Frasi su altro
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“Il bere, in un certo tempo simbolico, è in un altro tempo vizio.”

Ludwig Wittgenstein (1889–1951) filosofo e logico austriaco

6 maggio 1930
Movimenti del pensiero, Diari 1930-1932

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“Una cosa può accadere o non accadere e tutto l'altro restare eguale.”

Origine: Tractatus logico-philosophicus, p. 1.21

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“E che altro? È voce ed ombra uom vecchio.”

Euripide (-480–-406 a.C.) tragediografo ateniese

frammento 509
Frammenti di alcune opere, Melanippe incatenata

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“Quella che per uno è teologia, per un altro è una grassa risata.”

Robert Anson Heinlein (1907–1988) autore di fantascienza statunitense

Lazarus Long l'Immortale

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“Quello che per un uomo è "magia", per un altro è ingegneria. "Sovrannaturale" è una parola inconsistente.”

Robert Anson Heinlein (1907–1988) autore di fantascienza statunitense

Lazarus Long l'Immortale

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“Si sa da un pezzo che un cavallo può correre più veloce di un altro… ma quale? Le differenze sono decisive.”

Robert Anson Heinlein (1907–1988) autore di fantascienza statunitense

Lazarus Long l'Immortale

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“Un altro giorno avendo con qualche nausea servita un'inferma di dissenteria, ei me ne diè una sì forte riprensione, ut lasanum exportans, adactam me, hujus culpae sarciendae causa, senserim ad linguam longo temporis intervallo intingendam in eas sordes, quas aegrota egesserat, et ad buccas iisdem implendas. [che, per riparare a questa colpa, mi vidi costretta, mentre andavo a buttare via ciò che aveva fatto, a bagnarvi la lingua dentro e a riempirmene la bocca]. Appresso il Signore dolcemente, ed in amichevol modo mi rimproverò del far tali cose: Ed io, O mio Signore, gli dissi, così fo a fin di piacervi, e di così obbligarmi il Cuor vostro divino, e tanto spero io conseguire da voi. Ma che non faceste voi, mio Signore, per guadagnarvi i cuori degli uomini, che vel niegano, e da sé spesso vi scacciano? "Il confesso, o mia figlia, che fui sospinto dalla potenza dell'amor mio a segno di tutto sagrificare per la lor salvezza, benché al mio amore con niuna dimostrazione di gratitudine essi rispondano. Or voglio che da' meriti del mio Sacratissimo Cuore tal ingratitudine tu misuri. A te io voglio darlo questo mio Cuore."”

Mária Margita Alacoque (1647–1690) monaca e mistica francese

da Vita della venerabile madre Margherita Maria Alacoque, cap. XL, pp. 80-81
Variante: Un altro giorno avendo con qualche nausea servita un'inferma di dissenteria, ei me ne diè una sì forte riprensione, ut lasanum exportans, adactam me, hujus culpae sarciendae causa, senserim ad linguam longo temporis intervallo intingendam in eas sordes, quas aegrota egesserat, et ad buccas iisdem implendas.. Appresso il Signore dolcemente, ed in amichevol modo mi rimproverò del far tali cose: Ed io, O mio Signore, gli dissi, così fo a fin di piacervi, e di così obbligarmi il Cuor vostro divino, e tanto spero io conseguire da voi. Ma che non faceste voi, mio Signore, per guadagnarvi i cuori degli uomini, che vel niegano, e da sé spesso vi scacciano? "Il confesso, o mia figlia, che fui sospinto dalla potenza dell'amor mio a segno di tutto sagrificare per la lor salvezza, benché al mio amore con niuna dimostrazione di gratitudine essi rispondano. Or voglio che da' meriti del mio Sacratissimo Cuore tal ingratitudine tu misuri. A te io voglio darlo questo mio Cuore."
Origine: Citato in Walter Peruzzi, Il cattolicesimo reale, Odradek Edizioni, Roma, 2008

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“[…] è follia comune delle coppie felici non voler avere segreti per l'altro; ciò le porta a un mucchio di disillusioni.”

