaillard, sotto un tetto sporgente. I ceppi più alti emanavano un odore dolce di bruciaticcio, dal fondo della catasta saliva un profumo di muschio, e dalla parete d'abete del capannone si diffondeva nel tepore un profumo di resina sbriciolata.
Grenouille era seduto sulla catasta con le gambe allungate, la schiena appoggiata contro la parete del capannone, aveva chiuso gli occhi e non si muoveva. Non vedeva nulla, non sentiva e non provava nulla. Si limitava soltanto ad annusare il profumo del legno che saliva attorno a lui e stagnava sotto il tetto come sotto una cappa. Bevve questo profumo, vi annegò dentro, se ne impregnò fino all'ultimo e al più interno dei pori, divenne legno lui stesso, giacque sulla catasta come un pupazzo di legno, come un Pinocchio, come morto, finché dopo lungo tempo, forse non prima di una mezz’ora, pronunciò a fatica la parola «legno». Come se si fosse riempito di legno fin sopra le orecchie, come se il legno gli arrivasse già fino al collo, come se avesse il ventre, la gola, il naso traboccanti di legno, così vomitò fuori la parola. E questa lo riportò in sé, lo salvò, poco prima che la presenza schiacciante del legno, con il suo profumo, potesse soffocarlo. Si alzò a fatica, scivolò giù dalla catasta, e si allontanò vacillando come su gambe di legno. Per giorni e giorni fu preso totalmente dall'intensa esperienza olfattiva, e quando il ricordo saliva in lui con troppa prepotenza, borbottava fra sé e sé «legno, legno», a mo' di scongiuro.”

Perfume: The Story of a Murderer

Jerome Klapka Jerome photo