Frasi su delicatezza

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema delicatezza, arte, essere, vita.

Frasi su delicatezza

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“Solo chi ha necessità di un tocco delicato, sa toccare con delicatezza.”

Hermann Hesse (1877–1962) scrittore, poeta e aforista tedesco

da Notti insonni

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“La rivoluzione non è un pranzo di gala; non è un'opera letteraria, un disegno, un ricamo; non la si può fare con altrettanta eleganza, tranquillità e delicatezza, o con altrettanta dolcezza, gentilezza, cortesia, riguardo e magnanimità. La rivoluzione è un'insurrezione, un atto di violenza con il quale una classe ne rovescia un'altra.”

Mao Tsé-Tung (1893–1976) Presidente del Partito Comunista Cinese

Origine: Da Citazioni dalle opere del Presidente Mao-Tse-Tung (meglio nota come Libretto rosso), pp. 12-13; citato in Saverio Di Bella, Caino Barocco. Messina e la Spagna 1672-1678, p. 56 http://books.google.it/books?id=SRsC5i0eb8QC&pg=PA56#.

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“Vinci l'ira con la delicatezza, la cattiveria con la bontà, l'avarizia con la generosità, la menzogna con la verità.”

Gautama Buddha (-563–-483 a.C.) monaco buddhista, filosofo, mistico e asceta indiano, fondatore del Buddhismo

223
Dhammapada
Origine: Citato in dhammapada http://www.saibaba.it/dhammapada/223.html, saibaba.it.

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“[…] la natura, l'amicizia, la bellezza egli [Giovanni Cotta] canta passionato e semplice e vero […] è bello vedere in un cuor tenero sensi forti: dolce rammentare che vera delicatezza non è mai senza forza.”

Niccolò Tommaseo (1802–1874) scrittore italiano

Origine: Da Dizionario estetico, Il Gondoliere, Venezia, 1840, p. 134. La frase è stata rimossa nelle edizioni successive. Citato in Gabriele Banterle, introduzione a Giovanni Cotta, I carmi, a cura di Gabriele Banterle, Edizioni di "Vita veronese", Verona, 1954, p. 11.

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“Quanto agli eccessi, se n'era sempre astenuto, un po' per pusillanimità, un po' per delicatezza.”

Gustave Flaubert (1821–1880) scrittore francese

La signora Bovary

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“Ciò che affascina in "Entrapment" è la delicatezza con cui si descrive la senilità di un eroe, capace di accettare con la femmina un continuo scambio di ruoli restando fedele ai propri codici di comportamento: "L'esperienza prima della confidenza."”

Tullio Kezich (1928–2009) critico cinematografico, commediografo e sceneggiatore italiano

Origine: Da "Entrapment" fa di Bond un vecchio eroe alla Svevo https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1999/maggio/15/Entrapment_Bond_vecchio_eroe_alla_co_0_9905157017.shtml, Corriere della Sera, 15 maggio 1999, p. 37.

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“Iura novit curia? L'interrogativo, più che lecito, è doveroso di fronte al principio di diritto affermato dalla I Sezione penale della Corte di cassazione nella presente sentenza (così definita dalla stessa Corte, anche se parrebbe trattarsi di una ordinanza), a proposito dei criteri di computo dei termini di durata della custodia cautelare fissati per le diverse fasi del giudizio, con particolare riguardo all'incidenza su tale computo dei giorni in cui si sono tenute le udienze. […] Perché mai la Corte di cassazione sia incorsa in un simile sbandamento interpretativo, tanto più in una vicenda processuale di estrema delicatezza, che di per sé avrebbe richiesto il massimo di ponderazione da parte dei giudici della I Sezione penale (i quali, invece, non sembrano essersi impegnati come avrebbero dovuto, almeno a giudicare dalla frettolosità e dalla modestia della motivazione addotta a sostegno della loro pronuncia), è un quesito cui non saprebbe darsi una risposta soddisfacente. Probabilmente la Corte è stata sviata, oltreché dall'andamento della discussione di fronte alla Corte d'assise d'appello, e dall'erronea impostazione già emergente dalle ordinanze impugnate), anche dalla sorprendente assenza di iniziativa mostrata dal rappresentante della procura generale, che nel chiedere l'annullamento delle medesime ordinanze non si è neppure prospettato — a quanto pare — il problema della necessaria neutralizzazione ope legis dei giorni di udienza ai sensi dell'art. 297, 4° comma c. p. p. Senonché tutto ciò non basta a giustificare il contenuto approssimativo e superficiale della decisione annotata, almeno per chi creda ancora nella Corte di cassazione quale «organo supremo della giustizia», cui compete di assicurare «l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge». Il bilancio è mortificante, come sempre quando capita — e non è la prima volta, sebbene si tratti fortunatamente di episodi isolati — di registrare errori di diritto tanto vistosi da parte della Corte di cassazione. Ed allora, se è permesso riprendere l'interrogativo con cui si sono aperte queste brevi osservazioni «a caldo», occorre davvero domandarsi fino a che punto sia consentito ai giudici della Corte regolatrice di ignorare il diritto di cui dovrebbero essere i massimi tutori: o forse si deve ritenere che, almeno per certi giudici, debba ormai valere l'inedito brocardo per cui ignorantia legis excusat?”

