Frasi su sentenza

Una raccolta di frasi e citazioni sul tema sentenza, stato, essere, vita.

Frasi su sentenza

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“All'età di diciannove anni per mia sola deliberazione ed a mie spese formai un esercito con il quale restituii la libertà alla repubblica dominata e oppressa da una fazione. Per questo il senato con decreti mi accolse nell'ordine suo attribuendomi il diritto di esprimere fra i consolari la mia sentenza e mi conferì il comando militare; e ordinò che io provvedessi, in qualità di pretore, insieme con i consoli, affinché lo stato non patisse danno. Il popolo in quell'anno medesimo mi fece console, essendo in guerra entrambi i consoli caduti, e triumviro con l'incarico di riordinare la repubblica.
Quelli che il mio padre trucidarono mandai in esilio punendo il loro delitto con procedimenti legali; e movendo poi essi guerra alla repubblica li vinsi due volte in battaglia. Guerre per terra e per mare civili ed esterne in tutto il mondo combattei spesso; e vincitore lasciai in vita tutti quei cittadini che implorarono grazia. Quasi cinquecentomila cittadini romani in armi sotto le mie insegne; dei quali più di trecentomila inviai in colonie o rimandai nei loro municipi, compiuto il servizio militare; e a essi tutti assegnai terre o donai denaro in premio del servizio.
Due volte ricevette l'onore trionfale dell'ovazione e tre curili trionfi celebrai; e fui ventuno volte acclamato imperator, pur decretando altri numerosi trionfi a me il senato, ai quali tutti io rinunziai. […] Triumviro per riordinare lo stato fui per dieci anni continui. Princeps senatus fui fino al giorno in cui scrissi queste memorie per anni quaranta. E fui pontefice massimo, augure, quidecemviro alle sacre cerimonie, settemviro degli epuloni, fratello arvale, sodale Tizio, feziale. […] Nel mio sesto e settimo consolato, dopo di aver estinto l'avvampare delle guerre civili, avendo io per consenso universale assunto il potere supremo, trasferii dalla mia persona al senato e al popolo romano il governo della repubblica. Per questo mio atto, in segno di riconoscenza, mi fu dato il titolo di Augusto per deliberazione del senato. Dopo di allora tutti sovrastai per autorità, ma potere non ebbi più ampio di quelli che in ogni magistratura mi furono colleghi.”

Augusto (-63–14 a.C.) primo imperatore romano antico

da Res gestae divi Augusti

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“Che cosa terribile quando il giudice equo dà una sentenza iniqua.”

Sofocle (-496–-406 a.C.) tragediografo ateniese

Antigone

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“Sono trascorsi molti anni, ma ricordo come se fosse ieri. Ero giovanissimo, avevo l'illusione che l'intelligenza umana potesse arrivare a tutto. E perciò m'ero ingolfato negli studi oltre misura. Non bastandomi la lettura di molti libri, passavo metà della notte a meditare sulle questioni più astruse. Una fortissima nevrastenia mi obbligò a smettere; anzi a lasciare la città, piena di tentazioni per il mio cervello esaurito, e a rifugiarmi in una remota campagna umbra. Mi ero ridotto a una vita quasi vegetativa: ma non animalesca. Leggicchiavo un poco, pregavo, passeggiavo abbondantemente in mezzo alle floride campagne (era di maggio), contemplavo beato le messi folte e verdi screziate di rossi papaveri, le file di pioppi che si stendevano lungo i canali, i monti azzurri che chiudevano l'orizzonte, le tranquille opere umane per i campi e nei casolari. Una sera, anzi una notte, mentre aspettavo il sonno, tardo a venire, seduto sull'erba di un prato, ascoltavo le placide conversazioni di alcuni contadini lì presso, i quali dicevano cose molto semplici, ma non volgari né frivole, come suole accadere presso altri ceti. Il nostro contadino parla di rado e prende la parola per dire cose opportune, sensate e qualche volta sagge. Infine si tacquero, come se la maestà serena e solenne di quella notte italica, priva di luna ma folta di stelle, avesse versato su quei semplici spiriti un misterioso incanto. Ruppe il silenzio, ma non l'incanto, la voce grave di un grosso contadino, rozzo in apparenza, che stando disteso sul prato con gli occhi volti alle stelle, esclamò, quasi obbedendo ad una ispirazione profonda: «Com'è bello! E pure c'è chi dice che Dio non esiste». Lo ripeto, quella frase del vecchio contadino in quel luogo, in quell'ora: dopo mesi di studi aridissimi, toccò tanto al vivo l'animo mio che ricordo la semplice scena come fosse ieri. Un eccelso profeta ebreo sentenziò, or sono tremil'anni: «I cieli narrano la gloria di Dio». Uno dei più celebri filosofi dei tempi moderni scrisse: «Due cose mi riempiono il cuore di ammirazione e di reverenza: il cielo stellato sul capo e la legge morale nel cuore.»”

