Frasi su presente
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“Tristo chi se presenta a li cristiani | Scarso e cencioso. Inzino pe' le scale | Lo vanno a mozzica' puro li cani.”

da Er merito, in I Sonetti Romaneschi pubbl. dal nipote Giacomo, a cura di L. Morandi, Città di Castello, 1887, vol. V, p. 13
Sonetti romaneschi, Senza numero

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“Quarant'anni fa, mentre attraversavo una grave crisi di scetticismo e dubbio, incappai nel libro di Tolstoj Il regno di Dio è dentro di noi, e ne fui profondamente colpito. A quel tempo credevo nella violenza. La lettura del libro mi guarì dallo scetticismo e fece di me un fermo credente nell'ahimsa. Quello che più mi ha attratto nella vita di Tolstoj è il fatto che egli ha praticato quello che predicava e non ha considerato nessun prezzo troppo alto per la ricerca della verità.
Fu l'uomo più veritiero della sua epoca. La sua vita fu una lotta costante, una serie ininterrotta di sforzi per cercare la verità e metterla in pratica quando l'aveva trovata. Non cercò mai di nascondere o attenuare la verità, ma la presentò al mondo nella sua integrità, senza equivoci o compromessi, senza lasciarsi mai scoraggiare dal timore di qualche potenza terrena.
Fu il più grande apostolo della non-violenza che l'epoca attuale abbia dato. Nessuno in Occidente, prima o dopo di lui, ha parlato e scritto della non-violenza così ampiamente e insistentemente, e con tanta penetrazione e intuito. Andrei ancora oltre e direi che l'eccezionale sviluppo che egli diede a questa dottrina sconfessa l'attuale interpretazione ristretta e mutilata datane dai seguaci dell'ahimsa in questo nostro Paese. […]
La vera ahimsa dovrebbe significare libertà assoluta dalla cattiva volontà, dall'ira, dall'odio, e un sovrabbondante amore per tutto. La vita di Tolstoj, con il suo amore grande come l'oceano, dovrebbe servire da faro e da inesauribile fonte di ispirazione, per inculcare in noi questo vero e più alto tipo di ahimsa.”

Mahátma Gándhí (1869–1948) politico e filosofo indiano
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“Tutto ciò che un figlio può ragionevolmente aspettarsi da suo padre è che sia almeno presente all'atto del concepimento.”

Joe Orton (1933–1967) drammaturgo inglese

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Origine: Da Entertaining Mr Sloane, III. Citato in Dizionario delle citazioni, a cura di Italo Sordi, BUR, 1992. ISBN 14603-X

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“Se fossi stato presente alla creazione, avrei dato qualche utile consiglio per una migliore organizzazione dell'universo.”

Alfonso X di Castiglia (1221–1284) sovrano

Origine: Citato in Guido Almansi, Il filosofo portatile, TEA, Milano, 1991.

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“Il presente mi affascina più del passato e mi interessa. Lo registro e lo godo, spesso in solitudine.”

Cesare De Michelis (1943–2018) editore italiano

da Identità veneta, Marsilio, 1999

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“L'avvenimento di Lourdes presenta un ordine, un'armonia che vieppiù si impongono man mano che si penetra.”

René Laurentin (1917–2017) presbitero e teologo francese

Lourdes

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“Obama è un capo di governo chiamato a fare i conti con una società pluralista. Questo è un dato da tener presente se si vogliono davvero capire le sue parole.”

Georges Marie Martin Cottier (1922–2016) cardinale, arcivescovo cattolico e teologo svizzero

La politica, la morale e il peccato originale

“L'idea di un credo che tutto abbraccia e tutto risolve è incompatibile con la libertà […]. Tentar di soddisfare contemporaneamente entrambe le cose significa necessariamente finire, se non proprio in una forma definitiva di tirannia o di schiavitù, perlomeno in quella colossale ipocrisia e illusione che sono insieme presenti nella democrazia totalitaria.”

Jacob Talmon (1916–1980) storico e docente universitario israeliano

da The origins of totalitarian democracy, Le origini della democrazia totalitaria, Bologna, 1967
Origine: Citato in George Rudé, Robespierre, traduzione di Maria Lucioni, Editori Riuniti, Milano, 1981.

