Frasi su comune
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“Considerate, ad esempio, il virus umano papilloma (HPV). Tra le malattie sessualmente trasmesse, ormai HPV è la più comune negli Stati Uniti. Questo virus infetta più della metà della popolazione americana e causa la morte di quasi 5000 donne ogni anno per cancro cervicale; i Centri Per Il Controllo Delle Malattie (CDC) stimano che ogni anno in tutto il mondo muoiono più di 200.000 persone per questo motivo. Adesso abbiamo un vaccino per l'HPV che sembra sia sicuro e funzionante. Il vaccino ha prodotto il 100% dell'immunita nelle 6000 donne che lo hanno ricevuto in un esperimento clinico. Eppure, i conservatori cristiani nel nostro governo si sono opposti al programma di vaccinazione sostenendo che HPV è utile ad impedire il sesso prematrimoniale. Queste persone pie vogliono mantenere il cancro cervicale come incentivo all'astinenza, anche se sacrifica le vite di migliaia di donne ogni anno. Uno degli effetti più perniciosi della religione è che tende ad allontanare la moralità dalla realtà della sofferenza umana ed animale. La religione induce le persone a pensare che le loro preoccupazioni siano morali quando in realtà non lo sono ― perche non hanno niente a che vedere con la sofferenza e la sua alleviazione. Anzi, la religione fa pensare le persone che le loro preoccupazioni siano morali quando in realta sono altamente immorali ― perché attuarle significa infliggere sofferenze terribili e non necessarie su esseri umani innocenti. Questo spiega perché i cristiani spendano più energia "morale" ad opporsi all'aborto piuttosto che a combattere il genocidio. Spiega perché si preoccupino più degli embrioni umani che della promessa di salvare vite che ci giunge dalle cellule staminali embrionali. E spiega perché possano predicare contro l'uso del preservativo nell'Africa subsahariana quando milioni di persone lì muoiono ogni anno di Aids. Voi Cristiani credete che le vostre preoccupazioni religiose sul sesso abbiano qualcosa a che fare con la moralità. Eppure, i vostri sforzi di porre restrizioni al comportamento sessuale di adulti consenzienti ― e persino di scoraggiare i vostri stessi figli dal fare sesso prima del matrimonio ― non sono quasi mai finalizzati ad alleviare la sofferenza umana. In verità, alleviare la sofferenza sembra essere una delle ultime cose nella vostra lista di priorità.”

Lettera a una nazione cristiana

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“Una completa e onesta risposta spesso ti dà il vantaggio della sorpresa nella Camera dei Comuni.”

Jonathan Lynn (1943) attore, regista e sceneggiatore britannico

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“La camera dei comuni fedeli al proprio sistema, rimane in una saggia ed eccellente inattività.”

Thomas Macaulay (1800–1859) storico e politico britannico

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“Il bene comune è la grande catena che lega insieme gli uomini nella società.”

Annibale: XXXVI, 7; 2006
[C]ommunis utilitas, quae societatis maximum vinculum est.
Ab urbe condita, Libro XXXI – Libro XL

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“[Su Rasheed Wallace] C'è una regalità, una bellezza, una forza in quell'uomo fuori dal comune. Certo, ci sono due problemini psichici… e chi non ne ha?”

Federico Buffa (1959) giornalista italiano

dalla presentazione di Black Jesus Anthology, Travagliato, 30 giugno 2011
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“Ha una capacità sorprendente di dire, con parole comuni, cose fuori del comune»”

Roberto Rizzato (1961) conduttore radiofonico e giornalista italiano

Giorno x Giorno Teletutto, 21.11.1985

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“Maria non più di un comune roveto: ma ardente di un fuoco senza fine.”