Enrico Fermi (1901–1954) fisico italiano

Quel contadino umbro non sapeva nemmeno leggere. Ma c'era nell'animo suo, custoditovi da una vita onesta e laboriosa, un breve angolo in cui scendeva la luce di Dio, con una potenza non troppo inferiore a quella dei profeti e forse superiore a quella dei filosofi.
Origine: Cfr. Immanuel Kant: «il cielo stellato sopra di me, e la legge morale in me».
Origine: Citato in M. Micheli, Enrico Fermi e Luigi Fantappié: Ricordi personali, Responsabilità del sapere, 31, 1979, pp. 21-23.

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“Ma il pensiero incomincerà solo quando si renderà conto che la ragione glorificata da secoli è la più accanita nemica del pensiero.”

La sentenza di Nietzsche «Dio è morto», La Nuova Italia, Firenze 1979, p. 246
Sentieri interrotti

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“Ha una brutta faccia» sentenziò.
«Indigestione» replicai.
«Di cosa?»
«Di realtà”

El juego del ángel
Il gioco dell'angelo
Variante: «Ha una brutta faccia» sentenziò.
«Indigestione» replicai.
«Di cosa?»
«Di realtà»

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“Di qui la nota sentenza di Ippocrate: Il più efficace dei medici è quello in cui molti hanno fede, in quanto liga molti, o coll'eloquio, o con l'aspetto, o con la notorietà. Ciò riguarda non solo il medico, ma anche ogni genere di mago, e quale che sia il titolo di potere, perché chi opera ligature difficilmente con altri mezzi potrà suscitare l'immaginazione.
Ed i teologi credono ed ammettono e predicano su colui che per sé può compiere ogni cosa, ma che non era in grado di curare quelli che non avevano fede in lui, e l'esauriente spiegazione di simile impotenza va riportata all'immaginazione, che egli non fu in grado di ligare; i famigliari, infatti, cui la sua modesta origine ed educazione erano note, spregiavano ed irridevano il medico e il profeta: di qui il proverbio Nessun profeta è riconosciuto nella sua terra.
È dunque più facile, per qualcuno, ligare colui che è meno noto, per mezzo dell'opinione e della disponibilità della fede, per la quale la potenza dell'anima si predispone in una certa maniera, si apre, si esplica, come se, per accogliere il sole, aprisse finestre che in altro frangente manterrebbe sigillate, e vien dato accesso a quelle impressioni che l'arte del ligatore esige, onde imporre successive ligature, come la speranza, la compassione, il timore, l'amore, l'odio, l'indignazione, l'ira, la gioia, la pazienza, lo spregio della vita, della morte, della fortuna, e tutti gli altri affetti, le cui forze dall'anima trasmigrano nel corpo, per modificarlo.”

