Frasi su manuale

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema manuale, lavorio, lavoro, fatto.

Frasi su manuale

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“[I giovani italiani soffrono di] inattitudine all'umiltà. […] C'è un pezzo di paese che quando parli di lavoro manuale non capisce. […] Occorre scardinare il sistema Italia, fare una rivoluzione culturale che sia in grado di tirarci fuori dal '68, abbattere i privilegi acquisiti e adeguare la società al mercato del lavoro che cambia.”

Giorgia Meloni (1977) politica e giornalista italiana

Origine: Citato in Rosaria Amato, Occupazione giovanile, piano del governo: "Lavoro manuale, umiltà e contributi volontari" http://www.repubblica.it/economia/2011/01/25/news/piano_giovani_governo-11638990/, Repubblica.it, 25 gennaio 2011.

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“Le donne sono fatte per essere amate, non per essere comprese.”

Oscar Wilde (1854–1900) poeta, aforista e scrittore irlandese

libro Manuale del perfetto impertinente

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“Nella storia dell'uomo, infatti, la fine della vita ha sempre coinciso con l'arresto del battito cardiaco: ogni eroe degno di questo nome è morto perché il suo cuore ha smesso di battere, la letteratura e le opere d'arte ne danno ampia testimonianza così come i vecchi manuali di medicina. […] Con i primi interventi di cardiochirurgia e con l'invenzione della circolazione extracorporea apparve chiaro che la funzione del cuore poteva essere sostituita da un meccanismo artificiale: la persona continuava a vivere senza che il cuore battesse nel torace, purché il cervello continuasse a ricevere il sangue. Molti segnali erano stati registrati dai medici e l'idea che il cervello svolgesse un ruolo determinante per la vita degli esseri umani era già ben consolidata. Partendo da questi presupposti, si sviluppò un dibattito che vide riuniti ad Harvard non solo medici ma anche giuristi, filosofi, esponenti delle religioni perché l'obiettivo era trovare una definizione alla morte che tenesse in considerazione anche gli aspetti etici e il contesto in un dato momento storico. Da Harvard in poi la morte dell'individuo si certifica nel momento in cui sono cessate tutte le funzioni vitali del cervello in maniera irreversibile, quello che viene definito in linguaggio semplificato encefalogramma piatto.”

Ignazio Marino (1955) medico e politico italiano

Origine: Da Un atto irresponsabile http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2008/09/03/un-atto-irresponsabile.html, la Repubblica, 3 settembre 2008, p. 1.

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“Sono ipocondriaco e appena qualcuno parla di un sintomo me lo sento anche io. Nell'estate del 1989, quando ancora ero un giovane traduttore pieno di speranze, tradussi un Manuale della salute femminile. Furono giorni difficili. Leggendo certi sintomi ero sicuro di soffire da anni di cisti ovariche.”

Tommaso Labranca (1962–2016) scrittore, autore televisivo e conduttore radiofonico italiano

Pancioni, 2008
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Variante: Sono ipocondriaco e appena qualcuno parla di un sintomo me lo sento anche io. Nell’estate del 1989, quando ancora ero un giovane traduttore pieno di speranze, tradussi un Manuale della salute femminile. Furono giorni difficili. Leggendo certi sintomi ero sicuro di soffire da anni di cisti ovariche.(Pancioni)

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“Chiunque sia un po' specialista è, a rigor di termini, un idiota.”

Il manuale del rivoluzionario
Uomo e superuomo

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“Che cosa disprezzi? È da questo che ti si conosce veramente.”

dal «Manuale di Muad'Dib», della Principessa Irulan: Ed. Nord, p. 217
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“Tu non sei quello che sembri nei momenti di tristezza. Sei molto di più.”