Vittorio Grevi (1942–2010) giurista e editorialista italiano

da Una erronea interpretazione in tema di congelamento dei giorni di udienza ai fini dei termini di custodia cautelare nella fase del giudizio, In Giurisprudenza italiana, 1991, Disp. 5a, Parte II

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“La delicatezza, il pudore, la sensibilità in persona.”

Giuseppe Prezzolini (1882–1982) giornalista, scrittore e editore italiano

Storia tascabile della letteratura italiana

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“Eppure a volte per capire era sufficiente saper ascoltare. Si ricordò di quella volta che era riuscito a descrivere le conseguenze che il terremoto dell'Irpinia dell'80 aveva avuto sull'equilibrio di quella comunità grazie a una semplice intervista. Era bastato l'incontro con un uomo che si aggirava su una collina di macerie a Sant'Angelo dei Lombardi e raccoglieva piccole cose intorno a sé, oggetti all'apparenza privi di importanza: un fermaglio, un posacenere, una penna. Cercava con pazienza tra le pietre e le macerie e, appena qualcosa attirava la sua attenzione, si chinava a prenderla con delicatezza, come si fa con le more nei cespugli, e la riponeva in una scatola di scarpe vuota. Marco si avvicinò e gli chiese dov'era la sua casa e in che condizioni fosse.
– "È tutta qui. Ci stiamo camminando sopra." rispose l'uomo, senza scomporsi.
– "E la sua famiglia?"
– "Stiamo camminando sopra anche a quella. Mia moglie è proprio qui sotto" disse indicando la punta delle scarpe. "Qui siamo sopra la cucina. L'avevo lasciata lì ed ero andato a prendere la legna per il cammino quando è arrivata la scossa. I miei due bambini sono più in là. In quel punto, vede? Quando sono uscito stavano giocando nella loro cameretta. Devono essere ancora lì. E ora, se vuole scusarmi…"”

Franco Di Mare (1955) giornalista e conduttore televisivo italiano

e andò via, lungo quel cimitero di macerie, cercando frammenti della sua vita perduta."
Origine: Da Non chiedere perché, Rizzoli, 2011, pp. 103-104.

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“Baldina, – esclamò Livio precipitandosi su di lei, soffocando coi baci un suo piccolo grido di paura e di piacere.
L'afferrò alla vita, la sollevò di peso come una bimba e premendola incontro al suo petto, nell'atteggiamento cupido geloso e contesa, uscì dalla sala da pranzo, attraversò quasi correndo il salone Luigi decimosesto, quindi uno studio appena illuminato dove inciampò in alcune poltrone di cuoio, quindi un gabinetto da bagno dalle pareti coperte di specchi nei quali egli si vide passare rapidamente curvo sul suo tesoro, con le labbra pallide e un volto contratto da ladro inseguito, e penetrò finalmente nella camera nunziale.
Allora sul letto coperto d'una gran pelle di ermellino egli depose con delicatezza la sua preziosa conquista e la chiamò dolcemente per nome due, tre, molte volte, tentando di sorriderle ancora.
Ella non sorrise più e non rispose. Guardò coi suoi grandi occhi dilatati cerchiati d'azzurro a una a una le luci che si spegnevano, guardò le pupille di Livio che s'intorbidivano.
Udì ch'egli le parlava sulla bocca con una voce mutata, con parole sconnesse, con le sue membra calde e veementi di maschio avvinghiate alla sua tenera carne di bambina. Udì il battito confuso dei loro due cuori premuti l'uno sull'altro, confusi nel loro irrompente palpitare, e s'abbandonò spasimando a quell'avidità meravigliosa e brutale che la torturava come un divino martirio.”