Giordano Bruno (1548–1600) filosofo e scrittore italiano

2000, pp. 91-93

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“Rosie, domani torno a Boston, ma prima di partire volevo scriverti questa lettera. Tutti i pensieri e i sentimenti che mi ribollivano dentro traboccano finalmente dalla penna; ti lascio queste poche righe perché tu non abbia la sensazione che io ti voglia in qualche modo fare pressione. Mi rendo conto che avrai bisogno di tempo per valutare quello che sto per dirti. So bene che cosa ti sta succedendo, Rosie. Tu sei la mia cara amica e io vedo chiaramente la tristezza nei tuoi occhi. So che Greg non è via per lavoro, questo fine settimana. Tu non sei mai riuscita a mentirmi. Sei negata. I tuoi occhi ti tradiscono sempre. Non fingere che tutto vada benissimo, perché io vedo che non è così. Vedo che Greg è un egosita che non ha la minima idea della fortuna che ha, e questo mi fa stare male. È l'uomo più fortunato al mondo ad avere te, Rosie, ma non ti merita e tu meriti molto di più. Ti meriti qualcuno che ti ami con tutto il cuore, qualcuno che pensi a te costantemente, qualcuno che passi ogni minuto di ogni giorno a domandarsi che cosa stai facendo, dove sei, con chi sei, se stai bene. Hai bisogno di qualcuno che ti possa aiutare a realizzare i tuoi sogni e che sia in grado di proteggerti dalle tue paure. Hai bisogno di qualcuno che ti tratti con rispetto, che ami tutto di te, soprattutto i tuoi difetti. Dovresti avere accanto qualcuno che ti possa rendere felice, davvero felice, spensieratamente felice. Qualcuno che avrebbe dovuto cogliere l'occasione di stare con te tanti anni fa invece di lasciarsi prendere dal panico e sentirsi troppo spaventato per tentare. Io non ho più paura, Rosie. Non ho paura di tentare. Ora sono certo di sapere che cosa ho provato al tuo matrimonio: gelosia. Mi sono sentito il cuore andare a pezzi nel vedere la donna che amo voltarmi le spalle e avviarsi lungo la navata al fianco di un altro uomo, un uomo con il quale lei contava di trascorrere il resto della vita. Per me è stata come una sentenza di condanna a vita: gli anni mi si stendevano davanti e io ero riuscito a dirti i miei sentimenti o a stringerti tra le braccia come avrei desiderato. Per ben due volte siamo stati l'uno accanto all'altra sull'altare, Rosie. Per ben due volte. E per ben due volte abbiamo sbagliato. Avevo bisogno che tu fossi presente il giorno del mio matrimonio, ma ero troppo stupido per capire che avevo bisogno che tu fossi la ragione del mio matrimonio. Non avrei mai dovuto permettere che le tue labbra si staccassero dalle mie, tanti anni fa a Boston. Non avrei mai dovuto allontanarmi. Non avrei dovuto lasciarmi prendere dal panico. Non avrei dovuto sprecare tutti questi anni senza di te. Dammi la possibilità di recuperare il tempo perduto. Ti amo, Rosie, e voglio stare con te, con Katie e con Josh. Per sempre. Ti prego, pensaci. Non perdere tempo con Greg. Ora tocca a noi. Smettiamola di avere paura e cogliano questa occasione. Ti prometto che ti renderò felice.
Con tutto il mio amore, Alex”

Scrivimi ancora

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“Dipendesse da me, il crocifisso resterebbe appeso nelle scuole. E non per le penose ragioni accampate da politici e tromboni di destra, centro, sinistra e persino dal Vaticano. Anzi, se fosse per quelle, lo leverei anch'io. […] Se dobbiamo difendere il crocifisso come "arredo", tanto vale staccarlo subito. Gesù in croce non è nemmeno il simbolo di una "tradizione" (come Santa Klaus o la zucca di Halloween) o della presunta "civiltà ebraico-cristiana" (furbesco gingillo dei Pera, dei Ferrara e altri ateoclericali che poi non dicono una parola sulle leggi razziali contro i bambini rom e sui profughi respinti in alto mare). Gesù Cristo è un fatto storico e una persona reale, morta ammazzata dopo indicibili torture, pur potendosi agevolmente salvare con qualche parola ambigua, accomodante, politichese, paracula. È, da duemila anni, uno "scandalo" sia per chi crede alla resurrezione, sia per chi si ferma al dato storico della crocifissione. L'immagine vivente di libertà e umanità, di sofferenza e speranza, di resistenza inerme all'ingiustizia, ma soprattutto di laicità ("date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio") e gratuità ("Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno"). Gratuità: la parola più scandalosa per questi tempi dominati dagli interessi, dove tutto è in vendita e troppi sono all'asta. Gesù Cristo è riconosciuto non solo dai cristiani, ma anche dagli ebrei e dai musulmani, come un grande profeta. Infatti fu proprio l'ideologia più pagana della storia, il nazismo – l'ha ricordato Antonio Socci – a scatenare la guerra ai crocifissi. È significativo che oggi nessun politico né la Chiesa riescano a trovare le parole giuste per raccontarlo. […] Basterebbe raccontarlo a tanti ignorantissimi genitori, insegnanti, ragazzi: e nessuno – ateo, cristiano, islamico, ebreo, buddista che sia – si sentirebbe minimamente offeso dal crocifisso. Ma, all'uscita della sentenza europea, nessun uomo di Chiesa è riuscito a farlo. Forse la gerarchia è troppo occupata a fare spot per l'8 per mille, a batter cassa per le scuole private e le esenzioni fiscali, a combattere Dan Brown e Halloween, e le manca il tempo per quell'uomo in croce. Anzi, le mancano proprio le parole. Oggi i peggiori nemici del crocifisso sono proprio i chierici. E i clericali.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

