Frasi su cavaliere
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“[La vicenda biografia di Macalda Scaletta] Della vita di que' baroni ci è saggio la storia di Macalda di Scaletta. Vedova di un Guglielmo d'Amico, esigliato al tempo degli Svevi, era andata profuga in abito di frate Minore, stette a Napoli, a Messina, e da Carlo d'Angiò ricuperò i beni confiscati al marito. Sposatasi ad Alaimo di Lentini, uno de' più fervorosi nel Vespro, tradì i Francesi che a lei, come beneficata da Carlo, rifuggiavano in Catania, della qual città suo marito fu fatto governatore. Quand'egli andò alla guerra di Messina, essa ne tenne le veci; e sui quarant'anni, pure ancor bella, generosa net donare, vestiva piastre e maglie; e con una mazza d'argento alla mano, emulava i cavalieri ne' cimenti guerreschi. Di sua onestà chi bene disse, chi ogni male. Aspirò agli amori di re Pietro, lo accompagnò, gli chiese ricovero; ma egli non volle comprenderla, di che essa pensò vendicarsi.
Alaimo fu poi fatto maestro giustiziere, e valse a reprimere i molti che reluttavano alla nuova dominazione, e acquistò tal reputazione che eccitò la gelosia dell'infante don Giacomo. La crescevano i superbi portamenti di Macalda, la quale tenevasi alta fin con Costanza, e non volea dirle regina, ma solo madre di don Giacomo; se compariva alla Corte, era per isfoggiare abiti e gioie. Contro ogni decenza, volle in un convento passar la gravidanza e il parto, sol per godere l'amenità del luogo : Costanza fu a visitarla, e n'ebbe accoglienze sgarbate; offri di levar al battesimo il neonato, e Macalda rispose non voler esporlo a quel bagno freddo, poi tre giorni appresso vel fece tenere da popolani. Costanza, mal in salute, si fece portare in lettiga da Palermo al duomo di Monreale; e Macalda essa pure, per le strade della città e fin a Nicosia in lettiga coperta di scarlatto, di che fu un gran mormorare. Re Giacomo viaggiava con trenta cavalli di scorta; e Macalda con trecento, e volea far da giustiziere, e apponeva a re Pietro di avere mal compensato coloro, che del resto l'aveano domandato compagno e non re.
Alaimo condiscendeva alla moglie, e dicono le giurasse non dar mai consigli a danno de' Francesi, anzi procurarle il ritorno in Sicilia. Se il facesse noi sappiamo; certo i re aragonesi gli si avversarono, fors'anche per la solita ingratitudine a chi più beneficò. Giacomo finge spedire Alaimo in gran diligenza a suo padre in Catalogna per sollecitarne ajuti : Alaimo va, è accolto con ogni maniera di cortesia; ma appena egli partì, la plebe di Messina, sollecitata dal Loria, lo grida traditore, affollasi alla sua casa ad ammazzare i Francesi prigionieri di guerra che vi tenea, e così quelli che stavano nelle carceri e che egli aveva salvati. Macalda accorse per sostenere i suoi fautori, ma vide il marito dichiarato fellone e confiscatigli i beni, Matteo Scaletta fratello di lei, decapitato; ella stessa chiusa in un castello, forse vi lini la vita. Alaimo, dopo alquanti anni, fu rimandato verso la Sicilia, e come fu in vista della patria isola, buttato in mare.”

Cesare Cantù (1804–1895) storico, letterato e politico italiano

Vol. IV, cap. CII, p. 177
Storia degli Italiani

“[Gaffe] I russi sono forti come cavalieri, io lo so perché di cavalli me ne intendo.”

Salvatore Bagni (1956) calciatore e dirigente sportivo italiano

Origine: Citato in Francesco Saverio Intorcia, Salvatore a Bologna, non era destino http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2011/07/27/salvatore-bologna-non-era-destino.bo_009salvatore.html, la Repubblica, 27 luglio 2011.

