Frasi su sentimento
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“Una volta stavamo tornando da Mosca, e lungo la via ci dettero un passaggio dei carrettieri, che venivano da Serpuchòv ed erano diretti a un bosco, da un mercante, per caricare del legname. Era il giovedì santo. Io m'ero seduto sulla telega davanti, accanto al carrettiere, un mužìk forte, rosso, grossolano, che ad ogni evidenza era anche un gran bevitore. Passando per un villaggio, vedemmo che dall'ultima casa stavano trascinando fuori un maiale, ben ingrassato, nudo, roseo, per ucciderlo. Urlava con una voce disperata, simile a un grido umano. E proprio mentre stavamo passando noi, si misero a sgozzarlo. Uno degli uomini gli fece un lungo taglio sulla gola, con un coltello. Il maiale mandò un urlo ancora più forte e penetrante, si divincolò e corse via, inondandosi di sangue. Io sono miope e non vidi tutto nei dettagli, vidi soltanto il corpo del maiale, un corpo roseo come un corpo umano, e udii quello strillo disperato; ma il carrettiere vide tutti i dettagli, e continuava a guardare senza mai distogliere gli occhi. Acchiapparono il maiale, lo rovesciarono a terra e si misero a finirlo. Quando il suo strillo tacque, il carrettiere fece un sospiro profondo: «Possibile che un giorno non dovranno rispondere di questo?» borbottò.
A tal punto è forte negli uomini la ripugnanza per ogni uccisione, ma con l'esempio, con lo stimolo dell'umana avidità, con il ripetere che Dio ha permesso queste cose, e soprattutto con l'abitudine, si spinge la gente fino al punto di perdere del tutto questo loro naturale sentimento.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo
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“Non siamo struzzi, e non possiamo credere che se non guarderemo, ciò che non vogliamo vedere non esisterà più. E tanto meno lo possiamo, quando ciò che non vogliamo vedere è quel che vogliamo mangiare. E soprattutto, se almeno fosse necessario tutto ciò! O magari non necessario, ma se non altro almeno utile a qualcosa. E invece? Niente, non è di nessuna utilità. (Coloro che ne dubitano leggano quei numerosi libri che sono stati scritti a questo proposito da scienziati e da medici, e nei quali viene appunto dimostrato che la carne non è affatto necessaria all'alimentazione umana. E non ascoltino invece quei medici veterotestamentari che difendono a spada tratta la necessità di far uso di carne solamente perché la carne è stata ritenuta necessaria per lungo tempo dai loro predecessori e poi anche da loro stessi; costoro la difendono caparbiamente, con malevolenza, così come si difende sempre quel che è vecchio e va ormai cadendo in disuso.) Serve soltanto a educare la gente ai sentimenti bestiali, a sviluppare la bramosia, la lussuria, l'ubriachezza. Il che trova perennemente conferma nel fatto che uomini giovani, buoni, non guastati ancora, e in particolar modo le donne e le fanciulle, sentono, pur senza saperlo, che così come da una cosa ne deriva un'altra, allo stesso modo la virtù non è compatibile con la bistecca, e non appena desiderano esser buoni, abbandonano appunto i cibi a base di carne.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo
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“I sentimenti stessi si pongono il loro scopo.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo

1847, p. 31

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“Non sono mai stato innamorato di donne. […] Di uomini mi sono innamorato molto spesso […]. Per me, il segno principale dell'amore è la paura di offendere o di non piacere all'oggetto amato, semplicemente la paura. Io mi sono innamorato di uomini prima di aver conoscenza della possibilità della pederastia; ma anche conoscendola, non mi è mai venuto in mente il pensiero della possibilità di una relazione. L'esempio più strano di una simpatia in qualche modo insolita è Gotier. Con lui non c'è stato assolutamente alcun rapporto, oltre che per l'acquisto di libri. Sentivo una vampa di calore quando lui entrava nella stanza. L'amore per Islavin mi ha guastato tutti gli otto mesi di vita a Pietroburgo. Sebbene inconsciamente, io di null'altro mi preoccupavo che di piacergli. Tutti gli uomini che ho amato lo hanno sentito, e ho notato che facevano uno sforzo per non guardarmi. […] La bellezza ha sempre avuto molta influenza nella scelta; si veda l'esempio di Djakov; non dimenticherò mai le notti quando io e lui uscivamo da Pirogovo e avevo voglia di abbracciarlo e di piangere. In tale sentimento c'era sensualità, ma è impossibile dire in che misura; perché, come ho già detto, l'immaginazione non mi ha mai disegnato quadri lubrici, e ne ho al contrario un terribile disgusto.
Noto in me una tendenza distruttiva, che si esprime nell'atto di rovinare tutto quel che mi capita sotto mano […].”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo

29 novembre 1851, pp. 52-54

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“Di nuovo una notte insonne e tormentosa: io provo questo sentimento, io, che ridevo delle sofferenze degl'innamorati. Quello di cui ti ridi è poi quello che servi.”

Lev Nikolajevič Tolstoj (1828–1910) scrittore, drammaturgo, filosofo, pedagogista, esegeta ed attivista sociale russo

10 settembre 1862, p. 208

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“Soffogar la ragione nel sentimento è affogar la causa nell'effetto.”

Giovanni Battista Niccolini (1782–1861) drammaturgo italiano

I, p. 389

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“Esiste, forse, un sentimento più illusorio dell'amore?”

Émilie du Châtelet (1706–1749) matematica, fisica e scrittrice francese

Discorso sulla felicità

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“La natura naturante, dunque, è il sottostrato di tutto: ogni cosa parte da lei, ogni cosa in lei torna, ad essa dobbiamo il mondo in cui viviamo; le idee, le volizioni, i sentimenti sono possibili soltanto in virtù di cotesta prakrti che tutto crea, determina e condiziona.”

Giuseppe Tucci (1894–1984) orientalista, esploratore e storico delle religioni italiano

Origine: Prakrti. Si sta parlando della visione del Sāṃkhya.
Origine: Storia della filosofia indiana, p. 76

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“Lo stile consiste nelle idee e sentimenti accessori che si aggiungono ai principali in ogni discorso.”

Cesare Beccaria (1738–1794) giurista, filosofo e economista italiano

da Ricerca intorno alla natura dello Stile; citato in Giuseppe Maffei, Storia della Letteratura, Vol. III, p. 39

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“Il sentimento della modestia si accompagna al sentimento della religione.”

Papa Pio XII (1876–1958) 260° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

citato in Fulton J. Sheen, Tre per sposarsi, Edizioni Richter, Napoli 1964

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“La gratitudine è un sentimento che invecchia presto.”

Aristotele (-384–-321 a.C.) filosofo e scienziato greco antico

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“Bisogna imparare a riconoscere e a rispettare negli altri animali i sentimenti che vibrano in noi stessi.”

John Oswald filosofo, attivista e poeta scozzese

Il grido della natura
Origine: Citato in Marina Baruffaldi, Manuale del giovane animalista, Mondadori, Milano, 1997, p. 21. ISBN 88-04-43323-X