da Ma io difendo quella croce, 5 novembre 2009
Il Fatto Quotidiano

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“Quanto giusta pensate che sia | una sentenza che decreta morte?”

Fabrizio De André (1940–1999) cantautore italiano

da Recitativo, n.° 9

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“È stata emessa una sentenza incredibile, di una violenza mai vista né sentita prima, per cercare di eliminarmi dalla vita politica di questo Paese. Non è soltanto una pagina di malagiustizia, è un'offesa a tutti quegli italiani che hanno creduto in me e hanno avuto fiducia nel mio impegno per il Paese. Ma io, ancora una volta, intendo resistere a questa persecuzione.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

riferito alla sentenza di condanna in primo grado al processo Ruby
2013
Origine: Citato in Berlusconi, sentenza violenta, io resisto http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2013/06/24/Berlusconi-sentenza-violenta-io-resisto_8922495.html, Ansa.it, 24 giugno 2013.

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“[Su Calciopoli] Ingiusti­zia perpetrata da una giuria creata ad hoc, che ha emesso una sentenza la quale interpretava un diffuso sentimento popo­lare. Cioè una sentenza fatta al bar sport invece che in un tribunale.”

Piero Ostellino (1935–2018) politologo e giornalista italiano

Origine: 2008; citato in Ostellino: «Avete visto? Calciopoli era tutta una farsa» http://www.tuttosport.com/calcio/serie_a/juventus/2010/03/25-61249/Ostellino%3A+%C2%ABAvete+visto%3F+Calciopoli+era+tutta+una+farsa%C2%BB, Tuttosport.com, 25 marzo 2010.

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“Non ti fidar mai d'una persona, che tu abbia offeso perché è verissima la sentenza, che l'offeso non perdona mai.”

Filiberto Gherardo Scaglia (1561–1619) conte di Verrua

LXIV
Avvertimenti politici per quelli che vogliono entrare in corte del signor conte di Verrua

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“Chi scrive in sangue e sentenze, non vuol essere letto ma imparato a mente.”

Friedrich Nietzsche (1844–1900) filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco

Del leggere e scrivere

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“L'ammirazione sfrenata con cui troppe persone circondano Voltaire è il segno infallibile d'un animo corrotto. Che non ci s'illuda: se qualcuno, percorrendo la propria biblioteca, si sente attratto verso le Œuvres de Ferney, Dio non lo ama affatto. Spesso ci si è presi gioco dell'autorità ecclesiastica che condanna i libri in odium auctoris; in verità niente è più giusto di ciò: rifiutate gli onori a colui che abusa del suo genio. Se questa legge fosse severamente osservata, si vedrebbero rapidamente sparire i libri avvelenati; ma poiché non dipende da noi promulgarla, guardiamoci almeno dal piombare nell'eccesso ben più reprensibile dell'esaltare senza misura scrittori colpevoli, e, tra questi, soprattutto Voltaire. Egli ha pronunciato contro se stesso, senza accorgersene, una sentenza terribile, affermando che uno spirito corrotto non fu mai sublime. Non c'è nulla di più vero, giacché Voltaire, con i suoi cento volumi, non fu mai più che spiritoso; faccio eccezione delle tragedie, dove la natura dell'opera lo costrinse ad esprimere dei nobili sentimenti estranei al suo carattere; ma anche sul palco, su cui trionfa, egli non riesce ad ingannare gli spettatori più sagaci. Nei suoi pezzi migliori, egli rassomiglia ai suoi due grandi rivali, come il più abile ipocrita rassomiglia ad un santo.”

