Frasi su tentativo
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“Mentre la maggior parte dei teorici sociali sembrava non avere sufficiente consapevolezza del potere della gente di creare le proprie istituzioni e le proprie forme di organizzazione, ci sono molti esempi di questo potere che mi incoraggiano. Uno dei miei favoriti ha avuto luogo a New York negli ultimi anni '70. Questa esperienza si chiamava il "Movimento della undicesima strada est". Inizialmente il movimento era un'organizzazione di quartiere di portoricani, una delle tante del Lower East Side di Manhattan, che aveva formato un'alleanza con alcuni giovani ecologisti radicali per riabilitare un palazzo abbandonato che era stato completamente distrutto da un incendio. L'isolato stesso, uno dei peggiori nel ghetto ispanico, sarebbe divenuto un ritrovo per tossicodipendenti, ladri di auto, rapinatori e piromani. Dopo essere stato occupato illegalmente da una comunità di squatter, l'edificio fu completamente ricostruito dagli operai di una cooperativa, composti per la maggioranza da portoricani, una manciata di neri e qualche bianco. Il tentativo del movimento di acquistare la proprietà dell'edificio per finanziare la sua riabilitazione e allargare le sue attività ad altre strutture abbandonate, sarebbe divenuta una cause célèbre che ispirò imprese simili nel Lower East Side e in altri quartieri. […] Alla fine, l'edificio stesso fu non solo ricostruito, ma fu "ristrutturato ecologicamente" con dispositivi salva-energia, isolanti, pannelli solari per scaldare l'acqua e un generatore eolico per fornire una parte dell'energia elettrica. Si parlò di giardini pensili, riciclo dei rifiuti e di trasformare i terreni abbandonati nei paraggi in piccoli parchi di quartiere. Sarebbe troppo lungo fare un resoconto completo delle lotte del "Movimento della undicesima strada est". Tuttavia, sono felice di dire che alcune persone dell'Institute for Social Ecology giocarono un ruolo ispiratore e tecnico in questi progetti. Questo è, penso, un esempio poco conosciuto, ma notevole di come giovani ecologisti sociali bianchi hanno lavorato mano nella mano con persone ispaniche oppresse per ottenere un ambiente umano in maniera autenticamente ecologica. […] È stato un meraviglioso esempio della pratica dell'ecologia sociale che contrasta marcatamente con le carattaristiche bellicose, autoindulgenti e a volte misantropiche che trovo spesso nell'ecologia profonda e nell'ambientalismo della classe media.”

Murray Bookchin (1921–2006) scrittore statunitense

da Aa. Vv., Defending the Earth, A debate between Murray Bookchin and Dave Foreman, Black Rose Books, Montreal/New York, 1991, pp. 101-102
Origine: Citato in Ermanno Castanò, Ecologia e potere. Un saggio su Murray Bookchin, p. 114, Mimesis, Milano, 2011. ISBN 88-57-50501-4

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“L'etica non è altro che il tentativo razionale di indagare su come vivere meglio.”

Fernando Savater (1947) filosofo e scrittore spagnolo

Etica per un figlio

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“Gilson critica i tentativi di ricondurre la posizione di Dante alla tomista o all'averroista. Per san Tommaso ogni gerarchia di dignità è al tempo stesso una gerarchia di giurisdizione, mentre per Dante – tranne che per Dio – una gerarchia di dignità non è mai fondamento di una gerarchia di giurisdizione, e ciò corrisponde al problema filosofico specifico di Dante, che non è tanto quello di definire l'essenza della filosofia, quanto di determinare delle funzioni e delle giurisdizioni. Il principio a cui obbedisce questa determinazione non è assolutamente conciliabile col tomismo. San Tommaso non conosce che un solo fine ultimo: la beatitudine eterna, che non si può attingere se non attraverso la Chiesa; inoltre la spiritualità del fine ultimo importa che tra il potere temporale e lo spirituale vi sia la subordinazione gerarchica del mezzo al fine. Per Dante, invece, l'uomo può ottenere, attraverso l'esercizio delle virtù politiche, una felicità umana completamente distinta dalla beatitudine celeste, anche se questa rappresenta un fine più alto. La tesi dei "duo ultima" legittima la completa distinzione dell'ordine politico dall'ordine religioso, ugualmente universale a quello della Chiesa, ma autonomo e perseguente un fine di felicità terrena.”