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“Canaletto fu genio caldo e sereno, simile al Tiepolo, al quale assomiglia nel colore e nella luminosità solare, con i quali concepisce le cose. Non vi è tormento nella sua opera, ma realizzazione sicura, precisa, quasi matematica, penetrata tuttavia da una sensibilità limpida e purificatrice, che ce la rende sorprendentemente umana. E proprio in questa antitesi, in questa funzione di opposti, sta l'originalità della sua pittura; che si eleva anche sopra quella di molti pur bravi olandesi, proprio per il superamento del dato oggettivo e per il maggior sentimento e la più intensa spiritualità che egli immette nella raffigurazione di una "veduta", d'un "paesaggio", e finanche d'una "prospettiva". Storicamente il suo, se si eccettua quello del nipote Bernardo, è quasi un caso unico. Canaletto non è certo un tipico rappresentante del "rococò", né assomiglia ai Guardi, né preannuncia con la sua pittura l'imminente aria romantica. Se questo… successe talvolta (per esempio in alcuni liberissimi "capricci"), sembra quasi gli venga da suggestioni esterne e non dal profondo dell'animo. Egli, per quella sua particolare veste di precisione quasi matematica con cui si presentava ai suoi contemporanei, sarà stato ben accetto tanto ai seguaci dell'Illuminismo quanto ai fautori delle nuove estetiche neoclassiche. Per noi, oggi, Canaletto rimane il più grande pittore di "vedute vere". Nessuno come lui seppe tanto "pittoricamente" rappresentare la "realtà oggettiva" di quella straordinaria città di acque e di pietra che è Venezia, né con maggior limpidità dipingerne i cieli tersi e luminosi; così lo splendore del sole sugli intonaci rossi, sul bianco dei marmi, così il silenzio dei suoi campi, delle sue barche immote. […] Così è nei vasti orizzonti del Tamigi, dei parchi inglesi: un sole, una luce, un'aria trasparente, presente, quasi tattile, che non si vide mai.”

Egidio Martini (1919–2011) critico d'arte e pittore italiano

da La pittura veneziana del Settecento, 1964
Origine: Citato in Canaletto, I Classici dell'arte, a cura di Cinzia Manco, pagg. 181 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\CAG\0608462 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?db=solr_iccu&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2540and%2B%2540and%2B%2B%2540attr%2B1%253D13%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522759.5%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4005%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522classici%2Bdell%2527arte%2522%2B%2B%2540attr%2B1%253D4018%2B%2540attr%2B4%253D1%2B%2522rizzoli%252Fskira%2522&totalResult=13&select_db=solr_iccu&nentries=1&rpnlabel=+Codice+Classificazione+Dewey+%3D+759.5+&format=xml&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&searchForm=opac%2Ficcu%2Ferror.jsp&do_cmd=search_show_cmd&refine=4005%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7Cclassici+dell%27arte%7C%7C%7CCollezione%404018%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7Crizzoli%2Fskira%7C%7C%7CEditore&saveparams=false&&fname=none&from=11

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“La democrazia non può pretendere di conservare la sua funzione orientatrice, la sua posizione direttiva nella vita pubblica italiana perché essa non ha saputo organizzarsi come partito, perché essa non è un "partito di masse". Ed ecco sorgere, sulla nostra via, il mito dei partiti di masse, che sono, in definitiva, partiti di minoranze, dietro i quali vive e prospera il fenomeno sindacale. Il partito fascista, a mano a mano che subisce l'inflazione sindacalista, assume sempre più il carattere di partito di masse, così come l'assunsero precedentemente, nelle medesime condizioni, il partito socialista ed il partito popolare. Ora codesti partiti, cosiddetti di masse, hanno come caratteristica la dipendenza dagli interessi economici delle classi o categorie raccolte in sindacati, e la disciplinata organizzazione sotto la direttiva di piccoli ceti di professionali della politica; essi stessi possono anzi considerarsi, in più largo senso, come accolte di professionali della politica, i quali ricollegano a tale esercizio professionale, o la difesa di essenziali interessi economici, oppure il proprio ufficio personale congiunto alla propria esistenza. Si tratta, pertanto, di ceti limitati e selezionati, anche quando le tessere si contino a milioni. La grande maggioranza del popolo italiano vive fuori di questi grandi reticolati di sindacati e di tesserati; essa è composta di milioni di uomini i quali consacrano la loro quotidiana esistenza all'esercizio di attività private e non di attività pubbliche, e che traggono i loro mezzi di vita dal lavoro individuale produttivo, e non già dalla politica esercitata su scala più o meno larga o ristretta. Questa grande maggioranza del nostro popolo cerca, col sentimento e con la ragione, nella democrazia, la espressione delle sue idealità, e la tutela degli interessi generali del Paese, e quando pensa e parla di politica, nelle ore lasciate libere al lavoro privato, non pensa agli interessi sindacali ma pensa all'Italia, e si chiede in qual modo la grande maggioranza degli italiani riuscirà ad imporre la sua volontà e la sua anima alle minoranze rumorosamente contendenti, onde comporre finalmente il loro conflitto in un fraterno e fecondo silenzio. Ora, questa maggioranza italiana, disorganizzata se si guarda alla tessera, ma politicamente viva e vibrante, anzi più viva e vibrante delle minoranze compatte ed omogenee che costituiscono i così detti partiti di massa, viventi una vita in gran parte artificiale, sovreccitata dall'esercizio della politica professionale – questa grande maggioranza italiana che custodisce la sanità della stirpe ed è il perno del nostro avvenire, chiede ai politici tutti di arrestare, finalmente, il tumultuoso disordine che impedisce e disturba ogni seria considerazione dei problemi nazionali, ed invoca e comanda che da oggi in avanti non un'ora sia più perduta nella sterile contesa.”