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“Nello smantellamento dei suoi libri Agnese impiegò parecchio tempo fra volere e disvolere. Lavorava soffrendo. Le tre mogli infelici, vittime di mariti crudeli e mai contente di narrarne scrupolosamente i misfatti, furono agevolmente convertite in isteriche maniache, calunniatrici di uomini un po' strambi, come, del resto, gran parte degli uomini. Fra loro una matura nubile pronunciava ogni tanto parole ragionavoli, umane. I fatti narrati erano se non proprio autentici, probabili, ma ripensandoli, Agnese si sentiva coinvolta in un partito preso, in un'ira soffocata che aveva conosciuto in gioventù nel comportamento delle sue coetanee: lei che dal presente aveva sempre voluto astrarsi. Dunque avevano ragione quelli che l'avevano accusata di femminismo, la parola che lei detestava. E qui, immergendosi in una intensa riflessione, si scavava a fondo, volta a volta deplorandosi o giustificandosi. No, lei non aveva reclamato altro che la parità della mente e la libertà del lavoro, ciò che tuttora, da anziana contestatrice, la tormentava. Aveva amato pochi uomini, anzi un uomo solo, ma pochissime donne, e quelle poche, riunite in una favola, sempre la stessa: il mito dell'eccezione contro la norma del conformismo. E poiché l'eccezione s'era resa inafferrabile, l'aveva inventata lei, per donarla malinconicamente a una ragazza antica senza volto, che voleva suonare la propria musica e glielo proibivano. Ecco, questa ragazza lei non aveva il coraggio di distruggerla: l'aveva mandata lontano, al di là del mare o in fondo al mare.”

Origine: Un grido lacerante, pp. 112-113

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“Nel Trika il dio Śiva si presenta per lo più nell'ipostasi di Bhairava […] Il Vijñānabhairava, da questo punto di vista, è quel testo che tratta di Bhairava, che tende a Bhairava attraverso la conoscenza (vijñāna).”

Raniero Gnoli (1930) orientalista, storico delle religioni e indologo italiano

dall'introduzione a Vijñānabhairava. La conoscenza del tremendo, 2002, p. 16

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“I doni della grazia si aggiungono alla natura in modo da non toglierla di mezzo, ma da perfezionarla: perciò anche il lume della fede che ci fu infuso per grazia non distrugge il lume della conoscenza naturale che in noi è naturalmente presente. Sebbene il lume naturale della mente umana sia insufficiente alla manifestazione di quelle cose che attraverso la fede si manifestano, è tuttavia impossibile che le cose che ci sono attraverso la fede tramandate divinamente siano contrarie a quelle che ci sono date per natura. In questo caso occorrerebbe che o le une o le altre fossero false; e poiché sia le une sia le altre ci vengono da Dio, Dio sarebbe per noi autore della falsità: il che è impossibile. […] Per conseguenza possiamo nella sacra scrittura adoperare la filosofia in tre modi. In primo luogo, a dimostrare i preamboli della fede, che sono necessari alla scienza della fede; tali sono le cose che si dimostrano intorno a Dio con la ragione naturale: che Dio esiste, che Dio è uno e altre verità di Dio e delle creature che in filosofia sono dimostrate e che la fede presuppone. In secondo luogo, la filosofia può essere adoperata a chiarire, mediante similitudini, cose che sono di pertinenza della fede; come Agostino nel de Trinitate si serve di numerose similitudini desunte da dottrine filosofiche per chiarire la Trinità. In terzo luogo, si può anche resistere alle obiezioni che si fanno alla fede sia mostrando che sono false, sia mostrando che non sono necessarie.”

Tommaso d'Aquino (1225–1274) frate domenicano

Origine: Dal Commento al "De trinitate" di Severino Boezio, proemio, q. 2, a. 3.

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“Le tarme, abitando solitamente nel vestito buono, sono state presenti a tutti i matrimoni.”

Gene Gnocchi (1955) comico, conduttore televisivo e ex calciatore italiano

Origine: Il mondo senza un filo di grasso, p. 65

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“Gentili telespettatori, Guido Angeli è qua, eccomi qua. Giorgio Aiazzone, Guido Angeli è qua, è presente stasera!”

Guido Angeli (1931–2008) personaggio televisivo italiano

durante l'orazione funebre di Aiazzone
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“Meglio, in politica, avere rappresentato venti bandiere che nessuna? – scrisse pensando a lui Benedetto Croce. Indro Montanelli nella sua biografia di Garibaldi, Luigi Magni nel suo film Il generale ce lo hanno rappresentato come un simpatico birbante. E anche Nico Perrone […] ci presenta una non schematica riabilitazione: anche a sorpresa, rispetto a un titolo che sembrerebbe ben altrimenti critico. È vero, riconosce, Liborio Romano era un voltagabbana. Ma non per volgare tornaconto personale, bensì sempre al servizio di progetti autenticamente riformisti. In campo penale, ad esempio, si dovette al suo pur breve passaggio per il governo delle Due Sicilie l'abolizione della pena barbarica delle legnate. E in campo sociale fu promotore alla Camera di una proposta di riforma agraria che forse contribuì al suo isolamento politico più ancora delle troppe giravolte. Naturalmente, molto dipende poi dal modo in cui si vuole valutare il passaggio dal Regno delle Due Sicilie al Regno d'Italia. Perrone non nasconde affatto i nodi dell'Unità, dall'accentramento brutale alla feroce repressione del brigantaggio. Ma non indulge neanche sull'opposta retorica della monarchia borbonica come mitica età dell'oro: prima ancora dei bersaglieri contro i briganti erano stati i soldati di Ferdinando I a tagliare teste in quantità per reprimere la rivolta del Cilento del 1828, e gli investimenti infrastrutturali e industriale che pur la dinastia borbonica aveva fatto si concentravano a Napoli dimenticando il resto del Regno. Romano, a suo modo, era stato appunto fautore di un fallito progetto di riscatto del Sud accettando la nuova logica unitaria, ma salvaguardandone gli interessi specifici.”

