Frasi su civiltà
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“Un deterioramento ulteriore potrebbe essere disastroso per l'Europa. Esso potrebbe provocare tali privazioni, tale smarrimento, una lotta così disperata per il controllo di risorse insufficienti da condurre a una diffusa rinuncia ai principi sui quali la civiltà moderna dell'Europa è stata costruita e per i quali, nella coscienza di molti, due guerre mondiali sono state combattute. I principi del diritto, della giustizia, dei limiti all'esercizio del potere politico, già largamente disattesi e attaccati, potrebbero da ultimo essere travolti; e con essi il principio vitale che l'integrità della società con un tutto deve posare sul rispetto per la dignità del singolo cittadino. Le implicazioni di questa crisi andrebbero assai aldilà delle comuni apprensioni relative al pericolo di un controllo comunista. Nella continuazione dell'attuale situazione in Europa e implicita niente meno che la possibilità che gli europei rinuncino ai valori della responsabilità individuale e dei controlli politici, che appartengono alla tradizione del loro continente. Ciò distruggerebbe secoli di progresso e causerebbe un danno che tale solo un lavoro di altri secoli potrebbe riparare.”

George F. Kennan (1904–2005) diplomatico, storico e ambasciatore statunitense

Origine: Citato in Ennio Di Nolfo, Storia delle relazioni internazionali. [Dal 1918 ai giorni nostri], Editori Laterza, Roma, 2008, p. 698. ISBN 978-88-420-8734-2

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“Il Mediterraneo è soprattutto la civiltà dell'antideserto.”

Paul Morand (1888–1976) scrittore francese

Origine: Citato in La Fiera Letteraria p. 20, n. 5, 14 marzo 1971.

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“Chi ha compreso il declino e il crollo della civiltà occidentale riconoscerà in Nietzsche colui che ha risvegliato la coscienza dell'Europa.”

Ananda Coomaraswamy (1877–1947) storico dell'arte dello Sri Lanka

Origine: Da La visione cosmopolita di Nietzsche, in La danza di Śiva, traduzione di Giampiero Marano, Adelphi, Milano, 2011, p. 225.

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“Le questioni principali che affrontiamo in Inchiesta su Gesù sono quattro. Quattro domande in particolare. Primo. Gesù era un cristiano o invece era un ebreo che è rimasto sempre tale e non mai voluto fondare una nuova religione? E se il cristianesimo è nato dopo la sua morte, quando e perché si è formato e in che misura gli è fedele? Se Gesù era un ebreo la nostra civiltà occidentale ha alla sua base anche l'ebraismo o solo il cristianesimo? Secondo. Gesù era convinto che l'avvento del Regno di Dio fosse imminente? Pensava davvero che avrebbe posto fine alle ingiustizie, portato la salute ai malati e la liberazione ai poveri e agli schiavi? Oppure attendeva solo la risurrezione ed era portatore di un messaggio di salvezza ultraterrena? Terzo. La responsabilità della morte di Gesù fu dei Romani che lo giustiziarono con la pena romana della crocifissione oppure fu prevalentemente degli ebrei? E infine, quarto. I Vangeli canonici (Marco, Luca, Matteo e Giovanni) datano all'incirca tra il 70 e il 100 dopo Cristo? Oppure a scriverli furono dei testimoni oculari? Le loro informazioni sempre sono esatte? Oppure a volte si contraddicono? Per sapere chi fu realmente Gesù è necessario utilizzare anche fonti non canoniche come la Didachè, l'Ascensione di Isaia, il Vangelo di Pietro, ecc.? Oppure devono bastare i quattro Vangeli canonici e le lettere di Paolo? E ancora. Gesù era un celibe come vuole la tradizione o invece era sposato o addirittura gay come vorrebbe tutto un filone di film e romanzi torbidi?”