William Somerset Maugham (1874–1965) scrittore e commediografo britannico

Origine: La Signora Craddock, p. 90

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“[Diego Velázquez] Le forme, come quelle di Fidia, hanno un loro svolgimento anche nella staticità. […] Come Fidia, egli ha scorto la corrispondenza che esse avevano con le onde della terra e il cerchio dell'orizzonte. Nessun altro, dopo Fidia, ha conservato davanti alla vita questa gravità rispettosa e questo entusiasmo cosciente che sono la vera religione.”

Edgar Faure (1908–1988) scrittore e politico francese

da Velázquez, 1903
Origine: Citato in Velázquez, I Classici dell'arte, a cura di Elena Ragusa, pagg. 183 - 188, Milano, Rizzoli/Skira, 2003. IT\ICCU\TO0\1279609 http://opac.sbn.it/opacsbn/opaclib?select_db=solr_iccu&searchForm=opac%2Ficcu%2Favanzata.jsp&do_cmd=search_show_cmd&db=solr_iccu&Invia=Avvia+la+ricerca&saveparams=false&resultForward=opac%2Ficcu%2Ffull.jsp&nentries=1&rpnlabel=+Identificativo+SBN+%3D+IT%5CICCU%5CTO0%5C1279609+%28parole+in+AND%29+&rpnquery=%2540attrset%2Bbib-1%2B%2B%2540attr%2B1%253D1032%2B%2540attr%2B4%253D6%2B%2522IT%255C%255CICCU%255C%255CTO0%255C%255C1279609%2522&&fname=none&from=1

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“Non so chi sono, che anima ho.
Quando parlo con sincerità non so con quale sincerità parlo. Sono variamente altro da un io che non so se esiste.”

Fernando Pessoa (1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese

da Una sol moltitudine, a cura di Antonio Tabucchi con la collaborazione di M. J. de Lancastre, Adelphi, Milano 1979, vol. I, p. 69
Il poeta è un fingitore

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“Questa è una giornata nella quale mi pesa, come un ingresso in carcere, la monotonia di tutto. Ma la monotonia di tutto non è altro che la monotonia di me stesso.”

Fernando Pessoa (1888–1935) poeta, scrittore e aforista portoghese

1992, p. 34
Il libro dell'inquietudine

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“Socrate: Dimmi, dunque: discorsi su cosa? Nell'insieme delle cose esistenti, qual è l'oggetto dei discorsi di cui si serve la retorica?
Gorgia: Si tratta, o Socrate, delle più grandi e delle migliori fra le umane faccende.
Socrate: Ma, o Gorgia, è controversa anche questa tua affermazione, e non è affatto chiara. Immagino, infatti, che tu abbia già avuto occasione di sentir cantare nei banchetti quello scolio in cui si enumerano i beni, cantando che essere sani è il primo bene, secondo viene l'essere belli, e il terzo, come dice l'autore dello scolio, è l'essere ricchi senza frode.
Gorgia: L'ho già sentito. Ma a che proposito dici questo?
Socrate: Supponiamo che in questo istante ti si parassero dinanzi gli artefici di questi beni che l'autore dello scolio elogiava, cioè il medico, il maestro di ginnastica e l'uomo d'affari, e che per primo il medico dicesse: "O Socrate, Gorgia t'inganna: non è la sua arte ad occuparsi del bene più grande per gli uomini, ma la mia". Se io allora gli domandassi: "E chi sei tu per dire questo?", egli certamente mi risponderebbe che è medico. "Ebbene, cosa hai detto? è forse opera della tua arte il bene più grande?" "E come potrebbe non esserlo", probabilmente direbbe, "Socrate, visto che si tratta della salute? Che cosa è bene più grande per gli uomini della salute?". Se poi, dopo di lui, a sua volta, il maestro di ginnastica dicesse: "Resterei stupito anch'io, Socrate, se Gorgia sapesse dimostrarti che il bene che è frutto della sua arte è maggiore di quanto io saprei dimostrare che lo è il bene prodotto dalla mia arte", io, a mia volta, potrei dire anche a costui: "E tu chi sei, o uomo, e qual è il tuo mestiere?". "Sono maestro di ginnastica", risponderebbe, "e il mio mestiere è di rendere gli uomini belli e forti nel corpo". Dopo il maestro di ginnastica, sarebbe l'uomo d'affari a dire, con fare, credo, assai sprezzante per tutti: "Ebbene, pensaci su, Socrate, se ti pare che esista bene più grande della ricchezza, sia presso Gorgia sia presso chiunque altro". Ed io allora gli direi: "E allora? Ne sei forse l'artefice?". Egli affermerebbe di esserlo. "E chi sei tu?"”