Giovanni Lajolo (1935) cardinale italiano

Maria

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“[Sul legame tra lo Scandalo del calcio italiano del 2006 e quello del 2011] Senza indulgere su un fatto emerso come notorio durante il processo, cioè che il Presidente del Collegio, Teresa Casoria, riteneva tale processo penalmente una buffonata e invece i due giudici a latere, con le quali era in conflitto, pensavano il contrario, con l'esito di risultare maggioranza nella determinazione della sentenza, le motivazioni in 558 pagine si riassumono così. 1) Campionati non alterati (quindi scudetti tolti ingiustamente alla Juve…), partite non truccate, arbitri non corrotti, indagini condotte non correttamente dagli investigatori della Procura (intercettazioni dei carabinieri risultate addirittura manipolate nel confronto in Aula). 2) Le Sim, le schede telefoniche estere che Moggi ha distribuito a qualche arbitro e ai designatori, sarebbero la prova del tentativo di alterare e di condizionare il sistema, pur senza la dimostrazione effettiva del risultato truccato. 3) L'atteggiamento di Moggi, da vero boss "telefonico", è invasivo anche quando cerca di condizionare Federcalcio e Nazionale, vedi telefonate con Carraro e Lippi. 4) Che queste telefonate e questa promiscuità "mafiosa" o "submafiosa" o tesa a "fare associazione per delinquere" risultassero costume comune nell'ambiente come risulta evidente, non assolve Moggi e C.: e dunque ecco la condanna. […] Infine il punto 1), la cosiddetta parte positiva delle motivazioni, cioè nei fatti tutto regolare. E allora lo scandalo di "Scommettopoli”

Oliviero Beha (1949–2017) giornalista, scrittore e saggista italiano

lo scandalo del calcio italiano del 2011, ndr. ] in cui sta uscendo che nel suo complesso il campionato 2010-2011 a colpi di trucchi è da considerarsi davvero e decisamente irregolare? Lo dice per ora il Procuratore Capo di Cremona, Di Martino, mentre la giustizia sportiva prende tempo come sempre, ma temo che presto lo ribadiranno in parecchi, a meno che non venga messo tutto a tacere. Con buona pace di chi vuole la verità e pensa che Moggi sia oggettivamente diventato il "capro espiatorio". Il quadro dell'informazione che non indaga, non analizza, non confronta e si schiera per ignoranza o partito preso così vi sembra leggermente più chiaro? (Citato da "Il "caso Moggi" e le colpe della stampa: non fa inchieste, (di)pende dai verbali, non sa leggere le sentenze", notizie. tiscali. it, 7 febbraio 2012)

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“Dacia Maraini è una bravissima scrittrice di romanzi che leggo sempre con piacere; ma nel suo discettare etico-politico ritrovo soltanto gli stanchi luoghi comuni del terzomondismo politicamente corretto. Tiziano Terzani ci ha raccontato con finezza e bravura dell'Asia; ma quando cita – come ricette di salvezza – San Francesco d'Assisi, Gandhi e poi, scendendo di parecchi chilometri, padre Balducci e il mio collega (alla Columbia University) Edward Said, allora cita a sproposito. Personalmente io preferisco i Domenicani ai Francescani. Concedo che Il Cantico di Frate Sole è un testo di un candore commovente. Ma quel candore non può essere trasferito da una età davvero primitiva all'età ultracomplicata del terzo millennio. Quanto a Gandhi, lui aveva a che fare con gli inglesi, e noi non abbiamo a che fare con dei Gandhi. E padre Balducci? Pochi sanno chi fosse. Ma a Firenze negli anni nei quali padre Balducci affascinava il colto e l'inclita (e anche, a quanto pare, Terzani) c'ero anch'io; e ricordo un dibattito nel quale lui attaccò così smodatamente il Papa da costringere il sottoscritto, laico abbastanza catafratto, a fare il papalino, il papofilo. Bel personaggio quel padre Balducci! Ma sempre più bello del cupissimo Edward Said, che scrive bene ma razzola malissimo. Il fatto che Said sia palestinese lo legittima nel suo essere pro palestinesi. Ma non mi risulta che Said abbia mai condannato i suoi uomini-bomba, ed esiste una fotografia che lo coglie, in zona Gaza, che lancia un sasso «intifadico» contro gli israeliani. Lui sarebbe un fautore di «campi di comprensione invece di campi di battaglia?»”

Giovanni Sartori (1924–2017) politologo italiano

On aura tout vu, se ne vedono (e sentono) proprio di tutte.

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“È fonte di discordia appropriarsi delle cose comuni.”
Principium discordiae est, aliquid ex communi suum facere.

Publilio Siro scrittore e drammaturgo romano

Sententiae

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“[Indro Montanelli]. L'Italia dei Luoghi Comuni.”