Joseph De Maistre (1753–1821) filosofo, politico e diplomatico italiano

Les Soirées de Saint-Pétersbourg, in Œuvres complètes, Lyon, 1891<sup>3</sup>, tomo IV, pp. 206-210
Le serate di San Pietroburgo

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“Le teorie generali e il nulla sono, presso a poco, la stessa cosa.”

Ferdinando Galiani (1728–1787) economista

da Sentenze e motti di spirito, a cura di Marco Catucci, Salerno, 1991

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“Rispetto e amicizia per Cuffaro che si è costituito a Rebibbia, i democristiani rispettano le istituzioni, anche quando vengono gettati nella polvere. Che sia di lezione per le vergogne di chi rifiuta giudizi e sentenze.”

Mario Adinolfi (1971) giornalista, politico e giocatore di poker italiano

Origine: Da un post http://www.facebook.com/Mario.Adinolfi.giornalista/posts/176835465685697 su Facebook.com, 22 gennaio 2011.

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“[Dopo la sentenza in primo grado nel processo penale dello Scandalo del calcio italiano del 2006 a Napoli, nel 2011] Le sentenze in linea di massima (cfr. il casino su Amanda Knox…) si rispettano, e se ne attendono le motivazioni: questo penso e questo farei se non vedessi un rischio preciso nella pesantissima, delicata e sorprendente sentenza di condanna del Tribunale di Napoli per Moggi e compagni. Non vorrei cioè che essa fosse un macigno a chiudere, invece che un argomento di riflessione. […] Machete adoperato a Napoli. Benissimo: la forza di gravità nei due sensi porta in basso e questo è il segnale che arriva dalla sentenza. Da un lato però mi basterebbe poter pensare che tutta questa vicenda fosse rimasta all'interno del recinto giudiziario, della verità processuale intendo, senza altre valutazioni politiche, o di opportunità ambientale, o di messaggio pubblico ecc. Con una sentenza opposta sarebbe crollato il potere istituzionale, non dimentichiamocelo (Figc, Alta corte del Coni ecc.). Dall'altro che se non sono state prese in considerazione altre prove finora, venga fatto nei successivi gradi di giudizio. Più verità, non un target prescelto. Senza cioè lasciare l'impressione che Moggi, bollato come l'Al Capone del calcio, sia servito perfettamente da tappo a una bottiglia di pessimo liquore per l'ubriacatura pubblica, finendo in un trappolone: sarebbe un rischio ancora peggiore.”

Oliviero Beha (1949–2017) giornalista, scrittore e saggista italiano

citato in "A Napoli con il machete" http://ilfattoquotidiano.it/2011/11/10/a-napoli-con-il-machete/169668/, il Fatto Quotidiano.it, 10 novembre 2011