Augusto Del Noce (1910–1989) politologo, filosofo e politico italiano

da Augusto Del Noce, Gilson Étienne in Enciclopedia dantesca, vol. III, Roma, 1971, p. 33.

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“Era, in effetti, entrato in azione quel fenomeno che alcuni storici hanno ritenuto di definire la «legge di Tocqueville»: tutte le volte, infatti, che un potere autoritario-dispotico e comunque arcaico (monarchia assoluta e Ancien Régime nel 1789), o anche totalitario, ma sarebbe meglio dire «imperfettamente totalitario» (fascismo mussoliniano nella catastrofe politico-militare del 1943), o «post-totalitario» (Chruščëv, nel 1956, e Gorbačëv, nel 1985-1989), cerca, in una situazione ritenuta difficile (altrimenti nulla verrebbe toccato), di mutare direzione e di attuare trasformazioni e riforme, spalanca attese e speranze che si rovesciano in una eterogenesi dei fini; proprio le attese e le speranze finiscono non già per rafforzare (se si esclude un momento liminare, come nella prima metà del 1956, o gli anni 1986-1987), ma per minacciare (1956), o addirittura demolire (1989-1991), l'impalcatura politica esistente. Quanto al totalitarismo, considerato nella sua fase «perfetta», disperata e tragica, l'unica esperienza che si ha del suo crollo (Germania nazionalsocialista, 1945) dimostra che esso può avvenire non assecondando un tentativo di autoriforma, ma in concomitanza con la guerra totale e con un parallelo processo di inarrestabile autodistruzione, alla guerra totale strettamente connesso.”

Bruno Bongiovanni (1947) storico italiano

Origine: Storia della guerra fredda, p. 96

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“E sbattendo la testa lancio un sogno contro il muro nel tentativo di aprirgli un varco.”

Ennio Rega (1953) cantautore e compositore italiano

da Il più labile dei dati
Arrivederci Italia

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“E quali i temi con i quali cimentarsi per l'auspicato ritorno ad una seria elaborazione culturale, per mettere a punto programmi non raffazzonati? Comincio con l'indicarne tre: i diritti fondamentali; i servizi pubblici; i limiti alla libertà d'iniziativa economica privata. Non li scelgo a caso. Dietro ciascuno di questi temi si trovano soggetti reali, iniziative concrete. Molti comuni e gruppi si adoperano ogni giorno perché trovino effettivo riconoscimento i diritti degli immigrati, delle coppie di fatto, di quanti vogliono liberamente decidere sulla fine della loro vita. La questione dei servizi è simboleggiata dal servizio idrico, dall'acqua come bene comune: l'Italia è l'epicentro di un largo movimento, che ha visto ventisette milioni di elettori votare contro la privatizzazione dell'acqua, che produce analisi sempre più accurate, che ha visto convenire a Napoli e Roma rappresentanti da molti Paesi, che è all'origine di una rete di comuni europei e di iniziative popolari rivolte alla Commissione di Bruxelles. Altrettanto intensa è la discussione intorno ai limiti del mercato, accesissima intorno ai temi del lavoro e che vede l'inquietante tentativo di cancellare l'articolo 41 della Costituzione che congiunge il decreto berlusconiano di luglio e il decreto "Cresci Italia", ponendo il problema se sia ancora possibile in economia una politica "costituzionale."”

Stefano Rodotà (1933–2017) giurista e politico italiano

Questa è l'altra politica. E ciascuno di questi temi pone la questione di quale idea di società debba oggi sostenere l'azione politica.
Origine: Dall'articolo, L'antipolitica o l'altrapolitica? http://www.repubblica.it/dal-quotidiano/opinioni/2012/03/01/news/l_antipolitica_o_l_altrapolitica_-30736191/?ref=search, la Repubblica, 1 marzo 2012.