Marcello Marchesi (1912–1978) comico, sceneggiatore e regista italiano

Origine: Il dottor Divago, Il "Chi sarebbe?" Definizionario delle celebrità, p. 68

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“Non sono le elezioni. Siamo una comunità unita da una comune sensibilità. Siamo quelli che si commuovono vedendo una donna al mercato che si conta l'euro, quelli che guardano al calvario degli handicappati, respiriamo la sofferenza del mondo nelle guerre, siamo quelli che almeno una volta si sono ribellati alle ingiustizie, quelli che hanno insegnato ai figli a non vergognarsi per il sudore dei padri.”

Vincenzo De Luca (1949) politico italiano

Origine: Dal discorso elettorale di piazza del Plebiscito, 20 marzo 2010; citato in Politica di piazza, numeri da circo http://www.napolitoday.it/blog/politica/Politica-di-piazza-grandi-numeri-e-insulti-bipartisan.html, NapoliToday.it, 22 marzo 2010.

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“[Rispondendo alle dichiarazioni di Antonio Cassano del 15 novembre 2012] Leggo con stupore le dichiarazioni rilasciate oggi dal signor Cassano, a seguito delle quali mi trovo costretto a fare alcune precisazioni: in primo luogo, non ho mai proferito il termine «moralità», della quale, tra l'altro, sono molto dotato, nonostante la squalifica per omessa denuncia sulla quale ho già espresso le mie opinioni in passato. Alla domanda su come vengano effettuate le scelte dei giocatori della Juventus ho fatto riferimento all'uomo, inteso come interprete del ruolo di calciatore in maniera professionalmente ineccepibile. Vale a dire: l'impegno, il rispetto delle regole, il rispetto dei ruoli, l'attaccamento al bene comune della squadra. Mi sembra che il signor Cassano nella propria carriera abbia più volte dimostrato sul campo e fuori dal campo, vedi imitazioni di Capello al Real Madrid, o le corna mostrate all'arbitro Rosetti ed altri episodi, di non avere i requisiti richiesti dal sottoscritto. Inoltre altri aneddoti in tal senso ce li ha raccontati lui stesso nella sua biografia. Ritengo pertanto di non dover aggiungere altro, fermo restando che quando uso determinati termini, ne valuto appieno il significato letterale.”

Antonio Conte (1969) calciatore e allenatore italiano

Origine: Citato in Conte risponde a Cassano: «Mai parlato di moralità» http://www.tuttosport.com/calcio/serie_a/juventus/2012/11/15-226224/Conte+risponde+a+Cassano%3A+%C2%ABMai+parlato+di+moralit%C3%A0%C2%BB, Tuttosport, 15 novembre 2012.

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“Strano come una notizia da Brea.”

Espressione comune nel Decumano Est
Il Signore degli Anelli, Proverbi e modi di dire delle varie razze della Terra di Mezzo

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“Questa [thumos] è la parola ipostatica di gran lunga più comune e importante dell'intero poema [l'Iliade]. Essa ha una frequenza tre volte maggiore rispetto a qualsiasi altra. In origine, nella fase oggettiva, doveva significare semplicemente un'attività percepita esteriormente, e non aveva nessuna connotazione interiore. Questo uso miceneo è documentato spesso nell' Iliade, specialmete nelle scene di battaglia, dove un guerriero che colpisce con la lancia nel posto giusto fa cessare il thumos o attività di un altro.
La seconda fase o fase interna, come abbiamo visto nell'ira di Achille, si presenta in una situazione di stress nuova, durante il periodo del crollo della mente bicamerale, quando la soglia di stress che si richiedeva per l'evocazione di voci allucinatorie era più elevata. Il thumos si riferisce allora a un insieme di sensazioni interne in risposta a crisi esterne. […] insieme di sensazioni interne che precedeva un'attività particolarmente violenta in una situazione critica. Presentandosi in modo ricorrente, il tipo di sensazione comincia ad appropriarsi del vocabolo che in precedenza designava l'attività stessa. Da questo momento in poi è il thumos a conferire forza a un gueriero in battaglia, ecc. Tutti i riferimenti al thumos come sensazione interna nell' Iliade sono in accordo con questa interpretazione.
Ora, l'importante transizione alla terza fase, quella soggettiva, è già iniziata nell' Iliade stessa, benché non ancora in modo molto appariscente. La percepiamo nella metafora inespressa del thumos come qualcosa di simile a un recipiente: in vari passi menos o vigore è «infuso» nel thumos di qualcuno (XVII, 451; XXII, 312). Il thumos viene anche paragonato implicitamente a una persona: non è Aiace che è ansioso di combattere ma il suo thumos (XIII, 73), né è Enea a rallegrarsi ma il suo thumos (XIII, 494; si veda anche XIV, 156). Se non è un dio, è il thumos a «spingere» più spesso un uomo a un'azione. E come se esso fosse un'altra persona, un uomo può parlare al suo thumos (XI, 403) e può udire ciò che questo ha da dirgli (VII, 68) o sentire la sua risposta come quella di un dio (IX, 702).
Tutte queste metafore sono estremamente importanti. Dire che le sensazioni interne di grandi mutamenti circolatori e muscolari sono una cosa in cui si può infondere forza, significa generare uno «spazio» immaginato, qui collocato sempre nel petto, che è l'antecedente dello spazio mentale della coscienza contemporanea. E confrontare la funzione di tale sensazione con quella di un'altra persona o anche con i meno frequenti interventi degli dèi significa iniziare quei processi metaforici che in seguito diventeranno l'analogo «io.»”