Platone libro Gorgia

"Un uomo d'affari". "E allora? Pensi forse che il bene più grande per gli uomini sia la ricchezza?", diremo noi. "E come no?", risponderà.
Gorgia

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“[A proposito del vestito di Marilyn Monroe]… non c'era altro che pelle e perline di vetro… solo che io non vidi le perline!”

Adlai Ewing Stevenson II (1900–1965) politico statunitense

citato in Mike Evans, Marilyn, p. 372

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“Mi è difficile credere che permetta agli uomini di dedicare interamente se stessi a cercarLo, senza far che in un modo o in un altro Lo trovino.”

Thomas Merton (1915–1968) scrittore e religioso statunitense

Parte prima, 28 aprile, p. 50
Il segno di Giona

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“Il primo: Il padre era un furfante; i figli sono innocenti.
Un altro: La mela non cade lontano dal melo.”

Alexander Sergejevič Puškin (1799–1837) poeta, saggista, scrittore e drammaturgo russo

Borìs Godunòv

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“Nella lista dei libri caduti figurava sotto il numero trentanove un grosso volume antico dal titolo: Armamento e tattica dei lanzichenecchi. Esso era appena rotolato con gran fracasso giù dalla scaletta, che i portinai tubicini s'erano già trasformati in lanzichenecchi. Un immenso entusiasmo s'impadroni di Kien: il portiere era un lanzichenecco, che altro poteva mai essere? La figura tarchiata, la voce tonante, la fedeltà comprata a peso d'oro, la temerarietà che non rretrava davanti a nulla, nemmeno davanti alle donne, la millanteria e il continuo inconcludente sbraitare: un perfetto lanzichenecco. Da quel momento il pugno non gli fece più paura. Gli sedeva davanti un ben noto personaggio storico, e lui sapeva che cosa esso avrebbe fatto e che cosa non avrebbe fatto. Beninteso, la sua stupidità era tale da far rizzare i capelli: si comportava appunto come si addice a un lanzichenecco. Quel poveraccio, nato in ritardo, era venuto al mondo come un lanzichenecco soltanto nel ventesimo secolo e se ne stava rintanato tutto il giorno in quel suo buco oscuro, senza un libro, solo come un cane, esiliato dal secolo che era il suo e sbalestrato in un altro per il quale sarebbe sempre rimasto un estraneo. Collocato nell'innocua lontananza del XVI secolo il portiere si riduceva a niente, facesse pure il gradasso quanto voleva. Per dominare un uomo basta inquadrarlo storicamente. […] Quando s'accomiatava Kien lo trovava ridicolo. Il costume gli stava a pennello, ma ormai i tempi erano cambiati. Gli rincresceva che non sempre fosse possibile applicare il suo metodo storico. A Therese non c'era verso di trovare un posto adatto in tutta la storia dei popoli civili e incivili da lui conosciuti.”

1981, pp. 124-125
Auto da fé

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“È illusoria l'idea che con la vecchiaia subentri una maggiore tolleranza. Non si è diventati più magnanimi, soltanto sensibili ad altro.”