Paulo Coelho (1947) scrittore brasiliano

da Manuale del guerriero della luce

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“È curioso constatare – ed insisto su questo punto, perché mi sembra di importanza capitale, e perché, pur essendo noto, non mi sembra abbastanza sottolineato – è curioso constatare l'indifferenza pressoché totale del mondo romano per la scienza e la filosofia. Il cittadino romano si interessa alle cose pratiche. L'agricoltura, l'architettura, l'arte della guerra, la politica, il diritto, la morale.
Ma si cerchi in tutta la letteratura latina classica un'opera scientifica degna di questo nome, e non si troverà; un'opera filosofica, ancor meno. Si troverà Plinio, cioè un insieme di aneddoti e racconti da comare; Seneca, cioè un'esposizione coscienziosa della morale e della fisica stoiche, adattate – il che significa semplificate – ad uso del pubblico romano; Cicerone, cioè i tentativi filosofici di un letterato dilettante; o Macrobio, un manuale di scuola elementare.
È veramente stupefacente, se vi si presta attenzione, che i Romani, non producendo nulla essi stessi, non abbiano nemmeno mai sentito il bisogno di procurarsi delle traduzioni. In effetti, al di fuori di due o tre dialoghi platonici (tra cui il Timeo) tradotti da Cicerone – trasduzione di cui non ci è pervenuto nulla – né Platone, né Aristotele, né Euclide, né Archimede sono mai stati tradotti in latino. Almeno nell'età classica. Perché se è vero che lOrganon di Aristotele e le Enneadi di Plotino lo furono, è parimenti vero che in fin dei conti ciò avvenne molto tardi e per opera di cristiani.”

Alexandre Koyré (1892–1964) storico della scienza e filosofo francese

Origine: Scritti su Spinoza e l'averroismo, pp. 63-64

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“Dove si trova la conoscenza? I bambini di solito cominciano con il dare per scontato che l'insegnante possieda la conoscenza e la trasmetta alla classe. Se si creano le condizioni opportune, imparano presto che anche altri componenti della classe potrebbero possedere delle conoscenze, e che queste conoscenze possono essere condivise. (Naturalmente lo sanno fin dall'inizio, ma solo riguardo ad argomenti spiccioli.) In questa seconda fase, la conoscenza esiste nel gruppo – ma in modo inerte. È possibile allora vedere la discussione di gruppo come un modo di creare conoscenza invece che semplicemente come un modo per scoprire chi possiede quali conoscenze?
C'è un ulteriore passo da compiere, che ci porta a toccare uno degli aspetti più profondi della conoscenza umana. Se nessun membro del gruppo "sa" la risposta, dove si può andare a "scovarla"? È il balzo che porta a concepire la cultura come un magazzino, come un deposito di attrezzi o qualcosa di simile. Esistono cose note a tutti gli individui (più di quante essi stessi sappiano); più cose ancora sono conosciute dal gruppo possono essere scoperte tramite una discussione all'interno del gruppo; e molte più ancora sono immagazzinate in qualche altro posto – nella "cultura", per esempio nella testa delle persone più colte, nei manuali, nei libri, nelle mappe e così via. Per definizione, praticamente nessuno in una cultura sa tutto quello che c'è da sapere su di essa. E allora cosa dobbiamo fare quando non sappiamo come andare avanti? E quali sono i problemi che incontriamo nel reperire la conoscenza che ci serve?
Se sappiamo rispondere a questa domanda siamo sulla buona strada per capire cos'è una cultura. Non ci vorrà molto perché un bambino cominci a capire che la conoscenza è potere, o che è una forma di ricchezza, o che è una rete di sicurezza.”