Mauro Pesce (1941) docente, biblista e storico italiano

da Inchiesta su Gesù http://www.magazine.unibo.it/Magazine/Attualita/2006/12/14/gesu.htm, in magazine.unibo.it, 14 dicembre 2006

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“In occasione della nona Giornata internazionale contro l'omofobia e la transfobia, istituita per iniziativa del Parlamento Europeo nel 2007, desidero incoraggiare quanti in questi anni si sono battuti e continuano a battersi contro ogni forma di discriminazione basata sull'orientamento sessuale delle persone. […] Il principio di uguaglianza, sancito dalla nostra Costituzione e affermato nella Carta dei Diritti fondamentali dell'Unione europea, non è soltanto un asse portante del nostro ordinamento e della nostra civiltà. Esso costituisce un impegno incessante per le istituzioni e per ciascuno di noi. Rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della personalità umana è una responsabilità primaria, dalla quale discende la qualità del vivere civile e della stessa democrazia. […] Le discriminazioni, le violenze morali e fisiche, non sono solo una grave ferita ai singoli, ma offendono la libertà di tutti, insidiano la coesione sociale, limitano la crescita civile. Dobbiamo promuovere il rispetto delle differenze laddove invece la diversità scatena reazioni intolleranti. E dobbiamo parlarne con i giovani, perché purtroppo continuano a registrarsi atti di bullismo contro ragazze e ragazzi, che talvolta spingono alla disperazione. Si tratta di espressioni di disumanità insopportabili che vanno contrastate con un'azione educativa ispirata alla bellezza di una società aperta, solidale e ricca di valori. […] Contro l'inciviltà delle discriminazioni e delle violenze molta strada è stata fatta, eppure il cammino è ancora lungo. È il cammino di una libertà come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nelle sfera personale come in quella affettiva. Libertà anche come responsabilità. È compito della società nel suo insieme abbattere i pregiudizi dell'intolleranza. E costruire al loro posto una cultura che assuma l'inclusione come obiettivo sociale, che applichi il principio di eguaglianza alle minoranze, che contrasti l'omofobia e la transfobia, perché la piena affermazione di ogni persona è una ricchezza inestimabile per l'intera comunità.”

Sergio Mattarella (1941) 12º Presidente della Repubblica Italiana

2015
Origine: Citato in Mattarella: «Gay, discriminazioni e violenze offendono libertà di tutti» http://www.corriere.it/politica/15_maggio_17/mattarella-gay-discriminazioni-violenze-offendono-liberta-tutti-cb145de4-fc73-11e4-9e3e-6f5f0dae9d63.shtml, Corriere.it, 17 maggio 2015.

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“No, non c'erano tanti modi di guadagnarsi la libertà! Di recente aveva riflettuto, senza avere l'ingenuità di stupirsene, sullo stato di una civiltà la quale tiene lo spirito in tal conto che chi di esso si nutre, essendone ormai sazio, si risolve pian piano a mangiare a prezzi ridotti. E allora? Non aveva certo voglia di vendere automobili, valori o discorsi, come quei suoi compagni i cui capelli impomatati esprimevano distinzione; né di costruire ponti, come quegli altri i cui capelli mal tagliati esprimevano scienza. Perché lavoravano, costoro? Per crescere nell'altrui considerazione. Lui la odiava, quella considerazione a cui ambivano. La sottomissione all'ordine dell'uomo senza figli e senza dio è la più profonda delle sottomissioni alla morte; dunque, cercare le proprie armi dove non le cercano gli altri: ciò che deve anzitutto esigere da se stesso colui che sa di essere isolato, è il coraggio. Che cosa può farsene del cadavere delle idee che dominano la condotta degli uomini allorché credono la loro esistenza utile a un qualche fine salvifico, o delle parole di quelli che vogliono sottomettere la loro vita a un modello - questi altri cadaveri? Negare alla vita qualsiasi finalità era divenuta una premessa dell'azione. Che altri confondessero pure con l'abbandono al caso questa tormentosa premeditazione dell'ignoto. Strappare le proprie immagini al mondo stagnante che le possiede… «Quel che essi chiamano l'avventura» pensava «non è una fuga, è una caccia: l'ordine del mondo non si distrugge a beneficio del caso, ma della volontà di approfittarne». […] Essere ucciso, scomparire, poco gli importava: non teneva a se stesso, e avrebbe trovato così la sua lotta, se non la sua vittoria. Ma accettare così da vivo la vanità dell'esistenza, come un cancro, vivere con quel tepore di morte nella mano… (Da dove saliva, se non da essa, quell'esigenza di cose eterne, così fortemente impregnata del suo odore di carne?). Che cos'era quel bisogno di ignoto, quella distruzione provvisoria dei rapporti fra prigioniero e padrone - che chi non la conosce chiama avventura - se non la sua difesa contro di essa? Difesa di cieco, che voleva conquistarla per farne una posta del gioco… Possedere più che se stesso, sfuggire alla vita fatta di polvere degli uomini che vedeva ogni giorno…”