Amalia Guglielminetti (1881–1941) scrittrice e poetessa italiana

Origine: Gli occhi cerchiati d'azzurro, pp. 151-152

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“Un mercante, una volta, mandò il figlio ad apprendere il segreto della felicità dal più saggio di tutti gli uomini. Il ragazzo vagò per quaranta giorni nel deserto, finché giunse a un meraviglioso castello in cima a una montagna. Là viveva il Saggio che il ragazzo cercava. Invece di trovare un sant'uomo, però, il nostro eroe entrò in una sala dove regnava un'attività frenetica: mercanti che entravano e uscivano, ovunque gruppetti che parlavano, una orchestrina che suonava dolci melodie. E c'era una tavola imbandita con i più deliziosi piatti di quella regione del mondo. Il Saggio parlava con tutti, e il ragazzo dovette attendere due ore prima che arrivasse il suo turno per essere ricevuto. Il Saggio ascoltò attentamente il motivo della visita, ma disse al ragazzo che in quel momento non aveva tempo per spiegargli il segreto della felicità. Gli suggerì di fare un giro per il palazzo e di tornare dopo due ore. 'Nel frattempo, voglio chiederti un favore,' concluse il Saggio, consegnandogli un cucchiaino da tè su cui versò due gocce d'olio. 'Mentre cammini, porta questo cucchiaino senza versare l'olio.' Il ragazzo cominciò a salire e scendere le scalinate del palazzo, sempre tenendo gli occhi fissi sul cucchiaino. In capo a due ore, ritornò al cospetto del Saggio. 'Allora,' gli domandò questi, 'hai visto gli arazzi della Persia che si trovano nella mia sala da pranzo? Hai visto i giardini che il Maestro dei Giardinieri ha impiegato dieci anni a creare? Hai notato le belle pergamene della mia biblioteca?' Il ragazzo, vergognandosi, confessò di non avere visto niente. La sua unica preoccupazione era stata quella di non versare le gocce d'olio che il Saggio gli aveva affidato. 'Ebbene, allora torna indietro e guarda le meraviglie del mio mondo,' disse il Saggio. 'Non puoi fidarti di un uomo se non conosci la sua casa.' Tranquillizzato, il ragazzo prese il cucchiaino e di nuovo si mise a passeggiare per il palazzo, questa volta osservando tutte le opere d'arte appese al soffitto e alle pareti. Notò i giardini, le montagne circostanti, la delicatezza dei fiori, la raffinatezza con cui ogni opera d'arte era disposta al proprio posto. Di ritorno al cospetto del Saggio, riferì particolareggiatamente su tutto quello che aveva visto. 'Ma dove sono le due gocce d'olio che ti ho affidato?' domandò il Saggio. Guardando il cucchiaino, il ragazzo si accorse di averle versate. 'Ebbene, questo è l'unico consiglio che ho da darti,' concluse il più Saggio dei saggi. 'Il segreto della felicità consiste nel guardare tutte le meraviglie del mondo senza mai dimenticare le due gocce d'olio nel cucchiaino.' Il ragazzo tacque. Aveva capito la storia del vecchio re: un pastore ama viaggiare, ma non dimentica mai le sue pecore.”