Origine: Il crollo della mente bicamerale e l'origine della coscienza, pp. 314-316

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“Io e Schumacher abbiamo molto in comune, lo stesso entusiasmo e la stessa passione in pista. Mi piacerebbe vincere tanti titoli quanti quelli conquistati da Michael con la Ferrari ma sarà abbastanza difficile.”

Fernando Alonso (1981) pilota automobilistico spagnolo

Origine: Citato in Schumacher benedice Alonso: "Lui in Ferrari, grande idea" http://www.gazzetta.it/Motori/Formula1/01-10-2009/schumacher-benedice-alonso-501469823401.shtml, Gazzetta.it, 1 ottobre 2009.

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“Non mi pare giusto che voi giornalisti parliate sempre di noi chiamandoci gli svedesi. Siamo tutti diversi, il nostro è un paese lungo come l'Italia. Non credo di avere molto in comune con un tipo come Mats Wilander: ho addirittura abbandonato il rovescio a due mani per non somigliargli.”

Stefan Edberg (1966) tennista svedese

Origine: Citato in Edberg-Wilander, "rivali" svedesi, quei due gentiluomini al Masters http://www.repubblica.it/2009/05/rubriche/racconti-di-sport/clerici-svedesi/clerici-svedesi.html, la Repubblica, 19 maggio 2009)

“Il destino comune a tutti i fondatori di sette o di scuole filosofiche non ha risparmiato il grande Tolstoj.
I suoi discepoli appartengono a tre categorie: gli uni si occupano del loro perfezionamento morale interiore e hanno l'aria di disprezzare ogni attività politica.
Sono questi gli adoratori della lettera della legge.
Gli altri abbandonano i sentieri battuti della vita, la loro posizione privilegiata, rinunciano alla loro fortuna, scendono in basso nella piramide sociale e guadagnano la vita col lavoro fisico. Sono i volontari del fronte del lavoro del genere umano.
Infine gli ultimi, senza abbandonare le loro conoscenze speciali, mettono proprio queste al servizio delle masse popolari. Sono essi i servitori del popolo.
Gli adepti della prima categoria "i puri masticatori della lettera", sono rari nell'ambiente del Maestro. Oltre al perfezionamento personale e interiore, quasi tutti si incaricano di copiare, pubblicare e far leggere gli scritti proibiti. È questa un'attività utile per gli altri.
La seconda categoria ha prodotto molte felici e potenti comunità agricole, coltivatori eccellenti e illuminati in Russia, in America e altrove.
La terza infine dà ai popoli dei servitori e degli amici capacissimi, di una completa devozione e di un assoluto disinteresse.
Tale era il dottor Duscian Makovitzkij, amava i poveri e li curava con devozione, senza posa e quasi sempre gratuitamente.”