Nico Perrone (1935) saggista, storico e giornalista italiano

da il Foglio, 27 luglio 2010

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“Per venire ai commenti specifici, sulla giustizia e sulla crisi da cui oggi è investita gioca soprattutto l'eterogeneità ideologica e politica. In tempi recenti si è fatta strada l'idea perniciosa che non esiste e non può esistere una giustizia «obiettiva», che l'elemento ideologico è inevitabilmente presente in tutti gli uomini in quanto animali sociali e quindi anche nei giudici; così stando le cose, è necessaria una «scelta di campo», anche nell'amministrare la giustizia.
Come tutte le idee perniciose, anche questa ha una parte di verità. In quanto membro di una società ed anzi in quanto membro di una classe o di una categoria sociale, ciascuno di noi non può andare esente da condizionamenti ideologici. Ma se la rigorosa obiettività non è possibile, un uomo civile e soprattutto giudice deve rifuggire dal bieco settarismo, deve fare ogni sforzo per tenere sotto controllo le sue preferenze ideologiche e cercare di essere intellettualmente onesto. Viceversa, oggi nella magistratura non sono più eccezioni coloro che si arrendono all'idea del fatale predominio dell'elemento ideologico: né sono pochi – è terribile a dirsi – coloro che per amore di carriera entrano in turpe commercio con influenti uomini politici e, nei fatti, si mettono al loro servizio usando la giustizia penale come arma di ricatto o di persecuzione per togliere di mezzo certe persone in lotte economiche e politiche condotte senza esclusione di colpi. Infine, nel preoccupante quadro della giustizia italiana, troviamo anche, come effetto della rapidissima e tumultuosa espansione delle classi medie, magistrati, fortunatamente non numerosi, che si comportano come liberti, i quali, per dar prova della promozione sociale e della raggiunta indipendenza rispetto agli antichi signori, incriminano uomini di grande notorietà e di elevata posizione sociale non solo quando commettono reati (il che è sacrosanto), ma anche quando gl'indizi sono labili e pretestuosi e si tratta, come poi spesso risulta dopo lunghe e penose vicende, d'intemerati gentiluomini. A volte una tale condotta si combina con quel turpe commercio di cui parlavo poco fa – il liberto perde il pelo, ma non sempre perde il vizio.”

Paolo Sylos Labini (1920–2005) economista italiano

Origine: Le classi sociali negli anni '80, p. 36-37

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“È illegittimo dire o supporre che il mondo costituito delle idee esista in qualche luogo. In quale maniera esso sia organizzato, lo ricaveremo dall'attenta osservazione di certe analogie con esso presenti nelle cose del nostro mondo. Quando si fonda una città, per soddisfare la smisurata ambizione di un re o di un qualche governante… capita a volte che si presenti un architetto provvisto di una specifica formazione il quale… in un primo momento abbozza nella propria mente un piano di quasi tutte le parti che dovranno costituire la futura città… poi, dopo aver fissato nella propria anima, come su un modello di cera, la delineazione di ogni singola parte, porta impressa in sé l'immagine della città creata dal suo pensiero. In seguito, grazie alla memoria innata in lui, rievoca le immagini e, mentre ne accentua ancora più i caratteri, alla maniera di un valente artigiano comincia a costruire la città fatta di pietre e di legname, con l'occhio della mente fisso al modello, adeguando le realtà materiali a ciascuna delle idee incorporee. Qualche cosa di analogo si deve appunto pensare riguardo a Dio e supporre che, quando concepí il disegno di fondare "la grande città", in una prima fase ne strutturò nella propria mente i modelli secondo cui sarebbe stata creata, componendo i quali portò a compimento prima il mondo intelleggibile e poi, servendosi di esso come prototipo, quello sensibile.”

Filone di Alessandria (-15–45 a.C.) filosofo ellenistico di cultura ebraica

Origine: Da De opificio mundi; citato in Giulio Busi, Qabbalah visiva.