The Alchemist

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“Che cosa comporta, di preciso, essere un uomo, uno vero? Repressione delle emozioni.
Mettere a tacere la propria sensibilità. Vergognarsi della propria delicatezza, della propria vulnerabilità. Lasciare l'infanzia brutalmente, e definitivamente: gli uomini-bambini non hanno una buona reputazione. Essere angosciati per le dimensioni del proprio cazzo. Saper far godere le donne senza che queste sappiano o vogliano dare indicazioni su come fare. Non mostrare la propria debolezza. Imbavagliare la propria sensualità. Indossare abiti di colori spenti, portare sempre le stesse scarpe goffe, non giocare con i propri capelli, non portare troppi anelli, braccialetti eccetera, non truccarsi. Dover fare il primo passo, sempre. Non avere alcuna cultura sessuale per migliorare il proprio orgasmo. Non saper chiedere aiuto. Dover essere coraggiosi, anche senza averne la minima voglia. Valorizzare la forza qualunque sia il proprio carattere. Dar prova di aggressività. Avere un accesso limitato alla paternità. Riuscire socialmente, per pagarsi le donne migliori. Temere la propria omosessualità perché un uomo, uno vero, non deve essere penetrato. Non giocare con le bambole da piccoli, accontentarsi delle automobiline e di orribili armi di plastica. Non prendersi troppa cura del proprio corpo. Essere sottomessi alla brutalità di altri uomini, senza lamentarsi. Sapersi difendere, anche se si è dolci. Non essere in contatto con la propria femminilità, simmetricamente alle donne che rinunciano alla loro virilità, non in funzione dei bisogni di una situazione o di un carattere, ma in funzione di quello che il corpo collettivo richiede. Affinché, sempre, le donne facciano i figli per la guerra, e gli uomini accettino di andare a farsi ammazzare per salvare gli interessi di tre o quattro cretini che non vedono al di là del loro naso.”

Virginie Despentes (1969) scrittrice e regista francese
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“Domenico Trentacoste ha certamente avuto talvolta qualche inclinazione a rappresentare le umili verità e le miserie della vita, come nel Vecchio che mangia la zuppa. Così il suo verismo va dalla lanterna del Ciccaiuolo al pesante mantello del Vecchio medesimo. Così il vigore del suo realismo va dal Ciccaiuolo alla Testa di vecchio in bronzo. Ma egli è fatto per nobilitare con delicatezza la forza e per illeggiadrire la delicatezza. È lo scultore della puerizia e della donna.”

Enrico Corradini (1865–1931) scrittore e politico italiano

L'ombra della vita
Variante: Domenico Trentacoste ha certamente avuto talvolta qualche inclinazione a rappresentare le umili verità e le miserie della vita, come nel Vecchio che mangia la zuppa. Così il suo verismo va dalla lanterna del Ciccaiuolo al pesante mantello del Vecchio medesimo. Così il vigore del suo realismo va dal Ciccaiuolo alla Testa di vecchio in bronzo. Ma egli è fatto per nobilitare con delicatezza la forza e per illeggiadrire la delicatezza. È lo scultore della puerizia e della donna. (Arte, p. 247)

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“In Stefano di Giovanni, detto il Sassetta già cominciano ad apparire i primi segni della nuova maniera che successe alla Giottesca. Non ha il colorito acceso dei pittori del secolo innanzi, ma li vince nella delicatezza e diligenza, nelle ombre più trasparenti e sfumate e nel panneggiare largo e sciolto.”

Gaetano Milanesi (1813–1895) storico dell'arte italiano

Origine: La scuola giottesca fu un movimento pittorico del XIV secolo formato da artisti legati dall'insegnamento e dall'imitazione dei modelli di Giotto.
Origine: Sulla storia dell'arte toscana scritti varj, p. 50

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“In Stefano di Giovanni, detto il Sassetta già cominciano ad apparire i primi segni della nuova maniera che successe alla Giottesca. Non ha il colorito acceso dei pittori del secolo innanzi, ma li vince nella delicatezza e diligenza, nelle ombre più trasparenti e sfumate e nel panneggiare largo e sciolto.”

Sassetta (1392–1450) pittore italiano

Gaetano Milanesi
Origine: La scuola giottesca fu un movimento pittorico del XIV secolo formato da artisti accomunati dall'insegnamento e dall'imitazione dei modelli di Giotto.