Frasi su tradizione
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“Caro direttore [Indro Montanelli], sono quasi 6 anni che non ci sentiamo. Da quel 22 luglio 2001 quando, dopo avere speso gli ultimi respiri a mettere in guardia gli italiani dal virus Berlusconi, te ne volasti in cielo. Ora che sei in Paradiso, immagino che tu abbia di meglio da fare che occuparti dell'Italia: in 92 anni di vita, hai già dato. Ma qui succedono cose talmente strane che devo proprio raccontartele. Intanto Berlusconi non c'è più, al governo intendo. Ma non è che si noti molto. Anzi, forse torna. Il vaccino non ha funzionato. Ora c'è di nuovo Prodi, almeno fino a un paio di minuti fa c'era. Non sappiamo. Si parla, tanto per cambiare, di crisi della politica. E in quel vuoto s'infilano indovina chi? La Confindustria e il Vaticano. Come diceva Totò, quando vedo un buco ci entro. Tu eri un laico risorgimentale a 24 carati, ma due papi, Roncalli e poi Woytjla, ti vollero conoscere perché eri molto rispettoso della religione. Un po' meno di certi Preti e di certi Vescovi che s'impicciavano di politica. Dicevi: "Aborro i preti, esseri autoritari e prepotenti. Quando qualcuno mi dice che stiamo andando verso il fascismo, vorrei quasi rispondere: magari! Il fascismo è brutto, ma passa. Invece andiamo incontro a forme di vita clericale, anzi ci siamo dentro, perché non abbiam saputo amministrare il nostro libero esame. Abbiamo liquidato la coscienza, dandola in appalto al prete. Ecco dove nasce il più macroscopico difetto degli italiani: la mancanza di una coscienza morale. Non siamo religiosi: siamo cattolici per comodità, abitudine, tradizione, non per coscienza. Il problema di Dio gli italiani non se lo pongono. Perciò non siamo mai stati una Nazione: l'unico Stato che conosciamo è quello Pontificio". Ecco, ci siamo dentro fino al collo adesso, direttore. I cattolici liberali si sono estinti. Già tu rimpiangevi De Gasperi, "un democristiano che credeva in Dio e non aveva bisogno di fare il bigotto, forse perché era nato in Austria. In chiesa De Gasperi parlava con Dio, Andreotti col prete". Oggi con Dio ci parlano in pochi, persino tra i cardinali. In compenso tutti parlano con i preti e i cardinali. Ma anche con Andreotti, che a 90 anni è sempre un bijou: è vivo e lotta insieme a noi. Il Papa invece è cambiato: Woytjla non c'è più, ora c'è Ratzinger. Quando dice no alle coppie di fatto, si mettono tutti sull'attenti. Quando invece dice che il capitalismo non è molto meglio del socialismo, quando dice che bisogna salvaguardare l'occupazione, privilegiare i poveri, gli ultimi, difendere l'ambiente da uno sviluppo scriteriato, parlano d'altro e fanno finta di non sentire. Un giorno, di recente, ha detto addirittura che bisogna cacciare i corrotti dalla politica, e lì anche i politici più bigotti sono diventati anticlericali: come si permette di impicciarsi in affari che non gli riguardano? Ti parlo dallo studio di Santoro, che è tornato in tv dopo 5 anni di riposo, diciamo così: l'ultima volta che in Rai si sentì la tua voce fu da Biagi e da Santoro, entrambi i programmi furono subito chiusi. Stiamo per trasmettere un reportage della Bbc sulla pedofilia nel clero, già visto su internet da alcune decine di milioni di persone nel mondo e 3-4 milioni in Italia. Mi dirai: "dov'è il problema, già ai miei tempi tutti volevano una Rai modello Bbc". Appunto: adesso hanno visto cosa fa la Bbc e gli è passata la voglia. Persino la Cei ha detto: "Nessuna censura, discutiamo pure con equilibrio". La censura la invocano i politici e alcuni papaveri Rai, che sono più papisti del Papa. C'è un tale Landolfi, lo stesso capo della Vigilanza che nel 2001 ti accusò di linciare Berlusconi e chiese addirittura a Ciampi di intervenire per la tua intervista a Biagi