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“R: Il presente, il passato e il futuro […] Giovanni dovrebbe essere il punto di riferimento per la mia categoria. Non si è mai fatto condizionare dai media. Tutti noi dovremmo avere il suo rigore, la sua autorevolezza, il suo senso dello Stato, la sua umanità.”

Enzo Biagi (1920–2007) giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano

Il Fatto; 20 febbraio 1998
Lettera d'amore a una ragazza di una volta, Rai, Con il giudice Ilda Boccassini

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“Rimembrar il ben perduto | Fa più meschino lo presente stato.”

Niccolò Forteguerri (1674–1735) accademico e presbitero italiano

XI, 83
Ricciardetto
Origine: Citato in Harbottle, p. 368.

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“(Ma) l'animo gentil sempre pon mente | Al buon cuor di chi dà, non al presente.”

Niccolò Forteguerri (1674–1735) accademico e presbitero italiano

XXX, 107
Ricciardetto
Origine: Citato in Harbottle, p. 332.

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“Il bosone di Higgs non solo ora lo abbiamo davanti agli occhi ma ha anche aperto una nuova fisica. Le sue caratteristiche sono un po' diverse da come la teoria l'aveva immaginato e presenta alcune anomalie che prospettano nuovi mondi della conoscenza da indagare. Ed è quello che faremo nei prossimi mesi.”

Guido Tonelli (1950) fisico italiano

Origine: Citato in Giovanni Caprara, «Provata l'esistenza del bosone di Higgs». È la particella all'origine dell'Universo http://www.corriere.it/scienze_e_tecnologie/12_luglio_04/scoperto-bosone-annuncio-ufficiale_6539013a-c5af-11e1-9f5e-4e0a5c042ce0.shtml, Corriere.it, 4 luglio 2012.

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“Daria Galateria: A uno specialista della nostra civiltà chiediamo cosa pensa del mondo attuale.
Jean Starobinski: Le civiltà non europee hanno acquisito gli stessi bagagli tecnici dell'Occidente e questo crea un orizzonte nuovo. A inizio secolo era particolarmente conscio della fragilità dell'Occidente il poeta Paul Valéry. […]
Daria Galateria: Veniamo alla sua conferenza. Quando parla del "Campidoglio Baudelaire", in che termini?
Jean Starobinski: Il Campidoglio rappresenta nella poesia romantica francese il simbolo della potenza romana. Quando il poeta Lamartine cerca nell'ode Les Révolutions l'emblema dell'Italia sceglie «l'aquila sanguinante del Campidoglio», evoca cioè la Roma conquistatrice. Quando Baudelaire riprende il tema è per sfigurarlo o per intrattenervi un'ironia funebre. Il Campidoglio compare nella La mort des artistes, che è il sonetto che concludeva la prima edizione delle Fleures du Mal. […] Il protagonista della Morte degli artisti è un'artista che fallisce nella sua opera che pone l'unica speranza nella morte. Ora, per definire la morte Baudelaire usa la parola Capitole – il Campidoglio in cui si incoronavano i poeti. […] È facile capire conoscendo le passioni di Baudelaire che questa morte assomiglia al «sole nuovo» di Edgar Allan Poe.
Daria Galateria: In una nuova edizione italiana dei Fiori del male, nella traduzione di Giorgio Caproni, il curatore Luca Pietromarchi evoca anche l'inizio del poema in prosa Il confiteor dell'artista: «Lo studio del bello è come un duello in cui l'artista lancia un grido di paura prima di cadere sconfitto».
Jean Starobinski: Così Baudelaire si pone in assoluta contraddizione con un altro Campidoglio, quello di Madame de Staël e della sua eroina del 1807 Corinne. Nel romanzo la poetessa appare trionfante al Campidoglio, a ricevere lo stesso omaggio di Petrarca nel 1341. Ci si accorge che Baudelaire ha voltato le spalle alla figura eloquente di Corinne col suo richiamo alla vita superiore del paese. Opponendosi a Napoleone, Madame de Staël diventava la sacerdotessa ispirata di una libertà capace di superare le servitù del momento presente, anche in Italia.”

Jean Starobinski (1920–2019) critico letterario svizzero
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“Quasi non credo ai miei occhi, siete un splendido fiume che scorre nella direzione della libertà, quasi mi viene da dire alla sinistra: attenzione, se no questo fiume lo facciamo scorrere sino a Roma, sempre che ce lo permetta il ministro dell'Interno qui presente.”

Silvio Berlusconi (1936) politico e imprenditore italiano

2004
Origine: Dal decennale di Forza Italia; citato in Marco Galluzza, «Batteremo il Triciclo, la sinistra porta odio e tasse» http://web.archive.org/web/20130619122610/http://archiviostorico.corriere.it/2004/marzo/28/Batteremo_Triciclo_sinistra_porta_odio_co_9_040328028.shtml, Corriere della Sera, 28 marzo 2004, p. 9.