Frasi su sguardo
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“Uno sguardo al passato. E… lamentarti? No: è sterile. Imparare: questo è fecondo.”

Josemaría Escrivá de Balaguer (1902–1975) presbitero spagnolo

libro Cammino Solco Forgia

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“Ballata delle madri.

Mi domando che madri avete avuto. 
Se ora vi vedessero al lavoro 
in un mondo a loro sconosciuto, 
presi in un giro mai compiuto 
d’esperienze così diverse dalle loro, 
che sguardo avrebbero negli occhi? 
Se fossero lì, mentre voi scrivete 
il vostro pezzo, conformisti e barocchi, 
o lo passate a redattori rotti 
a ogni compromesso, capirebbero chi siete? 

Madri vili, con nel viso il timore 
antico, quello che come un male 
deforma i lineamenti in un biancore 
che li annebbia, li allontana dal cuore, 
li chiude nel vecchio rifiuto morale. 
Madri vili, poverine, preoccupate 
che i figli conoscano la viltà 
per chiedere un posto, per essere pratici, 
per non offendere anime privilegiate, 
per difendersi da ogni pietà. 

Madri mediocri, che hanno imparato 
con umiltà di bambine, di noi, 
un unico, nudo significato, 
con anime in cui il mondo è dannato 
a non dare né dolore né gioia. 
Madri mediocri, che non hanno avuto 
per voi mai una parola d’amore, 
se non d’un amore sordidamente muto 
di bestia, e in esso v’hanno cresciuto, 
impotenti ai reali richiami del cuore. 

Madri servili, abituate da secoli 
a chinare senza amore la testa, 
a trasmettere al loro feto 
l’antico, vergognoso segreto 
d’accontentarsi dei resti della festa. 
Madri servili, che vi hanno insegnato 
come il servo può essere felice 
odiando chi è, come lui, legato, 
come può essere, tradendo, beato, 
e sicuro, facendo ciò che non dice. 

Madri feroci, intente a difendere 
quel poco che, borghesi, possiedono, 
la normalità e lo stipendio, 
quasi con rabbia di chi si vendichi 
o sia stretto da un assurdo assedio. 
Madri feroci, che vi hanno detto: 
Sopravvivete! Pensate a voi! 
Non provate mai pietà o rispetto 
per nessuno, covate nel petto 
la vostra integrità di avvoltoi! 

Ecco, vili, mediocri, servi, 
feroci, le vostre povere madri! 
Che non hanno vergogna a sapervi 
– nel vostro odio – addirittura superbi, 
se non è questa che una valle di lacrime. 
È così che vi appartiene questo mondo: 
fatti fratelli nelle opposte passioni, 
o le patrie nemiche, dal rifiuto profondo 
a essere diversi: a rispondere 
del selvaggio dolore di esser uomini.”

Pier Paolo Pasolini (1922–1975) poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore italiano
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“Per capire una città bisogna conoscerne l'anima. Imbevuta del passato e in costante trasformazione, l'anima di una città rimane strettamente legata alla sua fisicità e alle azioni di quanti la amministrano. A volte ci si innamora o si ha disgusto di un posto dal primo momento : in un caso come nell'altro, è raro che questa prima impressione porti alla scoperta dell'anima. Le anime sono pudiche, rifuggono la ribalta e perfino la conversazione. Bisogna scovarle. Comunicano attraverso uno sguardo, un gesto, una parola. Quelle delle città comunicano attraverso le pietre, le piante, le strutture urbane, la folla e i singoli abitanti. La conoscenza di una città può avvenire per mezzo di libri, giornali, televisione, oltre che con l'osservazione diretta. Raramente, comunque, l'anima di una città si rivela per caso. Le città che si presentano al visitatore frontalmente, nella propria nudità, sono spesso false : costituiscono la difesa della città che sta sotto. Ciò non toglie che in certi casi la loro anima possa essere talmente forte e imperiosa da manifestarsi come tale al primo impatto.
In una città nuova, mi lascio andare ai sensi e al caso. Senza pensare a niente, cammino, mi guardo intorno, mi unisco a una piccola folla curiosa, prendo i mezzi pubblici, compro il cibo di strada e mangio nei posti meno frequentati. Faccio una sosta, seduta su una panchina in un parco, bevendo una bibita in un caffè o appoggiata alla facciata di un edificio, come una mosca su un muro : e da lì osservo, odoro, ascolto. Se sono fortunata, piano piano l'anima del luogo mi si rivela.”