“Il collettivismo moderno è un tentativo di ritorno allo stato selvaggio.”

Gerard Radnitzky (1921–2006) filosofo e teorico tedesco

Il futuro è aperto: il colloquio di Altenberg insieme con i testi del simposio viennese su Popper

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“Questo cambiamento [il retrocedere dell'uomo vecchio e l'inizio dell'attività dell'uomo nuovo] può prodursi progressivamente, per mezzo di molti sforzi, di fatiche e di tentativi, sostenuti con pazienza e tenacia, grazie anche a molte preghiere con lacrime, grida, violenza, dolore e tristezza. Infatti si tratta di una dolorosa duplice operazione di morte e di parto, espressa da una stessa parola nella Bibbia [1]: sono da un lato i dolori della morte dell'uomo vecchio recalcritrante che vi si oppone con tutto il suo essere e dall'altro i dolori del parto dell'uomo nuovo: essi implicano un'immensa trasformazione dell'essere che l'uomo subisce faticosamente, perché rinasce a immagine del suo Creatore nella giustizia e nella santità della verità. Le forze repulsive richieste per espellere il vecchio e el eforze di attrazione necessarie per mettere in opera il nuovo superano le capacità umane. È come se l'essere uomo dovesse ingaggiare la lotta contro se stesso e mettersi a morte. Se non fosse stato per le qualità eccezionali dell'uomo nuovo, la nuova nascita sarebbe stata impossibile. Ma Dio l'ha creato perché viva, perché domini e nulla possa impedirgli di vivere. Le forze vitali dell'uomo nuovo hanno la meglio sugli atteggiamenti recalcitranti dell'uomo vecchio, con una potenza invincibile che il soggetto percepisce con ammirazione, chiedendosi da dove gli venga questo aiuto, e perché prima fosse nascosto. Egli ha l'impressione di essere liberato da ciò che l'ostacolava e comincia a discernere come l'eco di una voce che lo chiama dall'intimo del suo essere e che lo invita alla traversata. Tuttavia questo stesso cambiamento può anche prodursi all'improvviso – come testimonia l'esperienza di molti – senza sforzo né dolore, come un risveglio dopo un profondo sonno. Sul punto di nascere, l'essere nuovo attende solo più un impulso della grazia, in un movimento di fede ardente nel cuore. Allora si sveglia, si manifesta e suscita lo stupore e l'ammirazione. Si dice allore che il tale si è "rinnovato", si è trasformato. Egli stesso percepisce bene che qualcosa è cambiato nel suo essere, nel suo fisico, nel suo stesso corpo. La sua voce, la sua intonazione, l'espressione del suo viso hanno qualcosa di nuovo. Una gioia serena inonda il suo cuore e sprizza dal suo viso e da tutto il suo essere. La calma interiore colma tutta la sua vita: altrettanti segni che una nuova nascita nello Spirito è effettivamente avvenuta. L'uomo si sente riempito di nuove energie spirituali che gli sembrano venire dall'alto ma che, in realtà, hanno la loro origine all'interno, nell'essenza stessa della sua creazione e della sua eredità celeste. [1] Il travaglio del parto (cf. Rm 8,22) e l'agonia della morte (cf. At 2,24) sono espressi in greco dallo stesso termine: odinas.”