André Malraux (1901–1976) scrittore e politico francese

La Via dei Re, Adelphi, 1992, pag. 41-42
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“L'Americanismo è la peste che avanza volgarizzando, rimbecillendo, imbestialendo il mondo, avvilendo e distruggendo alte, luminose, gloriose civiltà millenarie.”

Ardengo Soffici (1879–1964) scrittore italiano

Origine: Da Il Selvaggio; citato in Luigi Cavallo, Soffici e Malaparte. Vento d'Europa a Strapaese, Prato, Comune di Poggio a Caiano, Assessorato alla Cultura, 1999, p. 73 http://books.google.it/books?hl=it&id=ITddAAAAMAAJ&focus=searchwithinvolume&q=L%27Americanismo. ISBN 9788886855082

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“I più pericolosi animali da preda della civiltà: le grandi bobine di carta da giornale.”

Joseph Roth (1894–1939) scrittore e giornalista austriaco

Origine: Da Tarabas; citato in Agenda letteraria 1995, a cura di Gianni Rizzoni, Edizioni CDE, Milano, 1994, p. 54.

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“Il Mediterraneo è stato a lungo rappresentato come il mare dei tanti conflitti. Soprattutto il secolare conflitto tra il mondo cristiano e quello islamico, divenuto un archetipo dei rapporti tra le due religioni e le civiltà ad esse legate. Ancora oggi il Mediterraneo è contrassegnato da una serie di preoccupanti conflitti, come quello tra israeliani e palestinesi. Ma anche la "primavera araba" ha lasciato un'eredità di pesanti tensioni in Egitto e in Libia. Drammatica è la situazione della Siria, ostaggio di una guerra civile con tante interferenze internazionali, dove si scontrano il mondo sunnita e sciita. Anche nel XXI secolo il mare Mediterraneo si presenta come uno spazio dove ci sono tanti conflitti, quasi confermando la storia di secoli, se non di millenni. Il Mediterraneo è un mondo frammentato in tante storie diverse, ma intrecciate l'una con l'altra. In questo mondo di diversità c'è però anche un'unità profonda. Esiste un Mediterraneo che, in qualche modo, lega le sorti dei differenti paesi e delle diverse comunità. Si ripropone il grande tema del vivere insieme nel mondo contemporaneo. La civiltà del convivere, nell'uguaglianza e nel rispetto della libertà, è la grande prospettiva che si apre per il XXI secolo. Vivere insieme riguarda anche i rapporti tra le religioni, le nazioni e le culture di quel sistema complesso rappresentato dal Mediterraneo. Per chi ne percorre le storie si aprono scenari in cui le convivenze di ieri si incrinano, ma anche dove si intrecciano nuovi rapporti.”

Andrea Riccardi (1950) storico, accademico e pacifista italiano

da Mediterraneo. Cristianesimo e Islam tra coabitazione e conflitto, Guerini e Associati, 2014
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“Certamente noi guardiamo con preoccupazione ad un Nord che si dimentica del Sud: come cristiano e come uomo della contemporaneità non posso accettare che si lasci andare alla deriva l'Africa, cui ci unisce una stessa civiltà. Non possiamo vivere bene quando brucia la casa del nostro vicino: è immorale e inoltre il fuoco è contagioso.»”