Elias Canetti (1905–1994) scrittore, saggista e aforista bulgaro

Il cuore segreto dell'orologio

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“Cosa posso dirvi – rispose Jura. Si mosse irrequieto sulla seggiola, si alzò, fece alcuni passi e sedette di nuovo. – Prima di tutto, domani vi sentirete meglio, ci sono i sintomi, son pronto a farmi tagliare la testa. E poi: la morte, la coscienza, la fede nella resurrezione… Volete sapere la mia opinione di naturalista? Non sarebbe meglio un'altra volta? No? Subito? Bene, come volete. Solo che è una cosa difficile, così, di punto in bianco –…..
– La resurrezione. Nella forma più volgare in cui se ne parla, a consolazione dei deboli, mi è estranea. E anche le parole di Cristo sui vivi e sui morti io le ho sempre intese in un altro modo. Dove mettereste questi immensi eserciti arruolati in tutti i millenni? Non basterebbe l'universo, le divinità, il bene e il raziocinio dovrebbero cedere il posto. In quell'avida calca animalesca sarebbero schiacciati.
– Ma, nel tempo, sempre la medesima vita, incommensurabilmente identica, riempie l'universo, a ogni ora si rinnova di innumerevoli combinazioni e trasformazioni. Ecco, voi vi preoccupate se risorgerete o meno, mentre siete già risorta, senza accorgervene, quando siete nata.
– Sentirete dolore? Sente forse il tessuto la propria dissoluzione? Cioè, in altre parole, che sarà della vostra coscienza? Ma che cos'è la coscienza? Vediamo. Desiderare coscientemente di dormire è insonnia garantita, tentare coscientemente di avvertire il lavorio del propria digestione è esattamente perturbare la sua innervazione. La coscienza è un veleno, un mezzo di autoavvelenamento per il soggetto che la applica a se stesso. La coscienza è luce, proiettata al di fuori e che illumina la strada a noi, perché non si inciampi. La coscienza sono i fari accesi davanti ad una locomotiva che corre. Rivolgete la loro luce all'interno e succederà una catastrofe.
– Dunque, che sarà della vostra coscienza? Della vostra. La vostra. Ma voi cosa siete? Qui sta il punto. Guardiamo meglio. In che modo avete memoria di voi stessa, di quale parte del vostro organismo siete cosciente? Dei vostri reni, del fegato, dei vasi sanguigni? No, per quanto ricordiate, di voi vi siete sempre accorta di una estrinsecazione, in un atto, nelle opere delle vostre mani, in famiglia, fra gli altri. E, ora, state bene attenta. L'uomo negli altri uomini, ecco che cos'è l'anima dell'uomo. Ecco che cosa siete voi, ecco di che cosa ha respirato, si è nutrita, di che cosa si è abbeverata per tutta la vita la vostra coscienza. Della vostra anima, della vostra immortalità, della vostra vita negli altri. E allora? Negli altri siete vissuta, negli altri resterete. Che differenza fa per voi se poi ciò si chiamerà memoria? Sarete ancora voi, entrata a far parte del futuro.
– Un ultima cosa. Non c'è nulla di cui preoccuparsi. La morte non esiste. La morte non riguarda noi. Ecco, voi avete parlato di talento, questa è un'altra cosa, una cosa nostra, scoperta da noi. E il talento, nella sua nozione più alta e più lata, è il dono della vita.
– Non vi sarà morte, dice Giovanni Evangelista: guardate come è semplice la sua argomentazione. Non vi sarà morte, perché il passato è ormai trascorso. Quasi come dire: non vi sarà morte, perché questo è già stato visto, è vecchio e ha stancato, e ora occorre qualcosa di nuovo e il nuovo è la vita eterna.
Parlando, Jura passeggiava per la stanza.”

Dormite, – disse accostandosi al letto e ponendo le mani sulla testa dell'inferma. Passò qualche minuto e Anna Ivànova cominciò ad assopirsi.
Silenziosamente Jura uscì dalla camera e disse alla Egòrovna di richiamare l'infermiera. «Che diavolo,- pensò,- sto diventando una specie di ciarlatano. Mi metto pure a fare scongiuri, a curare la gente imponendo le mani».
Il dottor Živago