Victor Lebrun (1882–1979) scrittore e attivista francese

Origine: Devoto a Tolstoj, pp. 56-57

“Una volta, dopo il tè della sera Tolstoj, che si sentiva male, mi chiamò in camera sua. Alloggiava allora in basso […].
— Che cosa vi preoccupa, ora? A che pensate? — mi domandò, sdraiandosi sul grande divano coperto di tela cerata nera e comprimendosi il fegato malato con la mano passata sotto la cintura.
— A Dio. Cerco di chiarire in me questo concetto.
— In casi simili, mi ricordo sempre della definizione di Matthew Arnold. Ve ne ricordate? «Dio è la cosa eterna, posta al di fuori di noi, che ci conduce e che esige da noi la santità.» Aveva studiato i libri del Vecchio Testamento, e, per quell'epoca, la definizione era sufficiente. Ma, dopo Cristo, bisogna aggiungere che, al contempo, Dio è l'amore.
«Ognuno di noi possiede la propria rappresentazione di Dio. Per i materialisti Dio è la materia, benché ciò sia completamente erroneo; per Kant, è una cosa, per una contadina illetterata è un'altra.» Egli continuava così rispondendo al più completo disappunto che si dipingeva sul mio volto.
— Ma che cos'è questa nozione, se differisce in ciascun individuo? Tutte le altre nozioni sono forse le stesse per tutti!
— Perché? Esiste una moltitudine d'oggetti che gli uomini si rappresentano in modo nettamente diverso.
— Per esempio?
— Ce ne sono quanti ne volete… Ecco, per esempio… prendiamo non foss'altro l'aria: per un fanciullo non esiste; un adulto la conosce, come poter dire ciò?, diciamo che col senso del tatto egli l'aspira; ma per un chimico è tutt'altro.
Il Maestro parlava con voce calma e convincente come si parla con i fanciulli.
— Ma, se si hanno concezioni diverse di questo oggetto, perché, per nominarlo, ci si serve della stessa parola "Dio"? La contadina che lo nomina vuole esprimere una cosa diversa dalla vostra?
— Le nostre concezioni sono diverse, ma hanno anche un certo elemento comune. Per tutti gli uomini, questa parola evoca nella sua essenza una nozione che è comune a tutti loro, ed è perciò che non si può sostituire questa parola con nessun'altra.”

Victor Lebrun (1882–1979) scrittore e attivista francese

pp. 111-113
Variante: Una volta, dopo il tè della sera Tolstoj, che si sentiva male, mi chiamò in camera sua. Alloggiava allora in basso [... ].— Che cosa vi preoccupa, ora? A che pensate? — mi domandò, sdraiandosi sul grande divano coperto di tela cerata nera e comprimendosi il fegato malato con la mano passata sotto la cintura.— A Dio. Cerco di chiarire in me questo concetto.— In casi simili, mi ricordo sempre della definizione di Matthew Arnold. Ve ne ricordate? «Dio è la cosa eterna, posta al di fuori di noi, che ci conduce e che esige da noi la santità.» Aveva studiato i libri del Vecchio Testamento, e, per quell'epoca, la definizione era sufficiente. Ma, dopo Cristo, bisogna aggiungere che, al contempo, Dio è l'amore.<!-- la chiusura di virgolette manca così nel testo -->«Ognuno di noi possiede la propria rappresentazione di Dio. Per i materialisti Dio è la materia, benché ciò sia completamente erroneo; per Kant, è una cosa, per una contadina illetterata è un'altra.» Egli continuava così rispondendo al più completo disappunto che si dipingeva sul mio volto.— Ma che cos'è questa nozione, se differisce in ciascun individuo? Tutte le altre nozioni sono forse le stesse per tutti!— Perché? Esiste una moltitudine d'oggetti che gli uomini si rappresentano in modo nettamente diverso.— Per esempio?— Ce ne sono quanti ne volete... Ecco, per esempio... prendiamo non foss'altro l'aria: per un fanciullo non esiste; un adulto la conosce, come poter dire ciò?, diciamo che col senso del tatto egli l'aspira; ma per un chimico è tutt'altro. Il Maestro parlava con voce calma e convincente come si parla con i fanciulli.— Ma, se si hanno concezioni diverse di questo oggetto, perché, per nominarlo, ci si serve della stessa parola "Dio"? La contadina che lo nomina vuole esprimere una cosa diversa dalla vostra?— Le nostre concezioni sono diverse, ma hanno anche un certo elemento comune. Per tutti gli uomini, questa parola evoca nella sua essenza una nozione che è comune a tutti loro, ed è perciò che non si può sostituire questa parola con nessun'altra.