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“[Sulla sentenza in primo grado e la polarizzazione dello Scandalo del calcio italiano del 2006 a Napoli, nel 2011] […] L'Inter e i suoi tifosi vivono questa sentenza come una vittoria: ladroni gli juventini di quel ciclo trionfale, sconfitti ma onesti e rivalutati dalle sentenze gli interisti, rimuovendo la montagna di telefonate colpevolizzanti uscite fuori negli ultimi tre anni per cui mesi fa lo stesso Procuratore Federale Palazzi, il Torquemada del 2006, aveva prescritto l'Inter dicendone però il peggio. Curioso: Palazzi va bene o male a sentenze alterne, il tifo è fatto così. Fossero stati assolti a Napoli Moggi e co. […], sarebbe stata festeggiata come una vittoria della Juve contro l'Inter. E questo tifo si è riverberato su giornali e su giornalisti. Dio solo sa, e chi mi segue su Il Fatto quotidiano può verificarlo, la fatica e l'avversione che mi è costata una battaglia per la verità sull'argomento, dopo trent'anni passati anche a focalizzare il marcio del pallone mentre altri erano occupati magari a prendere soldi o regali oppure anagraficamente le merendine. C'è gente che rilutta o recalcitra a prendere atto non della santità di Moggi, per carità di Dio, ma del reale stato degradato del calcio italiano: è più facile sparare su Lucky o Licio Moggi –come lo chiamavo al tempo del suo potere, articoli e libri alla mano– che chiamare in causa le istituzioni sportive. (citato in [http://notizie.tiscali.it/opinioni/Beha/2130/articoli/La-presa-per-i-fondelli-di-Calciopoli-tutto-ridotto-al-tifo-per-Inter-e-Juventus-con-il-concorso-dei-media.html "La presa”

Oliviero Beha (1949–2017) giornalista, scrittore e saggista italiano

per i fondelli) di Calciopoli: tutto ridotto al tifo per Inter e Juventus, con il concorso dei media"], Notizie.tiscali.it, 12 novembre 2011

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“[Sul legame tra lo Scandalo del calcio italiano del 2006 e quello del 2011] Senza indulgere su un fatto emerso come notorio durante il processo, cioè che il Presidente del Collegio, Teresa Casoria, riteneva tale processo penalmente una buffonata e invece i due giudici a latere, con le quali era in conflitto, pensavano il contrario, con l'esito di risultare maggioranza nella determinazione della sentenza, le motivazioni in 558 pagine si riassumono così. 1) Campionati non alterati (quindi scudetti tolti ingiustamente alla Juve…), partite non truccate, arbitri non corrotti, indagini condotte non correttamente dagli investigatori della Procura (intercettazioni dei carabinieri risultate addirittura manipolate nel confronto in Aula). 2) Le Sim, le schede telefoniche estere che Moggi ha distribuito a qualche arbitro e ai designatori, sarebbero la prova del tentativo di alterare e di condizionare il sistema, pur senza la dimostrazione effettiva del risultato truccato. 3) L'atteggiamento di Moggi, da vero boss "telefonico", è invasivo anche quando cerca di condizionare Federcalcio e Nazionale, vedi telefonate con Carraro e Lippi. 4) Che queste telefonate e questa promiscuità "mafiosa" o "submafiosa" o tesa a "fare associazione per delinquere" risultassero costume comune nell'ambiente come risulta evidente, non assolve Moggi e C.: e dunque ecco la condanna. […] Infine il punto 1), la cosiddetta parte positiva delle motivazioni, cioè nei fatti tutto regolare. E allora lo scandalo di "Scommettopoli”

Oliviero Beha (1949–2017) giornalista, scrittore e saggista italiano

lo scandalo del calcio italiano del 2011, ndr. ] in cui sta uscendo che nel suo complesso il campionato 2010-2011 a colpi di trucchi è da considerarsi davvero e decisamente irregolare? Lo dice per ora il Procuratore Capo di Cremona, Di Martino, mentre la giustizia sportiva prende tempo come sempre, ma temo che presto lo ribadiranno in parecchi, a meno che non venga messo tutto a tacere. Con buona pace di chi vuole la verità e pensa che Moggi sia oggettivamente diventato il "capro espiatorio". Il quadro dell'informazione che non indaga, non analizza, non confronta e si schiera per ignoranza o partito preso così vi sembra leggermente più chiaro? (Citato da "Il "caso Moggi" e le colpe della stampa: non fa inchieste, (di)pende dai verbali, non sa leggere le sentenze", notizie. tiscali. it, 7 febbraio 2012)

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“Più che una calciopoli si è trattata di un arbitropoli, almeno da quanto emerso dalle ultime sentenze. La responsabilità oggettiva è a mio avviso un male necessario dello sport. Il comportamento dei dirigenti della Juventus non macchia il valore della società, ma i dirigenti bianconeri sbagliano a considerare propri 29 Scudetti.”