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“[su Margherita di Valois] La giovane sposa, figlia di Enrico II, era la perla della co­rona di Francia, Margherita di Valois, che con affettuosa fa­miliarità il re Carlo IX chiamava sempre mia sorella Margot. Certo, accoglienze tanto lusinghiere non erano mai state più meritate di quelle che si facevano in quel momento alla nuova regina di Navarra. Margherita a quel tempo aveva appena vent'anni, e già era oggetto delle lodi di tutti i poeti che la paragonavano alcuni all'Aurora altri a Venere citerea. Era in realtà la bellezza senza rivali di quella Corte nella quale Ca­terina de' Medici aveva riunito, per farne le proprie sirene, le più belle donne che aveva potuto trovare. La giovane sposa aveva i capelli neri, il colorito brillante, gli occhi voluttuosi velati da lunghe ciglia, la bocca rossa e fine, il collo elegante, il corpo tornito e snello e, perduto in una pianella di seta, un piede di bambina. I francesi cui apparteneva, erano fieri di vedere sbocciare nella loro terra un così splendido fiore e gli stranieri di passaggio per la Francia ripartivano abbagliati dalla sua bellezza se l'avevan soltanto vista, storditi dalla sua cultura se avevano parlato con lei. Certo è che Margherita era non soltanto la più bella, ma anche la più colta delle don­ne del suo tempo; si citava la frase di un dotto italiano che le era stato presentato e dopo aver parlato con lei un'ora in ita­liano, in spagnolo, in latino e in greco, l'aveva lasciata dicen­do nel suo entusiasmo:
«Vedere la Corte senza vedere Margherita è non vedere né la Francia, né la Corte».
Così i panegirici non mancarono al re Carlo IX e alla gio­vane regina di Navarra; si sa quanto gli ugonotti siano fecon­di. Inevitabilmente, allusioni al passato e domande per l'av­venire furono accortamente insinuate in mezzo a quegli indi­rizzi al re; ma a tutte le allusioni egli rispondeva con le sue labbra pallide e il suo sorriso astuto:
«Nel dare mia sorella Margot a Enrico di Navarra, io do il mio cuore a tutti i protestanti del regno».
La frase rassicurava gli uni e faceva sorridere gli altri poi­ché aveva in realtà due sensi: uno paterno e del quale in buo­na coscienza Carlo IX non voleva sovraccaricare il suo pen­siero; l'altro ingiurioso per la sposa, per il marito e anche per chi lo pronunciava, poiché ricordava alcuni sordi scandali con i quali la cronaca di Corte aveva già trovato il modo di lordare la veste nuziale di Margherita di Valois.”

Alexandre Dumas (padre) (1802–1870) scrittore francese

pp. 26-27

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“Il transfert in sé non è altro che una proiezione di contenuti inconsci.”

Carl Gustav Jung (1875–1961) psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero

Origine: La psicologia dei processi inconsci (1917), p. 58; 1997

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“E un altro giorno è andato, la sua musica ha finito, quanto tempo è ormai passato e passerà?”

Francesco Guccini (1940) cantautore italiano

da Un altro giorno è andato
L'isola non trovata

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“Quando diciamo che Napoli è una città violenta, una città criminale, una città sporca, una città in cui la qualità della vita è bassa, possiamo dire verità o esprimere esclusivamente luoghi comuni o stereotipi. È sbagliato rigettare queste definizioni esclusivamente perché mettono in mostra qualcosa che non va nella nostra città. La nostra città è questo ma è anche altro evidentemente: però è anche questo e allora bisogna cercare di capire qual è il fondamento di verità che c'è in questi stereotipi.”

Aurelio Musi (1947)

Origine: Citato in Il mezzogiorno e Napoli nel seicento italiano, a cura di Mario Tedeschi, Rubettino editore, 2003; anteprima su Google Books http://books.google.it/books?id=Z8n4F8xfjxYC&printsec=frontcover&dq=il+mezzogiorno+e+napoli+nel+seicento+italiano&hl=it&sa=X&ei=cB2TT7_JD4vpOfmZqJME&sqi=2&ved=0CDAQ6AEwAA#v=onepage&q=il%20mezzogiorno%20e%20napoli%20nel%20seicento%20italiano&f=false.

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“Son vari i gusti, | Ma poi il più bello è che ciascun pretende | Essere il gusto suo miglior d'ogni altro.”

Giovanni Battista Casti (1724–1803) poeta e librettista italiano

da Prima la Musica e poi le Parole

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“L'uomo che stia ozioso si perde in questo mondo e anche nell'altro.”

Egidio di Assisi (1190–1262) religioso italiano

Origine: Detti, p. 57