a ridare dignità al servizio pubblico, che 10 giorni fa già sapeva che avremmo imbastito un processo mediatico contro la Chiesa: una specie di Nostradamus. E ha aggiunto: "Non sono queste le finalità del servizio pubblico, non è per questo che i cittadini pagano il canone". Lui li conosce uno per uno, gli telefona tutti i giorni per sapere che cosa vogliono. Poi c'è Fassino, che una volta era comunista, però ha studiato dai gesuiti: ora parla come don Abbondio e ci invita al massimo equilibrio e alla massima prudenza. Fini l'altra sera ha annunciato a "Ballarò" che il nostro programma non andrà mai in onda: deve averglielo detto in sogno l'Arcangelo Gabriele, ma era un imitatore: infatti siamo in onda. Casini chiese un programma riparatore che raccontasse tutto il bene che fa la Chiesa nel mondo. Potrebbe commissionarlo ai suoi uomini alla Rai, che sono un po' più numerosi di quelli che aveva la Dc una volta, però la Dc aveva anche il decuplo dei suoi voti; oppure potrebbe chiederlo a Buttiglione, che ha mezza famiglia in Rai e l'altra mezza a Mediaset; invece chiede a noi. Tu dirai: che c'entrano i politici con la libera informazione? Da quando i giornalisti prendono ordini dai segretari di partiti? Ecco, il problema è che ormai non se lo domanda più nessuno. Trovano tutto ciò molto normale. I politici non si accontentano di lottizzare la Rai: vogliono fare i palinsesti e i critici televisivi; prima o poi condurranno direttamente programmi e si intervisteranno da soli. Ricordi Giuliano Ferrara? L'avevi lasciato ateo. Bene, adesso è rimasto ateo ma è diventato anche clericale, nel frattempo. Dice che il reportage Bbc è una schifezza. E lui se ne intende. C'è perfino chi pretendeva che mostrassimo in anticipo all'editore una scaletta sicura prima di decidere se mandarci in onda oppure no. Come se l'amministratore della Fiat Marchionne volesse leggere gli articoli della Stampa o De Benedetti quelli della Repubblica, prima di mandare in stampa i giornali. Anche questo, è un po' strano, è passato sotto silenzio, come una cosa normale. La nostra categoria non ha brillato, ma questa per te non è una novità: già 30 anni fa tu scrivevi che "il giornalismo italiano è servo per vecchia abitudine: i potenti vogliono il monumento equestre e il piedistallo, e noi glielo diamo". Non ti dico gli intellettuali sedicenti liberali: tutti zitti, o addirittura solidali con i censori. Sono quelli che tu definivi "una grossa camorra al servizio di ogni potere". L'altro giorno, rileggendo i tuoi ultimi articoli, mi è capitata una lettera a Franco Modigliani, Nobel dell'Economia, in cui tu parlavi della corruzione e dicevi: "Dopo tanti secoli che la pratichiamo, dietro l'esempio e sotto il magistero di nostra Santa Madre Chiesa, ineguagliabile maestra d'indulgenze, perdoni e condoni, noi italiani siamo riusciti a corrompere anche la corruzione e a stabilire con essa il rapporto di pacifica convivenza che alcuni popoli africani hanno stabilito con la sifilide, diventata nel loro sangue un'afflizioncella di ordine genetico senza più gravi controindicazioni… Un popolo italiano consapevole della propria identità e ben deciso a difenderla, non c'è. E non c'è perché, nei secoli in cui questa coscienza nazionale maturava nel resto dell'Occidente, in Italia veniva soffocata da una Chiesa timorosa che il cittadino soppiantasse il fedele e creasse un potere temporale laico contrapposto al suo". Questo scrivevi sulla prima pagina del Corriere della Sera non 1000 anni fa, 6 anni fa. Oggi passeresti per un nemico della fede, della famiglia, dell'Occidente, forse per un fiancheggiatore di Al Qaeda. Non è che potresti prenderti una libera uscita e tornare giù un po' da noi per un paio di giorni, non di più? Ci manchi tanto, e non sai quanto. Ciao, direttore.”