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“Il re Pietro, risaputa in Randazzo la partenza dell'esercito francese, andò a Milazzo, costrinse quel presidio ad arrendersi, e di là mosse verso Messina. Era con lui Macalda di Scaletta, seconda moglie di Alaimo di Lentini. Ell'era vedova di un conte Guglielmo d'Amico, esule al tempo degli Svevi : avea vagato per diversi paesi in veste di frate minore : poi soggiornò in Napoli ed in Messina con non buona riputazione di onestà; riebbe da Carlo i beni che l'erano stati confiscati, e si rimaritò con Alaimo. Nel vespro stando in Catania, tradì i Francesi, che a lei eransi affidati, tolse loro le robe e li consegnò al popolo; ed ella governò quella città in nome del marito occupato nella guerra di Messina. Macalda si presentò a re Pietro in Randazzo: andava coperta di piastre e di maglie di ferro, portava in mano una grossa mazza di argento; ed avvegnaché toccasse già i quarantanni, nondimeno, come scrisse il D'Esclot «ella era molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo, larga nel donare, e, quando ne era luogo e tempo, valea nell'arme al pari di un cavaliero». Il re l'accolse con molta cortesia, la ricondusse egli stesso all'albergo, ma i desiderj della donna o non intese, o dissimulò. Giunti a Santa Lucia, sulla via da Milazzo a Messina, Macalda viene al re, dice non aver trovato ove passar la notte, gli chiede voglia albergarla. Il re le cede le sue stanze e si ritira in altro luogo. Lo siegue Macalda; ed allora il re chiama i suoi cavalieri, s'intrattiene in discorsi senza costrutto, come suole chi annoiasi o voglia prender tempo, e da ultimo si addormenta; offesa che risentì profondamente Macalda, la quale più tardi, per vendicarsene, rovinò sé ed il marito, come a suo luogo sarà discorso.”

Giuseppe La Farina (1815–1863) patriota e scrittore italiano

Vol VI: 1250-1314, Cap. XLVII – Continuazione delle cose di Sicilia, p. 274
Storia d'Italia narrata al popolo italiano
Origine: Cronaca Catalana, c. 96
Origine: l D'Esclot, che in tutto il racconto si mostra favorevole a Macalda, dice : Quando la donna vide il re, ne rimase innamorata come di colui ch'era valente e piacevole signore, non già per cattiva intenzione». Ma Bartolommeo di Neocastro concittadino di Macalda la descrive come una Messalina.

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“[Michelangelo Merisi da Caravaggio] Si esercitò da giovine nell'arte di murare e portò lo schifo della calce nelle fabbriche […] s'incontrò a far le colle ad alcuni pittori che dipingevano a fresco, e tirato dalla voglia di usare i colori accompagnossi con loro, applicandosi tutto alla pittura. […] Dopo, essendo egli d'ingegno torbido e contenzioso, per alcune discordie fuggitosene da Milano giunse in Venezia, ove si compiacque tanto del colorito di Giorgione che se lo propose per iscorta nell'imitazione. […] Condottosi a Roma vi dimorò senza ricapito e senza provvedimento […] sichè dalla necessità costretto, andò a servire il cavaliere Giuseppe d'Arpino, da cui fu applicato a dipinger fiori e frutti sì bene contrafatti che da lui vennero a frequentarsi a quella maggior vaghezza che tanto oggi diletta. […] Ma esercitandosi egli di mala voglia in queste cose, e sentendo gran rammarico di vedersi tolto alle figure, incontrò l'occasione di Prospero, pittore di grottesche, e uscì di casa di Giuseppe per contrastargli la gloria del pennello. […] …era solito usare drappi e velluti nobili per adornarsi; ma quando poi si era messo un abito, mai lo tralasciava finché non gli cadeva in cenci […] …era negligentissimo nel pulirsi; mangiò molti anni sopra la tela di un ritratto, servendosene per tovaglio mattina e sera.”