Matta El Meskin (1919–2006) monaco egiziano

Il cristiano: nuova creatura

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“Maierovitch, uomo dalla loquela sommessa e dai lineamenti un po' da gufo, divenne un personaggio di spicco nei primi anni Ottanta, quando collaborò con Giovanni Falcone nei suoi sforzi, coronati da successo, di rintracciare i mafiosi latitanti. Insieme i due convinsero Tommaso Buscetta a tornare in Italia e a divenire un pentito di stato nel cosiddetto maxiprocesso alla cupola della mafia siciliana. Nel gennaio del 1992, grazie alla sua testimonianza furono condannati circa 350 capi mafiosi. Falcone e il suo collega, il magistrato Paolo Borsellino, sono i titani della lotta antimafia in tutto il mondo. Furono assassinati in Sicilia a due mesi di distanza l'uno dall'altro, nel 1992, poco tempo dopo che la sentenza del maxiprocesso era stata confermata, e la loro morte scosse, e infine scardinò, il sistema politico italiano. Entrambi erano partiti (giustamente) dal presupposto che i personaggi più importanti della mafia siciliana godevano della protezione delle più alte gerarchie politiche di Roma. Maierovitch mi racconta delle sue cene con Falcone, e di come si ingegnarono per proteggere il grande pentito Buscetta vuoi da possibili omicidi vuoi dal suicidio. (Un tentativo di suicidio quasi gli riuscì mentre era sotto la tutela del giudice brasiliano.) Dapprima Maierovitch sorride nel ricordare il suo amico italiano, ma dopo un po' comincia a versare lacrime silenziose: un omaggio che ben si addice a Falcone (cui Maierovitch intitolò il suo Istituto di lotta alla criminalità), il cui carisma e impegno in nome della giustizia, alla faccia della classe dirigente corrotta di Roma, hanno fatto di lui un eroe popolare in tutta Italia e presso tutti coloro che nel mondo lottano contro il crimine.”

Misha Glenny (1958) giornalista e scrittore britannico

da McMafia, pagg. 348-349

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“Vivere è imparare. La scienza si evolve in maniera darwiniana: attraverso tentativi di errori.”

Dario Antiseri (1940) filosofo italiano

Due grandi patriarchi viennesi: Karl R. Popper e Konrad Lorenz

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“Non potevo fare a meno di pensare alle differenze tra la mia vita di New York, piena di cibo e comodità, e la vita che conducevano i miei famigliari in Somalia. In Occidente la maggior parte della gente possiede così tante cose da perderne il conto. Era probabile, invece, che i miei genitori potessero contare a una a una tutte le loro cose, e il cibo era difficile da reperire; eppure erano felici e di buon umore. Per la strada la gente sorrideva e conversava. Credo che gli occidentali cerchino di riempirsi di roba nel tentativo di colmare un vuoto. Tutti sono in cerca di qualcosa. Cercano nei negozi e nella televisione. Una volta dei tizi mi hanno mostrato una stanza della loro casa destinata alle candele per le preghiere la meditazione. Un'intera stanza solo per le candele. Qui dovevamo pigiarci l'uno contro l'altro per poter stare tutti insieme: continuavamo a ringraziare Allah per essere tutti insieme. In Somalia non abbiamo posti particolari per pregare, preghiamo anche per salutare qualcuno: «Che Allah sia con te.» A New York tutti tutti dicono «Hello!». Che cosa significa? Nulla, che io sappia, è solo un modo di dire. La gente dice: «Have a good day», buon giorno, ma anche quello è solo un modo di dire. In Somalia diciamo: «Se Dio vuole, ci vediamo dopo.»”

Waris Dirie (1965) modella e scrittrice somala

Dio ha voluto e il mio primo giorno in famiglia è stato bello, bellissimo!
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“Ali Eteraz – che significava ""Nobile Protesta"" – era la mia ultima incarnazione, una nuova fase del mio tentativo di soddisfare il patto congenito con l'Islam. Ali Eteraz era la forza che infrangeva l'incantesimo del silenzio che mi aveva avvolto come un bozzolo dopo che le Torri erano crollate a New York, e che aveva fatto da cuscinetto tra me e la realtà durante i molti anni alla facoltà di legge a Philadelphia. Ali Eteraz era colui che mi aveva fatto alzare la testa e affrontare il mondo in un periodo in cui mi accontentavo semplicemente di giocare ai videogame, guadagnare soldi e tentare di mettere su famiglia. Era Ali Eteraz che mi aveva fatto appassionare alla riforma dell'Islam – un movimento sommerso di milioni di musulmani in tutto il mondo, che sfidavano i teocrati e i terroristi che si erano impossessati della religione.
Ali aveva cominciato a manifestarsi ancor prima della sua nascita. Poco dopo l'undici settembre, c'era stato qualche fugace istante – alla notizia di un attentato suicida a Madrid, per esempio, o di una decapitazione in Iraq, o di una scuola femminile fatta esplodere in Pakistan – in cui la mia coscienza aveva minacciato di infiammarsi. La combustione però, non si era mai alimentata a sufficienza.
La situazione era cambiata nel gennaio del 2006 con il disastro delle vignette satiriche danesi. […] Che questa assurdità potesse produrre tale violenza fu l'ultima goccia. «Basta!», disse a quel punto Ali Eteraz. «L'Islam non appartiene agli idioti.”

