Frasi su affetto
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“Non c'è bisogno che vi ricordi [discorso di Kien ai libri della sua biblioteca] in modo particolareggiato la storia antichissima e superba delle vostre sofferenze. Scelgo soltanto un esempio per mostrarvi in maniera persuasiva quanto vicini siano odio e amore. La storia d'un paese che tutti noi in egual misura veneriamo, di un paese in cui voi avete goduto delle più grandi attenzioni e dell'affetto più grande, di un paese in cui vi si è tributato persino quel culto divino che ben meritate, narra un orribile evento, un crimine di proporzioni mitiche, perpetrato contro di voi da un sovrano diabolico per suggerimento di un consigliere ancor più diabolico. Nell'anno 213 avanti Cristo, per ordine dell'imperatore cinese Shi Hoang-ti − un brutale usurpatore che ebbe l'ardire di attribuire a se stesso il titolo di "Primo, Augusto, Divino" − vennero bruciati tutti i libri esistenti in Cina. Quel delinquente brutale e superstizioso era per parte sua troppo ignorante per valutare esattamente il significato dei libri sulla base dei quali veniva combattuto il suo tirannico dominio. Ma il suo primo ministro Li-Si, un uomo che doveva tutto ai propri libri, e dunque uno spregevole rinnegato, seppe indurlo, con un abile memoriale, a prendere questo inaudito provvedimento. Era considerato delitto capitale persino parlare dei classici della poesia e della storia cinese. La tradizione orale doveva venire estirpata a un tempo con quella scritta. Venne esclusa dalla confisca solo una piccola minoranza di libri; quali, potete facilmente immaginare: le opere di medicina, farmacopea, arte divinatoria, agricoltura e arboticoltura − cioè tutta una marmaglia di libri di puro interesse pratico. «Confesso che il puzzo di bruciato dei roghi di quei giorni giunge ancor oggi alle mie narici. A che giovò il fatto che tre anni più tardi a quel barbaro imperatore toccasse il destino che s'era meritato? Morì, è vero, ma ai libri morti prima di lui ciò non arrecò alcun giovamento. Erano bruciati e tali rimasero. Ma non voglio tacere quale fu, poco dopo la morte dell'imperatore, la fine del rinnegato Li-Si. Il successore al trono, che aveva ben capito la sua natura diabolica, lo destituì dalla carica di primo ministro dell'impero che egli aveva rivestito per più di trent'anni. Fu incatenato, gettato in prigione e condannato a ricevere mille bastonate. Non un colpo gli venne risparmiato. Fu costretto a confessare mediante la tortura i suoi delitti. Oltre all'assassinio di centinaia di migliaia di libri aveva infatti sulla coscienza anche altre atrocità. Il suo tentativo di ritrattare più tardi la propria confessione fallì. Venne segato in due sulla piazza del mercato della città di Hien-Yang, lentamente e nel senso della lunghezza, perché in questo modo il supplizio dura più a lungo; l'ultimo pensiero di questa belva assetata di sangue fu per la caccia. Oltre a ciò non si vergognò di scoppiare in lacrime. Tutta la sua stirpe, dai figli a un pronipote di appena sette giorni, sia donne che uomini, venne sterminata: tuttavia, invece di essere condannati al rogo, come sarebbe stato giusto, ottennero la grazia di venir passati a fil di spada. In Cina, il paese in cui la famiglia, il culto degli antenati, il ricordo delle singole persone sono tenuti così in gran conto, nessuna famiglia a mantenuto viva la memoria del massacratore Li-Si; solo la storia l'ha fatto, proprio quella storia che l'indegna canaglia, più tardi finita come ho detto, aveva voluto distruggere.”

1981, pp. 98-99
Auto da fé

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“Il mio gran libro, da cui qui innanzi dovrò attingere con maggior cura ed affetto le divine lezioni di alta sapienza, è il Crocifisso.”