Marco Travaglio (1964) giornalista, saggista e scrittore italiano

dalla coperina di Annozero, 31 maggio 2007
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“Ogni cooperativa è diventata una piccola società collettivista, una società totalmente nuova, liberata da una cultura e da tradizioni corrotte e depravate. Si tratta di una nuova, sana società che si consolida e si sviluppa costantemente, nella quale prevalgono l'uguaglianza e l'armonia.”

Pol Pot (1925–1998) politico e rivoluzionario cambogiano

Each cooperative has become a small collectivist society, an entirely new society, freed from corrupt and depraved culture and traditions. It is a new healthy society, which is consolidating and developing itself constantly, where equality and harmony prevail.
Variante: Ogni cooperativa è diventata una piccola società collettivista, una società totalmente nuova, liberata da una cultura e da tradizioni corrotte e depravate. Si tratta di una nuova, sana società che si consolida e si sviluppa costantemente, nella quale prevalgono l'uguaglianza e l'armonia.

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“A grandi linee, l'ideologia di Nehru può essere definita un paziente, moderato illuminismo pratico, non alieno dal compromesso con le tradizioni storiche, lo spirito e la cultura induisti, ma ostile alle loro degenerazioni e insofferente della loro staticità.”

Alberto Ronchey (1926–2010) giornalista italiano

III - Gandhismo e nehruismo, p. 38
Atlante ideologico
Variante: A grandi linee, l'ideologia di Nehru può essere definita un paziente, moderato illuminismo pratico, non alieno dal compromesso con le tradizioni storiche, lo spirito e la cultura induisti, ma ostile alle loro degenerazioni e insofferente della loro staticità. (III - Gandhismo e nehurismo, p. 38)

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“Solo nella tradizione è il mio amore.”

Pier Paolo Pasolini (1922–1975) poeta, giornalista, regista, sceneggiatore, attore, paroliere e scrittore italiano
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“La tradizione è una bellezza da conservare, non un mazzo di catene per legarci.”

Ezra Pound (1885–1972) poeta, saggista e traduttore statunitense

Aforismi e detti memorabili

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“È importante capire che l'attuale russomania non è che un sintomo del generale indebolimento della tradizione liberale in Occidente.”

George Orwell (1903–1950) scrittore britannico

da Libertà di stampa, in Romanzi e saggi

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“Innata casistica dell'uomo, quella di cambiare le cose mutandone i nomi! E di trovare un sotterfugio per infrangere la tradizione rimanendo nella tradizione, laddove un interesse diretto abbia dato la spinta sufficiente.”

Karl Marx (1818–1883) filosofo, economista, storico, sociologo e giornalista tedesco

Origine: Citato in Friedrich Engels, L'origine della famiglia, della proprietà privata e dello stato.

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“Il progresso della civiltà non presenta una spinta uniforme verso le cose migliori. […] Le epoche nuove emergono relativamente improvvise, se consideriamo i millenni che la storia percorre. […] Il sedicesimo secolo della nostra era ha visto la scissione della cristianità dell'Occidente e l'avvento della scienza moderna. […] La Riforma fu un'insurrezione popolare e, per un secolo e mezzo, immerse l'Europa nel sangue. L'inizio del movimento scientifico non interessò invece che una minoranza dell'aristocrazia intellettuale. […] La tesi che intendo sviluppare è che il calmo sviluppo della scienza ha virtualmente dato un nuovo stile alla nostra mentalità, così che modi di pensare eccezionali in altri tempi sono ora diffusi in tutto il mondo civile. Ma il nuovo stile ha dovuto progredire lentamente per vari secoli trai popoli europei prima di sbocciare nel rapido sviluppo della scienza, che quindi, con le sue sempre più esplicite applicazioni, lo ha ulteriormente consolidato. […] Questa nuova sfumatura dello spirito moderno sta appunto nell'interesse appassionato e risoluto nel ricercare le relazioni tra i principi generali e i fatti irriducibili e ostinati. Nel mondo intero e in tutte le epoche sono esistiti uomini di mentalità pratica, occupati nell'osservazione di tali fatti; nel mondo intero e in tutte le epoche vi sono stati uomini di temperamento filosofico intenti a tessere la trama dei princìpi generali. È proprio dall'anione dell'interesse appassionato per i particolari materiali con una non minor passione per le generalizzazioni astratte che scaturisce la novità caratteristica della nostra attuale società. […] Questo equilibrio dello spirito è ormai diventato una tradizione che caratterizza il pensiero colto. È il sale, il sapore della vita. […] L'altra caratteristica che distingue la scienza. […] è la sua universalità. La scienza moderna è nata in Europa, ma il suo ambiente naturale è il mondo intero.”

Alfred North Whitehead (1861–1947) filosofo e matematico britannico

Science and the modern world

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“Uomini mediocramente morali hanno scritto eccellenti massime; invece uomini virtuosissimi nulla fecero per far durare la tradizione della virtù.”

Ernest Renan (1823–1892) filosofo, filologo e storico delle religioni francese

Origine: Vita di Gesù, p. 49

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“[…] David Samojlov, poeta splendido, forse il migliore poeta contemporaneo di tradizione classica, erede diretto della poesia russa del XIX secolo.”

Andrej Dmitrijevič Sacharov (1921–1989) fisico sovietico, premio Nobel per la pace nel 1975