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“L'infuriare d'una rivoluzione — come tutto ciò che è critico; e nessuno, in un senso o in un altro, vorrà negare che lo stato della lingua italiana d'oggi sia tale — richiede ben altro che la sovrana flemma del teorico. Si voglia imbrigliarla o guidarla, non si avrà da lui più di questo: una volta arrivati a chiudere quel certo particolare problema nel complesso quadro dei suggerimenti attinti da trattati e codici, e trovato quindi, finalmente, come affrontarlo, gli sviluppi avranno cambiato faccia all'intera situazione, così da obbligare a un nuovo studio daccapo, su un nuovo problema particolare. Non rimarrà dunque, come risultato, che assistere passivamente. Ed è ciò che appunto fanno il Migliorini e chi ne segue i princìpi […]. […] Non la glottotecnica, ma il videotecnico (si veda a suo luogo), ha potere sull'italiano dei nostri giorni; cioè il popolo, secondo un ordine o disordine molto più naturale; cioè tutti, nel senso proprio che quest'aggettivo non ha mai avuto quanto oggi: senza distinzione di soggetti, com'è ormai senza distinzione di generi la lingua stessa, l'oggetto. Tutti, dunque, con mano libera sulla lingua di tutti (che non è più né comune né tecnica né letteraria e via dicendo).
Volgo disperso, anche se in begli abiti, quei tutti mancano d'una vera guida; perché manca, come abbiamo visto, l'altro elemento naturale nella fucina della lingua nuova: il poietès, l'artigiano studioso e colto… Se n'è andato, se ne va continuamente ("evadendo"); va e viene secondo il comodo o secondo, diremo meglio, il costume dei tempi. Eppure, c'è chi ancora, contro il sovvertimento d'ogni idea, guarda a lui, alla sua ideale e naturale torretta, aspettando di lì, e non da quella del linguista, i lumi. Giacché una lingua non può far a meno di saldi e disciplinati e meditati esemplari scritti: modelli vivi, che ricompongano, nella città dei parlanti e scriventi, l'armonia fra popolo e maestri.
Maestro di lingua, in ogni tempo, è sempre stato prima di tutti lo scrittore. E gli stessi maestri con titolo, insegnanti d'ogni grado di scuola, l'hanno imparata da. lui, più che dalle università. Da lui sono stati educati; da lui, nella sciatteria e nella "facilità", diseducati.”

Franco Fochi (1921–2007) linguista e saggista italiano

Filologi e scrittori, p. 349
Lingua in rivoluzione

“L'intento di Ščeglov è spiegare l'impressione comune, contraddittoria, che il mondo ovidiano lascia nel lettore: grande varietà e ricchezza, ma insieme grande unità, e parentela fra tutte le cose. Cercando di individuare i fattori che suscitano questa duplice impressione, Ščeglov – eccellente filologo – considera la strana insistenza con cui nel poema vengono usati epiteti che a prima vista possono apparire superflui o ornamentali (lungo serpente, umide paludi ecc.), e nota come questi abbinamenti abbiano invece la precisa funzione di isolare proprietà oggettive, di fissare tratti distintivi mediante concetti geometrici e fisici; e passando alla tecnica delle descrizioni ovidiane, in prima linea quelle delle trasformazioni, ci mostra come la riduzione di ogni fenomeno a un ristretto numero di elementi fondamentali (le proprietà, i tratti distintivi) abbia tutta una catena di effetti: da un lato Ovidio caratterizza non singole cose, ma classi di cose; dall'altro, dato che i concetti geometrici e fisici sono applicabili alle cose piú disparate, tutto diventa commensurabile e quindi riducibile ad altro: e qui appunto è riposto il segreto della facilità con cui le trasformazioni avvengono nel poema e sono da noi accettate, e il mondo per le infinite combinazioni possibili si allarga, e al tempo stesso, però, riportato a un livello unico, ci si presenta come un sistema.”

Piero Bernardini Marzolla (1929–2019) glottologo, filologo e traduttore italiano

Origine: Metamorfosi, p. XXI

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