Jerome Bruner (1915–2016) psicologo statunitense

da La cultura dell'educazione, Feltrinelli, Milano, 1997, pp. 64-65

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“[Canaletto] La precisione miracolosa, la purezza incandescente del più piccolo tratto, della più piccola lineetta resteranno, in queste beate pitture, fra i più grandi raggiungimenti di una civiltà al suo culmine. Solo un pittore che era l'erede qualificato di tutta la pittura italiana, poteva arrivare a fondere in una concezione formale d'una così osata perfezione, la prospettiva italiana e l'evidenza di Vermeer. Sarà chiaro ormai come un'altra interpretazione semplicistica da scartare sarebbe quella che facesse discendere unicamente la specialissima ellissi cromatico-luminosa di Canaletto, dal suo impareggiabile virtuosismo di disegnatore e di incisore. Nella progressiva maturazione dello stile di Canaletto […] si è constatato come disegno e pittura non siano che fasi di un'unica visione: né, per il fatto che, cronologicamente, il disegno precede la pittura "finita" corrispondente, si può dedurre questa da quello. Uno era l'artista, una l'intenzione formale. La particolare ellissi stenografica non nasce per ragioni di formula disegnativa, di affidare cioè alla linea tutto il fardello dell'immagine, ma proprio per la inconfondibile necessità spaziale […], per cui luci e ombre, per determinare la visione stereoscopica, devono continuamente avanzare o retrocedere rispetto all'oggetto cui si riferiscono: dissociarsene e scaglionarsi in profondità. Donde qualsiasi modulazione chiaroscurale o plastica deve per forza essere risolta in giustapposizioni, in scaglionamenti, in trapassi secchi. È in quanto che il piccolissimo punto bianco (che poi sarà un naso o un bottone) avanza più del dovuto – per così dire – che nella totalità dell'immagine riuscirà a ristabilire il nesso spaziale, lo spessore dell'oggetto, senza bisogno di termini intermedi. Chi rimprovera ciò a Canaletto non ha capito nulla dell'altissima ricerca formale e non imitativa che ha sempre retto la sua pittura. Senza quella particolare ellissi, senza quella sottile tecnica quasi ad intarsio, né a Vermeer né a Canaletto riuscirebbe di raggiungere la loro inarrivabile spazialità, che è come uno scandaglio nel mare. Non è una spazialità affiorante, non chiede la sua valenza al medium della luce: ma si serve della luce, come per messa a punto definitiva. È in quei punti luminosi, che brillano simili a pagliette, che si ha come la riprova dell'operazione riuscita […]. Altro che naturalismo, obbiettività manuale, inerte virtuosismo ottico. E quelle vedute ideate, come le chiamò lui stesso, che arrivavano fino al capriccio di impianto, allora quasi panniniano, quanto mal celato fastidio hanno sempre dato ai suoi critici, fissi nel volerlo vedere nei suoi panni reali solo quando sembra che copi esattamente dal naturale. […] Che colpo, per chi ambirebbe farne il coscienzioso pre-impressionista, sempre in plein air.”

Cesare Brandi (1906–1988) storico dell'arte, critico d'arte e saggista italiano

Origine: Citato in Canaletto, I Classici dell'arte, a cura di Cinzia Manco, Rizzoli/Skira, Milano, 2003, pp. 181-188.

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“La nuova scuola sarà il luogo del libero lavoro, della libera comunità fra i bambini e di quelli che vorranno aiutare i bambini nella realizzazione dei loro problemi, del loro desiderio di conoscenza e di creazione. Nella nostra scuola non vi sarà posto per nessuna costrizione, per nessuna violenza sull'anima infantile, qual si sia il motivo per cui volesse introdursi. A base di tutto sarà posto l'amore, e un rispetto per la personalità del ragazzo, così profondo come si ha per qualsiasi uomo adulto. I maestri saranno non i superiori, ma i compagni anziani degli alunni… Essi apprezzeranno più di tutto la libera manifestazione dello spirito del ragazzo, il lavoro autonomo della sua mente… Il loro lavoro principale sarà quello di porre un'unità spirituale, una reciproca fiducia, una radicale uguaglianza fra loro e i loro scolari-compagni, senza di che non vi può essere alcun reciproco aiuto nel lavoro di educazione e di formazione. I genitori degli scolari di questa nuova scuola entreranno essi stessi nella vita della scuola, come partecipanti, collaboratori e compagni anziani dei bambini… In questa scuola ci si sforzerà di diroccare i muri che dividono la scuola dalla vita, per fare della scuola, non solo il giardino preparatorio alla vita, ma un luogo di gioia, pieno di interesse e di significato per il ragazzo, una parte viva della sua vita vera… La base sarà il lavoro dell'uomo, quello fisico; il lavoro manuale produttivo non sarà impedito o disprezzato e nemmeno trattato come un giuoco pedagogico; al contrario, sarà fatto tutto il possibile perché i bambini possano soddisfare l'esigenza che ogni uomo ha per questo o quel tipo di operosità più congeniale, mirando ad un lavoro che a mano a mano conduce al lavoro fisico proprio degli uomini, e che prende tutta la vita dell'uomo.”

Origine: Citato in Sergei Hessen, La pedagogia russa del XX secolo, a cura di Luigi Volpicelli, Editrice AVIO, Armando Editore, Roma, 1956, pp. 75-76.

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“Non c'è bisogno di un manuale per bere un eccellente cabernet.”

Massimo Marchiori (1970) matematico e informatico italiano

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“L'unica ginnastica che faccio è la spremitura manuale delle arance.”