Simonetta Agnello Hornby (1945) scrittrice italiana

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“Basta solo uno sguardo per vedere come gli africani sono stati divisi, dominati e sfruttati dal colonalismo e dall'imperialismo internazionale. Certe zone del continente si trovano tutt'ora in questa situazione orribile e disumana, mentre la maggior parte ha ottenuto l'indipendenza politica dopo grandi sforzi e difficoltà.”

Mohammed Siad Barre (1919–1995) politico somalo

My Country and My People, Vol. II
Variante: Basta solo uno sguardo per vedere come gli africani sono stati divisi, dominati e sfruttati dal colonalismo e l'imperialismo internazionale. Certe zone del continente si trovano tutt'ora in questa situazione orribile e disumana, mentre la maggior parte hanno ottenuto l'indipendenza politica dopo grandi sforzi e difficoltà.

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Questa traduzione è in attesa di revisione. È corretto?
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“Lo sguardo dovrebbe essere ampio e generico.”

Miyamoto Musashi (1584–1645) militare e scrittore giapponese
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“Quanto ai fidanzati, lo sforzo comune nella purezza permette di crescere in quell'amore, fatto di rispetto reciproco e di capacità di attendere, che un giorno sarà il solo a poter garantire la riuscita del loro matrimonio. Permette di apprezzare gesti semplici come una stretta di mano, uno sguardo, un bacio, gesti che agli altri possono sembrare banali, ma che acquistano invece, in questo caso, un valore grandissimo.
Agli sposati la purezza, che si chiama ora fedeltà, permette di guardarsi negli occhi ogni sera, senza dover mentire, di guardare senza rimorsi i propri figli; permette di avere il cuore in famiglia e non altrove. Evita di finire in quella doppia vita di falsità a cui quasi sempre condannano l'adulterio e il tradimento.
Alle persone consacrate, sacerdoti e suore, la purezza permette di essere fratelli e sorelle di tutti senza voler possedere nessuno in esclusiva per noi stessi. Permette di essere messi a parte di ogni segreto e di accostarci a ogni miseria, senza rimanere personalmente invischiati; permette, come diceva il grande Lacordaire, di avere «un cuore di acciaio per la castità e un cuore di carne per la carità».
A tutti infine, giovani, sposati e consacrati, la purezza assicura la cosa più preziosa che c'è al mondo: la possibilità di accostarsi a Dio. «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.»”

Raniero Cantalamessa (1934) presbitero, teologo e predicatore italiano

Non lo vedranno solo un giorno, dopo la morte, ma già ora. Lo vedranno nella bellezza del creato, di un volto, di un'opera d'arte; lo vedranno nel loro stesso cuore.
Gettate le reti