Origine: Memorie, p. 392

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“Non c'è bisogno che vi ricordi [discorso di Kien ai libri della sua biblioteca] in modo particolareggiato la storia antichissima e superba delle vostre sofferenze. Scelgo soltanto un esempio per mostrarvi in maniera persuasiva quanto vicini siano odio e amore. La storia d'un paese che tutti noi in egual misura veneriamo, di un paese in cui voi avete goduto delle più grandi attenzioni e dell'affetto più grande, di un paese in cui vi si è tributato persino quel culto divino che ben meritate, narra un orribile evento, un crimine di proporzioni mitiche, perpetrato contro di voi da un sovrano diabolico per suggerimento di un consigliere ancor più diabolico. Nell'anno 213 avanti Cristo, per ordine dell'imperatore cinese Shi Hoang-ti − un brutale usurpatore che ebbe l'ardire di attribuire a se stesso il titolo di "Primo, Augusto, Divino" − vennero bruciati tutti i libri esistenti in Cina. Quel delinquente brutale e superstizioso era per parte sua troppo ignorante per valutare esattamente il significato dei libri sulla base dei quali veniva combattuto il suo tirannico dominio. Ma il suo primo ministro Li-Si, un uomo che doveva tutto ai propri libri, e dunque uno spregevole rinnegato, seppe indurlo, con un abile memoriale, a prendere questo inaudito provvedimento. Era considerato delitto capitale persino parlare dei classici della poesia e della storia cinese. La tradizione orale doveva venire estirpata a un tempo con quella scritta. Venne esclusa dalla confisca solo una piccola minoranza di libri; quali, potete facilmente immaginare: le opere di medicina, farmacopea, arte divinatoria, agricoltura e arboticoltura − cioè tutta una marmaglia di libri di puro interesse pratico. «Confesso che il puzzo di bruciato dei roghi di quei giorni giunge ancor oggi alle mie narici. A che giovò il fatto che tre anni più tardi a quel barbaro imperatore toccasse il destino che s'era meritato? Morì, è vero, ma ai libri morti prima di lui ciò non arrecò alcun giovamento. Erano bruciati e tali rimasero. Ma non voglio tacere quale fu, poco dopo la morte dell'imperatore, la fine del rinnegato Li-Si. Il successore al trono, che aveva ben capito la sua natura diabolica, lo destituì dalla carica di primo ministro dell'impero che egli aveva rivestito per più di trent'anni. Fu incatenato, gettato in prigione e condannato a ricevere mille bastonate. Non un colpo gli venne risparmiato. Fu costretto a confessare mediante la tortura i suoi delitti. Oltre all'assassinio di centinaia di migliaia di libri aveva infatti sulla coscienza anche altre atrocità. Il suo tentativo di ritrattare più tardi la propria confessione fallì. Venne segato in due sulla piazza del mercato della città di Hien-Yang, lentamente e nel senso della lunghezza, perché in questo modo il supplizio dura più a lungo; l'ultimo pensiero di questa belva assetata di sangue fu per la caccia. Oltre a ciò non si vergognò di scoppiare in lacrime. Tutta la sua stirpe, dai figli a un pronipote di appena sette giorni, sia donne che uomini, venne sterminata: tuttavia, invece di essere condannati al rogo, come sarebbe stato giusto, ottennero la grazia di venir passati a fil di spada. In Cina, il paese in cui la famiglia, il culto degli antenati, il ricordo delle singole persone sono tenuti così in gran conto, nessuna famiglia a mantenuto viva la memoria del massacratore Li-Si; solo la storia l'ha fatto, proprio quella storia che l'indegna canaglia, più tardi finita come ho detto, aveva voluto distruggere.”

1981, pp. 98-99
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“Cos'è la tradizione? È il progresso che è stato fatto ieri, come il progresso che noi dobbiamo fare oggi costituirà la tradizione di domani.”

Papa Giovanni XXIII (1881–1963) 261° vescovo di Roma e papa della Chiesa cattolica

Origine: Al concilio Vaticano II; citato in Ginsborg 1989, p. 352.

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“L'ignoranza […] è la madre delle tradizioni.”

Charles Louis Montesquieu (1689–1755) filosofo, giurista e storico francese

Saggio sulle cause che possono agire sugli spiriti e sui caratteri

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“È stato lui il primo bianco ad affidare alla musica leggera un patrimonio di contenuti civili, una tradizione che apparteneva ai negri d'America. Una novità. E, nello stesso tempo, mi pare quasi che le canzoni di Bob Dylan siano esistite da sempre. Fossi della generazione di Dylan sarei sicuramente un suo grande fan, ma forse per quelli della mia sono state più importanti le canzoni di Guccini o di Vasco.”

Alessandro Baricco (1958) scrittore e saggista italiano

Origine: Da Un mito compie 60 anni: il mondo celebra Bob Dylan https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/2001/maggio/22/mito_compie_anni_mondo_celebra_co_0_0105225268.shtml, Corriere della Sera, 22 maggio 2001.

“Ci sono due grandi stereotipi da sfatare a proposito del concetto di territorio. C'è chi lo usa per motivi reazionari di matrice fascista, e chi lo considera un concetto per imbecilli attaccati ciecamente alla tradizione. Sono due interpretazioni sbagliate: in realtà il territorio è in continuo mutamento.”

Jonathan Nossiter (1961) regista statunitense

Origine: Citato in Kaganski, Serge, Durand Jean-Marie e Lingard Jade, Coups de canons, Les Inrockutibles, 3 novembre 2004, traduzione italiana I signori delle vigne, Internazionale, 17/22 dicembre 2004, n.º 570, anno 12.

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