Dino Risi (1916–2008) regista italiano

Origine: I miei mostri, p. 115

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“Si discuteva una sera a Jasnaja Poljana della divisione del lavoro. In quel tempo mio padre stava scrivendo il saggio Cosa bisogna fare?, opera colma di appassionata rivolta contro lo sfruttamento dei lavoratori da parte della classe privilegiata, che dimostra l'ingiustizia della cosiddetta «divisione del lavoro».
«Il lavoro manuale è sempre necessario,» diceva, «mentre il più delle volte il nostro lavoro, scientifico o artistico, non serve che a un cerchio ristretto di persone […].»
Il pittore Repin, nostro ospite, l'interruppe:
«Permettete Lev Nikolaevič, una mia osservazione personale. […] Mi capita spesso di vedere operai attaccati ai cavi, che alano parti del battello in costruzione. Un giorno che il pezzo era più pesante del solito, e gli operai sembravano esausti dalla fatica, vidi due di loro staccarsi dal gruppo e saltare sulla trave che stavano trascinando. Con bella voce vigorosa, intonarono un'allegra canzone. La loro energia si comunicò ai compagni che, ritrovate le forze, sentirono meno grave il loro compito.»
«E allora?» chiese mio padre, che aveva ascoltato attentamente e aspettava la conclusione.
«Ebbene,» disse Repin in modo discreto, «penso che debbano pure esistere coloro che confortano la vita dei lavoratori con la loro arte. Hanno un compito da assolvere. Mi sento uno di loro. Voglio essere fra coloro che cantano.»
«Molto bene,» riprese mio padre ridendo. «Il male è che sono in troppi a voler saltare sulla cosa che si sta trascinando e pochi a trascinarla. Il problema è questo!»”

Tat'jana L'vovna Tolstaja (1864–1950) attivista russa

Origine: Anni con mio padre, pp. 199-200

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“L'Enracinement è un testo di sopravvivenza e insieme un manuale di cittadinanza per l'alba di una nuova umanità. Contiene anche numerose proposte pratiche che rimangono attuali […].”

Laure Adler (1950)

Origine: Da L'indomabile: Simone Weil, traduzione di Gian Andrea Franchi, Jaca Book, Milano, 2009, p. 46 http://books.google.it/books?id=PzE3LQBqAJEC&pg=PA46. ISBN 978-88-16-40916-3

“Nel 1999 lo psichiatra Luigi Cancrini firmerà una «Perizia psichiatrica su padre Pio». Scriverà Cancrini: «Una diagnosi psichiatrica relativa al caso di padre Pio non è difficile da proporre. Osservato longitudinalmente, il disturbo di cui ha sofferto padre Pio è, secondo il Dsm IV (il manuale diagnostico preparato dall'Associazione degli psichiatri americani e oggi largamente utilizzato anche in Italia e in Europa), un disturbo istrionico di personalità. Osservato trasversalmente, nelle sue manifestazioni sintomatiche più evidenti, il suo è un disturbo di trance dissociativa. I criteri di ricerca per il disturbo di trance dissociativa sono di ordine sintomatico e culturale. Il primo prevede due diverse condizioni morbose che possono presentarsi, in periodi diversi, nella stessa persona. […] Il secondo criterio, di ordine culturale, pone un problema più generale di rapporto fra questo tipo di esperienza e i luoghi sociali in cui esso si manifesta. […] È intorno a storie del tipo di questa che si definiscono, ancora oggi, sentimenti di appartenenza, visioni del mondo, forme del giudizio capaci di influire profondamente sui comportamenti collettivi. La diffusione e la santificazione di un sentimento religioso affascinato dalle imprese (sintomi) di un santo (persona con gravi disturbi personali) significa, da questo punto di vista, promozione e diffusione tra i fedeli di una credenza che molti pensavano superata: il male del mondo, si legge nella vita di padre Pio, è opera del diavolo e delle tentazioni cui un grande scommettitore (Dio) esporrebbe la creatura uomo semplicemente per vedere se a esse sarà in grado di resistere; credenza medievale dal punto di vista della collocazione storica, primitiva e un po' perversa dal punto di vista dell'organizzazione psicologica di chi la provoca o la condivide e che non è mai stata negata apertamente, tuttavia, dalla Chiesa di Roma […].»”