Giovanni Pietro Bellori (1613–1696) scrittore italiano

da Le vite de' pittori, scultori et architetti moderni, parte prima, pp. 201-214

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“Che poi un Esercito fosse a vista, o in poca lontananza dall'altro, cioè quello di Annibale da quello de' Romani; osservandosi tutto il contesto di che dice Tito Livio, non può dirsi diversamente; riflettendosi tra l'altre cose, che avendo inviato Annibale un distaccamento da foraggiare ne' Campi Larinati, resto egli alla posta, guardando per dar soccorso, caso che i suoi soldati fussero assaliti da' nemici; e Minucio Maestro de' Cavalieri, che guidava una parte dell' Esercito de' Romani, alloggiando sul Monte, cominciò a calare in piano, facendo disegno d'incontrare quei, che si conducevano al foraggio, o di assaltare le munizioni; Annibale in osservarlo, si pose sopra un monticello in faccia al nemico, discosto due miglia da Gerione per meglio farsi scuoprire: Deinde Castra ipse propius hostem movit [parla di Annibale] duo ferme a Gerione millia in tumulum hosti conspectum : or se la Cirignola, o Dragonara, fusse il Gerione di Annibale, certamente che non può capirsi, come avrebbe egli potuto far tutto questo, e stare a vista del nemico, che si ritrovava ne' Campi Larinati, e due miglia lontano da Gerione : all'incontro ritenendo Annibale il sito del monticello, da dove scuopriva l'accampamento del nemico, che stava ne' Campi Larinati, ben si accorda la distanza di due miglia dal nostro vero Gerione, situato tra Larino, e Casacalenda, quattro da Larino, e due miglia lontano da Casacalenda, come sopra.”

Giovanni Andrea Tria (1676–1761) filosofo, teologo e vescovo cattolico italiano

da Memorie Storiche Civili, ed Ecclesiastiche della città e Diocesi di Larino, lib. I, cap. V, num. 7
Origine: Tito Livio. Ab Urbe Condit. op. cit. lib. XXII, num. 24. – «... dein castra ipsa propius hostem movit, duo ferme a Geronio milia, in tumulum hosti conspectum, ut intentum [se] sciret esse ad frumentatores, ...»

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“Non faccio per vantarmi, | Ma oggi è una bellissima giornata.”

Giuseppe Gioachino Belli (1791–1863) poeta italiano

da Il cavaliere enciclopedico, in Versi, 1839

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“Questo autolesionismo è la conferma di ciò che penso da anni. La sinistra di per sé è un male. Soltanto l'esistenza della destra rende questo male sopportabile.”

Massimo d'Alema (1949) politico italiano, presidente del Consiglio dei Ministri dal 1998 al 2000

Origine: Dall'intervista "Dall'Iraq alla fecondazione, dalla Gasparri alla Finanziaria, il Cavaliere ha fallito. E dopo le europee...", L'espresso, 19 dicembre 2003; riportata in Berlusconi se ne vada http://web.archive.org/web/20071107074059/http://www.massimodalema.it/interventi/documenti/dett_partito.asp?id_doc=441 , MassimoDAlema.it.

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“[…] io giro l'Italia e il tema drammatico che vedo emergere è la profonda sofferenza e la grande inquietudine della gente. Il Paese è pervaso da una passione triste. L'unico che si è dipinto un sorriso in faccia è il Cavaliere, ma lui com'è noto vive in un'altra dimensione che non ha niente a che vedere con la realtà.”

Massimo d'Alema (1949) politico italiano, presidente del Consiglio dei Ministri dal 1998 al 2000

Origine: Dall'intervista di Massimo Giannini, la Repubblica; riportata in D'Alema: "Conflitto d'interessi faremo la nuova legge" http://web.archive.org/web/20060605081141/http://www.massimodalema.it/documenti/documenti/dett_dalema.asp?id_doc=1253, MassimoDAlema.it, 1° aprile 2006.

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“Molte cose che ho fatto in quel periodo non le rifarei più. Non ho imbarazzo a dire che ho vissuto una crisi morale, culminata quando ho visto come si stava strutturando l'entourage più ristretto del Cavaliere.”

Carlo Taormina (1940) avvocato e politico italiano

citato in L'Espresso http://gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it/2010/01/29/la-verita-su-b-raccontata-dal-suo-ex-avvocato/, "La verità su B. raccontata dal suo ex avvocato", Gilioli Blog, 29 gennaio 2010

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“A: Via tutti i corrotti! B: Ancora a intitolare strade, cavaliere?”

Mario Natangelo (1985) fumettista e giornalista italiano

Il Fatto Quotidiano, 21 febbraio 2010

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“Se non vado in politica, mi mandano in galera e mi fanno fallire.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

Citazioni non datate
Origine: 1993, risposta di Berlusconi a Enzo Biagi e Indro Montanelli; citato in Marco Travaglio, Montanelli e il cavaliere. Storia di un grande e di un piccolo uomo, Garzanti Libri, Milano, 2004. ISBN 881160034-0

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“Non è vero che io racconto barzellette, anzi disistimo chi lo fa.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

2002
Origine: Ansa, 27 settembre 2002; citato in Marco Travaglio, Carta Canta – Il Cavalier Barzelletta http://www.repubblica.it/2003/k/rubriche/cartacanta/26-mar/26-mar.html, Repubblica.it, 26 marzo 2007.