Ali Eteraz scrittore e giornalista pakistano
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“Ci deve essere qualcosa come l' esperienza religiosa, e credo ci sia. E con la parola «esperienza» voglio dire di conoscitivo, non solo una emozione, sebbene senza dubbio l'emozione l'accompagni. Voglio dire un modo di consapevolezza, unico, non riducibile a qualsiasi altro… se dobbiamo classificarla sotto una delle definizioni familiari, io stesso la chiamerei piuttosto «un senso», un senso del divino; poiché ha questo in comune con i sensi ordinari, che è una sorgente originale di dati sebbene (per altri lati) non è niente come loro: per esempio, nessun organo di senso è connesso con lei… Sembra ci siano molte persone, specialmente nell'epoca nella quale viviamo, nelle quali questa consapevolezza di cui ho parlato è completamente assente. Esse vi direbbero che non hanno mai avuto alcun genere di esperienza religiosa, e che semplicemente non sanno che cosa voglia dire quando parlate di ciò. Arrischio l'ipotesi (naturalmente non è niente di più) che in tali uomini la consapevolezza di cui parlo è repressa, un po' allo stesso modo che desideri e ricordi sono repressi secondo la psicologia di Freud; ed è repressa, penso, perché non va d'accordo con la concezione del mondo e della natura umana che è comunemente accettata nella attuale concezione laica della civiltà ocidentale. Non è molto difficile reprimerla. È descritta nella Bibbia come «una voce calma, piccola». Ciò non toglie che io non creda rimarrà repressa per sempre, più di quanto non pensi che la fase presente della civiltà occidentale durerà per sempre. Verrà il tempo, e penso potrebbe venire abbastanza presto, nel quale la nostra moderna Weltanschauung di ispirazione prettamente naturalistica sembrerà rivoluzionaria, in un tentativo sistematico di mettere le cose seconde prime e le cose prime in nessun luogo.”

H. H. Price (1899–1984) filosofo britannico

da The Socratic, 1952; citato in Donald Nicholl, Il pensiero contemporaneo

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“Si aggiunga che egli comprendeva l'urgenza di porre riparo ai mali più grandi che affliggevano l'organismo statale e la necessità di attrarre verso il trono gli elementi più responsabili del regno, da tempo sfiduciati e in disparte. Sia pure con dieci anni di ritardo, si tentava così quell'opera di riconciliazione, per la ricostruzione del paese, che sarebbe stato necessario affrontare dopo la restaurazione del '21. Ma quali forme assunse quel tentativo? Parve che in un primo momento esso riuscisse pienamente. Si determinò negli anni dopo il '30 un'atmosfera di idilliaca fiducia intorno al giovane sovrano, che reprime scandali, sradica abusi, richiama in patria gran numero di esuli, fa sentire in tutti i rami dell'amministrazione il peso della sua fattiva volontà di progresso civile, rivolge le sue cure maggiori alla ricostruzione dell'esercito, cura il benessere economico del paese, diminuisce le imposte, promuove le industrie — in modo che la Napoli industriale di allora è stata giudicata, sia pure con qualche amplificazione, dall'Arias o dal Barbagallo per nulla inferiore alle città del settentrione — dà incremento alla marina mercantile, traccia ed apre nuove vie di comunicazione, intraprende opere di bonifica, agevola con un protezionismo moderato e perfino con principi liberistici il commercio, tanto da meritare in pieno parlamento britannico le lodi di Robert Peel. Insomma una linea politica che apparve all'inizio in netto contrasto con quella dei suoi immediati predecessori. Intorno al re una classe di governo che appare sensibile alla necessità di riforme in tutti i campi dell'amministrazione e un notevole fervore di studi che ripropone il problema della revisione degli indirizzi economici dello stato napoletano e rimette sul tappeto, ravvivandoli, molti dei vecchi temi del riformismo settecentesco.”