Origine: [nota dell'autore] Cfr. "MicroMega", n.° 3/99, giugno-settembre 1999.
Origine: Santo impostore, pp. 51-52

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“Le scrittrici, nei manuali e nelle antologie, praticamente non esistono (e per di più, spesso, vengono relegate in un capitolo a parte, come se vivessero, o fossero vissute, in un mondo parallelo, tutto femminile). Insomma, nel regno della letteratura "canonica", le scrittrici sono ancora "il secondo sesso."”

Maria Rosa Cutrufelli (1946) scrittrice e giornalista italiana

Origine: Dall'intervista inclusa in Narrativa, n. 37, Femminismi: teoria, critica e letteratura nell'Italia degli anni 2000, Presses Universitaires de Paris Ouest, 2015. ISBN 2-907335-233-9

“Le critiche che Brancaccio muove al manuale di Blanchard hanno il merito di mostrare la non univocità delle possibili rappresentazioni analitiche della realtà economica.”

Marcello Messori (1950) economista italiano

Origine: Dalla presentazione di Anti-Blanchard. Un approccio comparato allo studio della macroeconomia, Franco Angeli, Milano, 2012.

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“[Simone Weil] Accusata di tradimento dalla sinistra, fraintesa dalla destra, dimenticata dai manuali di filosofia. Eppure è uno dei maggiori pensatori del secolo.”

Alfonso Berardinelli (1943) critico letterario e saggista italiano

Origine: Da Simone Weil: La rivoluzione solitaria https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1998/gennaio/04/SIMONE_WEIL_rivoluzione_solitaria_co_0_9801043261.shtml, Corriere della Sera, 4 gennaio 1998, p. 25.

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“[Riguardo il ddl sulle unioni civili] Credo che questa maggioranza stia ottenendo esattamente la legge che voleva fin dall'inizio e, dopo tutto, credo pure il popolo italiano, nella sua media. Ma non c'è da stupirsi, perché noi abbiamo in casa il Vaticano. Quando tu hai in casa una religione, ben difficilmente riesci a muoverti in modo indipendente. Tutte le religioni, infatti, checché se ne dica, non sono né democratiche né libertarie. Sono religioni, prevedono un pensiero unico, con tanto di manuale, stile servizio militare: esattamente come nel servizio militare, devi fare determinate cose. Alla fine, quindi, questo è.”

Carlo Martelli (1966) accademico e politico italiano

Origine: Citato nel resoconto stenografico della seduta n. 582 del 25 febbraio 2016 http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Resaula&leg=17&id=00965977&part=doc_dc-ressten_rs-ddltit_rdddddl2081ecddcdfeducedqdf:3-intervento_airolam5s&parse=no; Senato della Repubblica – XVII Legislatura, Roma, 25 febbraio 2016. Video disponibile su YouTube.com https://www.youtube.com/watch?v=YYLvSeOpdJY

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“Quella mattina pioveva e grandinava sui vetri dell'aula di seconda liceo, sezione C, liceo-ginnasio Cassini, Sanremo. Eravamo trentuno studenti in quella classe. I ripetenti quattro o cinque, confinati negli ultimi banchi come si usava allora.
Ma lo ricordo quel temporale, a Sanremo capitava di rado, c'era un clima un po' speciale, infatti le famiglie facoltose di Torino e di Milano rivenivano a svernare per sopportare meglio gli acciacchi. E per giocare al Casinò.
Me lo ricordo perché quel giorno ci fu uno degli incontri importanti della mia adolescenza: l'insegnante di filosofia, che teneva lezione due volte alla settimana, aveva preannunciato il tema nella lezione precedente. Aspettò chela grandine finisse e tornassimo a sederci ai nostri banchi. Poi cominciò a parlare di Cartesio: la vita, la morte, le opere di geometria, di matematica, di filosofia, il suo tempo. Disse che Cartesio era, nella storia delle idee, un punto di arrivo e anche una ripartenza con tante biforcazioni. Insomma un crocevia dal quale comincia la modernità. «Se non capite Cartesio non capirete niente di quello che è venuto dopo e non capirete niente di voi stessi e del mondo che vi circonda».
Ci mise molto calore in quella perorazione, non l'aveva mai fatto con gli altri filosofi che già avevamo studiato con lui sul manuale del Lamanna. Forse con Socrate l'anno prima, ma non con quelle parole e quel tono che sembrava voler coinvolgere la vita di ciascuno di noi.
E mio compagno di banco alzò la mano. «Dica pure», disse il docente che, insieme al prete che insegnava italiano e latino, rifiutava di usare il "voi" prescritto dal regime. «Secondo lei, professore, chi non fa il liceo e nemmeno sa che è esistito un certo Cartesio non potrà dunque dare nessun senso alla sua vita?».
Ci fu un gran silenzio in classe, perfino i ripetenti degli ultimi banchi in qualche modo chiamati in causa da quella domanda si fecero attenti. n professore guardò fisso il mio compagno e ricordo che rispose con una domanda: «Lei, Calvino, ha già trovato il senso della sua vita?»”