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“Un leader politico ha l'esigenza di rinnovare la propria immagine, ha il dovere di farsi più bello e più fresco per andare in tv.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

2004
Origine: Citato in Barbara Jerkov, Il Cavaliere ricompare ai ministri Mi sono fatto bello per la tv http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2004/01/17/il-cavaliere-ricompare-ai-ministri-mi-sono.html, la Repubblica, 17 gennaio 2004.

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“La Minetti non è mai stata la mia igienista mentale [lapsus]. Mi ha convinto a candidarla Don Verzè, che voleva avere una persona di fiducia nella regione con la quale il suo ospedale ha dei contratti.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

2011
Origine: Citato in Francesco Bei, Il Cavaliere gioca l'ultima carta: "Nel 2013 tocca ad Alfano" http://www.repubblica.it/politica/2011/04/14/news/il_cavaliere_gioca_l_ultima_carta_nel_2013_tocca_ad_alfano-14912647/?ref=HREA-1, Repubblica.it, 14 aprile 2011.

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“Scabia, l' ultimo cavaliere errante di Re Artù.”

Paolo Di Stefano (1956) scrittore italiano

da Corriere della Sera, 29 novembre 2009

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“Qualche dichiarazione meno infuocata contro la Giustizia di regime, come il Cavaliere si ostina a definirla, avrebbe meglio aiutato la politica italiana a rimuovere il macigno che la paralizza, e che è lui, Berlusconi.”

Indro Montanelli (1909–2001) giornalista italiano

da E il resto sia silenzio https://web.archive.org/web/20160101000000/http://archiviostorico.corriere.it/1998/luglio/14/RESTO_SIA_SILENZIO_co_0_9807143775.shtml, 14 luglio 1998, p. 1
Corriere della Sera

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“Berlusconi, cui nulla riesce tanto bene quanto la parte di vittima e perseguitato. «Chiagne e fotte» dicono a Napoli dei tipi come lui. E si prepara a farlo per cinque anni di seguito.”

Indro Montanelli (1909–2001) giornalista italiano

da Io e il cavaliere qualche anno fa, 25 marzo 2001, p. 1
Corriere della Sera

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“Ho ricercato la figura del soldato anche nel Medioevo. E ho trovato l'immagine del cavaliere, che metteva Dio sopra tutto. Il cavaliere medioevale non infierisce sul nemico per ucciderlo, ma gli stringe la mano. C'è della bellezza in questo, e questa realtà investe tutto il mondo.”

Eugenio Corti (1921–2014) scrittore e saggista italiano

Origine: Citato in Chiara Sirianni, Eugenio Corti racconta il Medioevo, Tempi, 21 dicembre 2008; citato in eugeniocorti.net http://www.eugeniocorti.net/?cat=6.

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“Questi è Vincenzo Monti Cavaliero | Gran traduttor dei traduttor d'Omero.”

Ugo Foscolo (1778–1827) poeta italiano

citato in Vincenzo Monti, lettera All'Abate Urbano Lampredi, Milano, 27 marzo 1827, in Opere inedite e rare, vol. 5, 1834