Andrea Riccardi (1950) storico, accademico e pacifista italiano

Con data
Origine: Dall'intervista Riccardi: Genova, città aperta, Il Secolo XIX, 28 gennaio 2001; riportata in Santegidio.org http://www.santegidio.org/news/rassegna/2001/0129_secoloXIX_IT.htm.

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“[L'Olocausto non costituisce] un incidente di percorso, quanto piuttosto il punto culminante di uno sviluppo della civiltà che ha origini lontane nel tempo, che è accaduto nello spazio culturale dell'illuminismo e del progresso, cioè di una modernità che celebra un'accelerazione nell'emancipazione umana dal punto di vista mondiale e storico.”

Moshe Zuckermann (1949) sociologo israeliano

Origine: Da Gedenken und Kulturindustrie. Ein Essay zur neuen deutschen Normalität, 1999, p. 92; citato in Susann Witt-Stahl, Auschwizt non sta sul vostro piatto http://www.liberazioni.org/articoli/Witt-StahlS-01.htm, traduzione di Marco Maurizi, Liberazioni.org.

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“A lui non frega nulla di Eluana. A lui interessa affermare il principio che una sentenza definitiva può essere ribaltata per decreto, o per legge ordinaria, o per legge costituzionale. A lui non frega nulla della vita e della morte. A lui interessa compiacere il Vaticano con un decreto impopolare ma a costo zero, fatto già sapendo che il Quirinale non lo firmerà, dunque senza pagare alcun prezzo di impopolarità. A lui non frega nulla delle questioni etiche. A lui interessa coprire il colpo di mano contro la giustizia e la civiltà: i medici trasformati in questurini e delatori contro i malati clandestini; le ronde illegali legalizzate; le intercettazioni legali proibite; gli avvocati promossi a padroni del processo, che faranno durare decenni convocando migliaia di testimoni inutili per procacciare ai clienti ricchi l'agognata prescrizione; i pm degradati ad «avvocati dell'accusa», come negli stati di polizia, dove appunto la polizia, braccio armato del governo, fa il bello e il cattivo tempo senza controlli della magistratura indipendente; dulcis in fundo, abolito l'appello del pm contro l'assoluzione o la prescrizione in primo grado, ma non quello del condannato (non hai vinto? Ritenta, sarai più fortunato), sempre all'insegna della «parità fra difesa e accusa». Tutte leggi incostituzionali che, dopo il no del Quirinale al decreto contra Eluana, hanno molte possibilità in più di passare. Per giunta, inosservati. Parlare di colpo di Stato è puro eufemismo. E poi, che sarà mai un colpo di Stato? Se la Costituzione non lo prevede, si cambia la Costituzione.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

Tecnica di un colpo di Stato, 11 febbraio 2009
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“I grandi classici, sono sempre degli scrittori "radicali", nel senso più proprio del termine, in quanto, appunto, "vanno alla radice delle cose", esplorano, sommuovono le profondità dell'essere, come un aratro che rovescia le zolle e ne mostra il lato a lungo nascosto. Rappresentare l'essere significa necessariamente tornare verso le origini, rimontare all'indietro o scendere in profondità al di là della civilizzazione. In ogni grande classico l'elemento barbarico, primitivo, è almeno altrettanto forte di quello che esprime la civiltà e la cultura. Dioniso sta dietro ad Apollo, ed è da lui che viene la forza primigenia del grande autore: prima di prender forma, prima di assumere l'involucro armonico che più facilmente scorgiamo, c'è uno sconvolgimento tellurico che cambia la forma del territorio e inonda di lava gli ordinati assetti dei letterati comuni, dei prosecutori, dei continuatori e degli esegeti. Chi vede solo Apollo, vede solo una metà del classico, e non sempre quella più significativa. In conclusione, niente è meno imitabile del processo attraverso il quale il grande classico arriva a costruire la sua opera. Secondo la nostra ottica, infatti, grande classico è l'artista che, per costruire un ordine, deve necessariamente spazzarne via molti altri. Di conseguenza, ciò che lui fa è talmente specifico e peculiare da non poter essere mai veramente ripetuto.”