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“Nel tempio della scienza ci sono molte dimore… e diversi davvero sono coloro che le abitano e i motivi che ve li hanno condotti. Molti cercano nella scienza l'esaltante sensazione di superiore capacità intellettuale; la scienza è lo sport da cui trarre un'esperienza vivida e il soddisfacimento delle ambizioni; nel tempio ci saranno anche i molti che hanno immolato i prodotti del loro cervello a fini puramente utilitaristici. Se venisse un angelo del Signore a cacciare tutta la gente che appartiene a queste due categorie, il tempio si svuoterebbe di molti fedeli, ma qualcuno rimarrebbe: uomini sia dell'epoca presente sia di quella passata… Se le categorie che abbiamo appena espulso fossero le sole a popolare quel luogo, il tempio non sarebbe mai esistito, così come non può esistere un bosco fatto di soli rampicanti. Coloro che troveranno favore presso l'angelo […] sono tipi isolati, poco comunicativi, solitari, in realtà molto meno simili tra loro degli appartenenti alla schiera dei cacciati. Quel che li ha portati al tempio […] non c'è un'unica risposta per spiegarlo, […] l'evasione dalla vita quotidiana, dalla sua penosa crudezza, da una disperata monotonia, la fuga dalla schiavitù dei propri desideri. Una natura nobile desidera con tutte le sue forze di sfuggire al suo ambiente affollato e rumoroso per rifugiarsi nel silenzio delle vette più alte, dove l'occhio spazia liberamente nell'aria ancura pura e segue con sguardo amorevole i placidi contorni che paiono costruiti per l'eternità.”

Albert Einstein (1879–1955) scienziato tedesco
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“Il mio sguardo stupisce, si deve abbassare, | ogni porta chiude il mio cuore | per poter pensare in segreto al prodigio… | tanto sei bella amore!”

Hermann Hesse (1877–1962) scrittore, poeta e aforista tedesco

da Il villaggio silenzioso
Pellegrinaggio d'autunno

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“L'odio che parla solo attraverso gli sguardi, è sofferenza.”

Karl Kraus (1874–1936) scrittore, giornalista e aforista austriaco

28 febbraio 1911
Aforismi in forma di diario

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“Solitudine: dolce assenza di sguardi.”

L'immortalità

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“Avete sentito di quel folle uomo che accese una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare incessantemente: "Cerco Dio! Cerco Dio!". E poiché proprio là si trovavano raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. "È forse perduto?" disse uno. "Si è perduto come un bambino?" fece un altro. "Oppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?" – gridavano e ridevano in una gran confusione. L'uomo folle balzò in mezzo a loro e li trapassò con i suoi sguardi: "Dove se n'è andato Dio? – gridò – ve lo voglio dire! L'abbiamo ucciso – voi e io! Siamo noi tutti i suoi assassini! Ma come abbiamo fatto? Come potemmo vuotare il mare bevendolo fino all'ultima goccia? Chi ci dette la spugna per strofinare via l'intero orizzonte? Che mai facemmo per sciogliere questa terra dalla catena del suo sole? Dov'è che si muove ora? Dov'è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli? Non è il nostro un eterno precipitare? E all'indietro, di fianco, in avanti, da tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? – Non si è fatto piú freddo? Non seguita a venire notte, sempre piú notte? Non dobbiamo accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre seppelliscono Dio, non udiamo ancora nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti gli assassini? Quanto di piú sacro e di piú possente il mondo possedeva fino ad oggi si è dissanguato sotto i nostri coltelli – chi detergerà da noi questo sangue? Con quale acqua potremmo lavarci? Quali riti espiatòri, quali sacre rappresentazioni dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza di questa azione? Non dobbiamo anche noi diventare dèi, per apparire almeno degni di essa? Non ci fu mai un'azione piú grande – e tutti coloro che verranno dopo di noi apparterranno, in virtú di questa azione, ad una storia piú alta di quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!". A questo punto il folle uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch'essi tacevano e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in frantumi e si spense. "Vengo troppo presto" proseguí "non è ancora il mio tempo. Questo enorme evento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino – non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono vogliono tempo, il lume delle stelle vuole tempo, le azioni vogliono tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano viste e ascoltate. Quest'azione è ancor sempre piú lontana dagli uomini delle stelle piú lontane – eppure son loro che l'hanno compiuta!". – Si racconta ancora che l'uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in questo modo: "Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri di Dio?".”

Friedrich Nietzsche (1844–1900) filosofo, poeta, saggista, compositore e filologo tedesco

125; 2007

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