Papa Giovanni XXIII (1881–1963) 261° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Il giornale dell'anima

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“Monsignore, seppi che voi desideravate sapere tre cose da noi. Non avendo potuto, allora, aver l'onore di rispondervi, perché me n'andavo in campagna, lo facevo ora ed ecco che cosa vi dico. Prima di tutto: noi siamo interamente sotto l'obbedienza dei nostri signori prelati per andare in qualunque luogo delle loro diocesi, dove ad essi piacerà andare a predicare, catechizzare e ad indurre la povera gente a fare la confessione generale. Poi il nostro compito è di insegnare l'orazione mentale, la teologia pratica e necessaria e le cerimonie della Chiesa a coloro che devono ricevere l'ordine sacro, dieci o quindici giorni avanti I'ordinazione, e di ospitarli da noi dopo che sono diventati preti, affinché rinnovino i devoti affetti che il Signore aveva dato loro nelI'ammetterli agli ordini. In breve, noi siamo come i seni del centurione del Vangelo rispetto ai monsignori prelati in questo, che se essi ci dicono: andate, siamo obbligati ad andare; se essi ci dicono: venite, noi siamo obbligati a venire; fate la tal cosa, e noi siamo obbligati i farla. Di più siamo sottomessi aIle loro visite e correzioni, come i curati e i vicari di campagna, quantunque, per conservare I'uniformità degli spiriti, vi sia un superiore generale al quale i missionari devono obbedire quanto alla disciplina domestica. Ecco, Monsignore, come viviamo coi nostri signori prelati.”

Vincenzo de' Paoli (1581–1660) sacerdote francese

Al Vescovo di Beziers, ottobre 1635, vol. I, p. 235
Epistolario

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“Trovandomi in una cittadina presso Lione, dove la Provvidenza mi aveva chiamato a fare il parroco, una domenica, mentre mi vestivo per celebrare la messa, vennero a dirmi che, in una casa isolata ad un quarto dl lega di distanza, tutti erano ammalati senza che rimanesse una sola persona per assistere gli altri, e tutti erano in una miseria da non dirsi. Ne fui grandemente commosso, e non mancai dl raccomandarli, nella predica, con tutto I'affetto, al mio popolo; e Dio, toccando il cuore di quelli che mi ascoltavano, fece si che tutti fossero presi da compassione per quei poveri sventurati. Nel pomeriggio tenemmo un'adunanza in casa dl una buona signorina della parrocchia per vedere quali soccorsi fosse possibile portar loro, e ognuno si disse disposto ad andare a consolarli e ad aiutarli secondo i propri mezzi. Dopo il vespro, presi con me un galantuomo della parrocchia e insieme ci mettemmo in cammino verso quella casa. Per la via incontrammo diverse donne che ci precedevano, e un po' più avanti, altre che tornavano. Poiché era estate e faceva molto caldo, alcune di quelle signore si erano fermate lungo la via per riposarsi e rinfrescarsi. Per dirla in breve ve n'erano tante che l'avreste detta una processione. Appena arrivato visitai gli ammalati e andai a prendere il Santissimo Sacramento per quelli che mi erano sembrati in uno stato più grave, quando Ii ebbi confessati e comunicati si trattò dl vedere che cosa fare per soccorrerli nelle loro necessità. Proposi a tutte le buone persone che la carità aveva spinto a recarsi colà, di impegnarsi, un giorno per una, a far da mangiare ad essi, e non solo ad essi ma a quanti in avvenire si fossero trovati in una simile necessità. È cosi che è nata la prima "Carità". In seguito fui chiamato a venire qui. Dopo qualche tempo, andando in missione a Villepreux, che i un villaggio a cinque o sei leghe da Parigi, avemmo I'occasione dl stabilirvi la Carità: fu la seconda. Quindi fu data la possibilità di istituirla anche a Parigi, e San Salvatore fu la prima parrocchia ad averla. Dopo vennero le altre principali parrocchie.”

Vincenzo de' Paoli (1581–1660) sacerdote francese

Alle Figlie della Carità, 13 febbraio 1646
Conferenze

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“La verità, per essere conosciuta, vuol essere amata; chè nei giudizj entra l'affetto.”

Augusto Conti (1822–1905) filosofo e pedagogista italiano

Origine: I discorsi del tempo in un viaggio in Italia, p. 56

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“Tra tutte le leggi non ve n'è più favorevole a Principi, che la Christiana; perché questa sottomette loro, non solamente i corpi, e le facoltà de' sudditi, dove conviene, ma gli animi ancora, e le conscienze; e lega non solamente le mani, ma gli affetti ancora, e i pensieri.”