Alberto Asor Rosa (1933) critico letterario italiano

Origine: Dal saggio introduttivo presente in Letteratura italiana. [Le opere], a cura di Alberto Asor Rosa, Einaudi, Torino, 1992, vol. I (Dalle origini al Cinquecento); citato in Alberto Asor Rosa, È un "classico", come mi inquieta http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/1992/11/20/un-classico-come-mi.html, la Repubblica, 20 novembre 1992.

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“In questo periodo sto scrivendo alcune storie interessanti e chissà che non possa tornare a girare un film da queste parti. Adoro la Sicilia. Non vi rendete conto di stare su uno scoglio di importanza strategica: cosa c’è di meglio delle invasioni per accrescere la civiltà?”

Lina Wertmüller (1928) regista italiana

Origine: Citato in Lina Wertmüller «Vorrei girare un film in Sicilia» http://www.iltempo.it/cultura-spettacoli/cinema/2015/05/24/l-annuncio-1.1418050, Il Tempo.it, 24 maggio 2015..

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“O vince la legalità e il sommerso soccombe, o vince il sommerso a scapito della legalità, della sopravvivenza delle aziende oneste, delle conquiste di civiltà e dignità dei lavoratori, degli stessi interessi dei consumatori. Noi non ci daremo pace fino a che non avrà prevalso la prima.”

Pasquale Natuzzi (1940) imprenditore italiano

Origine: Dalla Lettera aperta al Sen. Giorgio Napolitano, Presidente della Repubblica Italiana, Il Sole 24 Ore, La Gazzetta del Mezzogiorno, 4 dicembre 2013.

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“Nella civiltà tecnica noi consumiamo il tempo per guadagnare lo spazio.”

Abraham Joshua Heschel (1907–1972) rabbino e filosofo polacco

Il Sabato: Il suo significato per l'uomo moderno

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“Cos'altro posso fare per incoraggiarvi a far fronte alla vita? Ragazze, dovrei dirvi – e per favore ascoltatemi, perché comincia la perorazione – che a mio parere siete vergognosamente ignoranti. Non avete mai fatto scoperte di alcuna importanza. Non avete mai fatto tremare un impero, né condotto in battaglia un esercito. Non avete scritto i drammi di Shakespeare, e non avete mai impartito i benefici della civiltà ad una razza barbara. Come vi giustificate? È facile dire, indicando le strade, le piazze, le foreste del globo gremite di abitanti neri e bianchi e color caffè, tutti freneticamente indaffarati nell'industria, nel commercio, nell'amore: abbiamo avuto altro da fare. Senza la nostra attività nessuno avrebbe solcato questi mari, e queste terre fertili sarebbero state deserto. Abbiamo partorito e allevato e lavato e istruito, forse fino all'età di sei o sette anni, i milleseicentoventitré milioni di esseri umani che secondo le statistiche sono attualmente al mondo; e questa fatica, anche ammettendo che qualcuno ci abbia aiutate, richiede tempo. C'è del vero in quel che dite – non lo nego. Ma nello stesso tempo devo ricordarvi che fin dal 1866 esistevano in Inghilterra almeno due colleges femminili; che, a partire dal 1880, una donna sposata poteva, per legge, possedere i propri beni; e nel 1919 – cioè più di nove anni fa – le è stato concesso il voto? Devo anche ricordarvi che da ben dieci anni vi è stato aperto l'accesso a quasi tutte le professioni? Se riflettete su questi immensi privilegi e sul lungo tempo in cui sono stati goduti, e sul fatto che in questo momento devono esserci quasi duemila donne in grado di guadagnare più di cinquecento sterline l'anno, in un modo o nell'altro, ammetterete che la scusa di mancanza di opportunità, di preparazione, di incoraggiamento, di agio e di denaro non regge più. Inoltre gli economisti ci dicono che la signora Seton ha avuto troppi figli. Naturalmente dovete continuare a far figli, ma, così dicono, solo due o tre a testa, non dieci o dodici.”