Franco Carraro (1939) dirigente sportivo e politico italiano

citato in Carraro torna su Calciopoli e va giù duro con le 'giacchette nere': "Fu un 'Arbitropoli'. La Juve? Ha 27 scudetti. Altrimenti anche l'Inter può chiedere quello del rigore di Ronaldo e la Roma quello del goal di Turone..." http://www.goal.com/it/news/240/calciopoli/2011/12/16/2805851/carraro-torna-su-calciopoli-fu-un-arbitropoli-nel-2004, goal.com, 16 dicembre 2011

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“[Nel 2005 dopo la sentenza in primo grado del processo ordinario per abuso di farmaci] La società bianconera non è stata condannata per doping… nei cinque anni a cui si fa riferimento i giocatori della Juventus hanno subito controlli e non sono mai risultati positivi.”

Franco Carraro (1939) dirigente sportivo e politico italiano

citato in FIGC. Carraro: «Juve non condannata per doping» http://www.sport.it/news/figc-carraro-juve-non-condannata-per-doping/, sport.it, 4 marzo 2005

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“Questo c'è di buono", notò, "che non si soffre a lungo quando la testa viene troncata."
"Così dicono tutti, e perciò hanno inventato quella così detta ghigliottina. A me invece balenò allora il sospetto: e se invece è quello il colmo della sofferenza? Questo vi parrà strano, vi farà ridere… eppure… Prendiamo, per esempio, la tortura: strazio, piaghe, scricchiolio di ossa, dolore materiale insomma, che distrae la vittima dalle sofferenze morali, fino a che non venga la morte. Ma il dolore principale, il più forte, non è già quello delle ferite; è invece la certezza, che fra un'ora, poi fra dieci minuti, poi fra mezzo minuto, poi ora, subito, l'anima si staccherà dal corpo, e che tu, uomo, cesserai irrevocabilmente di essere un uomo. Questa certezza è spaventosa. Tu metti la testa sotto la mannaia, senti strisciare il ferro, e quel quarto di secondo è più atroce di qualunque agonia. Questa non è una mia fantasia: moltissimi ci sono che pensano come me. E ve ne dico anche un'altra. Uccidere chi ha ucciso è, secondo me, un castigo non proporzionato al delitto. L'assassinio legale è assai più spaventoso di quello perpetrato da un brigante. La vittima del brigante è assalita di notte, in un bosco, con questa o quell'arma; e sempre spera, fino all'ultimo, di potersi salvare. Si sono dati casi, in cui l'assalito, anche con la gola tagliata, è riuscito a fuggire, ovvero, supplicando, ha ottenuto grazia dai suoi assalitori. Ma con la legalità, quest'ultima speranza, che attenua lo spavento della morte, ve la tolgono con una certezza matematica, spietata. Attaccate un soldato alla bocca di un cannone, e accostatevi con la miccia: chi sa! Penserà il disgraziato, tutto è possibile… Ma leggetegli la sentenza di morte, e lo vedrete piangere o impazzire. Chi ha mai detto che la natura umana può sopportare un tal colpo senza perdere la ragione? A che dunque questa pena mostruosa e inutile? Un solo uomo potrebbe chiarire il punto; un uomo cui abbiamo letto la sentenza di morte, e poi detto:"Va', ti è fatta la grazia!". Di un tal strazio anche Cristo ha parlato… No, no, è inumana la pena, è selvaggia e non può né deve essere lecito applicarla all'uomo".”