Giovanni Botero (1544–1617) presbitero, scrittore e filosofo italiano

da Della Ragion di Stato, Giolitti, Venezia 1589, libro II, Modi di propagar la religione; citato in Gustavo Zagrebelsky, Contro l'etica della verità, Edizioni Laterza, Bari, 2008, p. 41

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“A Dio per debito, a' letterati per affetto ho sacrificato solamento me stesso.”

Giuseppe Battista (1610–1675) poeta italiano

dalla Lettera a Giovamttista Manzo marchese di Villa, p. 82
Lettere

“Sostieni, maturità, questa fatica d'intelletto e sogni, disprezza | l'endecasillabo facile, e tutte le memorie, e la persona chiusa in queste frasi | d'affetto e di poesia…”

Roberto Sanesi (1930–2001) critico d'arte, storico dell'arte e poeta italiano

da A nord dei trent'anni, in Rapporto informativo, 1966

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“Dio vuole che gli si offra quanto c'è d'essere e di bellezza in ogni cosa e in ogni affetto”

Raïssa Maritain (1883–1960) mistica, poetessa e saggista francese

Diario

“[Maximilien de Robespierre] Non cerco di nascondere che provo affetto per lui o che la sua esistenza è intimamente legata al mio orgoglio di essere francese.”

Jean Massin (1917–1986)

Jean Massin, prefazione a Robespierre, Paris, 1956
Origine: Citato in George Rudé, Robespierre, traduzione di Maria Lucioni, Editori Riuniti, 1981.

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“Col mutarsi della civiltà si mutano dell'uomo ben altro che le maniere del vivere; si rafforza cioè o si indebolisce la potenza dell'affetto.”

Pietro Selvatico (1803–1880) architetto, critico d'arte e storico dell'arte italiano

Esposizione delle belle arti in Venezia

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“Lucio è stato un nostro compagno e sarà sempre nei nostri ricordi per quello che abbiamo fatto insieme. Per questo ha il nostro affetto. Ma lo conosco, le parole che ha detto non sono uscite dal suo profondo e so che non le pensa. Se ha voluto farsi subito amici i tifosi bianconeri? Questo non ci interessa, noi l'abbiamo conosciuto bene in tre anni e si prenderà le responsabilità di quello che ha detto perché non credo che nessuno l'abbia obbligato.”

Iván Córdoba (1976) dirigente sportivo ed ex calciatore colombiano naturalizzato italiano

Origine: Riferendosi alle dichiarazioni di Lucio, il quale, arrivato da poco alla Juventus dopo essersi svincolato dall'Inter, si pronunciò in favore dei bianconeri riguardo alla questione degli scudetti revocati alla Juve in seguito allo scandalo di Calciopoli, «Se la Juve ha 28 o 30 scudetti? La cosa giusta l'ha detta il presidente...»
Origine: Citato in Lucio subito juventino dentro? All'Inter non ci credono, qualcuno deve averlo imbeccato: "Le parole che ha detto non le pensa, si vede che siamo molto importanti per loro..." http://www.goal.com/it/news/2/serie-a/2012/07/16/3244483/lucio-subito-juventino-dentro-allinter-non-ci-credono, Goal.com, 16 luglio 2012.

“L'aprir troppo il pugno spargendo vezzi toglie la naturalezza de' parlari domestici, e affredda gli affetti, e fa le lettere pigre e quasi riscontrose.”

Prospero Viani (1812–1892) accademico della Crusca, scrittore, storico e critico letterario italiano

Origine: Lettera a Monsignor Carlemanuele Muzzarelli, p. XVI

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“Meno male che in zona esistono feste e sagre che mi hanno sempre dato fiducia. Comunque il mio impegno c'è, per crescere e per regalare emozioni a me stesso e a chi mi segue con tanto affetto.”

Andrea Poltronieri (1965) comico, polistrumentista e cantante italiano

dall'intervista di Vincenzo Iannuzzo, Il ritmo delle note nel cabaret, La Nuova Ferrara, 28 gennaio 2008

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“Il vero fenomeno dell'Inter sei stato tu, con la tua passione. Zanetti è sempre stato una garanzia: merita affetto e stima professionale.”

Luigi Simoni (1939) dirigente sportivo, allenatore di calcio e ex calciatore italiano

Origine: Citato in Aspettando Prima Serata: Zanetti, natura e genitori http://www.inter.it/aas/news/reader?N=59593&L=it, Inter.it, 28 settembre 2012.

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