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“[Macalda Scaletta e Alaimo da Lentini durante l'accoglienza riservata da Messina a Pietro III d'Aragona] Così lo accompagnarono al palazzo imperiale con grandissimo gaudio, sicché parea che Dio fosse sceso in terra su loro. Nella città era un prode uomo, capitano molto sperimentato e valente e che appellavasi messer Alaimo; aveva questi una mogliera molto bella e gentile, e valente del cuore e del corpo; larga nel donare, e, quando n'era luogo e tempo, valea nell'arme al par d'un cavaliero, e tutti i giorni scorreva con trenta cavalieri armati la città e la guardava, e capitanava le genti che doveano combattere alle mura e negli altri siti dove maggiore facevasi il bisogno. Quando la donna vide il re, né mai avealo innanzi veduto, ne rimase innamorata come di colui che era valente e aggraziato signore, non già per cattiva intenzione. Poiché il re ebbe preso alloggio nel suo palazzo, e i cavalieri e l'altra gente furono entrati in città, si apparecchiarono le mense, e il re, lavatosi le mani, si assise al convito con tutti i cavalieri, e tutti allegramente mangiarono. E messer Alaimo da Messina stette a mensa col re e con madonna sua mogliera; e poi servirono il re quanto meglio potettero, cosicché la donna non si staccò dal re, né quando andava cavalcando, né quando tornava a casa; e corteggiavanlo e facevangli tante gentilezze quanto più sapeano ella, il marito e tutti gli abitanti della città. Indi a poco videro giugnere a Messina ventidue galee e quattro taride del re molto riccamente armate di remi; e quei che v'erano sbarcarono e si rinfrescarono di tutto ciò che aveano bisogno. E il re facea dar loro prodigamente pane, vino e carne.”

Bernat Desclot cronista catalano

cap. XCVI, pp. 840-41
Origine: In una prima redazione della Crònica, gli attributi di Macalda erano «leale (leyal) e gentile». In seguito, il «leyal», non più utilizzabile in maniera neutra dopo la caduta in rovina per presunte istigazioni e complotti, fu rimosso e sostituito con «bella» (Ferran Soldevila i Zubiburu, Pere II el Gran: el desafiament amb Carles d'Anjou, Estudis Universitaris Catalans, IX (1915-1916). Monografia pubblicata in ritardo, con separata tiratura, il 1919 (ora in: Ferran Soldevila i Zubiburu, El desafiament de Pere el Gran amb Carles d'Anjou, Barcelona, 1960)

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“Alla parola "moralità", il Cavaliere chiama Bonaiuti e chiede un dizionario: dev'essere un termine australiano, comunque arcaico.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

da Chi vuol essere milionario, 13 dicembre 2007

“Al ristorante, dai sempre la precedenza al tuo cavaliere: all'entrata, all'uscita e soprattutto al momento del conto.”

Gianni Monduzzi (1946) scrittore, giornalista e editore italiano

Origine: Il manuale della Playgirl, p. 106

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“[I Templari] E forse erano tutto questo, anime perse e anime sante, cavallanti e cavalieri, banchieri ed eroi…”

Umberto Eco (1932–2016) semiologo, filosofo e scrittore italiano

cap. 13

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“Silvio Berlusconi […] nell'estate del 1986 concede un'intervista a Canale 5, di cui è proprietario.
Intervistatrice: «Lei è anche un grande studioso dei classici».
Il Cavaliere: «Ma no, non dica così».
Lei: «Sì, invece, non faccia il modesto. Lei, dottore, ha appena pubblicato un'edizione pregiata dellUtopia di Tommaso Moro, con una bellissima prefazione e una perfetta traduzione dal latino…».
Cavaliere: «Be', in effetti il latino non lo conosciamo tutti, bisogna tradurlo…».
Luigi Firpo, 71 anni, studioso della storia rinascimentale, monumento di erudizione, cattedra di Storia delle dottrine politiche all'Università di Torino, è in vacanza e sta facendo zapping. Quando l'intervistatrice legge alcune righe della prefazione di Berlusconi, l'anziano professore la riconosce immediatamente come sua, appena data alle stampe per l'editore Guida di Napoli.
Riesce ad avere una copia edita dalla Silvio Berlusconi Communication e osserva che Berlusconi ha copiato interi brani della prefazione e della traduzione in latino. Scrive a Berlusconi intimandogli di ritirare tutte le copie. Berlusconi telefona scusandosi e accusando una segretaria disattenta.
Il vecchio professore minaccia di portarlo in tribunale. Berlusconi cerca di blandirlo, gli telefona un giorno sì e uno no, per sei mesi, raccontandogli barzellette. Lo invita a Canale 5 per parlare del papa. Berlusconi è dietro le quinte con una busta di denaro «per il suo disturbo e per l'onore che ci fa», che il professore sdegnosamente rifiuta. Berlusconi continua: per Natale gli regala una valigetta ventiquattrore in pelle di coccodrillo con le cifre LF in oro, un enorme mazzo di orchidee ed un biglietto: «Per carità, non mi rovini». Firpo manda tutto indietro con un biglietto: «Preferisco la mia vecchia borsa sdrucita. Quanto ai fiori, per me e mia moglie, i fiori tagliati sono organi sessuali recisi.»”