Fëdor Dostoevskij (1821–1881) scrittore e filosofo russo

Myskin; II, 2

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“Ma sarà meglio parlarvi di un altro individuo, che conobbi or fa un anno. C'era, nel suo caso, una circostanza strana: dico strana, perché rara. Era stato condannato, insieme con altri, alla fucilazione. Per non so che delitto politico, doveva essere giustiziato. Gli fu letta la sentenza di morte. Se non che, venti minuti dopo, arrivò la grazia, cioè la commutazione della pena. Nondimeno, durante quei venti o quindici minuti, egli visse nella ferma convinzione che di lì a poco sarebbe morto. […] E così egli distribuì il suo tempo: due minuti per dire addio ai compagni, due altri per raccogliersi e pensare a sé, un minuto per dare un'occhiata intorno. Aveva ventisette anni; era sano e robusto. Accomiatandosi da uno dei compagni, si ricordava di aver fatto una domanda insignificante e di averne aspettato con interesse la risposta. Agli addii successero i due minuti di raccoglimento. Sapeva già a che cosa avrebbe pensato: "Adesso sono vivo; ma fra tre minuti, che sarò? Qualcuno o qualche cosa, e dove?". Non lontano sorgeva una chiesa, e la cupola dorata splendeva nel sole. Aveva guardato fisso a quella cupola: gli pareva che quei raggi ripercossi fossero la sua nuova natura e che fra tre minuti egli si sarebbe con essi confuso. L'ignoto che lo attendeva era certamente terribile; ma più assai l'atterriva l'assiduo pensiero: "E se non morissi? se la vita continuasse?… che eternità! e tutta, tutta a mia disposizione… Oh allora, di ogni minuto io farei una esistenza e non un solo ne perderei!" Questo pensiero a tal segno lo invadeva, che avrebbe voluto esser fucilato all'istante."
[…] "Siete un po' saltuario, principe", osservò Aleksandra. "Che volete provare, insomma? che ogni attimo della vita è prezioso, e che a volte cinque minuti valgono più di un tesoro? E sia, ammettiamolo pure… Ma, scusate, a quel vostro amico che vi contava i suoi spasimi gli commutarono la pena, non è così?… In altri termini, secondo lui e secondo voi, gli fecero dono di una vita senza fine, di un tesoro. E che ne fece egli di questo tesoro? tenne poi conto scrupoloso di ogni minuto?"
"Nient'affatto! Glielo domandai una volta, e mi confessò di averne perduti molti."
"Cosí abbiamo una prova che utilizzare tutti, tutti i minuti della vita è impossibile… Per una ragione o per l'altra, fatto sta che non è possibile.”

Fëdor Dostoevskij (1821–1881) scrittore e filosofo russo

II, 5)

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“La vera sapienza non è quella che va volando con le ali delle parole, ma quella che si fa vedere con le opere della Virtù.”

Anton Francesco Doni (1513–1574) letterato, editore e traduttore italiano

da Fiore di sentenze tratte dall'ornamento della lingua italiana

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“[Durante la discussione per l'approvazione del ddl anticorruzione. ] Sapete che vi sono molti casi in cui vengono concessi dei finanziamenti o dei contributi a persone che ne fanno richiesta alla pubblica amministrazione per i motivi più vari. Bene, noi vi chiediamo per quale ragione, quando si tratta di una persona condannata con sentenza penale passata in giudicato per fatti mafiosi, di corruzione, per concorso in peculato, per fatti gravissimi, deve esserle permesso di accedere ai contributi dello Stato e della pubblica amministrazione, ai finanziamenti, alle erogazioni liberali ed a quant'altro. Per quale ragione non si può stabilire un principio in base al quale chi è onesto, corretto, rispetta la legge, può accedere ai benefici e vietarlo ai delinquenti? È una richiesta lineare, formale, precisa. Non ci venite a dire, anche questa volta, che vi è una delega! Perché non lo decidiamo qua? Stiamo adottando un provvedimento, perché dobbiamo rinviarlo ad altra data? Assumetevi anche questa responsabilità!”

Antonio Di Pietro (1950) politico e avvocato italiano

Origine: Citato in Camera dei Deputati della Repubblica Italiana – XVI Legislatura – Resoconto stenografico – Seduta n. 650 http://documenti.camera.it/apps/commonServices/getDocumento.ashx?idLegislatura=16&sezione=assemblea&tipoDoc=pdf&idseduta=650, 14 giugno 2012 – Seguito della discussione ed approvazione del disegno di legge: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A) ed abbinate (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906) (Esame articoli 7 e da 15 a 20; esame ordini del giorno; dichiarazioni di voto; correzioni di forma; coordinamento formale; votazione finale). Camera dei Deputati dellaRepubblica Italiana, 14 giugno 2012.

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