Ruggero Moscati (1908–1981) storico italiano

cap. 7, p. 121
I Borboni d'Italia
Origine: Ferdinando II re delle Due Sicilie.

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“Mi sforzo sempre di sviluppare i giochi proseguendo per tentativi, a volte assumendo un punto di vista obiettivo e a volte guardando le cose dal punto di vista del giocatore.”

Shigeru Miyamoto (1952) autore di videogiochi giapponese

Origine: Dall'intervista di Satoru Iwata, Iwata Chiede: New Super Mario Bros. Wii Vol. 1 http://www.nintendo.it/NOE/it_IT/news/iwata/iwata_chiede_new_super_mario_bros_wii_16795_16846.html, 1. All'inizio Mario non saltava, Nintendo.it.

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“[…] come concepire la pena, come ordinare il carcere? Pura retribuzione, o vendetta, della comunità lesa nel suo diritto di sicurezza e di tranquillità, oppure anche tentativo di promuovere e di favorire la liberazione del condannato dalla scelta delinquenziale? Se non ci si abbandona a un istinto sommario ma si vuole riflettere secondo razionalità, bisogna riconoscere che la seconda alternativa, per quanto complessa e difficile, difende meglio, più a fondo, l'interesse collettivo. Il pianeta carcere con i suoi abitanti non può essere considerato qualcosa di siderale, di «totalmente altro» da noi che ne stiamo fuori. È una parte della società che, a causa dei suoi comportamenti antisociali, dei reati commessi violando le leggi, sconta la pena inflitta al termine di un processo non solo legittimo ma doveroso, inderogabile. Dunque la società libera non può lavarsene le mani come se non la riguardasse, deve, al contrario, farsene carico. […] non ci si può limitare a chiedere che i rei siano posti in condizione di non nuocere più: ci si deve innanzitutto interrogare se del reato commesso non esista una responsabilità collettiva, sia pure indiretta, in quanto non abbiamo saputo intervenire in tempo per risolvere un disagio e prevenirne le conseguenze criminose (la prevenzione, di cui tanto si parla, non è delegabile interamente agli organi di polizia, è compito di tutti […]).”

Mario Gozzini (1920–1999) scrittore, politico e giornalista italiano

cap. 1, 2: p. 6
La giustizia in galera?

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“Io non ci sto… Prima si è tentato con le bombe, ora con il più vergognoso e ignobile degli scandali. Occorre rimanere saldi e sereni. Penso sia giunto il momento di fare un esame chiaro dell'attuale realtà italiana per trarne conclusioni forti ed efficaci. […] Nessuno può stare a guardare di fronte a questo tentativo di lenta distruzione dello Stato, pensando di esserne fuori. O siamo capaci di reagire considerando reato il reato, ma difendendo a oltranza e gli innocenti e le nostre istituzioni repubblicane o condanniamo tutto il popolo e noi stessi ad assistere a questo attentato metodico, fatale alla vita e all'opera di ogni organo essenziale per la salvezza dello Stato democratico. A questo gioco al massacro io non ci sto. Io sento il dovere di non starci, e di dare l'allarme. Non ci sto non per difendere la mia persona, che può uscire di scena in ogni momento, ma per tutelare, con tutti gli organi dello Stato, l'istituto costituzionale della Presidenza della Repubblica. Il tempo che manca per le elezioni non può consumarsi nel cuocere a fuoco lento, con le persone che le rappresentano, le istituzioni dello Stato.”

Oscar Luigi Scalfaro (1918–2012) 9º Presidente della Repubblica Italiana

Dal messaggio televisivo straordinario alla Nazione andato in onda a reti unificate alle ore 22 e 30 circa del 3 novembre 1993
Origine: Visibile su Video.Repubblica.it http://video.repubblica.it/dossier/addio-oscar-luigi-scalfaro/e-morto-oscar-luigi-scalfaro-il-presidente-del-non-ci-sto/86838/85228

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