2011, p. 151
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“«Gomorra. La serie» è una corsa spettrale, livida, notturna, che spaventa e seduce, come fosse il racconto di una civiltà esausta, senza redenzione.”

Aldo Grasso (1948) giornalista, critico televisivo e docente italiano

Origine: Da «Gomorra», la serie è meglio del film http://www.corriere.it/spettacoli/14_maggio_07/gomorra-serie-meglio-film-05d017a2-d5ab-11e3-8f76-ff90528c627d.shtml, Corriere.it, 7 maggio 2014.

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“Il matrimonio non è altro che una schiavitù travestita da civiltà.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco

Origine: Citato anche in Michael Grüning, Ein Haus für Albert Einstein, Verlag der Nation, Berlino, 1990, p. 159.
Origine: Pensieri di un uomo curioso, p. 157

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“Il valore straordinario di Palermo sta nell'incrocio di strade e tradizioni, nell'incrocio di civiltà. Palermo è la città della complessità anche nel racconto esterno.”

Matteo Renzi (1975) politico italiano

Origine: Citato in Anno accademico, Renzi:”C’è un Matteo che mi toglie il sonno” http://www.siciliainformazioni.com/redazione/444507/444507, Siciliainformazioni. com, 22 ottobre 2016.

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“[Sul Matrimonio tra persone dello stesso sesso] Io sono per il matrimonio e non per gli pseudonimi, con espressioni perifrastiche o con il ricorso a chissà quale modello straniero. Credo che sia un fatto di civiltà oppure di viltà. La laicità non è di parte, è costituzionale.”

Giuseppe Civati (1975) politico italiano

Origine: Dall'intervista di Daniele Nardini Legge omofobia, Civati: "Pronto a non votarla senza aggravante" http://www.gay.it/channel/attualita/35998/Legge-omofobia-Civati-Pronto-a-non-votarla-senza-aggravante.html, Gay.it, 29 agosto 2013.

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“[…] Qui c'è anzitutto molta Asia nell'atmosfera… non per nulla si devono brulicare i tipi della Mongolia moscovita! Questa gente" e Settembrini accennò col mento dietro a sé, "non si regoli spiritualmente su di loro, non si lasci contagiare dai loro concetti, ponga invece la sua natura, la sua superiore natura contro la loro, e consideri sacro tutto quanto a lei, figlio dell'Occidente, del divino Occidente, figlio della civiltà, è sacro per natura e tradizione, per esempio il tempo! Codesta liberalità, codesta barbara larghezza del consumo del tempo è stile asiatico… e forse per questo I figli dell'Oriente si trovano così bene quassù. Non ha mai notato che quando russo dice: "quattro ore" non dice più di quando uno di noi dice "una"? Non è difficile immaginare che la noncuranza di costoro in riferimento al tempo dipenda dalla selvaggia vastità del loro paese. Dove c'è molto spazio c'è molto tempo… infatti si dice che sono il popolo che ha tempo può aspettare. Noi no, noi europei non possiamo. Abbiamo poco tempo, come il nostro nobile continente, articolato con tanto garbo, ha poco spazio, noi dobbiamo ricorrere alla precisa amministrazione dell'uno e dell'altro, allo sfruttamento, caro ingegnere! Prenda per simbolo le nostre grandi città, centri e fuochi della civiltà, crogioli del pensiero! Come il terreno vi rincara, È lo spreco di spazio diventa impossibile, nella stessa misura, noti, anche il tempo diviene sempre più prezioso. Carpe diem! Lo disse uno che viveva in una metropoli. Il tempo è un dono di Dio, dato all'uomo affinché usi… ne usi, ingegnere, al servizio dell'umano progresso!”