Enrico Deaglio (1947) giornalista e scrittore italiano

da Patria 1978-2010, il Saggiatore, Milano, 2010, p. 222 http://books.google.it/books?id=vGXggW7UtEMC&pg=PA222

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“L'eroe nero è un cavaliere con l'armatura incrostata di sangue e sporco… ma nega sempre incessantemente di essere un eroe.”

Frank Miller (1957) fumettista, sceneggiatore e regista statunitense

Origine: citato in Criminal Minds

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“[Vincenzo Monti] Sempre minaccia di cadere colla repentina sublimità de' suoi voli, e non cade mai.”

Giuseppe Parini (1729–1799) poeta, librettista e traduttore italiano

Citato da Francesco Cassi, Notizie intorno alla vita ed alle opere di Vincenzo Monti in Tragedie del cavaliere Vincenzo Monti, Leonardo Giardetti, Firenze 1825

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“Un giorno Febo uscì, e non tornò più. Lo aspettai fino a sera, e scesa la notte corsi per le strade, chiamandolo per nome. Tornai a casa a notte alta, mi buttai sul letto, col viso verso la porta socchiusa. Ogni tanto mi affacciavo alla finestra, e lo chiamavo a lungo, gridando. […] Non appena si fece giorno, corsi alla prigione municipale dei cani. Entrai in una stanza grigia, dove, chiusi in fetide gabbie, gemevano cani dalla gola ancora segnata dalla stretta del laccio del chiappino. Il guardiano mi disse che forse il mio cane era rimasto sotto una macchina o era stato rubato, o buttato a fiume da qualche banda di giovinastri. […] Tutta la mattina corsi di canaio in canaio, e finalmente un tosacani, in una botteguccia di Piazza dei Cavalieri, mi domandò se ero stato alla Clinica Veterinaria dell'Università, alla quale i ladri di cani vendono per pochi soldi gli animali destinati alle esperienze cliniche. Corsi all'Università, ma era già passato mezzogiorno, la Clinica Veterinaria era chiusa. Tornai a casa, mi sentivo nel cavo degli occhi un che di freddo, di liscio, mi pareva di aver gli occhi di vetro. Nel pomeriggio tornai all'Università, entrai nella Clinica Veterinaria. […] Lungo le pareti erano allineate l'una a fianco dell'altra, come i letti di una clinica per bambini, strane culle in forma di violoncello: in ognuna di quelle culle era disteso sul dorso un cane dal ventre aperto, o dal cranio spaccato, o dal petto spalancato.”

La pelle, Il vento nero

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“Un tale, che pretendesi | sempre bene informato, | dice che fra le «croci» | sia pure chi ha rubato. | Ebben, che meraviglia | che, fra le croci buone, | debba trovarsi pure | quella del mal ladrone?”

Francesco Proto (1815–1892) politico italiano

Croci di Cavalieri, p. 75
In Epigrammi del marchese di Caccavone e del Duca di Maddaloni, a cura di Giuseppe Porcaro

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“Non si può escludere che Salvini abbia ragione, quando accusa Berlusconi di essersi mosso nella battaglia di Roma spinto da motivi "aziendali", perché Mediaset avrebbe bisogno della benevolenza di Renzi. Non sarebbe del resto la prima volta che l'ex Cavaliere confonde il bene delle sue aziende con il bene del paese.”

Antonio Polito (1956) giornalista e politico italiano

Origine: Da un editoriale per il Corriere della Sera, 28 aprile 2016, p. 1; riportato su Dagospia.com http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/meloni-non-sono-maturi-dite-salvini-borgia-che-populisti-123600.htm.

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“Le api, non solo da viole, meliloto e timo, ma ancor da spine e da cepolle e cardi la più suave e miglior parte coglieno e servano, la qual poi da li omini per cibo e medicina si adopera.”

Pandolfo Collenuccio (1444–1504) umanista, storico e poeta italiano

da Apologo intitolato Specchio d' Esopo, composto dal magnifico cavaliere e dottore Messer Pandolfo Collenuccio da Pesaro, p. 50
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Apologhi in volgare