Eugenio Scalfari (1924) giornalista, scrittore e politico italiano

cap. II, La gabbia dell'io, p. 20
L'uomo che non credeva in Dio

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“Mentire vuol dire fare l'amore con la verità. In una parola: fotterla.”

Flavio Pagano (1962) scrittore e giornalista italiano

da Manuale del perfetto bugiardo

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“Il diritto internazionale esiste soltanto nei manuali di diritto internazionale.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco

International law exists only in textbooks on international law.
La citazione, spesso attribuita ad Einstein, venne pronunciata in realtà da Ashley Montagu mentre intervistava lo scienziato.
Origine: Citato in Pensieri di un uomo curioso, p. 171.
Origine: Montagu, Conversations with Einstein, Science Digest, luglio 1985; Denis Brian, The Voice of Genius: Conversations with Nobel Scientists and Other Luminaries, Basic Books, 2008, p. 346 https://books.google.it/books?id=x1BYMA-8oq8C&pg=PA346 e The Ultimate Quotable Einstein, p. 473 https://books.google.it/books?id=G_iziBAPXtEC&pg=PA473

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“Il nostro intero popolo, il nostro Esercito Rivoluzionario, tutti i nostri quadri e i nostri soldati vivono in un sistema collettivo attraverso un sistema d'appoggio comunale, che viene migliorato giorno dopo giorno. Questo è un passo vittorioso verso la soluzione delle contraddizioni tra le città e la campagna, tra gli operai e i contadini, tra i lavoratori manuali e intellettuali, tra i quadri e le masse, tra l'infrastruttura economica e la sovrastruttura.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

Variante: Il nostro popolo intero, il nostro Esercito Rivoluzionario, tutti i nostri quadri e i nostri soldati vivono in un sistema collettivo attraverso un sistema d'appoggio comunale, che si migliora giorno dopo giorno. Questo è un passo vittorioso verso la soluzione delle contraddizioni tra le città e la campagna, tra gli operai e i contadini, tra i lavoratori manuali e gli intelettuali, tra i quadri e le masse, tra l'infrastruttura economica e la superstruttura.

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“La signorina de Bauret si sentiva portata alle lettere e alle arti, ma la sua cultura letteraria aveva come punto di partenza la fine del XIX secolo: in una parola non esisteva. La ragazza vedeva e spiegava il cosmo attraverso le manie di qualche autore alla moda; per esempio credeva sinceramente che, bambino, l'uomo è innamorato della madre; o, se qualcuno confessava d'aver avuto voglia di spingere un passante sotto il tram, ella diceva: "Avete letto troppe volte le Nourritures terrestres"; al che l'altro spalancava tanto d'occhi, ignorando, beninteso, perfino il titolo del libro. Proclamava che un pagliaccio del cinema a nome Charlot era un genio. Quando si abbandonava a una fantasticheria, la chiamava "monologo interiore". Quando de Coantré le diceva che lo zio Octave non voleva guardare in faccia la realtà, ella traduceva nel suo gergo: "Non vuol sottomettersi all'oggetto". Eccetera. A venticinque anni tale infantilismo spirituale le conferiva quella sorta d'imbecillità caratteristica del sedicenne che comincia a studiare filosofia e scopre l'anima umana e l'umano pensiero nei manuali di Paulin Malapert. Inutile dire che in politica la signorina de Bauret aveva idee progressiste. L'autentica tara della signorina de Bauret, tara in parte dell'età e in parte dell'epoca, consisteva nel fatto che per lei novità era sinonimo di valore. È questo un indice sicuro di barbarie.”

Origine: Gli scapoli, pp. 88-89