1992, p. 402-403
La montagna incantata

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“Nessun limite a Parigi. Nessuna città ha avuto questa dominazione che dileggiava talvolta coloro ch'essa soggioga: Piacervi o ateniesi! esclamava Alessandro. Parigi fa più che la legge, fa la moda; e più che la moda, l'abitudine. Se le piace, può esser stupida, e talvolta si concede questo lusso, allora l'universo è stupido con lei. Poi Parigi si sveglia, si frega gli occhi e dice: «Come sono sciocca!» e sbotta a ridere in faccia al genere umano. Quale meraviglia, una simile città! Quanto è strano che questo grandioso e questo burlesco si faccian buona compagnia, che tutta questa maestà non sia turbata da tutta questa parodia e che la stessa bocca possa oggi soffiare nella tromba del giudizio finale e domani nello zufolo campestre! Parigi ha una giocondità suprema: la sua allegrezza folgora e la sua farsa regge uno scettro. Il suo uragano esce talvolta da una smorfia; le sue esplosioni, le sue giornate, i suoi capolavori, i suoi prodigi e le sue epopee giungono fino in capo al mondo, e i suoi spropositi anche. La sua risata è una bocca di vulcano che inzacchera tutta la terra, i suoi lazzi sono faville; essa impone ai popoli le sue caricature, così come il suo ideale, ed i più alti monumenti della civiltà umana ne accettano le ironie e prestano la loro eternità alle sue monellerie. È superba: ha un 14 luglio prodigioso, che libera l'universo; fa fare il giuramento della palla corda a tutte le nazioni; la sua notte del 4 agosto dissolve in tre ore mille anni di feudalismo; fa della sua logica il muscolo della volontà unanime; si moltiplica sotto tutte le forme del sublime; riempie del suo bagliore Washington, Kosciusko, Bolivar, Botzaris, Riego, Bem, Manin, Lopez, John Brown, Garibaldi; è dappertutto dove s'accende l'avvenire, a Boston nel 1779, all'isola di Leon nel 1820, a Budapest nel 1848, a Palermo nel 1860; sussurra la possente parola d'ordine: Libertà, all'orecchio degli abolizionisti americani radunati al traghetto di Harper's Ferry ed all'orecchio dei patrioti d'Ancona, riuniti nell'ombra degli Archi, davanti all'albergo Gozzi, in riva al mare; crea Canaris, Quiroga, Pisacane; irraggia la grandezza sulla terra; e Byron muore a Missolungi e Mazet muore a Barcellona, andando là dove il suo alito li spinge; è tribuna sotto i piedi di Mirabeau, cratere sotto i piedi di Robespierre; i suoi libri, il suo teatro, la sua arte, la sua scienza, la sua letteratura, la sua filosofia sono i manuali del genere umano; vi sono Pascal, Régnier, Corneille, Descartes, Gian Giacomo; Voltaire per tutti i minuti, Molière per tutti i secoli; fa parlar la sua lingua alla bocca universale e questa lingua diventa il Verbo; costruisce in tutte le menti l'idea del progresso; i dogmi liberatori da lei formulati sono per le generazioni altrettanti cavalli di battaglia, e appunto coll'anima dei suoi pensatori e dei suoi poeti si sono fatti dal 1789 in poi gli eroi di tutti i popoli. Il che non le impedisce d'esser birichina; e quel genio enorme che si chiama Parigi, mentre trasfigura il mondo colla sua luce, disegna col carboncino il naso di Bourginier sul muro del tempio di Teseo e scrive Crédeville, ladro, sulle piramidi.

Parigi mostra sempre i denti; quando non brontola, ride.

Siffatta è questa Parigi. I fumacchi dei suoi tetti sono le idee dell'universo. Mucchio di fango e di pietre, se si vuole; ma, soprattutto, essere morale: è più che grande, è immensa. Perché? Perché osa.

Osare: il più progresso si ottiene a questo prezzo. Tutte le conquiste sublimi sono, più o meno, premî al coraggio, perché la rivoluzione sia, non basta che Montesquieu la presagisca, che Diderot la predichi, che Beaumarchais l'annunci, che Condorcet la calcoli, che Arouet la prepari e che Rousseau la premediti: bisogna che Danton l'osi.”

Victor Hugo (1802–1885) scrittore francese
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