Giovanni Amendola (1882–1926) politico e giornalista italiano

Giovanni Amendola, In difesa dell'Italia liberale, in I Progetti del Corriere della Sera, I Maestri del pensiero democratico, n. 11, pag. 53 e 54
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“Quali obiettivi abbiamo avuto e abbiamo nella nostra azione verso l'Unione europea? Nella primissima fase abbiamo avuto l'obiettivo di mostrare, con le azioni che svolgevamo all'interno del Paese, di non aver bisogno della protezione un po' paralizzante altrui. E posso rivelare che in quella fase eravamo molto sottoposti a paterni, qualche volta materni, consigli: ma perché non fate domanda di appoggio o di finanziamento da parte del Fondo «salva Stati» o del Fondo monetario internazionale? Questa situazione l'ha vissuta per primo il mio predecessore, il Presidente Berlusconi, nelle giornate del G20 di Cannes, a fine ottobre, primi di novembre, ma poi anche noi nei primi due-tre mesi abbiamo avuto questo tipo di comunicazione. Abbiamo preferito che il Paese cercasse di fare da sé, non perché sia una cosa necessariamente disdicevole essere assistiti. Abbiamo visto che l'assistenza verso la Spagna è un'assistenza specifica, ossia verso le banche; un'assistenza across the board, generalizzata, invece, perché un Paese non si rimette in piedi da solo con la finanza pubblica, vuol dire la cosiddetta troika, termine russo, ma in salsa europea, ossia avere seduti, quasi come governatori collettivi di un Paese, il Fondo monetario internazionale, la Banca centrale europea e la Commissione europea. Credo che questo Parlamento condivida il sentimento che è del Governo e che è nella tradizione italiana di auspicare sì parziali cessioni delle sovranità nazionali in un contesto europeo, come processo condiviso per esercitare più efficacemente le sovranità nazionali. Altro è dover cedere in modo asimmetrico parte della propria sovranità. Ritengo che gli sforzi che il popolo italiano ha fatto e sta facendo siano duri da accettare, ma ritengo che sarebbero stati più duri da accettare, e maggiore sarebbe stato il senso di alienazione, di frustrazione e di ripulsa verso la costruzione europea, se questi sforzi si fossero dovuti accettare, come ad esempio in Grecia, perché dettati dalla troika.”

Mario Monti (1943) politico, economista e accademico italiano

Origine: Citato in XVI Legislatura – Resoconto stenografico dell'Assemblea – Seduta della Camera dei Deputati n. 649 del 13 giugno 2012 http://documenti.camera.it/apps/commonServices/getDocumento.ashx?idLegislatura=16&sezione=assemblea&tipoDoc=pdf&idseduta=649 – Informativa urgente del Presidente del Consiglio dei ministri sul vertice informale dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione europea svoltosi a Bruxelles il 23 maggio scorso. Camera dei Deputati, 13 giugno 2012.

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